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Autore: White Gundam    10/05/2011    2 recensioni
[3° classificata al contest "Mondi Paralleli" indetto da RedDiablo e KikiWhiteFly, e vincitrice del premio speciale "Alternative Universe"]
Corre l'anno 1789 e Parigi si prepara a quella che rimarra nell storia coe la rivoluzione francese. Kamina, un giovane philosophès, e il suo migliore amico, Simon, riusciranno a cambiare l'assetto politico della Francia?
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kamina, Simon, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Vive la Révolution
 
Era tardo pomeriggio e il sole stava cominciando ad avviarsi lentamente al tramonto di quel caldo giorno di estate. Si avvicinava la fine di marzo del 1789 e l'orologio da taschino dell'uomo segnava le sei e mezza. Il ragazzo diede un'ultima occhiata alle lancette di quel piccolo capolavoro della meccanica e si avviò verso il caffè Procope.
Parigi, in quel momento, sembrava bagnata d'oro, grazie ai tenui raggi del sole che si riflettevano sul palazzo e sulle abitazioni ed anche l'ombra del giovane, che camminava a passo svelto verso la sua meta, pareva macchiarsi di quello stesso colore.
La porta del caffè verso cui si era diretto portava l'insegna che indicava gli orari di apertura e chiusura del locale, Simon la spinse gentilmente e si fece largo tra gli artisti e i filosofi fino a giungere ad un tavolino quadrato attorno al quale erano posizionate quattro sedie, due delle quali vuote.
Il giovane si aggiustò il parrucchino bianco sino a coprire completamente i capelli del suo colore naturale, quindi spostò una delle sedie libere e vi prese posto.
Sul tavolo, dinnanzi a lui, era già stata posizionata una tazza ricolma di una bevanda fumante dal colore torbido: il caffè. Simon allungò la mano e si portò la ceramica alle labbra poi, inclinandola dolcemente verso di sè, lasciò che il gusto amaro gli bagnasse prima le labbra e poi la lingua, scottandogli leggermente la seconda. Il ragazzo fece una smorfia di dolore appena accennata e soffiò sul liquido bollente.
"Rossiu?"
Chiese quindi, domandando alle altre due persone al suo tavolo l'ubicazione dell'uomo che avrebbe dovuto occupare la sedia rimasta vuota.
"Non lo so, non si è ancora fatto vivo... Oggi avrà da fare, non penso abbia senso aspettare ancora."
Gli rispose una ragazza dai lunghi capelli rossi gurdandolo negli occhi. Simon si sentì avvampare e si voltò verso l'altro ragazzo che, appoggiato con una gamba distesa sulla tavola e un piede per terra, aveva appena finito di vuotare la sua tazza di caffè.
"Finalmente, mi ero veramente rotto di aspettare!"
Sbraitò ad alta voce, togliendo il piede dalla tavola e mettendosi seduto sulla sedia in una maniera più accettabile della precedente.
"Sentite un pò cittadini, la Francia adesso come adesso fa davvero schifo!"
Continuò rivolto ai suoi due interlocutori ma parlando a voce alta. Qualche occhiataccia lo fulminò da altri tavoli ma lui parve non farci caso e continuò imperterrito il suo discorso:
"Vi rendete o non vi rendete conto di quello che sta accadendo?"
La domanda di Kamina era palesemente una domanda retorica. Il giovane philosophèssapeva infatti di avere delle eccellenti doti di carisma e, soprattutto, non era mai stato in grado di fare buon viso a cattivo gioco: era diretto, schietto, sincero.
"Il re e la regina, il clero e i nobili, tutti loro mangiano e si rimpinguano talmente tanto che tre di noi non farebbero uno di loro. Spendono e sperperano i loro soldi costruendo regge magnifiche e ostentando a livelli a dir poco orribili la loro magnificenza. E il popolo? Che ne è del popolo? Per esso non c'è neanche abbastanza denaro per arrivare a cena..."
