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Autore: samek    11/05/2011    6 recensioni
Dean è un cavaliere e viene morso da un vampiro, Castiel è un angelo – ma non del solito genere – e farà il possibile per salvarlo dalla trasformazione.
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
- Questa storia fa parte della serie 'COW-T 'verse'
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La stanza era in penombra, rischiarata solo da poche candele, e l’aria era pesante, chiusa in quella camera da troppo tempo e rarefatta da ansiti e gemiti afflitti

Fandom: Supernatural.

Pairing/Personaggi: angel!Castiel/knight-vampire!Dean, wizard!Sam, angel!Balthazar, vampire!Crowley.

Rating: Pg13.

Beta: Koorime (la martire ♥).

Genere: Angst, Dark, Fantasy, Introspettivo, Romantico.

Warning: COW-T!AU,* Slash, Vampirismo.

Words: 3930 (fiumidiparole).

Summary: Dean è un cavaliere e viene morso da un vampiro, Castiel è un angelo – ma non del solito genere – e farà il possibile per salvarlo dalla trasformazione. 

Note: Scritta la Scalata della Torre di clicheclash, Piano A – Prompt #1: Damigella in Difficoltà.

*Per chi non avesse partecipato alla COW-T: Clash Of the Writing Titans è un universo fantasy creato dagli amministratori di fiumidiparole e maridichallenge, per una delle loro iniziative. Si tratta di un mondo abitato da quattro popoli in lotta tra loro – angeli, cavalieri, maghi e vampiri – ognuno dei quali occupa una grande città, e sorretto dalla misteriosa figura della Veggente.

 

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

 

 

Lazarus Rising

 

Se qualcuno mandasse

un angelo a salvarti,

cosa gli diresti per mandarlo indietro,

che il tuo cuore non si spezza,

che le tue labbra non baciano,

che la tua vita è solo una bugia,

che il paradiso non esiste?

Chi ti salverà

quando le stelle cadono dal tuo cielo?

E chi ti farà entrare,

quando la marea è troppo alta?

Chi ti terrà stretta

quando chiudi le luci?

Non mentirò, vorrei essere il tuo superuomo stanotte,

chi ti rimetterà in piedi

la prossima volta che crollerai. ¹

 

La stanza era in penombra, rischiarata solo da poche candele, e l’aria era pesante, chiusa in quella camera da troppo tempo e rarefatta da ansiti e gemiti afflitti.

Sam si lisciò nervosamente la veste da mago, asciugandosi i palmi umidi sulle rune che ricamavano la stoffa lisa, mentre osservava il corpo steso sul letto contorcersi, madido di sudore, in preda alla sofferenza. Non poteva perderlo, non ora che si erano appena ritrovati!

Dopo aver lasciato l’accademia militare per raggiungere la Città dei Maghi, non era stato facile riconciliarsi con la sua famiglia; la vita da cavaliere non faceva per lui e John, suo padre, non aveva digerito bene la cosa. Suo fratello Dean si era trovato tra due fuochi ed infine aveva fatto quello che faceva sempre: seguire il volere del loro padre, perché a differenza sua, lui era nato per essere un soldato.

In seguito John era scomparso e suo fratello gli aveva chiesto aiuto per mettersi sulle sue tracce, così si erano ritrovati tutti a seguire la medesima strada: quella del vampiro che aveva ucciso la loro madre. Poi lo stesso mostro si era preso la vita del loro padre ed erano rimasti soli.

Sam aveva pensato che fosse la fine delle loro disgrazie, ma si era sbagliato, perché il Paese era scosso da lotte continue e Dean era stato mandato al fronte, che l’aveva risucchiato per un anno intero. Non aveva più avuto sue notizie e, proprio quando iniziava a rassegnarsi e credere di aver perso anche lui, un angelo lo aveva riportato indietro, ferito ma vivo.

Molte cose erano cambiate in un solo anno e suo fratello non aveva affatto apprezzato il tipo di magia che lui aveva appreso durante la sua assenza, ma ora non c’era nemmeno più il tempo di discutere.

Dean stava morendo, anzi – peggio – stava cambiando. Una di quelle dannate creature della notte l’aveva morso e la maledizione che si portavano nel sangue stava lentamente corrompendo la natura di suo fratello.

