Ahhh
e questo fine settimana sembrava non arrivare mai **
E
maledetti
professori-senza-straccio-di-vita-sociale che mettono le prove di
sabato ==
Sweet
Surrender
- Capitolo 4
A
Draco Malfoy non piaceva Harry Potter.
Questa
era la cosa principale cui era venuto a capo
dopo aver passato un’intera notte a pensare, senza
lontanamente avere la minima
possibilità di chiudere un occhio.
No,
no; e assolutamente no.
E
poi, a nessun Malfoy piace
qualcuno. Al massimo possono concedere parte del loro dotto e
superiore interesse verso qualcuno che li adora e che ne merita
l’immenso
onore. E soprattutto, non agli Harry
Potter. Non a un Harry Potter qualunque, che ti sorride con
degli occhi che
hanno un tale calore che tu non hai visto nemmeno in quelli di tua
madre, come
se non aveste passato sei anni ad odiarvi. Ok, tecnicamente, doveva
ammettere
che era stato maggiormente Draco stesso la causa del loro odio.
Dettagli,
che non distolgono dal punto principale.
Era
semplicemente l’avvolgente, sconosciuta novità di
non vedersi rivolgere il solito sguardo di odio e di scherno, quello
sguardo
che non importava dove ti trovassi, la gente ti rivolgeva sempre.
Perché eri un
Mangiamorte, figlio di Mangiamorte. Poco importava quella che davvero
era stata
la tua volontà, eri e saresti sempre stato questo.
E
quello stupido di Potter, con la sua stupida anima da
Salvatore del Mondo Magico, ma soprattutto di Grifondoro del Cazzo,
senza una
parola, aveva fatto a capire a tutti voi con lo stesso destino che non
era
finita, che c’era ancora una speranza. E quella speranza
c’era stata, con la
fine della guerra.
Quella
stessa speranza che Draco Malfoy aveva visto nel
suo sorriso; una speranza piena di promesse e di vita.
In
sintesi… Beh Grazie,
Grifondoro dei miei stivali di pelle di drago, ma oltre
questo non aveva
più niente da dirgli.
***
Harry
si svegliò poche ore dopo, mentre il sole
cominciava lentamente a fare capolino all’orizzonte,
arrivando a lui attraverso
gli alberi che avevano vegliato il suo sonno, ma più che
altro disturbato da
uno strano fruscio, più o meno vicino, come di scalpiccio
sull’erba. Strizzò
gli occhi, abituandosi quasi subito alla luce fioca
dell’alba, aiutato dal
fatto che non tutta la luce del sole lo raggiungeva, lì in
quella radura. Provò
a muovere una gamba, ma evidentemente non fu la cosa più
giusta da fare, a
giudicare dal dolore che ne era subito scaturito, e che così
com’era arrivato
aveva dissipato gli ultimi strascichi di sonno.
Gli
doleva ogni parte del corpo, a causa della
posizione in cui aveva dormito, ma soprattutto del luogo.
Gran bel posto per
passare la notte, si disse. La sua mente era troppo occupata
a cercare il
modo migliore per non sentirsi un puntaspilli, che notò
appena che non aveva
freddo – o almeno, non quanto avrebbe dovuto dopo una notte
passata nella
Foresta.
La
Foresta.
Mentre
cercava di muoversi il più lentamente possibile
per mandare via il dolore, sembrò rendersi davvero conto di
dove si trovava.
Aveva bisogno dei suoi occhiali; dove diamine erano?
Non
ricordava perché era lì, né quando o
perché aveva
avuto la felice idea di
addormentarsi, né perché – Ah, eccoli!
Benedetti occhiali! - … Né
perché il suo mantello lo coprisse così bene.
Ecco perché non sentiva poi così tanto freddo.
Si
alzò finalmente in piedi, spostando di lato il
mantello con la fronte corrugata in un’espressione perplessa
e cercando di
continuare a rilassare alcuni muscoli, tra cui soprattutto quelli del
collo,
ruotandolo lentamente prima a destra, poi di nuovo a sinistra.
Ma
certo! Si trovava lì per la punizione di Hagrid, e
doveva essersi addormentato dopo che, sfinito, si era steso per terra
assieme
a…
Malfoy!
Di
lui non c’era traccia, constatò guardandosi
attorno
nella piccola radura. Che bastardo!
Se n’era andato a dormire nel suo comodo letto, lasciandolo
da solo nella
Foresta! Quello che proprio non ricordava era di essersi coperto con il
mantello… Bah, probabilmente aveva avuto freddo e
l’aveva fatto, e adesso non
se lo ricordava neanche.
