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Autore: Gweiddi at Ecate    10/05/2011    3 recensioni
Sequel di I can keep it e Pathetic di Joy.
"«Qualche tempo fa Bonnie aveva scoperto un incantesimo che rallentava la guarigione. Magari anche la strega di Klaus si diverte con quelle cose.» spiegò tamponando con l’asciugamano e ripulendola dal sangue.
Sarebbe rimasto macchiato, pensò Katherine.
Ormai il sangue sporcava così tante cose.
"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Katherine Pierce | Coppie: Damon/Katherine
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ok, questa dovrebbe essere l’ultima parte della collaboration con la coccolosissima
Joy. È da leggersi categoricamente dopo I can keep it e Pathetic.



Back home






Il profumo del gelsomino non era troppo forte, ma comunque penetrante. Le cullava l’olfatto riempiendole le narici, e l’acqua caldissima ne esaltava le note più fragranti.
Damon era dietro di lei e non fiatava. Non aveva ancora risposto alla sua proposta.
Guardò con un sorriso la vasca da bagno, notando con piacere che non c’era schiuma: odiava la schiuma, il rumore leggero delle bollicine che scoppiavano le solleticavano l’udito fastidiosamente, irritandola.
Si avvicinò, immergendo le punte delle dita nell’acqua. La sentì deliziosamente bollente, quasi troppo per la sua pelle fredda. Voleva che il bagno caldo la disinfettasse dal tocco, l’odore e le parole di Klaus, che ancora la tormentavano.
- Ancora. -
I muscoli le si contrassero in uno spasmo, e un gemito spaventato ed esasperato le scappò dalle labbra. La suggestione si stava affievolendo, ma tentava ancora di comandarla, insinuandosi nelle piccole fessure della sua volontà. Prima che potesse impazzire e cercare un’arma qualsiasi, Damon la bloccò, stringendola da dietro e tenendole le braccia contro i fianchi. Si accostò al suo orecchio, sussurrandole rassicurante.
«Tranquilla. Non ascoltarlo.»
Katherine si abbandonò a quell’abbraccio, appoggiandosi al petto del vampiro ed espirando rumorosamente con sollievo. Si impose di tranquillizzarsi e affidarsi alle parole rassicuranti di Damon. Avrebbero trovato un modo, sì. Avrebbero anche ucciso Klaus, davvero.
Per una frazione di secondo Damon si stupì nel sentire Katherine cedere tra le sue braccia, ma accantonò presto il pensiero in un angolo, e l’aiutò solo a calmarsi, cullandola nel suo abbraccio.
Poggiò le labbra sulla spalla nuda, dove la scollatura del vestito lasciava scoperta la pelle morbida e tesa che odorava di paura ed ansia. Non le lasciò ancora andare le braccia, rigide per la suggestione. Si sentì un predatore come poche altre volte nel rintracciare quell’odore alieno sul corpo di Katherine, nello stringerla come in gabbia tra le braccia.
Tuttavia il sospiro sereno con cui la vampira rispose ai baci leggeri con cui la carezzava gli fece perdere ogni istinto per la caccia, e Damon le abbassò il vestito sulle spalle, tirando gli orli della scollatura per avere accesso a una porzione più ampia delle clavicole e delle scapole, toccando e gustando sulle labbra il lieve sapore di quella pelle liscia e ancora nervosa, che si scioglieva, lentamente, sotto i suoi baci.
Le accarezzò le braccia, poi fece scendere le mani lungo i fianchi di Katherine, sulle ossa sporgenti del bacino, senza mai smettere di carezzarla gentilmente. Arrivato all’orlo dell’abito iniziò ad alzarglielo, passando le mani anche sulle gambe nude della vampira.
Passando vicino alle cosce la sentì sobbalzare nervosamente ed irrigidirsi. Un moto di rabbia gli percorse i muscoli, bloccandolo.
Anche quella era colpa di Klaus?
Katherine gli fermò le mani, stringendo le dita sui polsi di Damon. Si scostò da lui, traballando in un primo momento. Era ancora stanca e provata, con le gambe malferme e la gola secca per il bisogno di altro sangue.
Si sfilò da sola il vestito viola di Elena. Con un ghigno pensò che ultimamente molti degli abiti della ragazza si stavano rovinando irrimediabilmente, impoverendo il suo già disastroso armadio.