Il suo corpo febbricitante tremava sul letto, preda degli spasmi. La sua schiena si piegava in archi dolorosi, le sue membra si tendevano fino a dolere, poi il suo fisico ricadeva esausto, solo per contorcersi ancora, ancora ed ancora. Non c’era nulla da fare, nessuna pozione o incantesimo che potessero aiutarlo; Dean poteva solo combattere la maledizione e morire, o accettarla e cambiare.

Un delicato fruscio d’ali ruppe la litania di gemiti che opprimeva la stanza e Sam si voltò a guardare la creatura appena apparsa in un angolo della camera. «Era ora! Dove diavolo eri finito?!» apostrofò l’angelo, ma Castiel non si voltò nemmeno a guardarlo. Ripiegò le ali candide e si accostò con circospezione al capezzale di Dean.

«Da quanto tempo è così?» domandò, dopo averlo osservato attentamente.

«È stato morso poco dopo il tramonto» rispose il mago. Ed era oramai notte inoltrata.

«Cas…» rantolò il cavaliere ed uno spicchio d’iride verde apparve dietro le palpebre serrate per il dolore.

L’angelo s’inginocchio accanto al giaciglio ed intrecciò una mano alla sua, mentre con l’altra  gli scostava gentilmente i capelli umidi dalla fronte. «Sono qui, Dean» sussurrò, ed il suo tocco parve rasserenare il ragazzo, riducendo a semplici brividi gli spasmi che lo squassavano.

«Cas… d-devi… devi portare tutti… via» ansimò, soffiando le parole fra i denti stretti. «Non… posso r-resistere ancora per molto… fa ev-evacuare l’edificio» lo supplicò, come aveva supplicato anche il fratello fino a poco prima, ma questi non gli aveva dato ascolto.

«Shhh…» mormorò l’angelo, scendendo ad accarezzargli una tempia. «Hai visto il volto del vampiro che ti ha fatto questo?»

«N-no… non fare… nulla di stupido» ringhiò il cavaliere, e quelle poche parole parvero causargli un immenso sforzo.

«Silenzio. Riposa» ordinò Castiel nel medesimo sussurro morbido e Dean perse misericordiosamente coscienza.

L’angelo si rialzò con cipiglio battagliero e marciò verso la porta. Il mago lo seguì dappresso, ritrovandosi quasi a dovergli correre dietro.

«Che hai intenzione di fare?» domandò, mentre l’amico si dirigeva verso la sala principale.

«Evacuare l’edificio. Resta qui, se credi, ma gli altri umani devono andarsene» spiegò Castiel, poi chiamò: «Balthazar!» con voce che parve quasi uno schiocco di frusta, ed un altro angelo apparve immediatamente accanto a loro, in barba a tutte le difese della Città dei Cavalieri.

«Fratellino. Sam» li salutò questi, seguendo senza fatica il loro passo. «Cosa posso fare per voi?»

Castiel si bloccò e fissò intensamente i propri occhi blu in quelli più chiari del suo Luogotenente. «Ho bisogno che tu vegli Dean, in mia assenza» spiegò e stavolta sembrava più una preghiera che un ordine.

«Perché dovrei sorvegliare il tuo umano?» replicò l’altro storcendo le labbra.

«È stato morso, non posso lasciare nessun mortale attorno a lui, e sei l’unico di cui posso fidarmi» spiegò spiccio il Capitano, facendolo ammutolire.

«Tu dove andrai?» lo interrogò intanto Sam. Non potevano lasciare entrambi Dean, aveva bisogno di loro, dannazione!

«C’è una vecchia leggenda…» iniziò a spiegare Castiel.

«Oh no, non puoi crederci sul serio!» lo interruppe Balthazar. «Questo idiota crede che se ucciderà il vampiro che ha morso tuo fratello, prima che lui assaggi il primo sangue, allora riuscirà a spezzare la maledizione» concluse per lui. «È una leggenda, Cassey, una favola per bambini!» tentò di dissuaderlo.

«Se c’è anche solo una possibilità, devo tentare» ribatté questi.

L’altro angelo sibilò qualcosa – probabilmente un’imprecazione – in enochiano, prima di spingere il fratello contro la parete e sussurrare: «Rifletti, fratellino! Rischi di scatenare una nuova guerra».

«Non mi pare ci sia servita una scusa per combattere, fin’ora» gli fece notare Castiel.

«Pensaci bene» lo esortò ancora il suo Luogotenente. «Se lasci che gli eventi seguano il loro corso, il tuo cavaliere sarà finalmente immortale. Avrete l’eternità davanti!»