Pian piano che Kamina andava avanti col discorso vi prendeva più foga e aveva iniziato dapprima a gesticolare ampiamente con le braccia, poi si era alzato in piedi e infine, fino a che il padrone del Procopenon si era infuriato e l'aveva costretto a scendere con la forza, era salito persino sul tavolo.
La folla intera, durante i suoi discorsi aveva via via smesso di vociferare e lo ascoltava, incantata; si faceva prendere dai suoi discorsi, dalle sue emozioni, dalla rabbia e dalla foga di cui le sue parole e le sue azioni trapelavano e pian piano si convinceva di quello che lui stava dicendo e Simon, probabilmente, era quello che si stava facendo coinvolgere più di tutti. I suoi occhi brillavano delle stesse emozioni di quelli di Kamina e, anche lui, dopo poco non era più riuscito a stare fermo sulla sedia; il parrucchino gli era caduto in terra e, prima che Yoko glielo rendesse, ormai sporco e pieno di impronte di scarpe, lui non se ne era nemmeno accorto.
Quando Kamina ebbe infine concluso il suo discorso si infilò una mano in tasca, sospirò, mosse lentamente l'altra mano in segno di saluto, lasciò qualche soldo al banco per pagarsi la consumazione e si avviò verso la porta.
"Anche per oggi hai finito, vero Kamina?"
Gli chiese Simon, che si era affrettato a raggiungerlo all'uscita del locale. Il philosophèssorrise e assentì con la testa.
"Sì, direi proprio di sì."
Rispose, infilandosi anche l'altra mano in tasca e avviandosi nel buio della notte. Simon lo seguì in fretta e l'amico, notandolo, si fermò ad aspettare.
"Sai, Simon, il problema è che la Francia non cambierà mai se le uniche persone che si riescono a raggiungere sono quelle del Procope..."
Gli disse e lui lo guardò e fece un segno d'assenso con il capo.
"... Sai cosa dovremmo fare?"
Simon lo guardò interrogativo e poi, notando che Kamina aspettava una sua risposta, si decise a negare con un lento movimento della testa.
"No, non ne ho idea."
Aggiunse poco dopo per essere sicuro che l'amico avesse compreso. Kamina sorrise di nuovo e alzò la voce, entusiasta dell'idea che aveva appena avuto.
"Creeremo un giornale!"
Gridò e cominciò a gesticolare ampiamente con le mani, mimando i possibili lavori manuali che stavano dietro a tale operazione.
"Così i nostri pensieri, cittadino, arriveranno finalmente a tutti! Tutti quanti, nessuno escluso, sapranno quello che succede e tutti quanti vorranno cambiare le cose e così, te lo dico io Simon, così la Francia cambierà!"
Esclamò sempre più preso dalla foga del discorso.
"E' un'idea geniale!"
Rincarò la dose l'amico, con gli occhi che gli brillavano all'idea:
"Creeremo una stamperia e pubblicheremo un giornale tutto nostro, non solo Parigi ma la Francia tutta intera lo leggerà e le cose cambieranno davvero!"
Rispose quindi e continuarono a parlare, a discutere, a immaginare quel giornale e quella rivoluzione che, loro ancora non potevano immaginare, ma era in realtà ormai quasi alle porte.
Non passò più di un paio di settimane prima che i due, reclutando anche molti altri francesi decisi a cambiare l'ordine politico e sociale del loro paese, aprissero veramente il loro giornale.
L'Ami du Peuple,così Kamina decise di chiamarlo e lui, il suo ideatore, scrisse il primo articolo di quel giornale, un articolo che avrebbe creato la rivolta che ben presto avrebbe insanguinato la Francia:
Sovrano e popolo: ragioni per ribellarsi
Corre l'anno domini 1789 e la Francia è ormai unificata dal lontano 1453 sotto numerosi monarchi assoluti che si sono susseguiti l'un l'altro. Il nostro Stato risulta infatti unito, ma se lo Stato di fatto lo è, si può forse dire lo stesso della sua popolazione?