Si
tastò freneticamente le tasche, preso da
un’agghiacciante idea - no, per fortuna la bacchetta era al
suo solito posto.
Quel
furetto da strapazzo aveva deciso di giocargli un
brutto tiro, lasciandolo lì per tutta la notte? Bene, ma non
gli avrebbe dato
nessuna soddisfazione.
Avrebbe
mai potuto aspettarsi il contrario?
E
intenzionato a farsi una lunghissima doccia prima di
scendere a colazione si avviò deciso verso il castello,
mentre proprio in quel
momento, un bolide biondo vi entrava trafelato.
***
I
tavoli delle quattro Case erano quasi vuoti, quando
Harry scese a fare colazione. In effetti era presto, molto prima
dell’orario in
cui di solito si presentava le altre mattine, il più delle
volte riuscendo solo
ad afferrare qualche boccone prima che incominciassero le lezioni. Ma
si era
reso conto che provare a chiudere gli occhi per un’altra
mezz’ora non sarebbe
servito a niente, così aveva fatto direttamente una lunga
doccia, decidendo di
scendere subito nella Sala Grande.
C’era
qualcosa… Qualcosa che non andava. Una sensazione
all’altezza di un punto imprecisato tra lo stomaco e un
po’ più su, che non
voleva andarsene. E per quanto si sforzasse di analizzarla, mentre
faceva
colazione come probabilmente non aveva mai fatto prima e i tavoli si
riempivano
rapidamente, non riusciva a capirla.
Salutò
distrattamente Hermione che arrivava, immersa in
uno dei suoi adorati libri che dall’aspetto pesavano
più di lei stessa, e Ron,
pieno di domande su quella notte, visto che quando Harry era rientrato
lui
stava ancora dormendo. Russando, per la precisione. E rumorosamente
anche.
Si
riscosse effettivamente solo quando Pansy entrò
nella Sala Grande, avvicinandosi al tavolo di Grifondoro, chinandosi
per dargli
un piccolo bacio sulla guancia, con sommo orrore di Ron, malcelato da
un’enorme
scodella di Merlino-Solo-Sapeva-Cosa.
Con
una mezza risata Harry si voltò verso la sua ragazza. «Buongiorno»
soffiò, prima di
alzarsi, uscendo dalla panca dov’era seduto, per posarle un
dolce bacio sulle
labbra passandole le braccia intorno alla vita sottile.
«Dovresti
passare la notte fuori più
spesso, Potter, se questo è l’effetto.»
rise Pansy con un sopracciglio alzato.
Bah,
evidentemente quella sensazione
sarebbe sparita, gli bastava stare con la sua ragazza. Si, sicuramente
era
perché voleva lei.
«Non
ti ci abituare.» Oh, magari poteva
abituarsi eccome. «A proposito di questa notte!»
aggiunse Harry ricordandosi «Il
tuo carissimo migliore amico se
n’è
andato senza degnarsi neanche di svegliarmi!»
La
ragazza, per tutta risposta, sbuffò. «Dai
non ricominciare di nuovo!» poi parve accorgersi di una cosa
«Sei sicuro,
Harry? Perché nemmeno Draco stanot— Oh, guarda,
è lui!» esclamò, vedendo il
biondo in questione che entrava attraverso il grande portone in legno,
sbracciandosi per attirarne l’attenzione, facendo voltare
più di qualche testa,
«Draco! Draco!», mentre anche Harry, ancora
abbracciato a lei, si voltava nella
sua direzione.
Draco
si guardò lentamente intorno, per
non procurarsi altro inutile dolore. Oh no, non per capire chi
l’avesse chiamato
– la voce di Pansy era parecchio
riconoscibile -, più che altro per capire da dove
venisse la sua voce, visto che sicuramente non
era il tavolo Serpeverde dal momento che lo stava
guardando talmente intensamente per non vedere nient’altro
intorno a lui.
Speranza vana.
Quando
si accorse dello spettacolo che gli
si parava non molto lontano da dove si trovava, di scattò
riportò gli occhi
verso la sua casata, cercando di fare almeno un sorriso di saluto,
prima di
dirigersi a passo di marcia verso quello che ormai era il suo posto. Ma
tutto
quello che tentò di fare fu mascherato da una smorfia di
dolore, causato dal
brusco movimento che gli era malauguratamente venuto in mente di fare.
Guarda
se non è sempre colpa sua.
Chiariamo
una cosa, non perché Potter
aveva qualche influenza su di lui; semplicemente era una precauzione.
