E rieccomi
qua. Lo so, ho mille cose in via di costruzione, ma che ci posso fare. Sono in
astinenza di ff e alla fine ho deciso che me la
scrivevo. Faccio prima u.u
In tutti i casi: nata in un modo,
sviluppata in un altro. Come sempre direi.
A Rolo e Shishi e a quel week-end mancato!
Just a Jingle
Se
c’era una cosa di cui Brook era certo, era proprio il fattore musica.
Da
quando, più di cinquant’anni prima, si era ritrovato a navigare per i mari, la
musica che suonava con il suo amato violino aveva sempre portato una nota di
allegria e spensieratezza nella ciurma che presto aveva imparato a chiamare
famiglia. Ma c’era un’altra cosa di cui si vantava, anche se mai lo avrebbe
ammesso a voce alta.
Ricordava
ancora come quei maledetti dei suoi compagni, sempre pronti a menar le mani e a
bere ogni sorta di schifezza gli capitasse a tiro, lo prendessero in giro
quando attaccava quelle che loro -stupidamente- chiamavano musichette da quattro soldi.
Ma
erano solo degli uomini rudi, che volevano capire loro?
L’unico,
che sembrava apprezzare qualsiasi cosa suonasse, era Calico,
quel capitano che senza batter ciglio aveva accolto quel matto canterino sulla
sua nave: la nave dei Pirati Rumba.
Poi
c’era stata Lovoon. Ma quella era un'altra storia.
Alle
volte, accostandosi al parapetto della nave, rimaneva incantavo a fissare il
mare sotto di sé. Sperava ancora, nonostante fossero passati troppi anni, che
quella piccola balena nera spuntasse all’improvviso.
Lei
sì che era davvero contenta di sentirlo suonare.
Era
certo che prima o poi avrebbe ancora suonato per lei. Rufy, altro pazzo da
accoglierlo nella propria ciurma, lo aveva rassicurato. Lovoon
era ancora lì, a quel promontorio ad attendere il loro ritorno.
C’era
da dire però, che su quella nave non stava poi così male.
Un
pasto caldo, un letto dove dormire, ed una famiglia nuova che lo aveva accolto
nonostante il suo aspetto grottesco, o per meglio dire scheletrico.
Non
c’era giorno che non impugnasse il violino, stordendo i suoi compagni con tutta
una serie di canzoni che li lasciava estasiati. Anche se aveva volutamente
lasciato da parte quelle melodie altamente romantiche.
Ma c’era stata
una sera che gli aveva fatto cambiare idea.
Aveva
abbozzato solo le prime note di quella che definiva canzonetta quando aveva smesso.
Guardando
il mare, che scorreva tranquillo sotto la ciglia della nave, aveva riposto lo
strumento sulle proprie gambe. Quella sera, la notte era fiocamente illuminata
dalla luna nuova. L’unica luce che realmente faceva chiarore era quella che
Franky aveva diligentemente appeso accanto alla porta della cucina.
Il
buio lo aveva nascosto da sguardi indiscreti, garantendogli così una perfetta
visuale di quanto non avveniva sul ponte sgombro della Sunny.
O
di quello che stava per avvenire.
“Che
fai ancora sveglia?”
Di
norma, non era un curiosone. Ma quella notte, causa anche una sottile nostalgia
degli anni passati, era rimasto immobile mimetizzandosi tra le ombre.
“Potrei
farti la stessa domanda…”
Se
fosse stato giorno se ne sarebbe uscito con una delle sue stupide frasi dette
senza pensare e senza senso alcuno. Ma quella era una situazione che non aveva
mai visto prima, nonostante fossero settimane che la notte si nascondeva tra le
ombre a guardare il lento incedere delle onde.
Sentì
la risata della navigatrice e pensò bene che lo spadaccino avesse in qualche
modo risposto con un grugnito dei suoi. Sporgendosi di poco quasi cadde dal
tetto del castello di poppa su cui si trovava. Più per lo stupore che per
altro.
Aveva
spalancato le cavità oculari alla scena che gli si prospettava davanti.
Nami
aveva raggiunto il compagno prendendolo giocosamente per il bavero della
maglietta e trasportandolo verso di sé ancora ridendo. Aveva mollato la presa
solo quando si erano ritrovati così vicini da poter sentire ognuno il profumo
dell’altro.