Il nostro paese si divide in tre classi sociali molto rigide, alle quali si finisce, se non sempre almeno quasi, per essere legati dalla nascita. Queste classi sociali sono la nobiltà, il clero e il terzo stato. Risulta inutile affermare che le prime due classi accennate godono di enormi privilegi e favori rispetto al cosiddetto terzo stato, ma anche all'interno dello stesso è necessario affermare che esistono enormi differenze tra la borghesia e il popolo comune. Tuttavia, essendo entrambi privi dei privilegi di cui godono soltanto clero e nobiltà, non sarebbe forse giusto combattere insieme il nemico comune, fare fronte agli stessi ideali per risolvere i comuni problemi? E allora perchè non provarci, cittadini di Francia? Perchè non pensare che un'altra Parigi sia possibile, un'altra Francia sia possibile o, addirittura, che un altro mondo sia possibile? Perchè non sognare insieme un altro tipo di governo, magari uno che venga dal basso invece che dall'alto?
Sono passati trecento anni in cui il governo, il potere e il re non sono mai stati messi in discussione, in cui il popolo ha accettato quello che i potenti decidevano senza alzare la testa ma è arrivato, cittadini, il momento di cambiare le cose. La nostra nazione è soffocata e noi abitanti lo siamo insieme a lei, è venuto il momento di ribellarci, è arrivato il giorno in cui è necessario dire basta a ciò che è stato finora.
Il terzo stato, vero e proprio baluardo dell'economia francese è tutt'ora escluso dalla politica e pesantemente tassato, mentre le altre due classi sono esenti dal pagamento delle imposte; sull'intera popolazione di Francia grava ormai da tempo la fame e la miseria, tanto che oltre centomila nostri concittadini, nella sola Parigi, vivono mendicando. Ma a cosa si deve tale povertà? E' presto detto: il nostro attuale sovrano, monsieur Genome, ha edificato per i nobili la reggia di Versailles e le spese per costruirla hanno pesantemente gravato sulla nostra economia.
Cittadini di Francia, pensateci bene, vale forse la pena di patire quello che noi stiamo effettivamente patendo e di far penare allo stesso modo anche le generazioni future per un re che non solo ci affama in favore di sè stesso e della nobiltà ma che, addirittura, esercita il suo potere coercitivo senza ascoltare in alcun modo le idee illuministe? Rispondetevi cittadini: ne vale la pena? Non è forse il caso di ricorrere a una rivolta? Non è forse giunto il momento della rivoluzione?
 
"Monsieur Genome!"
La voce della regina Adine era lamentosa. La donna stava seduta su una grande poltrona con le gambe accavallate, stringendosi nel suo sontuoso abito bianco. I capelli neri le ondeggiavano dolcemente sulla schiena ad ogni scossa della testa e le sue labbra erano piegate in un'espressione di totale disappunto.
"Il popolo continua a ribellarsi!"
Gridò con voce stridula quando l'anziano marito le fu accanto. Genome si chinò vicino a lei e le accarezzò i capelli e le guance.
"Non fare così, tesoro."
Rispose con tono affettato e le si sedette a fianco.
"Sederò le ribellioni nel sangue."
Proclamò quindi e mandò a chiamare un giovane paggio. Il ragazzo arrivò, trafelato, e si prostrò in un inchino dinnanzi al re ed alla bella regina.
"Viral!"
Lo chiamò a sè Genome e il ragazzo assentì con il capo.
"Comandi, mio signore!"
Rispose, senza riuscire a staccare gli occhi da Adine; il suo corpo, cinto dall'abito prezioso, era un'attrazione alla quale non sapeva resistere.
"Porta al comandante delle truppe l'ordine di reprimere la folla, con ogni mezzo."