Si, una
precauzione per evitare altri spiacevoli… Inconvenienti.
Dal
canto loro, Harry e Pansy si
guardarono perplessi. Ogni intenzione del Prescelto di dirgliene
quattro per
averlo lasciato lì era svanita nel momento in cui si era
reso conto della
difficoltà dei movimenti di Draco, come se avesse passato la
notte in una
posizione ancora più scomoda della sua. Ah! Probabilmente
era caduto dal letto
o qualcosa di simile! Beh, ben gli stava!
«Um,
forse è meglio che io vada a vedere
cosa succede.» disse Pansy sciogliendosi
dall’abbraccio e dando un ultimo bacio
al suo ragazzo, prima che questi con un sorriso d’assenso si
voltasse di nuovo
verso la sua tavola, accorgendosi solo in quel momento che non erano
stati gli
unici spettatori di quello che era successo. Metà Sala
bisbigliava guardando
alternativamente lui e il tavolo Serpeverde.
La
bruna Serpeverde raggiunse in fretta il
suo migliore amico, il quale la accolse con un gemito a metà
tra il dolore
provocato dai movimenti e l’angoscia per quello che
sicuramente Pansy aveva in
mente per lui. Così decise per un blocco in anticipo.
«No.»
sibilò solamente.
«Ma
io non ho dett—»
«Fa
lo stesso. No, Pansy.»
«Oh
e va bene!» capitolò la ragazza,
accavallando le gambe. Che razza di umore da principessa!
«Buongiorno anche a
te, caro il mio migliore-amico-che-non-si-degna-di-dirmi-niente. Ho
passato una
notte tranquilla, grazie per l’interesse.» disse
con una voce che più finta
proprio non si poteva.
«Beata
te.» borbottò Draco fra i denti, per poi
bloccare sul nascere la ragazza
che gli sedeva di fronte, nel momento in cui stava aprendo la bocca per
parlare:
«Ho detto: Niente. Domande.»
e
ritenendosi abbastanza soddisfatto quando lei mise il broncio,
incrociando le
braccia e lasciandolo libero di terminare la colazione nel
più assoluto
silenzio nonostante i tentativi dei due nuovi arrivati, Zabini e Nott,
di
intavolare una qualche conversazione.
Dieci
minuti più tardi la Sala Grande
cominciò a svuotarsi, ma quella mattina sembrava proprio che
nulla volesse
andare secondo i piani di Draco.
Con
un «Vi raggiungo subito!»
all’indirizzo dei suoi inseparabili amici, Harry Potter aveva
deciso di
dirigersi verso i Serpeverde, con l’intenzione di passare
qualche minuto con la
sua ragazza, prima dell’inizio delle lezioni. Magari non
davanti a tutti.
Arrivato
a destinazione, mise una mano
sulla spalla di Pansy, che gli rivolse una sguardo sorridente.
«Finito? Ti
accompagno.» Poi, come accorgendosi solo in quel momento di
Malfoy, che appena
sentita quella dannata voce aveva
alzato la testa di scatto – non senza altro dolore
– gli rivolse un cenno con
la testa. «Tutto bene, Malfoy?» disse,
più per far piacere alla sua ragazza, ma
senza riuscire a nascondere un certo sarcasmo nella sua voce.
Pansy,
che visto l’umore di Draco e
l’implicazione nel tono di Harry, si stava preparando ad un
altro scoppio,
rimase completamente sorpresa, e più che perplessa, quando
il Serpeverde non
fece altro che biascicare un si, munito di qualche altra scusa su
un’improbabile caduta, prendendo alla svelta la sua borsa e
scappando
letteralmente via, come inseguito da un Ippogrifo, senza neanche
degnarsi di
pulire le labbra. Che, da un Malfoy, era davvero preoccupante.
***
Dopo
un’intera settimana, questa era
l’unica idea che le era venuta in mente: «Harry,
devi parlare con Draco.»
«Cosa?!»
di richieste strane ne aveva
ricevute, anche da Pansy, ma perché mai lui doveva parlare
con Malfoy, quando
lei era la sua migliore amica?? No, per quanto si sforzasse, proprio
non
riusciva. Specialmente dopo che in quella settimana Malfoy sembrava
essersi
finalmente deciso a lasciarlo in pace.
A
proposito, da quanto tempo era che non
vedeva Malfoy?
«Oh
andiamo, non fare quella faccia!» Ma
io solo questa, ho. «Per
favore…»
«Ma…
Perché?» perché non poteva farlo lei?
E poi perché avrebbe dovuto parlargli?