“Che
c’è?” aveva domandato Rolonoa inclinando di poco il capo verso destra vedendo
come l’altra aveva bloccato la mano a pochi centimetri dal suo volto.
“Nulla”
aveva scosso il capo posando finalmente la mano sulla sua guancia.
Si
era dovuta alzare sulle punte dei piedi nonostante portasse sempre le scarpe
coi tacchi alti. Ma Zoro era alto, e le sue labbra erano sempre state un
difficile traguardo da raggiungere.
Lo
aveva baciato lasciandosi abbracciare alla vita dal giovane, trovandosi così
totalmente attaccata al suo corpo, avvinghiati in un bacio che nulla aveva di
casto. E pensare che durante il giorno quei due si scannavano a parole.
“Uhm?”
aveva domandato dopo lunghi attimi Rolonoa guardando la compagna davanti a se.
Poggiando
la fronte su quella di lui, Nami rise ancora spintonandolo infine.
Costringendolo ad allontanarsi di un passo da lei, ma ritrovandosi pochi attimi
dopo di nuovo contro il suo corpo. Le labbra ancora a contatto, le braccia di
lui strette attorno al corpo di lei e le mani di lei posate delicatamente sul petto
di Zoro.
“Non
dirmi che l’hai preso come un gioco” bofonchiò affannata Nami quando si
staccarono.
Zoro
l’avvolse di nuovo tra le sue braccia riprendendo il discorso interrotto e
costringendola a tornare in apnea, mentre lei si abbarbicava al collo di lui.
Come se lui fosse l’ancora e lei fosse la naufraga.
“Forse”
le concesse infine lo spadaccino mettendo fine al bacio ma riprendendola subito
dopo nell’ennesimo. “Forse no” la canzonò posando la fronte su quella di lei.
Riprendere
fiato sembrava ogni volta più difficile. Anche a causa delle pause fin troppo
corte che si davano a vicenda. Ma nessuno dei due fermava l’altro, avrebbero
preferito di gran lunga la morte per asfissia che l’ammettere la sconfitta.
“Una
sfida?” gli aveva infine chiesto riuscendo così a riprendere fiato.
Zoro
parve pensarci per qualche istante, mollando la presa dai fianchi di lei ed
allontanandosi di un paio di passi.
Era
come un gioco.
Lei
lo cercava, lo stuzzicava, lo ammaliava ed infine lo allontanava con una
risata. Solo per essere presa da lui che la portava ancora una volta a solcare
mari che mai si sarebbe immaginata di poter vedere.
E
lui, lui la sentiva sua e la faceva sentire bella, solo per poi allontanarsi
con quel ghigno canzonatorio che indossava sempre quando voleva prenderla un
po’ in giro.
Ma
era solo per pochi istanti.
“Vieni
qui” lo riprese Nami percorrendo quei pochi passi e raggiungendolo,
riportandolo ancora una volta lì, in quei mari che solo loro due avevano il
permesso di solcare.
Insieme.
“E
se non volessi?” aveva infine domandato chiudendo gli occhi e lasciando che il
fiato tornasse a riempirgli i polmoni.
E
Nami aveva riso ancora, stringendo di nuovo la sua maglietta bianca tra le
dita, infossando il capo tra la sua spalla ed il collo. Solo per poter respirare
meglio il suo profumo di sole e salsedine. Un’accoppiata che la lasciava sempre
senza fiato, forse peggiore dei mille baci che si scambiavano.
“Che
fai!” urlò mentre lo sentiva rafforzare la presa sui suoi fianchi, alzandola da
terra.
“Ti
porto via” aveva ribattuto prontamente prendendola in braccio e dirigendosi a
grandi falcate verso il castello di poppa.
A
pensarci bene, Brook era stato davvero fortunato a non farsi scoprire quella
notte.
Ma
anche se fosse stata luna piena, era certo che quei due non lo avrebbero visto,
troppo intenti come erano a guardarsi l’un l’altra.
Aveva
cominciato ad osservarli attentamente.
Ma
niente. Sembrava che fossero sempre i soliti, sempre intenti l’una a comandare
e l’altro a borbottare. Aveva addirittura pensato di esserselo sognato.
Ma
la conferma c’era.
“E
se fosse pericoloso?” aveva domandato innocentemente Usopp mentre le gambe gli
tremavano.