Gli ordinò Genome, con la voce leggermente alterata per il comportamento irrispettoso del giovane. Il paggiò lo guardò e abbassò leggermente la testa.
"Ma, mio signore... Il popolo lo fa per disperazione: è affamato."
Tentò di spiegare, senza riuscire tuttavia a trovare il coraggio di guardare dritto negli occhi il suo sovrano.
"Cosa vai dicendo, Viral?"
Sbraitò la regina e, avvicinandosi ad egli, gli tirò uno schiaffo che arrossò la parte del volto colpita.
"Non hanno pane."
Cercò ancora di spiegare Viral, ma un altro schiaffo arrossò anche l'altra guancia del biondo cortigiano.
"Se non hanno il pane, che mangino i croissant."
Petulò la regina, tranciando di netto il discorso. Viral si sentì avvampare a causa della rabbia e della vergogna: come aveva fatto a innamorarsi di una donna di quel calibro? Il paggio si irrigidì e, trovato il coraggio di aprire la bocca, dichiarò:
"Io non porterò nessun messaggio."
Il volto del re, a quelle parole, si contrasse. L'uomo alzò la mano e puntò il dito contro il giovane.
"Ah sì, ti rifiuti di obbedire? Guardie arrestatelo!"
Gridò, e subito cinque di esse afferrarono Viral che, invano tentava di dimenarsi dalla stretta, e lo portarono via nonappena il re ebbe pronunciato le fatidiche parole:
"Che sia rinchiuso nella Bastiglia!"
In ogni caso fu un'ovvietà che la ribellione del giovane paggio non cambiò in alcun modo lo svolgersi degli eventi e, infatti, la ribellione venne sedata e le vite umane dei rivoltosi furono il prezzo pagato.
Tale atto coercitivo però non fece altro che aumentare il malcontento popolare e Genome si vide costretto a programmare l'assemblea degli Stati Generali per il cinque maggio 1789. Tali Stati Generali erano le tre classi sociali che, riunendosi separatamente decidevano un voto per ogni classe e quindi veniva deliberata la decisione. Chiaramente il terzo stato, per quanto fosse molto più numeroso degli altri due, si trovava sempre a perdere contro clero e nobiltà che difendevano insieme i propri interessi.
Fu a causa di tale sistema di votazione che Kamina, grazie al suo giornale, convinse il popolo a richiedere una doppia rappresentanza e il voto a testa.
Genome, per calmare le acque assentì alla doppia rappresentanza, ma non si pronunciò affatto sulla richiesta di modifica del sistema giuridico vigente.
Durante l'assemblea degli Stati Generali però la negazione del voto a testa provocò nuovamente il malcontento del terzo stato e, per ovvia conseguenza, della maggior parte del popolo, sicchè il diciassette giugno del 1789, spinto da Kamina, quello che fu il terzo stato si dichiarò Assemblea Nazionale; il tempo dei cambiamenti era ormai maturo.
"Cari cittadini, non posso che stupirmi e rallegrarmi della vostra partecipazione, della vostra volontà di cambiare la Francia e, quindi, di munirci finalmente di una costituzione che protegga i diritti del popolo tutto."
Cominciò Kamina, alzatosi in piedi dinnanzi alla propria sedia e non riuscendo, come suo solito, a non far passare anche nei gesti del suo corpo l'emozione che gli dava il momento.
Tutti i cittadini di Parigi riuniti nell'assemblea lo ascoltavano e la magia che aveva colpito il pubblico del Procope si ripetè: i deputati che stavano fino ad allora discutendo tacquero e ascoltarono, gli occhi di tutti erano concentrati sui suoi gesti, le orecchie sulle sue parole.
E' un genio.
Pensò Simon, ringraziando il fato che l'aveva fatto incontrare con Kamina e gli aveva permesso di esserne un intimo amico.
