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Autore: Deademia    08/05/2011    10 recensioni
Una strega discendente da una stirpe potente che non crede nei suoi poteri...Un vampiro secolare il cui cuore sembra intrappolato in un'armatura di ghiaccio...Un amore impossibile il cui percorso sarà segnato da mille ostacoli...Un nemico nell'ombra pronto a cambiare per sempre le "tranquille" vite dei nostri protagonisti...
Una DamonxBonnie ovviamente, fatta da una fan che non vede l'ora di coronare l'amore di questi meravigliosi personaggi=)
Genere: Dark, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9

Non è un miraggio, lo giuro. 
Allora, lo so praticamente non mi sono fatta viva per mesi e vi chiedo scusa, vi ho tenuti sulle spine per troppo tempo, ma finalmente eccomi qui, con un'altro capitolo che spero vi piacerà. Vi prego non lapidatemi!=) Adesso vi lascio alla vostra lettura, mi raccomando alla fine lasciate un commentino, anche piccolo, per farmi sapere che ne pensate. L'ho scritto un po' di getto, non è ricchissimo di scene e particolari, ma volevo aggiornare per darvi un segno della mia presenza e per informarvi che questa ff non l'ho abbandonata. Buona lettura, e scusatemi ancora!

CAPITOLO 9

Fu una notte tormentata, fatta di incubi, di semi risvegli, di calde lacrime versate inconsapevolmente e sospiri affannosi. Quando mi risvegliai definitivamente, per la seconda volta dalla sera precedente, ero in un bagno di sudore. La camicia da notte era completamente umida, i capelli bagnati appiccicati alla fronte madida e fredda e le guance che tiravano a causai dei residui salati del pianto che non sapevo di aver fatto.

La ferita mi faceva sempre male e avevo un gran mal di testa, pensai che se il buongiorno si vede dal mattino quello decisamente non lo sarebbe stato per me.

Non senza un leggero sforzo mi voltai in direzione del comodino, allungando il collo sopra al cuscino per poter leggere la sveglia, e constatai che erano le 10.00.

Sospirai, indecisa se tentare la sorte e scendere dal letto o starmene buona buona sotto le coperte, come un qualunque convalescente nelle mie condizioni. La scelta però mi venne risparmiata dall’entrata in scena di una testolina bionda che riconobbi subito come Elena.

-Buongiorno dormigliona! Come ti senti?- sorrise raggiante mentre posava un vassoio stracolmo di cibo sul comodino, sedendosi poi sulle coperte e guardandomi amorevolmente.

-Insomma…sono stata meglio-

-Immagino…senti non sapevo se avevi fame, e nel caso cosa volessi, quindi ti ho portato un po’ tutto quello che ho trovato. C’è tè, caffè, latte, una spremuta, cereali, biscotti, una fetta di torta che ho comprato prima, una mela, una banana, fette biscottate, una marmellata di fragole e una di albicocche-

-Tutto in un vassoio?- scherzai, facendola sorridere –Vada per il caffè e la fetta di torta-

Mangiai in silenzio, sotto lo sguardo vigile di quella mia amica che sapevo fremeva dalla curiosità di sapere qualcosa sull’accaduto ma che era troppo preoccupata di risvegliare brutti ricordi per chiedermelo.

-Hai intenzioni di guardarmi ancora a lungo con quello sguardo di supplica?-

-Scusa?- fece lei con innocenza.

-Ti conosco Elena- sorrisi quando alzò gli occhi al cielo, sconfitta.

-Vorrei solo…sono preoccupata Bonnie. Insomma fin quando si trattava di strani sogni era un conto, poi quell’aggressione già mi aveva messo in allarme ma adesso…Dio mio ti rendi conto che hai rischiato di morire? E’ ovvio che voglio sapere più cose possibili-

Sospirai. La capivo, probabilmente anche io avrei avuto la stessa reazione al suo posto, anzi, conoscendomi, anche peggio.

