Non è un miraggio, lo giuro.
Allora, lo so praticamente non mi sono fatta viva per mesi e vi chiedo
scusa, vi ho tenuti sulle spine per troppo tempo, ma finalmente eccomi
qui, con un'altro capitolo che spero vi piacerà. Vi prego non
lapidatemi!=) Adesso vi lascio alla vostra lettura, mi raccomando alla
fine lasciate un commentino, anche piccolo, per farmi sapere che ne
pensate. L'ho scritto un po' di getto, non è ricchissimo di
scene e particolari, ma volevo aggiornare per darvi un segno della mia
presenza e per informarvi che questa ff non l'ho abbandonata. Buona
lettura, e scusatemi ancora!
CAPITOLO 9
Fu
una notte tormentata, fatta di incubi, di semi risvegli, di calde lacrime
versate inconsapevolmente e sospiri affannosi. Quando mi risvegliai
definitivamente, per la seconda volta dalla sera precedente, ero in un bagno di
sudore. La camicia da notte era completamente umida, i capelli bagnati
appiccicati alla fronte madida e fredda e le guance che tiravano a causai dei
residui salati del pianto che non sapevo di aver fatto.
La
ferita mi faceva sempre male e avevo un gran mal di testa, pensai che se il buongiorno
si vede dal mattino quello decisamente non lo sarebbe stato per me.
Non
senza un leggero sforzo mi voltai in direzione del comodino, allungando il
collo sopra al cuscino per poter leggere la sveglia, e constatai che erano le
10.00.
Sospirai,
indecisa se tentare la sorte e scendere dal letto o starmene buona buona sotto
le coperte, come un qualunque convalescente nelle mie condizioni. La scelta
però mi venne risparmiata dall’entrata in scena di una testolina bionda che
riconobbi subito come Elena.
-Buongiorno
dormigliona! Come ti senti?- sorrise raggiante mentre posava un vassoio
stracolmo di cibo sul comodino, sedendosi poi sulle coperte e guardandomi
amorevolmente.
-Insomma…sono
stata meglio-
-Immagino…senti
non sapevo se avevi fame, e nel caso cosa volessi, quindi ti ho portato un po’
tutto quello che ho trovato. C’è tè, caffè, latte, una spremuta, cereali,
biscotti, una fetta di torta che ho comprato prima, una mela, una banana, fette
biscottate, una marmellata di fragole e una di albicocche-
-Tutto
in un vassoio?- scherzai, facendola sorridere –Vada per il caffè e la fetta di
torta-
Mangiai
in silenzio, sotto lo sguardo vigile di quella mia amica che sapevo fremeva
dalla curiosità di sapere qualcosa sull’accaduto ma che era troppo preoccupata
di risvegliare brutti ricordi per chiedermelo.
-Hai
intenzioni di guardarmi ancora a lungo con quello sguardo di supplica?-
-Scusa?-
fece lei con innocenza.
-Ti
conosco Elena- sorrisi quando alzò gli occhi al cielo, sconfitta.
-Vorrei
solo…sono preoccupata Bonnie. Insomma fin quando si trattava di strani sogni
era un conto, poi quell’aggressione già mi aveva messo in allarme ma adesso…Dio
mio ti rendi conto che hai rischiato di morire? E’ ovvio che voglio sapere più
cose possibili-
Sospirai.
La capivo, probabilmente anche io avrei avuto la stessa reazione al suo posto,
anzi, conoscendomi, anche peggio.
-Sinceramente
non ricordi benissimo, ma penso che sforzandomi riuscirei a ricavare qualcosa-
Effettivamente
ogni volta che ripensavo a cosa mi era accaduto quella mattina una coltre di
nebbiolina mi invadeva la mente, impedendomi di vedere nitidamente.
Probabilmente era come uno scudo naturale scaturito dalla voglia di non voler
provare di nuovo quello stesso dolore finisco che continuava a trattenermi a
letto, una specie di protezione indotta dal mio corpo per evitare di soffrire nuovamente, ma ero
certa che se mi fossi sforzata un po’ di più quella nebbia si sarebbe diradata
all’istante.
-Te
la senti di provare ora? Non per affrettare le cose solo che di sotto ci sono
tutti, così eviteresti di ripetere le stesse cose a ciascuno ogni volta-
-Si va bene, mi vesto e scendo-
Così le seguenti ore le passai spiegando nei
dettagli ciò che riuscivo a ricordarmi, sforzandomi a tratti di più a tratti di
meno. Certo le informazioni non erano molte, tutt’altro, però bastarono a
mettere in allerta i due vampiri, che più di una volta si scambiarono sguardi misteriosamente
complici che non mi lasciai sfuggire, intenzionata a chiedere spiegazioni non
appena me ne sarebbe capitata l’occasione.