Senza di lui mi chiedo proprio se sarebbe veramente possibile cambiare il paese.
"...Ma prima di tutto questo, cittadini, occorre istituire un comitato di sussistenza che dia il pane a chi non ce l'ha, che aiuti a placare i morsi della carenza di viveri che assilla i poveri della nostra nazione."
Le parole di Kamina furono seguite da un'unanime scroscio di applausi e urla e, alla sua richiesta di votazione, le mani si alzarono insieme come in una coreografia a votare in favore dell'idea del philosophès.
Non passò molto tempo prima che la nobiltà si rivolse al re e che entrambi capirono la minaccia che l'Assemblea Nazionale portava all'assetto della società di Antico Regime.
Quando Kamina e Simon si diressero verso la sede delle riunioni trovarono infatti l'avviso di chiusura per restauri e, nonostante il tempo continuasse a passare, essi parevano non avere mai fine, ma Genome non aveva ancora fatto i conti con la caparbietà del philosophès che stava guidando la Francia verso una nuova era.
"Il nostro sovrano impedisce le nostre assemblee a causa di restauri palesemente fittizi a quella che, per ora, è sempre stata la nostra sede."
La voce del giovane riempiva ora la piazza e, mentre tutti stavano cominciando ad arrendersi al potere di Genome, fu nuovamente lui a riaccendere la speranza e la volontà di lottare nel popolo:
"Ma con chi crede di avere a che fare? Noi non ci dispereremo e non ci arrenderemo! Non possiamo fare riunione nella nostra sede? Bene! Vuol dire che ci riuniremo ovunque le circostanze lo richiederanno, giuriamolo, cittadini!"
Tutti coloro che lo ascoltavano, ancora una volta, non poterono che assentire e promettere e le riunioni andarono avanti, e continuarono ancora ed ancora, fino a che allo stesso re non toccò che la resa e l'Assemblea potè lavorare sulla costituzione e su quelli che vennero poi definiti "i diritti dell'uomo e del cittadino".
Yoko che, in quanto donna, non poteva fare politica, al contrario degli amici di sempre, poteva soltanto aiutare nella redazione dell'Ami du Peuple e scegliere gli articoli migliori da pubblicare e, quel giorno, decise per un articolo di Kamina dal chiaro stampo illuminista:
La Bastiglia e la carcerazione politica
La Bastiglia, la più grande prigione del nostro Stato, edificata in un tempo ormai lontano come fortezza per rafforzare le mura orientali di Parigi, a proposito della quale la leggenda narra che Hugues Aubriot, colui che officiò la posa della prima pietra, ne fu anche il primo ospite, è ancora in piedi.
Le mura spesse di quella prigione vedono morire alcuni nostri concittadini e, di giorno in giorno, nessuno fa nulla per cambiare le cose.
Non sto parlando della nobiltà che, persino in galera è servita e riverita come fosse ancora alla corte, con tanto di servitù all'interno della prigione, no, io sto parlando del popolo che lì dentro patisce la fame e gli stenti, che lì dentro attende soltanto che la nera signora li venga a liberare. Riflettete però, cittadini di Francia, se dobbiamo lasciare che i nostri stessi fratelli attendano la morte come unica liberatrice o se possano invece attendere noi come loro salvatori, riflettete e decidete prima che sia il re a decidere per noi di farci incontrare in altro modo.
Inoltre la Bastiglia e il trattamento dei nobili in essa, costa enormi fondi che siamo noi a pagare tramite tasse ed imposte per il benestare dei nobili e il patimento del terzo stato. Ma soprattutto c'è una realtà che nel nuovo governo che creeremo dovrà essere abolita: la carcerazione politica.
