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Autore: UnintendedChoice    08/05/2011    5 recensioni
"E poi c'era quell'alternativa, sempre più certa in Dom, che affermava con sicurezza che la paura di Matt fosse una sola: le conseguenze, sempre e solo quelle."
"Matt s'inumidì le labbra con la punta della lingua; deglutì.
I suoi occhi scesero dalla bocca al collo, così elegante, muliebre, e arrivarono al petto, dove un triangolino di pelle spuntava dalla scollatura a V."

Due canzoni un po' sciocche; due interpretazioni, una introspettiva e sognante, l'altra decisamente meno, di due uomini con lo stesso desiderio. Quello di appartenersi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And after all, you're my undisclosed desire ~





Si agitò ancora, sbuffando. Non si era mai accorto di quanto potesse essere scomodo quel divano. Trovare una posizione accettabile era impossibile.
Spinse due dei cuscini colorati contro un poggiabraccio, gli diede un pugno.
Perché si davano i pugni ai cuscini? Non l'aveva mai capito ma nei film lo facevano sempre, e ipotizzando che l'avrebbe reso più comodo lo fece più volte; poi ci ficcò la testa, quasi con la stessa foga con cui aveva usato il pugno.
Quel colore era orribile. L'accozzaglia di verde vomito, arancio e giallo pareva ancora più stridula con quella fantasia a onde, volute, ghirigori o quello che diamine erano.
D'altronde lui  non aveva mai avuto buon gusto per quel genere di cose. Ma anche queste fodere erano state scelte con lo stesso "criterio" e la stessa minuzia con i quali probabilmente sceglieva il suo abbigliamento. Non avrebbe mai potuto stroncare quel suo entusiasmo.
Nello spostarsi, una delle cuffiette dell'I-pod, con cui ascoltava passivamente della musica, scivolò via; un altro sbuffo e la risistemò nell'orecchio sinistro. La canzone sembrò penetrargli nel cervello, quando riappoggiando la testa la cuffia premette contro il padiglione auricolare; il volume scese da ventidue a diciotto.
Forse ora era più comodo, sì. Spinse con le punte dei piedi sui talloni sfilandosi le All Star, e potendo finalmente piegare le ginocchia.
Il volume era abbastanza alto da non permettergli di udire la porta aprirsi e richiudersi, ma gli occhi non erano ancora abbastanza chiusi da non fargli vedere Matt che avanzava, nel grande salone, dirigendosi verso il piano. Aveva tra le mani decine di fogli e spartiti.
Stava lavorando ad una canzone, aveva detto, cosa abbastanza prevedibile in quel periodo di elaborazione del nuovo disco. Ma né Dom né Chris, almeno per ora, avevano potuto dare un'occhiata; figuriamoci partecipare.
Le palpebre di Dom si risollevarono un po', sforzandosi di mettere a fuoco l'immagine, nonostante sapesse di chi si trattasse. Il fatto poi che la figura di Matt si stagliasse in controluce, non aiutava certo.
Ci riuscì. Matt appariva estremamente concentrato, spostando gli occhi da un foglio all'altro mentre apriva il piano; forse non s'era nemmeno accorto di Dom che riposava a pochi metri da lui.
Dom non mise a fuoco il titolo scritto in cima agli spartiti, ma l'estensione dei caratteri in grassetto gli fecero pensare si trattasse di United Stases of Eurasia, il pallino del frontman di quei giorni.
La canzone non contava ancora alcuna parte di batteria, quindi Dom perse interesse e richiuse gli occhi.


Luce fioca ma accecante.
Mente vigile ma in standby.
Lontano, una melodia di chitarre acustiche e contrabbassi dispersa nell'aria.
 




Sapeva che non avrebbe dovuto addormentarsi con le cuffie nelle orecchie. 
Le sensazioni che si provano ascoltando musica nel dormiveglia sono particolari, belle; ma risvegliarsi con il motivetto che il cervello ha memorizzato lo trovava alquanto fastidioso. 
Le parole che gli ritornavano alla mente erano quelle di una canzonetta smielata e un po' stupida. Era da molto che si era intenzionato a cancellarla dall'I-pod ma non l'aveva ancora fatto.