Lo sguardo dell’altro angelo si tinse di sofferenza ed abbassò il capo, colpevole, prima di rialzarlo con determinazione. «Non lascerò che Dean si trasformi in qualcosa che aborrisce per un mio egoistico capriccio» dichiarò, sospingendo via il fratello. «Ed ora andate» comandò all’indirizzò del mago, che proseguì il suo cammino per evacuare l’edificio, non prima, però, di avergli stretto una spalla in segno di ringraziamento.

«Trova quel mostro, Cas» lo supplicò, e l’angelo assentì con il capo.

 

*°*°*°*°*

 

La Città dei Vampiri era situata ad ovest del Paese, là dove il sole sorgeva e tramontava più tardi, ed era come sempre lugubre e buia. Il Generatore di Nebbia gettava la città in una semi-oscurità perenne e rendeva la notte ancora più nera.

Per evitare di essere notato subito, Castiel dovette cospargersi le ali candide di cenere; in quella penombra forzata, la sua presenza era così luminosa da risplendere di luce propria. Sorvolò il cimitero ed atterrò con grazia sul parapetto del Tempio Maledetto.

L’Ambasciatore dei vampiri lo stava già aspettando. Aveva l’aspetto di un uomo tarchiato di mezz’età, con furbi occhi scuri ed un sorrisetto malizioso perennemente dipinto in faccia. Il suo nome era Crowley e sbuffò divertito quando notò le sue ali bianche imbrattate di cenere.

«Un accorgimento inutile» osservò. «Abbiamo percepito la tua presenza molto prima che ti avvicinassi alle barriere della città. Ma dimmi: a cosa dobbiamo la tua augusta presenza, Capitano Castiel?» continuò beffardo.

«Uno di voi ha morso un cavaliere, stasera, poco dopo il tramonto. Lo sto cercando» spiegò l’angelo, senza perdersi in convenevoli. Detestava avere a che fare con quelle creature.

«Buona fortuna» ironizzò l’Ambasciatore. «Quasi tutti cacciamo subito dopo il tramonto».

«Non ha morso un cavaliere qualsiasi, ma Dean Winchester» chiarì Castiel, invadendo lo spazio personale del vampiro con sguardo granitico e minaccioso.

Questi sgranò gli occhi sorpreso. «Ma certo. Niente meno che il delizioso Condottiero dei cavalieri potrebbe portarti qui. Eppure non ho idea di chi sarebbe tanto folle da tentare di trasformarlo» replicò poi. «Tutti sanno che preferirebbe morire, piuttosto che unirsi a noi, quindi deve trattarsi di una ripicca o di una crudeltà gratuita, e sono in tanti a non averlo sulla lista degli auguri di Natale… non so se mi spiego».

«Allora farai bene ad indagare, ed a farlo in fretta, o raderò al suolo la vostra città per andare sul sicuro» gli intimò l’angelo, con voce bassa e controllata.

«In secoli di guerra il tuo intero popolo non è riuscito ad abbatterci, e pensi di poterlo fare ora tutto da solo?» lo derise il vampiro.

«Non erano sufficientemente motivati» asserì Castiel glaciale.

«Sembra che qualcuno perda il controllano quando maltrattano il suo animaletto, non è così?» sogghignò Crowley. «Cosa cerchi di ottenere, angelo? Uccidere il vampiro che l’ha morso non cambierà la situazione, a meno che…» si fermò, poi scoppiò a ridere. «Che io diventi polvere ora, se sbaglio… tu credi alla leggenda!» arguì, piegandosi in una risata convulsa.

Il Capitano della Guardia Angelica strinse i denti e sfoderò la propria arma ancor prima di pensarci, puntandola alla gola dell’Ambasciatore. «Non ho tempo da perdere, sanguisuga. Dimmi dov’è» ordinò.

«Non lo so» rispose questi, alzando le mani in segno di resa. «E anche se sapessi chi è o dove si trova, sarebbe inutile ucciderlo, perché quella leggenda è falsa. È, per l’appunto, solo quello: una leggenda» calcò per bene l’ultima parola, tentando di far entrare il concetto nella mente avariata dal tempo di quel gallinaceo divino.

«Non ti credo» obbiettò questi testardo, premendo più forte la punta della lama contro la sua pelle pallida e facendo stillare qualche goccia. Non era certo una debolezza che quel popolo maledetto avrebbe voluto ammettere o rivelare.