Rimase in biancheria dando le spalle a Damon, e lasciò cadere ai suoi piedi il fagotto stropicciato che era stato il vestito di Elena. Lui le posò una mano sulla spalla per farla voltare, e si inginocchiò di fronte a lei con un sospiro. Fece scorrere le dita sulla gamba nuda, arrivando fin dove il sangue le sporcava la pelle e si incrostava in bucce secche. Non era un tocco tenero e sensuale, ma piuttosto ispettivo e attento.
Katherine rabbrividì, a disagio. I muscoli recisi e squarciati per l’intera mattina avevano mantenuto un'ipersensibilità dolorosa, e il tocco di Damon le diede fastidio.
«Sta’ ferma. Sto controllando.» le intimò un po’ spazientito.
«Non c’è nulla da controllare.» gli ricordò stizzita. Erano le sue gambe, erano a posto. Deboli, ma a posto.
Damon alzò un sopracciglio con uno sbuffo, e allungò una mano verso la pila di asciugamani che aveva lasciato vicino alla vasca. Ne prese uno e lo bagnò con l’acqua.
«Qualche tempo fa Bonnie aveva scoperto un incantesimo che rallentava la guarigione. Magari anche la strega di Klaus si diverte con quelle cose.» spiegò tamponando con l’asciugamano e ripulendola dal sangue.
Sarebbe rimasto macchiato, pensò Katherine.
Ormai il sangue sporcava così tante cose.
«Credevo che la strega fosse morta.»
«Infatti non è più in circolazione.»
Damon non sapeva mentire a Katherine, per questo aveva da tempo deciso di non dirle più bugie, ma piuttosto di formulare frasi più ambigue, diverse, o di non risponderle emmeno.
Avrebbe voluto fidarsi di lei, una parte di sé aveva persino bisogno di credere che ci fosse ancora un brandello di buono in Katherine, e per questo evitava di darle nuove armi con cui potesse pugnalarlo alle spalle.
La vampira lo guardò sospettosa, ma abbandonò il dubbio. Era stroppo stanca, e in quel momento voleva solo godersi la calma finché era lontana dal pugno e dal ghigno di Klaus, visto che non sapeva per quanto esattamente quella fortuna sarebbe durata.
Sedette sul bordo della vasca, allungando una gamba e offrendola più comodamente a Damon, che finì di detergerla in silenzio.
«Vedi?» le indicò vittorioso un sottile livido viola che percorreva la pelle olivastra di Katherine.
«Non è normale.» commentò con una smorfia, assecondandolo. Non aveva visto Maddox o Greta incantare l’arma.
«No, non lo è. Ma sta guarendo anche questo.»
«E se ci fossero stati altri incantesimi?» indagò insicura.
«Chi vivrà, vedrà.» mormorò Damon a labbra strette. Prendendola in giro. Preoccupandosi.
Le prese una mano e la ripulì meticolosamente dalle chiazze di sangue che le arrossavano le dita, stranamente calmo mentre Katherine lo osservava, e studiava la sua espressione concentrata, il modo in cui i capelli gli ricadevano sulla fronte e sulla nuca.
Non ricordava l’ultima volta in cui qualcuno si era preso cura di lei a quel modo, e le dava una sensazione strana, forse piacevole. Di certo l’asciugamano bagnato e le mani tiepide di Damon su di lei erano confortanti.
Le diedero l’impressione di potersi fidare davvero di quelle attenzioni.
Damon poggiò le mani sulle ginocchia prima di alzarsi.
«Vado, prima che l’acqua si raffreddi.»
«Avevo detto che mi avrebbe fatto piacere fare un bagno con te.» gli ricordò maliziosa, riprendendo coscienza di sé.
«Katherine…» la scoraggiò, improvvisamente esasperato.
Lei voleva giocare, ma lui forse non sarebbe stato in grado di mantenere tutto su quel livello se gli si fosse ancora offerta a tal modo.
Vedendolo voltarsi e cercare di andarsene, Katherine si allungò e gli prese la mano.
Damon la guardò sorridergli con quello stesso strano sorriso che gli aveva rivolto prima nella sua stanza, così giovane e innocente da non sembrare nemmeno lei. Non era Katherine quella che sorrideva con così tanta dolcezza, senza malizia. Katherine aveva sempre un’ombra nel sorriso, che la rendeva ancora più affascinante, quasi grottesca nell'avvisare l’intero mondo di essere sensuale e velenosa sotto quel viso giocoso e semplice.
In quel momento, però, Katherine gli parve solo umana.