-Sinceramente non ricordi benissimo, ma penso che sforzandomi riuscirei a ricavare qualcosa-

Effettivamente ogni volta che ripensavo a cosa mi era accaduto quella mattina una coltre di nebbiolina mi invadeva la mente, impedendomi di vedere nitidamente. Probabilmente era come uno scudo naturale scaturito dalla voglia di non voler provare di nuovo quello stesso dolore finisco che continuava a trattenermi a letto, una specie di protezione indotta dal mio corpo  per evitare di soffrire nuovamente, ma ero certa che se mi fossi sforzata un po’ di più quella nebbia si sarebbe diradata all’istante.

-Te la senti di provare ora? Non per affrettare le cose solo che di sotto ci sono tutti, così eviteresti di ripetere le stesse cose a ciascuno ogni volta-

-Si va bene, mi vesto e scendo-

Così le seguenti ore le passai spiegando nei dettagli ciò che riuscivo a ricordarmi, sforzandomi a tratti di più a tratti di meno. Certo le informazioni non erano molte, tutt’altro, però bastarono a mettere in allerta i due vampiri, che più di una volta si scambiarono sguardi misteriosamente complici che non mi lasciai sfuggire, intenzionata a chiedere spiegazioni non appena me ne sarebbe capitata l’occasione.

All’ora di pranzo la casa si svuotò drasticamente Meredith disse di avere degli impegni che non poteva assolutamente rimandare, anche se le dispiaceva lasciarmi così, Stefan doveva fare delle “ricerche” accompagnato da Damon, Elena decise di seguirli e Matt, che per tutto il tempo era rimasto in un silenzio reverenziale, alimentato sia dai sensi di colpa sia dalla paura di un’altra ramanzina/minaccia alla vista del più grande dei Salvatore, si dileguò non appena ne ebbe avuta l’occasione.

Fatto sta che in meno di dieci minuti mi ritrovai completamente sola in quell’enorme e austera casa. Indecisa sul da farsi, con il fianco ancora indolenzito e la fame sotto zero, optai per una perlustrazione in cerca di qualcosa che attirasse la mia attenzione e mi distraesse dai mille pensieri che continuavano imperterriti a occuparmi la mente.

Sorvolando sulla mia aggressione e sui dubbi da essa derivanti, in particolar modo dopo la chiacchierata di poco prima, c’era un dubbio enorme che popolava la mia testa da quella notte, un mistero dal quale non riuscivo a venirne a capo e che portava un nome tanto bello quanto tenebroso: Damon. O meglio, il suo strano, incomprensibile, stravagante e inconcepibile comportamento. Da quando lui, il principe indiscusso delle tenebre, il cuore di ghiaccio che non si scioglie nemmeno a 1800°C, il nobile vampiro che altri non ha per la testa se non la sua bella dama Elena, si abbassa a incasinarmi la vita con strani frasi che per me somigliano più che altro a quei rompicapi che si trovano sulla settimana enigmistica? Insomma, razionalmente parlando, sembrava che per un attimo fosse stato davvero serio, per un attimo si fosse davvero preoccupato per me, per un attimo avesse messo da parte quella sua stupida, fredda maschera e mi avesse lasciato sbirciare dal buco della serratura del suo cuore. Ma solo per un attimo.

Forse però ero io che stavo vaneggiando, probabilmente stavo delirando tanto da inventarmi complicati patemi dove non dovevano esserci, raccontandomi frottole nella vano tentativo di concedermi un’ultima speranza.

Sciocca…sciocca illusa…come potevo solo pensare a una simile possibilità? Come potevo pretendere di avere avuto un simile lusso? No, io non valevo niente per lui, niente di più una semplice umana da calpestare a proprio piacimento. Eppure dovevo aver imparato alla fine, no? Ma perché?! Perché ogni volta che riuscivo a rassegnarmi, perché ogni volta che capivo quanto mi stavo sbagliando, lui tornava, bello e fiero, e distruggeva in un soffio tutto il mio precario equilibrio, fatto di sottili fili invisibili come immacolate ragnatele che vengono spezzate dalla forza del vento? Questo proprio non riuscivo a comprenderlo. Si divertiva tanto a farmi rialzare, illudendomi e regalandomi false speranze, per poi gettarmi ancora più in basso? Era una specie di rituale? Un giochetto per passare il tempo? Ero questo per lui?