All’ora di pranzo la casa si svuotò drasticamente
Meredith disse di avere degli impegni che non poteva assolutamente rimandare,
anche se le dispiaceva lasciarmi così, Stefan doveva fare delle “ricerche”
accompagnato da Damon, Elena decise di seguirli e Matt, che per tutto il tempo
era rimasto in un silenzio reverenziale, alimentato sia dai sensi di colpa sia
dalla paura di un’altra ramanzina/minaccia alla vista del più grande dei
Salvatore, si dileguò non appena ne ebbe avuta l’occasione.
Fatto sta che in meno di dieci minuti mi
ritrovai completamente sola in quell’enorme e austera casa. Indecisa sul da
farsi, con il fianco ancora indolenzito e la fame sotto zero, optai per una perlustrazione
in cerca di qualcosa che attirasse la mia attenzione e mi distraesse dai mille
pensieri che continuavano imperterriti a occuparmi la mente.
Sorvolando sulla mia aggressione e sui dubbi da
essa derivanti, in particolar modo dopo la chiacchierata di poco prima, c’era
un dubbio enorme che popolava la mia testa da quella notte, un mistero dal
quale non riuscivo a venirne a capo e che portava un nome tanto bello quanto
tenebroso: Damon. O meglio, il suo strano, incomprensibile, stravagante e
inconcepibile comportamento. Da quando lui, il principe indiscusso delle
tenebre, il cuore di ghiaccio che non si scioglie nemmeno a
Forse però ero io che stavo vaneggiando,
probabilmente stavo delirando tanto da inventarmi complicati patemi dove non
dovevano esserci, raccontandomi frottole nella vano tentativo di concedermi un’ultima
speranza.
Sciocca…sciocca illusa…come potevo solo pensare
a una simile possibilità? Come potevo pretendere di avere avuto un simile
lusso? No, io non valevo niente per lui, niente di più una semplice umana da
calpestare a proprio piacimento. Eppure dovevo aver imparato alla fine, no? Ma perché?!
Perché ogni volta che riuscivo a rassegnarmi, perché ogni volta che capivo
quanto mi stavo sbagliando, lui tornava, bello e fiero, e distruggeva in un
soffio tutto il mio precario equilibrio, fatto di sottili fili invisibili come
immacolate ragnatele che vengono spezzate dalla forza del vento? Questo proprio
non riuscivo a comprenderlo. Si divertiva tanto a farmi rialzare, illudendomi e
regalandomi false speranze, per poi gettarmi ancora più in basso? Era una
specie di rituale? Un giochetto per passare il tempo? Ero questo per lui?
Beh io non ci stavo. Troppe volte glielo avevo
permesso. Troppe volte si era divertito, vedendo il mio rossore, la mia collera,
la mia adorazione e infine la mia disperazione. Questa volta no, non sarebbe
andata a finire così, dovevo una volta per tutte porre la parola fine. Se
questo, nel suo rituale, era il momento in cui mi illudeva, non gli avrei
lasciato fare la prossima mossa, non gli avrei lasciato distruggere nuovamente
le mie illusioni, le avrei cancellate io per prima, così che avrebbe trovato il
campo vuoto al suo arrivo.
Con un sorriso vittorioso sulle labbra, soffocai
sul nascere tutti quei pensieri e mi concentrai su altro, pensando che da ora
in poi avrei fatto sempre così, non appena il nome Damon sarebbe sorto nella
mia mente.
Non fu poi così difficile distrarmi. Ero appena
giunta di fronte alla biblioteca, una stanza grande quanto il salotto, con le
pareti ricoperte da scaffali e scaffali di libri impolverati e il cui centro
era occupato da massicce e invitanti poltrone imbottite e rivestite da morbida
pelle marrone scuro. Dalle finestre in alto entravano di taglio lame di luce,
che creavano un’atmosfera quasi arcaica, senza tempo. Estasiata da tutto quello
splendore, mi catapultai all’interno, facendo vagare lo sguardo sull’infinità
di quei volumi e soffermandomi sui più invitanti. Ne estrassi alcuni con
estrema delicatezza e li poggiai ai piedi di una delle poltrone, prima di
accoccolarmi su di essa e lasciarmi trasportare dalle parole di quei
meravigliosi racconti classici.
Un suono per metà acuto e per metà profondo,
tanto forte da rimbombare nella stanza producendo un sonoro eco, mi fece
sobbalzare e spalancare gli occhi di colpo, ridestandomi dal dolce torpore in
cui mi ero assopita. Individuai subito l’origine di quell’elegante chiasso: l’orologio
a pendola stava segnando le cinque di pomeriggio.
Sorpresa per aver dormito tanto, feci leva sul
sedile per tirarmi un po’ su, ma mi bloccai non appena vidi chi avevo di
fronte, comodamente seduto su un’altra poltrona intento a sfogliare il libro
che riconobbi come quello che era stato tra le mie mani fin quando non mi ero
addormentata. Mi schiarii la voce e assunsi un’espressione dura.
-Che ci fai qui?-
Alzò gli occhi d’onice e lì puntò su di me con
arroganza, paralizzandomi seduta stante. Incredibile l’effetto che aveva su di
me quella creatura, e lui lo sapeva alla perfezione, ne era la prova il
sorrisino che era appena comparso sulle sue labbra.