«Resta qui.»
Gli tirò il braccio, e Damon la seguì passivamente tornandole vicino. Katherine allungò le braccia verso di lui, e il vampiro si abbassò, permettendole di intrecciare le mani dietro il suo collo e stirare appena il busto per raggiungergli le labbra e baciarlo.
Katherine era stata così dolce forse solo una volta o due con lui, ed entrambe erano state prima di ottenere Stefan.
Lo baciava lentamente, quasi timida, aspettando che fosse lui ad inginocchiarsi tra le sue gambe e baciarla con più ardore, e passarle le mani sulla schiena, accarezzandola prima di sganciarle il reggiseno.
Katherine lo baciò ancora una volta, trattenendo un poco il suo labbro tra i denti, mordicchiando. Poi appoggiò semplicemente la guancia alla sua, e lo abbracciò con tutto il corpo, stringendo anche le gambe attorno a lui.
Gli parve di sentirla respirare tra i suoi capelli, e Katherine cercò di passargli una mano tra le ciocche, prima di irrigidirsi e avere un fremito.
Damon la strinse a sé, riconoscendo la reazione.
«Non ascoltarlo. Non devi più ascoltarlo.»
«Non voglio farlo.»
E la sua voce gli parve talmente triste e sofferente sotto quel tono di ovvietà, da sconvolgerlo e fargli temere di poter vedere lacrime sul volto di Katherine, se appena si fosse scostato per guardarla negli occhi.
Non lo fece, aspettò di sentirla rilassarsi di nuovo e riprendere a respirare normalmente.
Katherine non poteva piangere, e anche se quando era irrotto in casa di Alaric l’odore del sale era ben presente sotto quello del sangue che copriva tutto, Damon non riusciva a figurarsela in lacrime.
Il pianto di Katherine poteva essere solo qualcosa di intimo, di troppo privato anche per lui, il semplice fratello che l’amava troppo.
Come se ci potesse essere una quantità più o meno adeguata per l’amore.
Katherine si riprese, più in fretta di prima, e si allontanò da lui baciandolo su una guancia.
«Vieni?» gli propose di nuovo, seduta con la schiena ritta sul bordo della vasca.
Damon le sfilò il reggiseno slacciato, accarezzandole il braccio con una mano mentre lo faceva.
«Resterò qui. Ma non ho intenzione di entrare nella vasca con te.»
Katherine fece un broncio dispiaciuto e offeso alla sua risposta, e si alzò.
«Sei antipatico.» si lamentò con il tono di una bambina a cui è stato negato un divertimento.
Ma lui non voleva più essere solo un passatempo.
Ben sapendo di essere seguita dai suoi occhi, Katherine sfilò gli slip e allungò il primo piede nella vasca, misurando distrattamente la temperatura dell’acqua prima di immergere la gamba. Damon la guardava, sì, ma senza lussuria o con il desiderio che lei si aspettava.
Osservava quanto fosse ancora tremendamente bella, tanto da fargli male, ma notava anche come fosse dimagrita, e mentre Katherine inarcava appena la schiena e si godeva l’acqua calda che le lambiva i muscoli esausti, Damon vide le costole affiorare sotto la pelle. Era sempre stata magra, quasi troppo snella rispetto ai canoni estetici del loro tempo, e sottile sotto le sue mani, ma non in quel modo, mai così tanto, ed era sicuro che non fosse una sua impressione, perché non aveva mai scordato la vista del suo corpo nudo e la sensazione di toccarlo e stringerlo.
Non aveva nemmeno creduto possibile che un vampiro dimagrisse, fino a quel momento.
Katherine appoggiò una mano al bordo della vasca, tenendosi, e si immerse sotto il pelo dell’acqua. Sembrava ancora più pallida sotto la superficie cristallina e profumata, ad occhi chiusi come i defunti, e Damon posò la mano sopra a quella della vampira. L’anello gli pesava al dito, per un attimo pensò di toglierlo.
Udire Katherine riaffiorare e respirare a pieni polmoni lo distolse dall’intento.
Katherine guardava le loro mani, il contrasto tra il colore delle loro pelli.
«Che cosa succede, Damon?»
Lui scosse la testa, sorridendo «Questa non sei tu. Tu non sei così… innocua.»
«Lo sono?» domandò.
Damon la guardò negli occhi, gocce d’acqua le scorrevano tra le sopracciglia, lungo il naso e gli zigomi. C’era una luce diversa in lei.