Crowley sospirò. «Cerca di vedere il lato positivo, piumino d’oca. Sarà tuo per sempre, no? Non siamo tutti dei bastardi senza cuore, c’è anche gente rispettabile tra noi. Il tuo cavaliere imparerà a gestire la propria Fame, sotto una buona guida, e tornerà ad essere l’insopportabile cazzone che è sempre stato in men che non si dica, te lo assicuro» cercò di riportarlo alla ragione. «Anzi, forse lui potrebbe essere la soluzione a tutti i mali di questo paese; un cavaliere innamorato di un angelo, fratello di un mago, trasformato in un vampiro… unirebbe tutti e quattro i popoli, non trovi? La Veggente approverebbe»

«Non mi importa cosa credi sia meglio» scandì Castiel «Dean non vuole essere uno di voi».

«Non ha scelta!» sbottò l’Ambasciatore, perdendo la sua aria compassata. «O questo, o la morte. Se ci fosse un’altra soluzione, l’avremmo adottata tutti molto tempo fa» continuò aspro, poi si costrinse a prendere un respiro profondo e ritrovare la tipica freddezza della sua razza. «Torna da lui, angelo, e stagli accanto mentre muore. Se non ritorna alla vita, saranno gli ultimi attimi che trascorrerai con lui» gli consigliò incolore, prima di scostarsi con rapidità sovrannaturale e sparire all’interno del Tempio.

 

*°*°*°*°*

 

Il gelido vento del nord sferzò l’aria, abbattendosi con inaudita violenza sulla guglia più alta della Torre dei Crociati, e Sam rabbrividì, aggiustandosi meglio il mantello addosso. Era cresciuto lì e negli ultimi anni si era abituato alle temperature glaciali della Città dei Maghi, arroccata dalla parte opposta del Paese, a settentrione, sulle Montagne Bianche, eppure quell’anno l’inverno stava arrivando in anticipo e si preannunciava tra i più freddi da che avesse memoria.

Aveva fatto evacuare l’intera caserma, ma Balthazar non gli aveva permesso di entrare di nuovo nella camera dove giaceva suo fratello. L’angelo si trovava ancora là ed il mago aveva l’impressione di poter sentire le grida di Dean sospinte dal vento.

In realtà, se Sam si fosse trovato in quella stanza, avrebbe scoperto che era tutto un parto della sua mente angosciata, perché ormai il Condottiero dei cavalieri giaceva inerme sulla propria brandina, col respiro quasi impercettibile ed il corpo sempre più freddo, in fin di vita. Le labbra erano divenute blu e nemmeno i tremori convulsi riuscivano più a scuoterlo. Continuava a sudare copiosamente, ma le sue membra erano gelide, come se fosse in ipotermia.

Balthazar gli deterse per l’ennesima volta la fronte, bisbigliando imprecazioni tra i denti. «Avanti, ragazzo, apri gli occhi!» lo incitò. «Non lasciarti andare, o il mio fratellino ne morirà. Combatti, accettala, dannazione! Non c’è altra via, accettala, maledetto idiota!»

«No…» riuscì ad esalare Dean, senza però avere la forza di aprire gli occhi.

«Così, bravo, reagisci. Ti preferisco quando sei insopportabile, sei più carino» lo provocò.

«Fotti…ti» mormorò il cavaliere.

«Già fatto» sogghignò debolmente l’angelo. «Avanti, baby, accettala. Puoi farlo, non è una colpa» tentò di convincerlo. «Fallo per Castiel».

Dean cercò di scuotere il capo, eppure qualcosa in lui stava già cambiando. L’angelo, con la mano posata sul suo petto, riuscì a percepire il suo battito cardiaco farsi all’improvviso più veloce ed il respiro di nuovo convulso. Poi un ultimo spasmo lo scosse, il suo corpo si arcuò rigido, il respiro gli si strozzò in gola ed, infine, ricadde sul letto immobile, privo di vita.

«No…» soffiò Balthazar incredulo. «Non può averlo fatto davvero» cercò quasi di convincere se stesso, sentendo una paura gelida, che non aveva mai provato prima, avvincergli le viscere. «No-no-no-no…» cantilenò, incorniciandogli il viso per cercare i suoi occhi morti.