Tale termine indica i prigionieri che, pur non avendo compiuto crimine alcuno, si ritrovano a marcire nelle galere a causa delle loro idee, colpevoli solo di avere opinioni diverse da quelle del sovrano. Tutto questo, cittadini, non può che essere definito il principale simbolo dell'assolutismo monarchico di monsieur Genome, il quale si permette di dichiarare colpevoli dei cittadini che, come noi, l'unico reato che hanno compiuto è stato quello di pensare con la propria testa invece di chinarla al passaggio del re. Ma tutto questo è dovuto solo a sua maestà e ai suoi capricci o forse anche a noi che nulla facciamo per impedirglielo? Se noi ci opponessimo a tale barbara pratica padronale potrebbero forse cambiare le cose? Io credo di sì, ma starà ai fatti darmi la risposta e al popolo fare in modo che essa sia positiva.
Seppure tale articolo fosse stato scritto da Kamina e scelto da Yoko, nessuno dei due avrebbe mai immaginato che il quattordici luglio di quello stesso anno sarebbe stato, nelle epoche successive, studiato come l'inizio della rivoluzione francese, che scaturì proprio da quelle parole che ordinatamente macchiavano la prima pagina dell'Ami du Peuple.
La mattina del giorno prescelto, dopo una nottata passata in bianco a ragionare sui possibili piani da attuare, il popolo, guidato dallo stesso philosophès che aveva acceso in loro il desiderio della rivolta, si preparò ad armarsi.
"Toglieremo ai nostri fratelli le catene!"
Gridò Kamina, subito imitato da tutta la folla, che continuava ad aumentare ad ogni minuto che passava, e riempiva la piazza e le strade, avanzando compatta verso la meta.
Simon corse incontro all'amico e quando gli fu a fianco si rivolse a lui:
"Sei sicuro che sia una buona idea?"
Gli chiese, temendo le possibili conseguenze alle quali la loro rivolta avrebbe potuto portare.
Kamina rise, alzò una mano e gliela posò sulla testa scompigliandogli leggermente i capelli, per quel giorno non coperti dal parrucchino.
"Sicuro?"
Ripetè e rise di nuovo.
"Simon! Io non capisco neanche cosa stia succedendo, non pensavo che un mio articolo potesse portare a tanto."
Poi smise di ridere e il suo volto si fece serio, avvicinò il suo viso a quello dell'amico e lo guardo dritto negli occhi.
"Però bisogna tentare, sennò l'ordine sociale non verrà mai cambiato e il nostro paese, cittadino, ha bisogno di un grande cambiamento."
Il ragazzo assentì, trovando veritiere le parole di Kamina.
"Sai..."
Gli disse, poco prima che raggiungessero la Bastiglia:
"Penso che, grazie a te, cambiare le cose sarà davvero possibile."
Il philosophès sorrise e scosse la testa in segno di negazione:
"No Simon, non grazie a me."
Mentre parlava il giovane si voltò ad indicare all'amico la folla intera che li seguiva e si preparava allo scontro imminente.
"Grazie a tutti noi."
Concluse con un sorriso che gli attraversava il volto.
Era da poco passata l'ora di pranzo quando, finalmente, la folla riuscì a tagliare le corde del ponte levatoio.
"Andiamo cittadini!"
Gridò Simon, galvanizzato dalle parole che Kamina gli aveva rivolto poco prima.
"Liberiamo tutti i prigionieri!"
Quello che accadde quando entrarono lasciò, invece, il philosophès deluso da quello che aveva sperato: il popolo non si era limitato ad uccidere le guardie che cercavano di fermarli, ma aveva poi sgozzato i cadaveri e, infilato le teste su delle picche, girava con esse. Non che Kamina non potesse comprendere la rabbia che i cittadini provavono verso il potere che li aveva affamati, però non condivideva quelle pratiche barbariche che riteneva prerogativa dei padroni.
"Nonostante tutto rimani un filosofo, non è vero Kamina?"
Gli chiese Simon, notando la sua espressione disgustata. Il ragazzo si limitò ad alzare le spalle.