Più stanca, forse quasi innocente. Come se i muri di malizia e diffidenza fossero ceduti, per una volta.
Era una visione tenera ed estranea, sensuale in modo nuovo e puro. Non nel senso di illibato o candido, ma semplicemente senza freni, senza porte o difese che potessero smussare o cambiare il fascino che Katherine aveva sempre esercitato per natura, e che aveva spacciato e usato come veleno o arma fino ad allora.
Le posò la destra sul viso, accarezzandole la guancia con il pollice. Katherine gli prese la mano e si sporse verso di lui per baciarlo. Damon sembrò indeciso, sul punto di fermarla, ma alla fine non lo fece, aprì la bocca per lei e la baciò.
Katherine gli si avvicinò agitando l’acqua, e gli passò le braccia attorno al collo, bagnandogli la maglia e alcune ciocche dei capelli mentre vi passava in mezzo le dita, tenendolo stretto a sé.
C’era una foga indulgente nei suoi movimenti. Attirava Damon verso di sé, la sua bocca, ma non correva troppo per paura che lui si riprendesse di colpo e se ne andasse.
Il bacio di Damon era bello, e dolce. Non cercava di divorarla o di rubarle l’aria dalla bocca, le accarezzava le labbra con le sue, con la lingua, e intanto le mani rimanevano dov’erano, una sul suo viso e l’altra passava appena il breve tratto tra la clavicola e la scapola, tenendola ferma, lontana e vicina a lui, non troppo distante né aderente al suo corpo, oltre il limite della ceramica della vasca.
Gli accarezzò una guancia mentre lo baciava. Come temeva, Damon parve riscuotersi a quella delicatezza, e si scostò da lei.
Katherine cercò di riattrarlo a sé, ma lui glielo impedì.
«Non sono un giocattolo, Katherine.»
Non seppe spiegarsi pienamente il perché, ma quelle parole le fecero male.
Lei non voleva un giocattolo. Anche se lui credeva fosse così, lei non voleva un giocattolo.
Nessun gingillo, nessuna cornice può difenderti dagli incubi, non esistono ninnoli che ti possano scaldare quando si ha freddo e si è soli.
- Ancora. -
Katherine strinse le labbra e deglutì, chiudendo gli occhi.
Fremette, mentre respirava e si costringeva a non cercare le mani di Damon perché la stringessero.
«Non farmi più sentire la sua voce.»
Seppe che una lacrima esasperata le stava scivolando lungo la guancia prima ancora di sentirla scorrere lungo la pelle. Tenne gli occhi chiusi per non dover vedere l’espressione di Damon.
Qualunque potesse essere, disgusto, preoccupazione, derisione, non voleva vederla.
Entrambe le mani di Damon le presero il viso. Serrò ancora di più gli occhi.
«Katherine, non-»
«Ti prego, non farmelo sentire.» lo supplicò con rabbia.
Stupida Katerina. Dannata, maledetta, debole, stupida Katerina.
Vattene via, Katerina.
Damon la stava abbracciando con forza, quasi sollevandola mentre la stringeva al suo petto, e lei si trovò ad appoggiarsi a lui, a circondargli le spalle con le braccia e piangere silenziosamente, lottando contro ognuna di quelle lacrime che scappavano contro il suo volere.
Katherine non voleva piangere. Lei non poteva piangere.
Damon sembrò voler sciogliere l’abbraccio, ma lei si strinse maggiormente, annaspando alla ricerca di qualche secondo in più per ricomporsi e uccidere anche l’ultima di quelle stupide lacrime.
«Sh.» lui le sussurrò piano all’orecchio, e Katherine si scoprì a rilassarsi e lasciarlo andare, e permettergli di cancellare con le dita le rare lacrime che le avevano solcato le guance.
Lo vide chiudere gli occhi, e accettò con gratitudine il bacio che le posò sulle labbra, cancellando la vergogna di quello sfogo che le era sfuggito di fronte a lui.
Una mano di Damon scivolò sul suo seno, sopra il cuore, l’accarezzò lievemente con le dita e cercò la sua pelle, bagnando anche la maglia e il gomito mentre le sfiorava la schiena e il fianco. Le sembrarono le carezze dell’amante dolce e spontaneo che non aveva mai avuto.
Non quando viveva con la sua famiglia e il padre di sua figlia aveva tradito la sua fiducia, non quando in Inghilterra Elijah aveva cercato di proteggerla dalla crudeltà di Klaus, e non quando era stata lei infine a trasformarsi in cacciatore e aveva predato i cuori di Stefan e Damon.