Ma fece appena in tempo a sfiorarlo che la bocca di Dean si aprì  ed inspirò un ansito secco, quasi fosse stato in apnea per minuti interi, ed il suo busto si tirò su con energia soprannaturale, come una marionetta mossa da fili invisibili e non da muscoli e tendini. Il suo sguardo vuoto si posò sull’angelo e, un attimo dopo, la sua mano si mosse con velocità inumana e lo ghermì alla gola, attirandolo a sé.

Balthazar gli afferrò il braccio, tentando di allentare la presa ferrea, ma il cavaliere – se così ancora lo si poteva chiamare – aveva sviluppato una forza spropositata. «Dean…» lo chiamò con voce strozzata «Dean Winchester, torna in te» ordinò con più decisione, ma quando in risposta ricevette solo l’ennesimo sguardo vacuo, iniziò a pensare che fosse troppo tardi e la follia l’avesse vinto.

Il vampiro aveva ormai i canini posati contro la sua gola, quando – rassegnato – l’angelo mormorò: «Perfetto, Cassey mi ucciderà» ed il ragazzo si immobilizzò, come congelato.

Ta-dan, la parolina magica, pensò Balthazar, quando il cavaliere lo spinse via con tutta la forza che aveva, mandandolo a cozzare contro la parete opposta.

«Vattene» ringhiò Dean con voce metallica, irriconoscibile, stringendo nei pugni le lenzuola e lacerandole senza volerlo.

«Non posso» sospirò il Luogotenente della Guardia Angelica, rimettendosi dritto. Chi lo sentiva il suo fratellino, se no?

«Via!» ruggì il vampiro ed un momento dopo le porte della camera si spalancarono e l’angelo venne sbattuto fuori da una forza invisibile, vedendo il battente richiudersi magicamente.

Impossibile, non poteva aver già sviluppato tanto potere, era troppo presto! Considerò, riportandosi in piedi e precipitandosi contro il pannello, picchiandovi sopra i pugni furiosamente. «Dean, lasciami entrare!» ordinò, cercando di forzarla con la forza fisica e psichica, ma nulla funzionava, il ragazzo lo stava contrastando dall’altro lato. «Stupido cazzone!» sbottò furioso. Non poteva lasciarlo in quelle condizioni, era mentalmente instabile, avrebbe finito per far del male a se stesso.

Nel frattempo, il cavaliere si rannicchiò in un angolo della camera e si premette i palmi delle mani sulle orecchie. Ma era tutto inutile, riusciva a sentire ogni suono ingigantito all’inverosimile: i pugni dell’angelo contro la porta sembravano frane rocciose, il suo battito cardiaco un tamburo assordante ed irresistibile, e più lontano ne sentiva un altro, in alto, sopra di loro, familiare ed ipnotizzante. Udiva le voci dei cavalieri di guardia negli edifici vicini, il respiri degli altri cittadini ancora addormentati, i primi cinguettii degli uccelli mentre la pallida luce dell’aurora rischiarava l’orizzonte ad oriente, in direzione della Città degli Angeli.

L’alba! Presto il sole sarebbe sorto ed avrebbe incenerito il suo corpo non appena l’avesse bagnato. Sollevato, schiuse gli occhi per puntarli sulla finestra con aspettativa. Fa’ in fretta, fa’ in fretta!, esortava il tempo, cercando di soffocare il richiamo di tutti quei cuori che cantavano per lui con la malia di una sirena.

Poi, con un fragore di vetri infranti, la finestra esplose ed una figura flessuosa atterrò in ginocchio, in un turbinio di piume candide, slanciandosi subito dopo su di lui.

«Cas…» ansimò Dean sopraffatto, riconoscendolo immediatamente. No, no, no, non doveva vederlo così! Sì coprì con le braccia, ma all’angelo bastò un solo sguardo per comprendere la situazione ed entrare in azione.

Strappò le lenzuola dal letto e lo avvolse tra di esse, prima di sollevarlo tra le braccia e correre alla finestra per spiccare il volo. Un attimo dopo stavano volando verso occidente, in direzione della Città dei Vampiri, il luogo più tenebroso del Paese, mentre il cielo si schiariva nella direzione opposta.

Il cavaliere ebbe l’impressione di scorgere una familiare figura vestita di grigio sulla guglia più alta della Torre, poi sentì la voce del fratello chiamarlo con disperazione e si sporse per guardarlo un ultima volta. Sam sembrava sollevato di vederlo volare via, o forse era solo una sua impressione.