«Perché
io non so più come fare.» Harry la
guardò perplesso. Già, in teora era la sua
migliore amica, eppure era una
settimana che a malapena si scambiavano il buongiorno, per non parlare
della
buonanotte. Appena lei cercava di sedersi vicino a lui, parlare, fare
qualunque
cosa per cercare di capirci qualcosa, Malfoy non cercava nemmeno
qualche scusa,
si rifugiava direttamente dietro torri fatte di pergamene e libri.
Sembrava una
succursale della Granger! «Con me non vuole
parlare.» aggiunse, come se avesse
spiegato tutto.
«E,
tesoro,
perché, di grazia, pensi che dovrebbe parlare con
me?»
«Diamine,
Potter!» Uh-oh. «Ma non vedi che
quando ci sei tu almeno reagisce?» Ecco, non è che
volatilizzarsi era proprio
una degna reazione, ma tant’è, «Quando
tu chiedi qualcosa – come se quegli
sputi possano considerarsi
“chiedere” – almeno lui prova a
borbottare delle scuse. Altamente
improbabili, certo, ma pur sempre ti rivolge la parola!»
Dovette fare un lungo
respiro per calmarsi. «Potrebbe essere che sia arrabbiato con
me, anche se non
riesco a capire perché, oppure semplicemente che ti odia
talmente tanto da non
volersi mostrare così debole, come sembra in questi
giorni…»
In
effetti era così, anche se Harry non ci
aveva trovato niente di strano, visti i loro trascorsi; a parte, poi,
il fatto
che erano circa tre giorni che non lo vedeva proprio. «Wow.
Bello.» rispose
comunque, con un’aria che voleva dire Grazie
Tante.
«Allora?
Gli parlerai?» tentò di nuovo
Pansy, ignorandolo. «Ho provato già con Blaise e
con Theo, ma nessuno di loro è
riuscito a fargli spiccicare una parola.»
Alla
fine, Harry capitolò. Poteva mai
resistere a quella tristezza negli occhi della sua ragazza?
Così si rassegnò a
parlare a Malfoy, sebbene senza sapere esattamente cosa dirgli, e
cominciò a
cercarlo nel castello. Al diavolo, prima ci parlava, meglio era.
Lo
trovò a pomeriggio inoltrato, quando il
sole stava quasi per tramontare, nei pressi del Lago Nero. Harry lo
raggiunse
lentamente, e cercando di fare il minor rumore possibile. Sembrava
intento a
fissare qualcosa che solo lui vedeva sulle leggere increspature del
lago,
seduto su una grossa pietra a riva. Aveva in mano una piuma e una
pergamena, ma
sembrava stessero lì più per bellezza, che per la
loro effettiva funzione. Harry
non gli aveva mai visto quello sguardo.
«Malfoy?»
lo chiamò piano.
Draco
sussultò, girandosi di scatto nella
direzione da cui proveniva la voce. L’ultima persona che
voleva incontrare era
a meno di cinque metri da lui. Harry lo vide stringere un paio di volte
gli
occhi, come per capire se fosse veramente lì.
«Cosa
vuoi, Potter?» farfugliò raccattando
le poche cose che aveva con sé «Me ne sto andando,
rimani pure.»
«Devo
parlarti.» la semplicità con cui gli
uscirono quelle parole lo sconvolse. Per la seconda volta in un minuto
– Harry
non capiva perché – Draco sussultò,
irrigidendo leggermente le spalle,
smettendo di mettere le sue cose alla rinfusa nella borsa, ma
rifiutandosi di
guardare l’altro negli occhi. «Me l’ha
chiesto Pansy.»
Il
Serpeverde sbuffò. «Dimmi cosa vuoi e
basta.»
«È
preoccupata, dice che ormai quasi non
vi parlate più. Pensa che tu sia arrabbiato con
lei.» beh, era più facile del
previsto. Se Malfoy si fosse deciso a guardarlo probabilmente sarebbe
andata
ancora meglio.
«Stronzate.
Non ce l’ho con lei. Abbiamo
finito?» Sembrava… Nervoso. E sicuramente
desideroso di andare via.
Harry
non si arrese, «Malfoy… Va tutto
bene?», ma tutto sembrò uscire con meno durezza,
meno indifferenza di quanto
avesse voluto. In un certo senso era strano vedere Malfoy
così, dopo tutti gli
anni che aveva passato a tormentarlo, adesso a malapena gli rivolgeva
la
parola. Doveva ammettere che in fondo – molto, molto, molto
in fondo – litigare
con Malfoy era in qualche modo… Divertente.