Today is gonna be the day that that they're gonna throw it back to you; by now you should've somehow realised what you've got to do. I don't believe that anybody feels the way I do about...
Il motivetto si arrestò. Dom aveva disteso le gambe, e ben presto il suo piede toccò qualcosa di caldo e morbido.
Sollevò un po' troppo velocemente la testa e vide Matt, profondamente addormentato dall'altra parte del divano, seduto di fianco e con la testa poggiata allo schienale.
Ritirò il piede, sorpreso di non essersi accorto della sua presenza.
Pochi secondi e il motivetto tornò a torturarlo.

I don't believe that anybody feels the way I do about you now.
Istintivamente, o forse perché non c'era di meglio da guardare, gli occhi gli caddero di nuovo su Matt.
Lo guardò, così addormentato, così quieto.
Così bello.
I don't believe that anybody feels the way I do about you, diceva la canzone.
Deglutì.
Be', di certo non aveva scritto lui la canzone, ma... 
Nessuno, credeva, poteva provare ciò che provava lui.
Ciò che provava lui nei confronti di Matt.
O, per meglio dire. Da una parte sapeva cosa provava, l'aveva sempre saputo, fin dai primi tempi; ma dall'altra non sapeva né cosa, né come, né perché fosse.

I'm sure you heard it all before, but you never really had a doubt.
E che cavolo. Era vero.
Matt non poteva davvero non sapere, o non capire. Tutti, in un modo o nell'altro, avevano capito qualcosa. Una parte del tutto. Persino tutte quelle fan disprezzate da molti. Niente, la sensibilità femminile è sempre qualcosa di magnifico.
Ma lui, invece? Davvero non s'era accorto di nulla, in tutto quel tempo?
Ma accorto di cosa? Facciamo un passo indietro, Dom, qui non sai nemmeno tu in cosa ti sei cacciato.
C'era anche un'altra possibilità, ed era che Matt sapesse ma che non avesse battuto ciglio, la cosa non lo toccava minimamente. Forse poteva essersi... impensierito, ma mai abbastanza. Ancora, forse sapeva, meditava, ma non chiedeva a se stesso la cosa più importante: "Tu invece, Matt?".
E poi c'era quell'alternativa, sempre più certa in Dom, che affermava con sicurezza che la paura di Matt fosse una sola: le conseguenze, sempre e solo quelle.
And all the roads we have to walk are winding, and all the lights that lead us there are blinding.
Dom sapeva che ottenere ciò che desiderava era difficile. Perché l'unico ostacolo che avrebbe incontrato sarebbe stata la sua stessa coscienza.
Il suo, di cammino, già era tortuoso, e non sarebbe andato semplificandosi col tempo. 
Era dura, era straziante, era pietoso, tremendo. Come camminare a piedi nudi su quelle strade fatte di sassolini che ti si conficcano crudelmente nella pelle, vedendo attorno a te persone che portano scarpe solide e resistenti, e che pur volendo non possono mica dartele, perché servono a loro per ripararsi.
Inoltre, non sapeva nemmeno a cosa lo avrebbe portato quella strada, nel caso l'avesse portato da qualche parte.

Dom Howard non aveva più punti di riferimento.
La sua unica luce guida era Matt, ma nella sua intensità non faceva altro che accecarlo, di più ad ogni passo che li avvicinava.

There are many things that I would like to say to you, but I don't know how.
Ecco, questa era il punto.
Matt era il suo migliore amico, dopotutto; avrebbe anche potuto parlargli, affrontare la cosa, analizzare il problema con lui...
Ma che analizzare.
L'unica cosa che avrebbe voluto fare era costringerlo a fermarsi, a guardarlo, e urlargli tutto in faccia, tutto; che forse l'amava, ma che l'odiava perché non aveva mai capito un cazzo; e l'avrebbe aiutato ad aprire gli occhi e vedere che anche lui lo amava, gli avrebbe fatto notare le piccole e le grandi cose che lo dimostravano, e poi avrebbe negato tutto e l'avrebbe baciato, per fargli capire che solo quello sarebbe bastato per giustificare i suoi sentimenti.
La sua immaginazione, un po' ammaccata, lavorava sempre bene in questo caso; aveva visto l'accaduto molte volte, nella sua testa, in situazioni diverse, con parole diverse.
Il problema, ovviamente, era mettere il tutto in scena.

Because maybe you're gonna be the one that saves me, and after all, you're my wonderwall.
Alla fine della strada tortuosa fatta di sassi, in cima al baratro, sul ciglio del tetto, a tendergli la mano, ma la mano giusta, quella salvifica, ci sarebbe stato soltanto Matt. Tutto il resto non sarebbe bastato, non sarebbe stato abbastanza forte perché non sarebbe stato lui.
Matt, dopotutto, era la sua sola e unica ancora di salvezza, e Dom non poteva far niente per cambiare ciò.