Beh io non ci stavo. Troppe volte glielo avevo permesso. Troppe volte si era divertito, vedendo il mio rossore, la mia collera, la mia adorazione e infine la mia disperazione. Questa volta no, non sarebbe andata a finire così, dovevo una volta per tutte porre la parola fine. Se questo, nel suo rituale, era il momento in cui mi illudeva, non gli avrei lasciato fare la prossima mossa, non gli avrei lasciato distruggere nuovamente le mie illusioni, le avrei cancellate io per prima, così che avrebbe trovato il campo vuoto al suo arrivo.

Con un sorriso vittorioso sulle labbra, soffocai sul nascere tutti quei pensieri e mi concentrai su altro, pensando che da ora in poi avrei fatto sempre così, non appena il nome Damon sarebbe sorto nella mia mente.

Non fu poi così difficile distrarmi. Ero appena giunta di fronte alla biblioteca, una stanza grande quanto il salotto, con le pareti ricoperte da scaffali e scaffali di libri impolverati e il cui centro era occupato da massicce e invitanti poltrone imbottite e rivestite da morbida pelle marrone scuro. Dalle finestre in alto entravano di taglio lame di luce, che creavano un’atmosfera quasi arcaica, senza tempo. Estasiata da tutto quello splendore, mi catapultai all’interno, facendo vagare lo sguardo sull’infinità di quei volumi e soffermandomi sui più invitanti. Ne estrassi alcuni con estrema delicatezza e li poggiai ai piedi di una delle poltrone, prima di accoccolarmi su di essa e lasciarmi trasportare dalle parole di quei meravigliosi racconti classici.

Un suono per metà acuto e per metà profondo, tanto forte da rimbombare nella stanza producendo un sonoro eco, mi fece sobbalzare e spalancare gli occhi di colpo, ridestandomi dal dolce torpore in cui mi ero assopita. Individuai subito l’origine di quell’elegante chiasso: l’orologio a pendola stava segnando le cinque di pomeriggio.

Sorpresa per aver dormito tanto, feci leva sul sedile per tirarmi un po’ su, ma mi bloccai non appena vidi chi avevo di fronte, comodamente seduto su un’altra poltrona intento a sfogliare il libro che riconobbi come quello che era stato tra le mie mani fin quando non mi ero addormentata. Mi schiarii la voce e assunsi un’espressione dura.

-Che ci fai qui?-

Alzò gli occhi d’onice e lì puntò su di me con arroganza, paralizzandomi seduta stante. Incredibile l’effetto che aveva su di me quella creatura, e lui lo sapeva alla perfezione, ne era la prova il sorrisino che era appena comparso sulle sue labbra.

-Vedo che ti sei svegliata, bell’addormentata-

-Ripeto, che ci fai qui?-

-Ci vivo. Devo forse ricordarti che questa è casa mia?-

Lo guardai scettica, aspettando che continuasse seriamente.

-Ero venuto a cercare un libro, poi ho visto qualcosa muoversi su una poltrona. Diciamo che è impossibile non riconoscere la tua massa rossa, così mi sono avvicinato per vedere che ci facevi qui- sventolò il libro in aria –Orgoglio e Pregiudizio? Se prevedibile streghetta, tutte le donne adorano questa favola ottocentesca-

Punta sul vivo, lo guardai accigliata e mi strinsi nelle braccia.

-Sai quanto me ne può fregare di essere prevedibile per te…facile parlare quando si ha il dono di leggere la mente-

-E questo che centra?-

-Centra. Tutti sono prevedibili per una persona che riesce ad entrare nella loro testa con la facilità con cui attraversa una porta spalancata- borbottai seccata, rivangando nei ricordi tutte le volte in cui ero stata costretta a creare un blocco per evitare che mi leggesse i pensieri.

