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Autore: Iridia    08/05/2011    1 recensioni
Alhira, sedici anni, nessun passato. Solo un vecchio istinto la guida attraverso il mondo, soltanto dolci occhi ambrati vede nel suo riflesso, nessuna traccia di una vita dimenticata.
Non poteva infliggere dolore. Un essere talmente perfetto, talmente angelico, non poteva sapere come far del male. Quelle iridi di miele, dolci e spaventate, quelle gote pallide che sbocciavano in un rossore lieve come fiori di pesco in primavera. Quelle labbra piene, color ciliegia, quelle che non vedevano un vero sorriso da troppo tempo. Quei capelli mai al loro posto, le mani delicate, quel corpo agile.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve. Aggiungo questo avviso ora, dopo nove capitoli. E' una settimana che non scrivo, è una settimana che leggo. Ho realizzato quanto sia incapace ad esprimermi decentemente, ecco perchè vorrei chiedervi di considerare questa storia un "allenamento", esercizi per imparare veramente a scrivere. Vi sarei davvero grata se poteste lasciarmi dei consigli, ancora meglio se critiche che mi aiutino a migliorare.
Grazie mille. p-s. ho corretto e cambiato qualcosina, ma non posso modificarla più di tanto... è scritta male :)




Un Nuovo Inizio.





Volavo. Piccoli villaggi si susseguivano tra chiazze d'alberi, torrenti, candide nuvole accarezzavano la mia pelle. Lo ricordo perfettamente, ogni sensazione era nitida, definita. Eppure era impossibile, io non posso volare. Cielo e terra, una vista mozzafiato. Ogni particolare è chiaro, le sfumature, i colori, il vento, il calore del sole. Ma perché stavo volando? Dove ero?

Non lo so, non so nulla. Non so dove sono ora, non so perché l'unica cosa che vedo è buio. Non so perché non ho il controllo del mio corpo, perché non sento niente.



Ho paura.


-Portami dell'acqua Iethan , comincia a riprendersi.- disse una voce femminile.

-Certo, arrivo subito.-

In effetti ora non era più così pallida; le guance erano di nuovo rosee e la fronte non scottava più. Aveva passato la notte immobile come un cadavere, bianca come un cencio e respirando a fatica. All'alba la febbre si era alzata ed aveva iniziato a tremare. Nessuno pensava che avesse potuto superare la giornata, eppure era lì; quasi come una normale ragazza che dormiva sonni tranquilli. La coprirono con ciò che avevano e la adagiarono su un letto più comodo del giaciglio provvisorio che le avevano costruito con foglie secche e paglia.

Era calata la sera e l'afa estiva invadeva il villaggio appesantendo l'aria. Pochi erano in casa; nella piazza erano state accese centinaia di piccole lanterne ed i più bravi si impegnavano in danze suggestive per intrattenere la folla.

Quando le strade divennero deserte e le luci iniziavano a spegnersi, una ad una, come stelle dietro una nuvola, la ragazza si svegliò. A fatica, aprì lentamente le palpebre ed indagò tutto ciò che la circondava con spaventate iridi color miele. Non si mosse, forse non poteva, forse non voleva, forse aveva paura.


Buio. No. Non è nero, è blu, blu come il cielo prima della notte, è esattamente di quel colore. Perché non vedo nulla? Le mani. Le sento formicolare. E' fastidioso. Sento qualcosa, forse un respiro. C'è qualcuno … o qualcosa. Non riesco a muovermi. Il blu, il blu sta bruciando. Brucia come carta sopra una fiamma, i bordi incandescenti brillano d'azzurro, si consumano in migliaia di scintille. Sta scomparendo. Voglio urlare, voglio andarmene da qui. Vedo. Vedo un soffitto di … legno? Voglio muovermi, guardarmi meglio attorno. Mentre giro la testa qualcosa si muove, fruscii di vesti.


Si volse verso di lui, fissandolo negli occhi neri come voragini senza fondo. Iethan rimase a guardarla, forse spaventato, ma con uno sguardo dolce, sincero, ed un sorriso appena accennato.

La ragazza mosse le labbra, ma soltanto un sospiro ruppe il silenzio.

-Non parlare. E' un miracolo che tu sia viva, non devi fare sforzi, ora riposati.- le disse a voce bassa, toccandole la fronte per controllare la febbre.