Scosse la testa, come per far svanire tutti quei pensieri. Distolse finalmente lo sguardo da Matt e si alzò con cautela dal divano.
Poi si ricordò che l'I-pod doveva essere ancora acceso. Guardò lo schermo ma vide che era già spento. Batteria di merda.

Cazzo, l'aveva detto che quella canzone doveva cancellarla!




 



 

                                      ***********




 






Quell'arpeggio proprio non voleva saperne di uscire fuori. Nella sua mente era così chiaro e definito, ma in pratica è tutto sempre diverso. Era stanco, ecco tutto, stanco di quella canzone.
Si guardò attorno, in cerca di nuovi stimoli.

In realtà s'era già accorto di Dom sul divano, anche se non gli aveva rivolto più di mezza occhiata, immerso com'era nel lavoro.
Lo guardò per bene; ed ebbe una sorta di moto di tenerezza, vedendolo lì, rannicchiato, a dormire beatamente come un bambino, la bocca aperta a metà.
Vide i due fili bianchi che gli incorniciavano il viso. Si alzò, e delicatamente gli sfilò la cuffia destra; per la sinistra, invece, fu più difficile. Gli sollevò lentamente la testa, infilando le dita sottili tra essa il divano, e toccandola godette della consistenza morbida dei suoi capelli. Sfilò anche la seconda cuffia e spense l'aggeggio, poi l'adagiò davanti a lui.
Rimase lì in piedi, guardandolo titubante.

Ma cos'hai, Dom?
Era abbastanza evidente, non era solo una sensazione di Matt, che qualcosa lo turbava, qualcosa non andava.
Era il suo migliore amico, merda, e non poteva aiutarlo. Doveva rimanere là a guardalo consumarsi su un divano per dei pomeriggi, o in un letto per troppe ore.
Riflettendo su ciò si sedette in terra, a gambe incrociate, a pensare e a guardare e a pensare ancora.

Dom stava perdendo la sua vitalità, cosa che implicava la perdita se stesso.
La sua fiamma diveniva sempre più debole, fiacca.
Mio Dio.
Matt sentì il bisogno, estremo quanto insensato, di accarezzargli nuovamente i capelli. Non poteva, però, perché l'avrebbe svegliato.
Quindi rimase a guardarli, provando a rivivere la sensazione di calore e morbidezza che gli avevano dato poco fa. E che gli avevano dato sempre.

Dom, so che hai sofferto, ma non voglio che tu lo nasconda.
La tua fiamma vitale si sta spegnendo. Stai diventando freddo, insensibile.
Potresti almeno dirmi il motivo.
Anche se in fondo io il motivo già lo conosco, credo.
Forse proprio per questo hai paura, ma io non ti rifiuterò, Dom.
Credi in me, fidati, io posso aiutarti perché so quello che vuoi.
Lo so, e anche tu puoi esserne certo.

Un altro bisogno improvviso, impetuoso. Fissò il volto di Dom, soffermandosi sulla bocca così tentatrice, su quelle labbra non troppo carnose e morbide.
Quando sorridi, Dom, il mondo sembra fermarsi e cambiare moto rotatorio; il sole tramontante diviene un'alba, i fiori appassiti sembrano rivivere. E anche dentro di me, qualcosa, una luce nell'inestinguibile tenebra della mia anima, si accende.

Quelle labbra io le ho assaporate una sola volta, molti anni fa, quando eravamo in campeggio e ubriachi fradici facevamo quei giochi stupidi in cui le penitenze le scelgono gli altri. Be', per noi non si può dire certo che fu una penitenza, perché quel bacio durò anche più di quanto sarebbe dovuto durare; perché lo volevamo noi, e io lo so che è così, e anche tu. Non fu come le pseudoscopate da after-party, quelle orgie e quei giochetti erotici che non aveva mai significato nulla.
Dopo, tutto fu diverso, tra noi due e in noi due.
Ma è stato come voltare una pagina solo a metà.
Non ne abbiamo mai nemmeno parlato.