«Sta giù» ordinò Castiel, parlando per la prima volta da quando era tornato e premendogli la testa contro il suo petto, per evitare che la luce gli bruciasse gli occhi.

Il ragazzo stava impazzendo, sentiva il battito frenetico – spaventato – del cuore dell’angelo quasi palpabile, come se gli pulsasse già sulla lingua, e tutta quella pelle lasciata esposta dalla tunica romana ed il suo profumo celestiale, lo stavano stordendo.

«Cas…» ansimò contro il suo collo, intrecciando le dita ai suoi capelli.

Gli angeli erano rapidissimi, non avevano pari nell’aria, in pochi battiti d’ali potevano coprire distanze inimmaginabili, ed in quel momento a Dean non importava nemmeno che lo stesse trasportando come una fottuta damigella in pericolo. Di sicuro Castiel era più originale di un principe s’un cavallo bianco – davvero alternativo come mezzo di trasporto, non c’era che dire! – e lui non l’aveva mai amato tanto come in quel momento. Sentiva che stavano letteralmente scappando dal sole, i cui primi raggi già iniziava a bruciargli i pochi lembi di pelle scoperta, e si aggrappò al suo angelo con ferocia, non riuscendo nemmeno a concepire di meritare tanto.

«Ci siamo quasi» cercò di rassicurarlo Castiel, stringendolo più forte a sé, quasi volesse coprirlo di più con il proprio corpo.

La nebbia della Città dei Vampiri, che avevano sempre detestato ed aborrito, finalmente li avvolse e loro la accolsero con immenso sollievo. Il Capitano della Guardia Angelica atterrò in maniera decisamente brusca per i propri standard, strisciando a terra con le ginocchia nude, ma non parve curarsene, mentre scopriva il capo di Dean e lo osservava per la prima volta con attenzione, studiando ogni segno di cambiamento ed accertandosi che stesse bene.

La sua pelle era più pallida, aveva preso il tipico candore sovrannaturale, e le lentiggini spiccavano sulle guance bianche quasi con violenza. Gli occhi, per contrasto, sembravano ancora più verdi, o forse la vista più acuta li rendeva davvero più brillanti, così come i capelli biondo cenere sembravano ancora più lucidi. Profonde occhiaie – dovute più probabilmente alla stanchezza ed alla debolezza, che alla trasformazione – gli appesantivano le palpebre, e le labbra, che erano sempre state di un’invitante color rubino, erano ora esangui. Ma nel complesso sembrava sempre lo stesso, ed era vivo, il sole non l’aveva toccato.

«Dov’eri?» domandò il cavaliere, ma suonò quasi come un’accusa, e l’angelo scosse il capo, non riuscendo a trovare la risposta adeguata.

Cosa poteva dirgli? Che si era aggrappato ad una favola per non accettare l’idea che stava per perderlo, e per questo non gli era accanto mentre moriva?

Tutto il corpo di Dean sembrava pervaso da una tensione animalesca e lui si fissava le mani come se non le riconoscesse, piegandole e stendendole in prova. «Non sono umano» sussurrò con orrore, sfuggendo dalla sua presa. Alzò il volto a cercare il sole, invisibile attraverso la nebbia scura della città, e si rese conto che non l’avrebbe mai più visto in vita sua – se vita si poteva ancora chiamare. D’improvviso provò l’impulso di correre incontro a quell’astro, vanificando il salvataggio del suo angelo; non voleva andare avanti, non così. Però Castiel lo riacciuffò subito, afferrandolo per i vestiti e tirandoselo di nuovo contro, non permettendogli di scostarsi più di poche spanne.

«Non toccarmi!» si divincolò il ragazzo, quasi preda dell’isteria, o più propriamente del disgusto di sé, ma lui non gli diede ascolto e sguainò la propria arma per portarsela al collo e praticarvi un lungo taglio verticale, che subito iniziò a gocciolare sangue scarlatto sulle clavicole e sul petto, imbrattandogli la toga candida.

«Bevi» ordinò inflessibile.

Dean scosse il capo, inorridito, ma in un attimo l’odore lo travolse, la sua vista si focalizzò unicamente su quello e non riuscì più a percepire nient’altro, se non il battito di quel cuore possente che lo invitava.