Più di cinquecento anni per poter sentire una carezza del genere, da donna indifesa per uomo innocuo.
Gli passò le mani tra i capelli e sulla schiena, attraverso il tessuto inumidito della maglia. Damon era rilassato, non c’erano la tensione dell’eccitazione né dell’allarme, era solo tranquillo sotto il suo tocco.
Katherine si mise in ginocchio dentro la vasca per arrivargli più vicino ed abbracciarlo meglio, per stringerlo a sé e riuscire a passare le mani sulla pelle bianca del vampiro, sollevandogli finalmente gli indumenti, ma quando le dita gli toccarono i fianchi nudi, Damon smise di baciarla e si ritrasse.
Il tentativo di richiamarlo le morì sulle labbra quando lo vide spogliarsi da solo della maglia e lasciarla cadere sul pavimento.
Damon la guardava negli occhi mentre si alzava, contraendo un poco le ginocchia indolenzite, ed iniziò a sfilarsi gli abiti di dosso, in silenzio.
Una parte infantile e curiosa di lei cercò di farle distogliere lo sguardo per rimirare il corpo nudo che tanto bene conosceva, ma riuscì a continuare a guardarlo negli occhi mentre finiva di spogliarsi e si avvicinava a lei. Un sorriso le piegò lentamente le labbra prima ancora che se ne avvedesse.
Tese le braccia verso Damon, e lo strinse a sé non appena fu entrato nella vasca, seduto sopra le sue gambe.
Inginocchiato su di lei, le pelli nude a contatto, Damon la accarezzava tra i capelli, e le baciava il viso con gentilezza, lasciandosi abbracciare e toccare dalle dita magre di Katherine, che riscoprivano il suo corpo come fosse la prima volta.
E forse lo era davvero. La prima volta in cui si appoggiavano l’uno all’altra fidandosi.
L’acqua profumata, ormai solo tiepida, e le mani di Damon, calde invece, stavano pian piano cancellando dalla sua pelle l’odore della paura e dei sorrisi agghiaccianti di Klaus, scambiandolo con quelli del gelsomino, del corpo muscoloso del vampiro sopra di lei, del desiderio che lento ma inarrestabile le stava scaldando le membra stanche e il fiato.
Rise, quando Damon le fece il solletico mentre le baciava il collo.
«Damon!»
Riuscì a scivolare via dalla sua presa e sedersi sopra di lui. L’acqua debordò fuori dalla vasca, creando tante piccole pozzanghere sul pavimento in marmo.
«Ops.» commentò Katherine simulando un senso di colpa allegro.
«Non importa.» sorrise lui, prendendole la testa tra le mani e baciandola ancora.
Le labbra di Damon avevano il sapore dolce della pace, dell’umanità, di tutte quelle cose che si era sempre negata o non aveva potuto avere. E Katherine era morbida e sottile tra le sue braccia, si lasciava sfiorare e baciare senza cercare di prevalere su Damon, giocava con lui e con la sua bocca, non come se fosse solo uno svago, ma perché era felice come una bambina, e quelle tenerezze la divertivano. Rasserenavano.
Damon la fece scivolare di nuovo sotto di sé, attento però a non farle sbattere la testa, schizzando acqua ovunque mentre lei rideva sommessamente e fingeva di dibattersi.
Le baciò il petto in mezzo ai seni, immergendo le labbra e il naso sotto il livello dell’acqua.
«L’acqua si sta raffreddando.» lo avvisò Katherine sovrappensiero quando Damon tornò sul suo viso.
Lui mugolò un assenso, guardandola a occhi socchiusi e scostandole l’intrico bagnato dei capelli dalla fronte.
«Passami lo shampoo.» gli ordinò la vampira, fintamente paziente, mettendosi a sedere sul fondo della vasca con le gambe aperte e piegate, per permettere anche a Damon di stare seduto davanti a lei.
«Cosa dovevo passarti?» la prese in giro, sedendo anche lui e incastrando le gambe con quelle di Katherine, in modo da rimanerle il più vicino possibile e giocherellare con le ciocche ricce appesantite dall’acqua.
La vampira lo spintonò ridendo «Vorrei riuscire a lavarmi davvero prima che l’acqua diventi ghiaccio.»
Damon sogghignò e prese il flacone di shampoo. Se ne versò un po’ in mano e guardò Katherine.