"Secondo me hanno fatto bene, invece. Gli faremo pagare quello che loro hanno fatto ai nostri concittadini."
Rincarò la dose l'amico e a Kamina non restò che ripetere il gesto precedente.
"Può essere."
Rispose, spiccio:
"Io comunque non condivido."
Concluse, incrociando le braccia all'altezza del petto.
Dopo il breve scambio di parole i due avanzarono nella fortezza, liberando i prigionieri che erano, in realtà, appena sette.
Quando aprirono l'ultima cella e videro Viral, tentennarono un attimo prima di liberare anche il cortigiano ma, infine, si decisero a farlo.
"E tu che ci fai qui?"
Gli chiese Kamina e, prima di dargli il tempo di rispondere, continuò:
"Non sei un paggio del re e della regina?"
Viral sorrise e alzò la testa.
"Io sono l'esempio delle persone di cui hai parlato nel tuo articolo, Kamina."
Si limitò a rispondere, uscendo con loro dalla Bastiglia.
 
Corta vita alla monarchia!
Oggi, in data 10 agosto 1791, la monarchia è stata finalmente debellata e Genome, che fino a qualche giorno fa deteneva il potere di monarca, giace oggi nella Prigione del Tempio, in attesa di essere processato, insieme alla moglie Adine, che tanto ha ostentato la sua ricchezza in relazione alla povertà del popolo. Risulta inutile affermare la giustizia della loro prigionia, in quanto essi hanno il dovere di pagare per quello che hanno fatto patire alla maggior parte dei cittadini di Francia.
Ma come si è giunti a questa grande vittoria del popolo francese? Come si è arrivati alla carcerazione del monarca?
La notte del nove agosto ha visto uno degli scontri più cruenti degli ultimi anni, consumatosi in nome di una libertà che, ben presto, potremo vedere attuata con il nome di repubblica. Ma andiamo con ordine: ieri notte, davanti al Municipio di Parigi, si è radunata una folla immensa di nostri concittadini per un numero indicativo di ventimila dimostranti, in gran parte provenienti, oltre che dalla nostra città, dalla Provenza e dalla Bretagna, segno che il movimento si è ormai espanso in tutta la Francia.
I nostri fratelli erano armati di fucili e venivano guidati da militanti sanculotti, oltre che da Simon e da Rossiu, segno eclatante della maturità raggiunta dal movimento popolare e quindi anche delle nostre capacità di auto organizzazione.
L'entrata dei nostri concittadini al Municipio non ebbe come risvolto solamente la destituzione del consiglio comunale in carica, ma anche di sostituirlo con un nostro consiglio rivoluzionario: la Comune Insurrezionale.
Era appena spuntata l'alba di questo magico dieci agosto quando il corteo arrivò infine alla residenza reale, difesa dalla Guardia Svizzera e da numerosi nobili che ancora si oppongono alle nostre idee di cambiamento per proteggere i loro sporchi privilegi.
Si erano già fatte le otto del mattino quando i nostri fratelli penetrarono, infine, nel Palazzo e lì si scontrarono con guardie e nobili in una sanguinosa battaglia che vide morire trecentocinquanta nostri fratelli e seicento difensori della monarchia e, al termine della quale, il re venne arrestato, mettendo finalmente la parola fine alla monarchia.
Il vecchio articolo di Kamina ancora nulla poteva sapere su quello che sarebbe poi accaduto alla sua nazione, e il suo ottimismo riguardo alla nuova era della Francia era destinato a rimanere per sempre solo un ricordo dal sapore amaro, perchè, come racconta la storia, quando Rossiu e i giacobini presero il potere instaurarono il Terrore e, con Antispiral Bonaparte la storia della Francia fu destinata ad una dittatura che pose fine alle idee che, nella sua breve vita, il philosophès aveva portato avanti e di cui oggi rimane solo il ricordo impresso nella stampa dei suoi articoli di giornale.
   
 
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