«Bevi. Bevi o impazzirai» lo sollecitò più gentilmente Castiel, riuscendo già a scorgere i primi segni della follia. Gli circondò la nuca con una mano e lo guidò al proprio petto, ed il ragazzo non poté più vincere quell’istinto primordiale, quando il sangue gli bagnò le labbra.

Iniziò a leccarne ogni goccia, raccogliendola con la lingua con frenesia bestiale, prima di applicare la bocca al taglio e succhiarlo, allargandolo con i canini e prendendo tutto ciò che riusciva in avide sorsate. L’angelo lo cullò con dolcezza, lasciandosi sopraffare finché il vampiro non lo sovrastò, premendolo sul terreno nudo; non era spaventato, per quanto Dean potesse bere da lui, non sarebbe morto.

Questi ansimò rapito. Era incredibile, era come fare l’amore, come penetrare ed essere presi; la vita di Castiel – tutti i suoi ricordi, la sua esistenza millenaria – gli scorreva davanti, mentre la sua essenza lo riempiva. Era luce, e potere, e fuoco, e amore. E lui non riusciva a smettere, non poteva staccarsi, mentre quel cuore batteva sempre più forte, più veloce, fino ad essere assordante, fino a far male.

Si staccò solo quando l’angelo gemette arrendevole sotto di lui, dolorante e prosciugato, pallidissimo. La paura lo invase prima che la ragione potesse ricordargli che Castiel era una creatura immortale, e lo raccolse tra le braccia, tirandoselo in grembo e mormorando scuse convulse, mentre gli accarezzava il viso e fissava quella tunica bianca orrendamente macchiata.

Una mano dell’angelo si alzò lenta a sfiorargli debolmente il viso, mentre le ali tremavano appena, distendendosi in completo abbandono. «Sei…» mugugnò, in maniera quasi inintelligibile «troppo rumoroso» riuscì a concludere dopo un paio di secondi infiniti, lasciandolo di stucco. «Inizio a capire cosa intendono gli umani con “emicrania”» soffiò ancora, aggrappandosi a lui per cercare di raddrizzarsi e, di riflesso, Dean lo strinse contro il proprio petto.

«Come?» mormorò incredulo, cercando i suoi occhi ancora chiusi.

Castiel posò la testa sulla sua spalla. «Mi sento… ubriaco» sussurrò. «E non ricordo quanti secoli sono passati dall’ultima volta…» considerò poi, socchiudendo le palpebre per incontrare il suo sguardo apprensivo. «Va tutto bene» lo rassicurò.

Il cavaliere quasi rise per il sollievo – quasi. Nascose il viso tra i suoi capelli, incupendosi a quelle ultime parole. «Come può andare bene? Sono un mostro» asserì disgustato da sé stesso, da quello che gli aveva appena fatto.

«Non dire sciocchezze» lo rimproverò l’altro, riprendendo lentamente le forze.

«Sono un vampiro. Abbiamo sempre odiato queste creature» gli ricordò Dean piccato.

«Qualcuno mi ha suggerito che dovremmo guardare il lato positivo» replicò l’angelo.

«E quale sarebbe?» lo interrogò scontroso il ragazzo.

«Sei vivo. Siamo insieme. Siamo immortali» considerò Castiel, ma il cavaliere sbuffo; non era neanche lontanamente abbastanza.

«Uccidere innocenti per l’eternità, davvero un prezzo equo da pagare» ironizzò velenoso.

«Imparerai a controllarti. E non hai bisogno di cacciare gli umani, hai me» gli ricordò il suo angelo e lui scosse il capo, amareggiato, ma non era un vero rifiuto.

«Combatti, Dean» lo esortò quindi, portandosi in ginocchio davanti a lui e fronteggiandolo. «Non arrenderti ora» Siamo soldati, possiamo affrontare anche questo, sembrava dire il suo sguardo duro.

«Già, d’altronde è tutta la vita che lotto per sopravvivere, perché cambiare routine?» domandò retorico, ogni parola intrisa di pesante sarcasmo. Poi allungò le braccia ed attirò di nuovo Castiel a sé. «Sarai la mia fiaschetta di whiskey personale?» ironizzò, ma c’era più tenerezza che scherno nel suo tono e, quando l’angelo gli sorrise, si chinò a baciarlo, perché davvero era tutto ciò che gli rimaneva e tutto ciò a cui non poteva rinunciare.

 

FINE.

 

¹. Bon Jovi – Superman Tonight.

   
 
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