«Oh no, mi riempirai gli occhi di schiuma.» protestò, intuendo.
«Ti riempirò di schiuma e basta.»



Katherine si alzò sulle punte dei piedi per baciare Damon.
- Ancora. -
Basta, smettila.
Si irrigidì con una smorfia, ma Damon la abbracciò e strusciò la guancia contro la sua tempia.
Le faceva male ai muscoli quell’istinto che reprimeva dentro di sé.
«Lo sistemeremo.» le assicurò, interpretando l’ombra che le era corsa dietro gli occhi.
«Sarebbe utile.»
Damon sbuffò indulgente, come davanti ad una bambina che fa i capricci.
Posò le labbra su quelle di Katherine, rosse ed imbronciate. Si aprirono subito per lui, e Damon la spinse verso il letto, guidandola, e ve la fece ricadere. L’asciugamano che si era annodata sopra il seno minacciò di sciogliersi e lasciarla nuda sotto le carezze che il vampiro poneva sulle sue gambe. lunghe
Katherine scalciò sorridendo e lo tirò sul letto, sotto di lei. Si sedette a cavalcioni del suo stomaco, ridendo, e si chinò per riprendere a baciarlo. Damon la attirò a sé, infilandole una mano tra i capelli asciutti e profumati di shampoo, e con l’altra scostò un lembo dell’asciugamano che la copriva. Passò le dita su un fianco, sullo stomaco, chiuse la mano su di un seno, catturandolo.
Il nodo cedette, e il telo cadde, lasciandola perfettamente nuda agli occhi di Damon.
Katherine si lasciò spostare con la schiena contro letto, riparata nel calore che si creava tra le coperte e il corpo di Damon, che la proteggeva e chiudeva come uno scudo.
Si sentì accarezzare dalle anche fino ai seni, poi le spalle, il collo, le guance.
Damon la baciò sulla fronte e si scostò, puntellandosi con il gomito sul materasso. Le guardava il volto come se ne amasse ogni centimetro, ma gli risultasse nuovo. Diverso.
«Non sei stata te stessa oggi.» le disse a voce bassa, con toni rochi che le piacquero. Era così bella la voce di Damon in quei momenti.
Katherine piegò il viso di lato e lo guardò, evitando però di incontrare direttamente i suoi occhi.
«No, oggi sono stata davvero me stessa dopo tantissimo tempo.» lo contraddisse bisbigliando, cercandogli la guancia con la mano. Lo toccò sul viso con le punte delle dita, prima di accostarvi l’intero palmo.
«Katherine, basta con le bugie.»
Poteva essere un avviso quanto una richiesta. Katherine non fu certa di voler capire.
«Non ti ho mai mentito oggi.» replicò.
Damon sorrise amaramente, capendo l’ambiguità di quella frase.
Chiuse gli occhi e le si stese accanto, sapendo di non poter chiedere alla luna di mostrare entrambe le sue facce.
Katherine rotolò su un fianco e alzò il busto, puntandosi su un braccio.
«Cosa dirai a Stefan quando mi vedrà qui?»
«Sei tornata a casa, non c’è niente da dire.» rispose senza guardarla.
Così tranquillo, a occhi chiusi e nudo sul proprio letto, poteva quasi sembrare stesse dormendo.
Con una carezza Katherine gli scostò i capelli dalla fronte, e lo sentì rilassarsi sotto quel lieve tocco.
- Ancora. -
La voce sbiadì nella sua testa prima ancora di attecchire.









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Okay. Ci siamo, è fatta.
Oggi mi sono fatta beccare a scuola dalla prof di inglese mentre scrivevo di Damon che entra nella vasca con Katherine, ma penso e spero che la mia scrittura fosse troppo minuscola e illeggibile perché la capisse una che è abituata a vedermi consegnare i compiti in stampatello stile Times.
Riguardo al contenuto della fic: ho voluto riutilizzare quel suggestivo “- Ancora. -” di cui ci ha graziati Joy nella sua shot, perché mi pareva calzante e soprattutto bellissimo.
L’IC traballa come Gregory House senza il suo bastone, e ho dovuto mordermi le mani per non fare anche di peggio, tuttavia spero di essermi salvata almeno un po’ nel finale.
Joy adorata, spero di aver ripreso almeno un po' le tue speranze su un finale con loro due coccolosi e felici.
E ora, love ya all, e sopravvivete alla season finale, per favore ♥
   
 
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