Lo faceva sentire vivo.
I
pensieri di Draco, invece, erano di
tutt’altra pasta. Ma che diamine, dopo tutto quello che aveva
fatto per evitare
quei, quella settimana, lui gli si presentava davanti e gli chiedeva se
c’era
qualcosa che non andava. Si che c’era qualcosa che non
andava! Draco non
andava!
E
poi… Maledetto, Maledettissimo Merlino.
Quel
tono. Di nuovo quel cazzo di tono. Di nuovo
quella merda fottuta di tono.
Non
c’era niente da fare, era fregato. Per
la prima volta, si guardarono brevemente negli occhi, prima che Draco
distogliesse di nuovo lo sguardo verso qualcosa di più
interessante sulla riva
del lago. Di colpo gli si sciolsero tutti i muscoli, e si
lasciò scambiare un
sospiro che – pensò Harry – sembrava
quasi un singhiozzo.
«Potter,
per favore… Non c’è niente che
non va, ok? Sono solo… Ho solo bisogno di tempo.»
«Tempo?
Per cosa?»
Già,
per cosa? Cosa avrebbe dovuto dire
ora, esattamente?
«Niente.
Ho… Solo bisogno di bere
qualcosa.» Oh si, ne aveva maledettamente bisogno. Prese la
borsa che aveva
abbandonato per terra, caricandosela in spalla, e si voltò
senza una parola.
«Malfoy
aspetta! Dove—»
«Non
sono affari tuoi, Potter. E adesso,
potresti almeno lasciarmi in pace?» e lo disse con un tono
talmente stanco,
così rassegnato, che a Harry non rimase che guardarlo
incamminarsi sul sentiero
di ghiaia, chiedendo alla sua schiena ondeggiante perché
sembrasse così giu.
***
Harry
non sapeva per quanto tempo era
rimasto lì, semplicemente seduto sulla grossa pietra dove
prima era stato
Draco. Non sapeva neanche lui cosa stava facendo, o perché
non se ne andava.
Ormai il sole era completamente tramontato da un po’, per
lasciare spazio
all’oscurità, ancora più opprimente
lontano dal calore familiare delle luci di
Hogwarts. Ma lui sembrava non farci caso.
Si
riscosse solo nel momento in cui il suo
stomaco cominciò ad esprimere il proprio disappunto per non
essere considerato.
Doveva essere ora di cena.
Così
Harry si decise ad alzarsi e ad
incamminarsi verso il castello, sperando che non fosse troppo tardi per
mangiare qualcosa, non prima di un’ultima occhiata al nero
del Lago, quasi
indistinguibile dal nero della notte. Senza sapere cosa stava cercando,
probabilmente solo quello che Draco sembrava aver visto quel pomeriggio.
Nella
Sala Grande erano poche le persone
che ancora si erano trattenute, anche se la maggior parte aveva
già finito di
mangiare. Tra coloro che ancora cercavano di ficcare chissà
quali quantità di
cibo nel loro stomaco, Ron. Harry lo salutò con un gesto
della mano, prima di
sedersi affianco a lui.
«Ofe
fei fdado?» lo accolse calorosamente
il suo migliore amico. Ad
un’occhiata stralunata di Harry, Ron ingoiò quello
che sembrava essere un
boccone particolarmente difficile, prima di ripetere: «Dove
sei stato, Harry?!
È tutto il pomeriggio che ti cerchiamo! Hermione era
preoccupata.» terminò a
stento, prima di gettarsi nuovamente a capofitto sul suo piatto.
Già,
forse era meglio quando aveva la
bocca occupata.
«Ero…
Al Lago. Pansy mi ha chiesto un
favore.» preferì omettere che il favore in
questione era parlare con Malfoy, e
che aveva passato tutta la restante parte del pomeriggio a pensare a
Malfoy.
Ugh,
aveva pensato a Malfoy? Il solo
pensarlo lo faceva sudare freddo.
Ron
sembrò accontentarsi di questo, il che
diede ad Harry la possibilità di mangiare qualcosa, prima
che tutto sparisse
magicamente dal tavolo.
«Ehi
Ron, hai visto Pansy?» i due
Grifondoro si stavano adesso dirigendo verso la loro Torre, per far
sapere ad
Hermione che no, Harry non si era cacciato in qualche altro guaio che
riguardasse Arti Oscure & Affini.