-Dove sono?- riuscì a sibilare lei mentre il panico le avvolgeva poco a poco le membra

-Non ti preoccupare, sei al sicuro. Sei in un villaggio della costa, non c'è nulla di cui tu debba avere paura.- rispose Iethan cercando di sembrare il più rassicurante possibile. - Vuoi dell'acqua?-

In risposta alla sua domanda ottenne un cenno del capo quasi indistinguibile. Le portò la ciotola e fece per aiutarla a bere, quando la ragazza alzò il braccio e gliela prese di mano. Bevve qualche sorso sotto lo sguardo stupito del suo assistente e poggiò infine il contenitore al suo fianco. Si asciugò le labbra con il polso, ma vi era qualcosa di diverso. Soltanto dopo qualche attimo, si accorse che non indossava qualcosa di suo. Vedeva soltanto due maniche bianche che le sfioravano leggere le braccia.

Improvvisamente provò a ricordare cosa portava addosso, cosa stava facendo … quando era successo tutto? Perché era lì? Nulla, vuoto. Era come se la sua memoria fosse stata cancellata, come impronte sulla sabbia seppellite da un'onda. Eppure sapeva che quello non le apparteneva, un'antico istinto glielo aveva sussurrato nell'orecchio.

-Io non ricordo.- disse. Più provava a scavare nella memoria più si ritrovava avvolta dal buio. Sapeva che si era svegliata in quella casa da poco tempo, sapeva che quel ragazzo era tremendamente gentile, ma nient'altro. Tutte le informazioni sulla sua personalità erano sensazioni, una vocina le diceva quali cose avrebbe fatto la "vecchia lei" e quali no, era una forza sconosciuta che prendeva il sopravvento.

-Io, non ricordo … Non ricordo. Niente. Non so chi sono.- la voce era tornata, forte. Aveva quasi iniziato ad urlare e si era alzata a sedere.

-Calmati! Respira, l'amnesia potrebbe essere causata dal trauma, ora devi riposare!-

-Io … il mio nome è … - Cominciò a respirare con affanno, inspirando e soffiando violentemente in preda al panico. Nei suoi occhi solo preoccupazione ed il luccichio di una lacrima.

-Non so chi sono! Non ho un nome, un passato. Non ricordo.-

Iethan non aveva la più pallida idea su cosa fare, non si era mai trovato in una situazione del genere prima d'ora, perciò rimase immobile qualche istante.

-Ti prego, rimettiti giù, starai male! Domani mattina ricorderai tutto, devi solo schiarirti i pensieri.- imbarazzato, si sedette sul bordo del letto.

-Lasciami. Devo ricordare. Cosa è successo? Dov'ero? Oh avanti … Con chi ero? Cosa stavo facendo? Dov'ero? Dannazione cosa è successo? - le urla erano diventate quasi sussurri, ogni tanto interrotti dai singhiozzi del pianto che le rigava il volto di lacrime roventi. Si reggeva la testa tra i pugni, i gomiti erano appoggiati sulle ginocchia, i capelli corti di color ebano erano scompigliati.

Iethan prese coraggio e la toccò delicatamente su un braccio, sentendo le sua pelle sotto la stoffa, trattandola come un prezioso cristallo. La ragazza sussultò, ma non si volse. -Lasciami, ti prego. Esci.-

Lui non l'alscoltò, e con un po' di paura le strinse le spalle. Quando era triste, stare a contatto con qualcuno era un ottimo rimedio, lo calmava e lo aiutava a far ordine nella mente.

Avvolta dal calore di quel ragazzo, versò le sue lacrime, lacrime di confusione, paura. Le sembrava sbagliato, umiliante, eppure era terribilmente confortante, come un unico appiglio in un burrone nel quale rischiava di cadere da un momento all'altro. Cosa avrebbe fatto se non le fosse tornato qualche ricordo? Magari aveva ragione lui, era solo colpa del trauma. E se non lo fosse? Se avesse davvero perso tutto? Cosa avrebbe fatto? Dove avrebbe vissuto? Altre gocce di sale scivolarono lente sulle guance andando a cadere sulle coperte. Sentiva solo le braccia di Iethan attorno alle sue spalle, più sicure di prima, ora aveva bisogno di qualcuno che la facesse sentire al sicuro.

Passarono i minuti, silenziosi, nessuno dei due si mosse. Iethan era sorpreso, di solito era lui ad essere rassicurato, ad aver paura, era riservato e timido, goffo, imbranato. Non poteva immaginare cosa stesse provando quella ragazza, ma in quel momento avrebbe potuto far qualsiasi cosa per farla star meglio.


-Alhira.- disse lei nel silenzio dell'oscurità.

-Cosa?-

-Il mio nome è Alhira.-

Sorrise e cadde in un sonno profondo.







*E' il primo capitolo di una serie che cercherò di aggiornare costantemente, ma a causa degli impegni scolastici non ne garantisco la regolarità. Spero sia di vostro gradimento, è la prima storia che pubblico qui... quindi se vi va lasciate pure consigli, critiche, commenti. Devo crescere come "sorta di scrittrice"
Grazie =)*
   
 
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