Io da qualche parte, dentro di me, so che il tuo tormento è anche questo. È anche il mio.
Ma non riusciamo proprio a esternarlo, soprattutto io che continuo a fingere di amare la mia ragazza.
Però, Dom, io ho trovato il mio punto di sfogo, sono le canzoni, tutte quelle canzoni dai "significati nascosti" e che invece è così chiaro quanto siano dirette a te.
Tu, invece, ce l'hai un modo per sfogarti? Be', se ce l'hai non credo sia abbastanza, vedendoti ridotto così.
Cazzo Dom, sento questo bisogno, che è quasi una priorità, di abbracciarti. Di aiutarti, di ascoltarti, di curare le tue ferite. Saprei anche come.

Così, però, ti sto facendo passare per l'unica parte debole. Anch'io lo sono, non lo sa nessuno - tranne te - ma lo sono.
Mi sono sempre chiesto se tu fossi o no geloso di me; perché io lo sono di te, tanto, troppo. Anche di quelle puttane che ti porti a letto ogni sera, e di quelle ragazze, e le amiche, o quelle della crew, che civettano con te così sfrontatamente. E tu, non ci piove, ci stai sempre. Ma fa parte della tua natura, è un vizio che non perderai mai.
E poi mi consola sapere che, dopo tutto, tu appartieni a me; è così, no?
Prendi in giro le tue amanti, dicendoti malizioso e divino.
Ma tu appartieni a me.
Potresti essere un peccatore. In effetti lo sei.
Ma la tua innocenza è  m i a, mia soltanto.

Matt s'inumidì le labbra con la punta della lingua; deglutì.
I suoi occhi scesero dalla bocca al collo, così elegante, muliebre, e arrivarono al petto, dove un triangolino di pelle spuntava dalla scollatura a V. 
Latteo ma bronzeo. Era incredibile.
Matt sentiva che qualcosa non andava bene. Ebbe delle fitte alla pancia, nel basso ventre. Un brivido gli scosse le spalle.
Possibile che tu diventi sempre più sexy, Dom?
Assaggiò solo con la mente le labbra, il collo, i capelli, sfiorò con il tatto dell'immaginazione il petto, carezzò le gambe piegate e le braccia scoperte, con i muscoli rilassati, e strinse forte le mani e quelle dita semidischiuse.

Dai, Dom... provocami, stuzzicami. Fa qualcosa di fatidico che mi convinca a sbatterti al muro.
Ti prego, ti supplico, fa' che io possa vedere l'altra parte, la realtà parallela. Mostrami com'è fatto.
Matt chiuse gli occhi, distogliendo per qualche secondo lo sguardo dal corpo oggetto del desiderio.
Dom, fidati di me. Sei tu l'unico che vorrei.

In quel momento gli passò per la testa che gli sarebbe bastato anche solo diventare una delle sue puttane, quella notte magari, una volta e poi basta...
No, Matt, la situazione è grave.
Il pavimento freddo che sollecitava i brividi non andava più bene. Si sollevò da terra e sedette all'estremo del divano, dove solo una figura minuta come la sua poteva non far sentire la proprio presenza. Si posizionò lateralmente, rivolto verso l'altro, e da lì continuò la sua contemplazione.
Ora era meno eccitato, ma non sapeva comunque quale forza divina superpotente gli stesse impedendo di saltargli addosso seduta stante.
Fece un respiro profondo. Forse amava semplicemente poter rimanere a guardarlo per tutto il tempo che voleva.

Dom, dovrai essere mio, prima o poi. Per ora lo sei già, ufficiosamente, ma un giorno lo sarai ufficialmente, sarà così e basta.
Spero sia al più presto perché non sopporto di vederti così.
Io voglio riconciliare la pace nel tuo cuore; voglio poter dire che la tua bella faccia non è semplicemente un camuffamento, una schermatura. Voglio esorcizzare i demoni del tuo passato.
Dom, io voglio soddisfare i desideri che si celano nel tuo cuore.
Perché i tuoi desideri sono i miei stessi desideri.

Matt poggiò la testa sullo schienale del divano, stremato. Lentamente, senza quasi accorgersene, chiuse gli occhi.
Mentre cadeva addormentato, pensò: " be', e ora non ti resta che scriverci una canzone. Tanto i tuoi deliri mentali hanno sempre fatto questa fine."






















Ciao a tutte. :D Questa è appena la mia seconda fic! Vorrei poter scrivere più spesso, ma molte cose me lo impediscono. Nel frattempo sarebbe carino farmi sapere questa come v'è sembrata; vi chiedo ancora di essere pietose verso una povera malata principiante! Baci. ♥
   
 
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