Ron
fece prima una smorfia, a precisare il
fatto che quella situazione ancora non gli andava del tutto
giù. «No, mi
dispiace, se non sbaglio non è scesa per cena, altrimenti
sarebbe venuta a
chiederci dov’eri.» Ad un’occhiata
interrogativa del moro, poi aggiunse «Non so
perché, ma non c’erano neanche Zabini e Malfoy,
mentre Nott è sceso un attimo,
ha dato un’occhiata al loro tavolo ed è subito
scappato via.»
C’era
qualcosa che non andava, e se Pansy
c’entrava qualcosa, allora era meglio andare a cercarla.
«Ok,
allora io vado a vedere che succede,
tu dici a Hermione di non preoccuparsi.» disse facendo con la
mano un movimento
a mo’ di saluto, mentre si allontanava a grandi falcate verso
i sotterranei.
«Sicuro,
amico!» Dannato spirito Grifondoro,
dannati Serpeverde, e dannato Harry Potter
con la sua anima da Salvatore del Mondo Magico e di Chiunque si
Trovasse in
Pericolo o Simili. Il che, detto da un Grifondoro, in
più migliore amico
del suddetto Salvatore, era parecchio preoccupante.
Harry
corse fino ai sotterranei, fino al
ritratto che introduceva nella Sala Comune Serpeverde, ma dovette
attendere un
po’ prima che uno di loro arrivasse, entrandovi poi
nonostante le occhiatacce
del Serpeverde in questione. Non fece caso al vociare che si spense di
colpo
quando lui entrò – anche perché dopo
pochi secondi, abituati com’erano ormai a
vedere Potter entrare con disinvoltura nella loro Sala Comune,
ripresero subito
a chiacchierare fra loro – e trovò Pansy seduta
nervosamente in una delle scure
poltrone davanti al camino spento. Poteva benissimo dedurlo dalla sua
gamba
sinistra, che andava su e giù ad una velocità
impressionante.
Che
depressione,
quella
Sala.
Le
si avvicinò rapidamente, attirando la
sua attenzione con una mano sulla spalla. Appena lo vide, la ragazza si
bloccò,
per poi abbracciarlo con slancio. Avrebbe voluto anche raccontarle
della sua
chiacchierata con Malfoy, ma lei non gli diede tempo.
«Oh
Harry, sei qui. Sapevo che saresti
venuto. Ti prego, vallo a cercare!»
Eh?
Chi? Cosa? «Pansy, calmati. Spiegami.»
le disse semplicemente, mentre lasciava scorrere le mani sulla sua
schiena,
nella speranza di calmarla almeno un po’.
«Draco
non è tornato, è tutto il
pomeriggio che lo cerchiamo, e fra poco c’è il
coprifuoco!»
«Dai,
probabilmente sarà da qualche parte
nel castello, l’hai detto tu che è strano in
questi giorni.»
«Harry»
si spazientì lei «l’abbiamo
cercato ovunque, ti dico, e inoltre non ha neanche con sé la
sua bacchetta!»
Uh, ecco perché era così preoccupata. Magari
l’aveva semplicemente lasciata lì
mentre…
Ho…
Solo bisogno di bere qualcosa. Non sono affari
tuoi, Potter.
Con
un sospiro rassegnato, Harry chiese «Ok,
Pansy, dov’è che di solito andate per bere
qualcosa?»
«Ti
sembra il momento quest—»
«Fidati,
ok?» le disse con un sorriso
rassicurante «Ora vado a cercarlo, vedrai che non
è successo niente.»
«Vengo
anch’io.»
Harry
si voltò verso la fonte di quella
voce. Theodore Nott era appena entrato dal ritratto, scarmigliato e
ansante,
attirando l’attenzione di più di una persona.
«Non
ce n’è bisogno. Vado da solo.»
«Niente
da fare. Sei da dov’è lui, io devo
venire.»
Harry
sbuffò a metà tra l’esasperato e
l’arrabbiato. Chi diamine credeva di essere? Poteva benissimo
pensarci Harry da
solo senza avere altri ingombri. Per fortuna Pansy venne in suo aiuto,
dicendo
a Nott di andare a cercare Zabini per dirgli di tornare, che ci avrebbe
pensato
Harry. Il Serpeverde se ne andò rosso di rabbia, ma non si
diceva mai di no ad
una Pansy sull’orlo di una crisi nervosa.
***
Avvolto
nel suo amatissimo Mantello
dell’Invisibilità e una volta uscito dai cancelli
di Hogwarts, Harry si
smaterializzò. Diretto ad Hogsmeade.
Non
c’era stato tempo, se non volevano
finire nei guai più di quanto già non fossero.