“Ma
che pericolo vuoi correre?” aveva ribattuto prontamente Rufy esibendo il solito
sorriso. “Andiamo, Brook, vieni con noi?” aveva chiesto poi voltando il capo
verso lo scheletro mantenendosi in testa il cappello con una mano.
“Yohohoh! Eccomi” aveva ribattuto quello accingendosi a
raggiungerli e a seguirli lungo le vie intricate dell’isola su cui erano scesi.
“Rufy!
Non metterti nei guai!” Nami lo aveva ripreso per poi trascinarsi appresso un
recalcitrante Rolonoa.
Era
rimasto a guardarli sparire in una via parallela a quella che stavano prendendo
loro, e senza volerlo, aveva spostato lo sguardo verso la silenziosa figura
dell’archeologa, intenta anch’ella a guardare i due sparire.
Quella,
accortasi, aveva voltato la testa verso lo scheletro, sorridendo prima per poi
mettersi un dito sulle labbra intimando il silenzio.
Non
era l’unico ad aver notato.
Era
stato dopo quel giorno che aveva ripreso in mano il proprio violino,
rispolverando una vecchia canzone romantica.
Dolce
fin troppo, ma forse, suonata la notte, poteva pur portare a qualcosa.
“Perché
hai smesso di suonare?” gli aveva chiesto Nami la stessa notte che erano
tornati a navigare assieme.
Dopo
due anni trascorsi lontani, si chiedeva se quel legame che aveva carpito, fosse
andato distrutto. I sentimenti, sono volubili. Ma forse, vedendo come la
navigatrice guardava ancora lo spadaccino e come lui cercasse in tutti i modi
di non fare altrettanto, quei sentimenti erano ancora lì.
“Yohoho! Se vuoi riprendo” le aveva risposto gentile già
pronto a riprendere a suonare.
E
la musica ricominciò, senza che lei desse una risposta.
Anche
quella notte, la luna era nuova. Strane le coincidenze della vita, si ritrovò a
pensare in quell’istante vedendo passare lo spadaccino sul ponte per poi
incamminarsi diretto probabilmente alla cucina.
Ricambiò
il sorriso della rossa, continuando a suonare, ma prestando attenzione a dove i
passi di lei si dirigevano.
Ai
piani superiori della Sunny.
“Ehi
spadaccino!” Nami aveva richiamato il compagno che si era fermato poco prima di
aprire la porta della cucina.
“Che
vuoi?” aveva ribattuto burbero e Brook si era limitato a guardare di fronte a sé,
trovando la figura alta e slanciata di Robin posata a qualche metro da lui.
Aveva
accennato un semplice segno col capo senza mai staccare l’archetto dalle corde
del suo violino.
Tanto,
dall’alto del castello di poppa, più nessuno parlava. Aveva distintamente
sentito i loro passi allontanarsi mentre entrambi erano impegnati in uno dei
loro soliti battibecchi. Battibecchi che non avevano ne capo ne coda, pensò
ridendo piano.
“Cambieranno
mai?” si sentì chiedere tutto ad un tratto.
Non
chiese a chi si stesse riferendo l’archeologa. A giudicare dal sorrisetto
canzonatorio che le era spuntato sulle labbra, aveva intuito a chi si stesse
riferendo.
Scrollò
di poco le spalle, quanto glielo permetteva lo strumento.
“Tu
vorresti che cambiassero?” le chiese invece di rimando.
“È
una bella canzone” la risposta che diede l’altra bastò.
Brook
riportò la sua più totale attenzione alla melodia che stava suonando.
L’unico
rumore che sentiva, oltre a quello delle note da lui prodotte, era il rumore
del mare su cui stavano navigando.
Stava
bene, in quella strana nakama.
§
Angolino di Bitter:
Ok, sta cosa doveva essere tutt’altro.
Tralasciamo, lo zonami
fa malissimo male xD ma che volete farci, tra
la musica e quei due poveri cretini, io vado a nozze. Anche se devo essere
sincera, volevo scrivere solo sullo scheletro. Solo che mi risultava assai
difficile scrivere qualcosa interamente su di lui. Forse perché, nonostante
faccia parte della ciurmaglia da un pezzo, mi viene difficile descrivere il suo
carattere.
Migliorerò.
Intanto, beccatevi sta cosa assurda.