-Vedo che ti sei svegliata, bell’addormentata-
-Ripeto, che ci fai qui?-
-Ci vivo. Devo forse ricordarti che questa è
casa mia?-
Lo guardai scettica, aspettando che continuasse
seriamente.
-Ero venuto a cercare un libro, poi ho visto qualcosa
muoversi su una poltrona. Diciamo che è impossibile non riconoscere la tua
massa rossa, così mi sono avvicinato per vedere che ci facevi qui- sventolò il
libro in aria –Orgoglio e Pregiudizio? Se prevedibile streghetta, tutte le
donne adorano questa favola ottocentesca-
Punta sul vivo, lo guardai accigliata e mi
strinsi nelle braccia.
-Sai quanto me ne può fregare di essere
prevedibile per te…facile parlare quando si ha il dono di leggere la mente-
-E questo che centra?-
-Centra. Tutti sono prevedibili per una persona
che riesce ad entrare nella loro testa con la facilità con cui attraversa una
porta spalancata- borbottai seccata, rivangando nei ricordi tutte le volte in
cui ero stata costretta a creare un blocco per evitare che mi leggesse i
pensieri.
-Ma ora non lo sto facendo-
-Solo perché ho creato uno scudo-
-Touchè- ammise con un sorriso che mi ricordava
più un ghigno minaccioso.
Il silenzio che si creò subito dopo riuscì ad
innervosirmi all’inverosimile. Cosa diamine stava facendo? Era la sua nuova tattica
per mettermi in imbarazzo? Beh ci stava riuscendo alla perfezione. Sbuffai.
-Qualcosa non va streghetta?- lo chiese a mo’ di
beffa, sapeva alla perfezione ciò che non andava.
-No, va tutto benissimo, grazie per l’interessamento-
usai un tono sarcastico da tre soldi che non lo scalfì minimamente.
Cadde di nuovo il silenzio, scandito soltanto
dai rintocchi dell’orologio e dal rumore delle pagine del libro che Damon
continuava a sfogliare con fare annoiato. Ormai all’apice della sopportazione
mi alzai di botto, reprimendo con un gemito le fitte che quel movimento brusco
mi avevano provocato e puntai in direzione della porta. Stavo per varcare la
soglia quando la sua voce mi fermò.
-Non so quanto ti faccia bene stare alzata,
uccellino. Ti conviene metterti a letto-
-E a te cosa te ne frega della mia salute?-
sbottai arrabbiata, quando l’avrebbe finita di prendermi in giro a quel modo? E
quando avrebbe smesso il mio cuore di accelerare i battiti al suono basso e
caldo della sua voce?
La riposta tardò così tanto ad arrivare che mi
voltai, scoprendo sul suo volto perfetto un’ombra scura di turbamento che poche
volte gli avevo visto.
-In effetti, niente- si alzò di botto, lo
sguardo severo fisso nel vuoto e si incamminò verso di me. Indietreggiai di un
passo, ma lui mi sorpasso. Sentii soltanto la stoffa delle nostre vesti
strusciare nell’istante in cui mi fu di fronte e la scia del suo profumo che
sapeva di notte impregnare l’aria circostante.
Prima di poter realmente capire cosa stessi
facendo, tesi un braccio ed afferrai la sua camicia nera. Nell’stante in cui le
mie dita si strinsero attorno alla stoffa ruvida mi accorsi del gesto avventato
che avevo appena fatto. Sbarrai gli occhi, aspettandomi una sua qualche
reazione. Lo vidi irrigidirsi sotto la mia presa e allontanai di scatto la
mano, quasi fossi rimasta scottata.
-Che altro c’è ora?- lo disse con durezza, con
rimprovero, il che mi disorientò ancora di più.
Cosa c’era diceva? Sinceramente non lo sapevo
neanche io. Perché l’avevo bloccato? Per domandargli forse spiegazioni sul suo
comportamento? Avevo forse creduto per un attimo di potergli chiedere con così
tanta facilità una cosa di cui sicuramente avrebbe riso, dicendomi che ero solo
una piccola sciocca stupida illusa?
Già…proprio stupida.
-Io…niente lascia stare- abbassai lo sguardo,
arrossendo fino alla punta dei capelli.
-Torna a letto streghetta- questa volta lo disse
con una nota di dolcezza che mi fece alzare di botto lo sguardo, per andare a posarlo
sulle sue spalle larghe a cui avrei tanto voluto aggrapparmi e sui suoi lisci capelli neri.
Perché mi
fai questo?
Avrei voluto dirglielo ma lo pensai e basta,
senza scudi, senza protezioni, affinché se avesse voluto l’avrebbe
semplicemente letto nella mia mente.
Poi, prima che potesse dire altro, mi
allontanai, camminando sempre più velocemente, fin quasi a piegarmi per le
fitte di dolore, e raggiunsi la mia camera, lasciandolo nel corridoio, con i
pugni serrati per quella lotta interiore di cui io ero completamente all’oscuro.