Aveva detto alla sua ragazza di
mandare un gufo ad Hagrid: la loro sola speranza era il suo aiuto, una
volta
tornati al castello. Altrimenti sarebbero stati costretti a rimanere
fuori
tutta la notte.
Una
volta arrivato al paese, si diresse
velocemente verso I Tre Manici Di Scopa, cercando di non urtare la
folla
presente visto che era ancora invisibile grazie al mantello.
Dopo
una breve occhiata all’interno del
locale, si rese conto che Malfoy non si trovava lì.
L’ansia cominciò
inspiegabilmente a farsi sentire lì, proprio in quel punto
tra lo stomaco e il
cuore con cui aveva tanto familiarizzato in quelle poche settimane.
Decise di
fare un giro intorno a quei tanto vicoletti che circondavano il locale,
nella
speranza di trovarlo lì.
Poi,
delle voci.
«Suuu,
non fare lo schizzinoso,
principino!» in una delle stradine adiacenti,
c’erano tre persone; tutte
evidentemente più che un po’ brille, a giudicare
da come si reggevano in piedi
e le loro voci.
«Si,
non sembravi così timido, prima!»
Ed
Harry lo vide. Draco Malfoy appoggiato
ad uno dei due ragazzi che erano con lui, che ridacchiava piano. Non
poteva
vederli bene a causa della poca luce, ma giudicò che
dovevano essere più grandi
di lui. L’ansia si sciolse, per lasciare il posto a
qualcos’altro.
Stupido
di un Serpeverde! loro si
preoccupavano per lui, e lui cosa faceva? Se
la spassava! Con due che aveva raccattato chissà dove!
Bene,
non c’era da aspettarsi niente di
diverso da quello lì. E
dire che
aveva anche passato tutto il pomeriggio a pensarci, turbato da qualcosa
a cui
nemmeno lui sapeva dare un nome. Ad essere sinceri, c’erano
diverse cose che
non sapeva nominare, negli ultimi tempi.
Perso
nei suoi pensieri non aveva seguito
cosa si erano detti quei tre, e arrabbiato più con
sé stesso che con Malfoy –
che continuava a ridere nervosamente - decise di lasciare il Serpeverde
a ciò
che evidentemente aveva cercato… Yewh.
Sempre
protetto dal suo mantello si voltò,
deciso a lasciarsi dietro tutto quello. Avrebbe inventato qualche scusa
per
Pansy, o magari le avrebbe detto la verità, così
lei avrebbe capito che razza
di amico si ritrovava.
Purtroppo
però sembrava che Merlino avesse
altri piani per lui. Proprio mentre stava estraendo la bacchetta per
smaterializzarsi nei pressi dei cancelli di Hogwarts,
registrò con la coda
dell’occhio quello che stava succedendo, bloccandosi di colpo.
Uno
dei due ragazzi stava trattenendo
Malfoy per le braccia, rendendogli impossibile ogni movimento. Non che
ne
avesse avuto la forza; sembrava parecchio ubriaco, pensò
Harry. Il mantello
scivolò via, rendendolo visibile, ma nessuno se ne accorse.
Probabilmente
nemmeno Harry stesso.
«Non
ha nemmeno la bacchetta, il
biondino…» disse quello con le mani libere, il
più grosso, la voce strascicata
di un ubriaco «Non lo sai che non è prudente, per
una principessina come te?»
terminò avvicinandosi sempre di più a Malfoy,
fino a soffiargli sul viso. Draco
fece una smorfia, cercando di voltare la faccia, evidentemente per la
troppa
puzza.
poi,
quando iniziò a divincolarsi dalla
stretta, l’espressione quasi sofferente, l’armadio
gli mise una sudicia mano
sulla patta dei pantaloni, e contemporaneamente avvicinandosi ancora di
più per
annullare il poco spazio che lo separava dalla bocca di Malfoy.
Ma
non ci arrivò mai.
Harry
non sapeva perché, o come. Un attimo
prima gli occhi di Malfoy era fissi nei suoi, inaspettatamente lucidi e
quasi
disperati; la rabbia si dissolse all’improvviso. Tutto quello
che sentì fu un’incredibile
energia, un’aura di Magia tutt’intorno a lui.
Un
attimo dopo aveva Malfoy avvolto dal
Mantello, rannicchiato tra le sue braccia, mentre si Smaterializzava
verso
Hogwarts.
***
I
minuti che seguirono furono confusi.
Mentre ancora si calmava, Harry ricordava solamente di aver mandato il
suo
Patronus ad Hagrid, e dopo un po’ già si dirigeva
verso la Sala Comune dei
Serpeverde, faticando per tenere entrambi coperti dal Mantello.