-Ma ora non lo sto facendo-

-Solo perché ho creato uno scudo-

-Touchè- ammise con un sorriso che mi ricordava più un ghigno minaccioso.

Il silenzio che si creò subito dopo riuscì ad innervosirmi all’inverosimile. Cosa diamine stava facendo? Era la sua nuova tattica per mettermi in imbarazzo? Beh ci stava riuscendo alla perfezione. Sbuffai.

-Qualcosa non va streghetta?- lo chiese a mo’ di beffa, sapeva alla perfezione ciò che non andava.

-No, va tutto benissimo, grazie per l’interessamento- usai un tono sarcastico da tre soldi che non lo scalfì minimamente.

Cadde di nuovo il silenzio, scandito soltanto dai rintocchi dell’orologio e dal rumore delle pagine del libro che Damon continuava a sfogliare con fare annoiato. Ormai all’apice della sopportazione mi alzai di botto, reprimendo con un gemito le fitte che quel movimento brusco mi avevano provocato e puntai in direzione della porta. Stavo per varcare la soglia quando la sua voce mi fermò.

-Non so quanto ti faccia bene stare alzata, uccellino. Ti conviene metterti a letto-

-E a te cosa te ne frega della mia salute?- sbottai arrabbiata, quando l’avrebbe finita di prendermi in giro a quel modo? E quando avrebbe smesso il mio cuore di accelerare i battiti al suono basso e caldo della sua voce?

La riposta tardò così tanto ad arrivare che mi voltai, scoprendo sul suo volto perfetto un’ombra scura di turbamento che poche volte gli avevo visto.

-In effetti, niente- si alzò di botto, lo sguardo severo fisso nel vuoto e si incamminò verso di me. Indietreggiai di un passo, ma lui mi sorpasso. Sentii soltanto la stoffa delle nostre vesti strusciare nell’istante in cui mi fu di fronte e la scia del suo profumo che sapeva di notte impregnare l’aria circostante.

Prima di poter realmente capire cosa stessi facendo, tesi un braccio ed afferrai la sua camicia nera. Nell’stante in cui le mie dita si strinsero attorno alla stoffa ruvida mi accorsi del gesto avventato che avevo appena fatto. Sbarrai gli occhi, aspettandomi una sua qualche reazione. Lo vidi irrigidirsi sotto la mia presa e allontanai di scatto la mano, quasi fossi rimasta scottata.

-Che altro c’è ora?- lo disse con durezza, con rimprovero, il che mi disorientò ancora di più.

Cosa c’era diceva? Sinceramente non lo sapevo neanche io. Perché l’avevo bloccato? Per domandargli forse spiegazioni sul suo comportamento? Avevo forse creduto per un attimo di potergli chiedere con così tanta facilità una cosa di cui sicuramente avrebbe riso, dicendomi che ero solo una piccola sciocca stupida illusa?

Già…proprio stupida.

-Io…niente lascia stare- abbassai lo sguardo, arrossendo fino alla punta dei capelli.

-Torna a letto streghetta- questa volta lo disse con una nota di dolcezza che mi fece alzare di botto lo sguardo, per andare a posarlo sulle sue spalle larghe a cui avrei tanto voluto aggrapparmi e sui suoi lisci capelli neri.

Perché mi fai questo?

Avrei voluto dirglielo ma lo pensai e basta, senza scudi, senza protezioni, affinché se avesse voluto l’avrebbe semplicemente letto nella mia mente.

Poi, prima che potesse dire altro, mi allontanai, camminando sempre più velocemente, fin quasi a piegarmi per le fitte di dolore, e raggiunsi la mia camera, lasciandolo nel corridoio, con i pugni serrati per quella lotta interiore di cui io ero completamente all’oscuro.

  
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