Draco
era mezzo addormentato, si lamentava
per le continue scosse. Poi ad un certo punto aveva posato una guancia
sulla
spalla sinistra di Harry, e subito si era calmato
all’improvviso. Harry non lo
guardò, non posò mai lo sguardo su di lui,
sentiva solamente il bisogno di
portare Draco al sicuro e andare a calmarsi da qualche parte.
L’ultima
volta che quella cosa era
successa… Lui era stato faccia a faccia con la
Morte. Faccia a faccia con Voldemort. L’ultima volta che
quella cosa era
successa, erano morte persone.
Arrivato
ai sotterranei non ci fu bisogno
di fare qualcosa: Pansy aveva prevedibilmente lasciato il ritratto
socchiuso.
Entrando, la trovò che sonnecchiava sempre sulla stessa
poltrona, ma appena
sentì quei rumori scattò subito in piedi, come
scottata, sollevata e allo
stesso tempo preoccupata dalla vista di Draco, e di Harry in quello
stato.
Ma
il Grifondoro non disse nulla, si
limitò ad appoggiare cautamente Malfoy sul grande divano
della Sala,
biascicando delle scuse a Pansy sul fatto che era stanco e voleva
andare a
dormire, promettendole che si sarebbero visti la mattina dopo, e senza
neanche
darle delle spiegazioni sul perché Draco fosse ubriaco
– poteva sentirlo dalla
puzza – e perché si agitasse così
tanto. Dopodiché corse letteralmente fuori,
in direzione del proprio dormitorio, affidato nuovamente alle cure del
suo
fidato Mantello.
Nella
Sala Comune, Pansy rimase per
diversi minuti a guardare Malfoy agitarsi come in preda ad un incubo,
prima di
accovacciarsi ai piedi del divano.
«Shhh…
Va tutto bene, Draco. Ora sei al
sicuro.» continuava a ripetere, accarezzandogli dolcemente la
guancia non
poggiata sul sedile del divano, mentre con l’altra mano
cercava di togliere dal
suo viso le ciocche che gli scivolavano continuamente davanti ad ogni
movimento
più accennato. «Perché
Aveva
bisogno di dormire anche lei; era
stanca, dopo tutto quel pomeriggio. Aveva convinto Blaise e Theo a
tornare nel
loro dormitorio, ma lei aveva preferito aspettare i due lì.
Si alzò, prese
dalla poltrona che prima aveva occupato lei stessa la pesante coperta
con cui
aveva cercato di tenersi calda, adagiandola su Draco in modo che non
sentisse
freddo durante la notte. Il Serpeverde sembrò calmarsi,
lasciandosi andare ad
un sospiro spezzato. Pansy fece per andarsene, dirigendosi verso le
scale che
portavano ai dormitori femminili.
«Grazie…»
mormorò Draco nel suo sonno, talmente piano che la ragazza
non ne fu tanto
sicura, voltandosi per rispondergli.
«Non
c’è neanche bisogno di dirlo,
tesoro…»
«Ha…
Y…»
***
Quando
la mattina dopo, in preda ad un
forte mal di testa, si svegliò nella Sala Comune, non
ricordava distintamente
cosa fosse accaduto la sera prima.
E
dopo che una lunga, lunghissima doccia –
aiutata da una utilissima pozione Post-Sbronza -, lo aiutò
quasi completamente
a dissolvere la nebbia sugli eventi, l’unica cosa di cui fu
sicuro era proprio
quella che aveva negato con tutta l’anima proprio una
settimana prima.
A
Draco Malfoy piaceva fottutamente
Harry Potter.
Syriael’s
Minutes
1.
Alor,
che mi
dite, mie balde giuovincelle? ** Lo so, probabilmente penserete che il
finale
me lo potevo risparmiare; solo che in questa storia me lo immagino un
Draco
talmente perso da mormorare quello [Oh, si, sono partita per la
tangente]. E la
frase finale era per richiamare quella iniziale. Siamo proprio passati
da un
estremo all’altro ;]
2.
Non
vi
preoccupate, non vi tedio oltre. Voglio solo ringraziare di tutto
cuore, visto
che la volta scorsa l’ho dimenticato *sbatte la testa contro
il muro* tutte/i
voi che leggete, che seguite, che preferite, che ricordate e che
commentate çç
[Spero di non capirmi da sola!] Mi commuovo. No, non scherzo.
3.
Semplicemente,
un bacio ad OGNUNO/A di voi. Grazie per essere qui.
Syriael.