Eccomi qui con
una nuova one-shot :3
L'ho scritta oggi pomeriggio (mentre dovevo studiare storia)
Mh, non è auto-biografica, ci sono pezzi che parlano anche
di me,
(il primo concerto e ciò che è successo dopo)
ma non altro [capirete leggendo]
L'amore platonico beh, non l'ho mai provato (almeno, non
forte)
Questa la dedico a tutte le ragazze innamorate di qualcuno..
irraggiungibile.
E poi a Loro, a quei ragazzi che da 4 anni mi fanno sognare.
Non vi dico
altro, spero che vi possa piacere!
Un commento alla fine mi farebbe felice!
Danke, Stay Tokio.
♥
* * * *
"Troppo
amore per la
musica,
troppi confini, così tanti pensieri.
Non dovrebbe finire presto.
Restiamo sempre, ci urliamo nell'infinito.
Non moriremo mai.
Tu sei tutto quello che sono io,
e tutto quello che scorre nelle mie vene."
La
sveglia suona puntualmente
alle sette, come ogni
giovedì mattina; il programma è sempre lo stesso,
vestirsi di fretta, colazione
al bar e poi dritta a scuola. Mi stiracchio lentamente, cercando le
forze per
affrontare la nuova giornata, mi giro sul letto e mi intristisco un
poco
notando il posto vuoto di mio marito, via per lavoro. Mi costringo ad
alzarmi,
le ultime settimane di scuola sono pesanti, sia per me che per i miei
alunni,
loro pieni di studio, io di compiti da correggere e consigli di classe.
Scruto
la mia immagine allo specchio, i capelli ricci tagliati corti sono in
disordine, gli occhi ancora gonfi dal sonno. Sbadigliando, vado a darmi
una
rinfrescata in bagno, uscendone rinvigorita e già
presentabile. Controllo la
mia bambina che dorme ancora placidamente, due minuti e sarebbe
arrivata la
tata. Velocemente indosso un paio di jeans, una camicetta bianca e un
paio di
ballerine abbinate, prendo la valigetta e la macchina, diretta
all’istituto
scolastico, ho fatto tardi e la tappa al bar dovrà saltare,
prenderò un caffè
alle macchinette.
Alla radio
passano la solita musica, mentre io mi
sento leggermente strana, sarà per il meteo – il
mio umore segue sempre le sue
variazioni, e la giornata si presenta grigia, provo una certa
inquietudine,
una sensazione strana. Sbuffo, speriamo gli studenti abbiamo voglia di
fare,
oggi.
Mi dirigo in
classe con calma, la campanella è appena suonata,
sicuramente i ragazzi staranno finendo di copiare gli ultimi compiti,
preferisco non coglierli sul fatto, dovendo poi rimproverarli: da giovane
ero solita farlo anche io.
Apro la porta e tutti si alzano, silenziosi.
-Buongiorno ragazzi- saluto sorridendo, posizionandomi dietro la classe
e
procedendo con l’appello.
-L’ultimo compito che vi ho dato era..- dico cercando gli
appunti sul mio
registro.
-Da cercare una frase sull’amore o sull’amicizia, a
nostro piacimento- risponde
prontamente Leni, la cosiddetta “secchiona”.
-Grazie mille! Avete trovato tutti qualcosa?- annuiscono, -Chi vuole
leggermi
ciò che ha trovato?- tutti sembrano improvvisamente
impegnati a cercare qualche
misterioso oggetto nell’astuccio o nello zaino, oppure
prendere qualche appunto
inesistente.
-Prof, quella di Leni è molto bella!- interviene Patricia,
una sua amica.
Sorrido vedendo l’occhiata che le riserva per aver parlato.
-Vuoi leggerla?- chiedo gentilmente, lei risponde con
un’alzata di spalle.
-Okay, prima correggiamo gli esercizi di grammatica
dell’altra volta, poi
sentiamo un po’ che hai trovato-
La lezione passa tranquilla,
spiegando la noiosissima
grammatica tedesca, argomento non molto apprezzato dalla classe, posso
capirli,
anche per me studiarla era una tragedia.
Dopo quaranta minuti posso finalmente appoggiare il gesso e chiudere il
libro,
notando come ciò venga apprezzato dai miei studenti.
-Okay, per oggi abbiamo finito con tedesco! Per sabato fate gli
esercizi
relativi all’argomento spiegato oggi e se non capite qualcosa
ditelo
tranquillamente. Mancano solamente cinque minuti, allora Leni
è il tuo
turno!- annuisce solamente, poggiando lo sguardo sulle parole ricopiate
con la
solita scrittura elegante e precisa sua, leggendole con voce lieve e
lentamente.
“Amare
è anche soffrire
perché la vera essenza della libertà è
amare una persona senza possederla.
L’amore platonico non ti delude mai”
Il mio cuore comincia a battere
più veloce, sentendosi
chiamato in causa. Sorrido, pensando alla veridicità di
quelle frasi.
-Che cavolata!- se ne esce Andreas subito dopo, ricevendo
un’occhiataccia dalla
giovane.
-Perché?- ribatte lei piccata.
-L’amore platonico non esiste,
è una grande stupidata! Ci si aggrappa a
una persona che non conosci perché le altre non ti vogliono-
lo ammonisco con
uno sguardo, esprimere le proprie opinioni va bene, denigrare quelle
altrui no.
-Esiste invece! Tu sei troppo superficiale per coglierlo invece!-
sbotta lei,
lasciando la classe basita: solitamente era calma, era raro vederla
così animata.
Si vedeva che, per lei, quest’argomento era scottante.
-Ragazzi, calmate i toni!- intervengo io, causando improvviso silenzio.
-Lei cosa ne pensa prof?- mi domandano curiosi.
Non so che rispondere, ovviamente non posso sbilanciarmi troppo, ma
l’amore
platonico è sempre stata una realtà
presente nella mia vita, fin da quanto
ero adolescente, ci ero passata, ci cred(ev)o.
-Secondo me è un argomento molto delicato e anche
particolarmente discusso, ci
sono tante opinioni discordanti su ciò,
c’è chi ci crede e chi no, molti la
vedono come una cosa negativa, invece penso non ci sia nulla di male,
è sempre
una forma d’amore- rispondo senza sbilanciarmi troppo. Per
fortuna non
insistono, in quanto la campanella suona e segna il termine della prima
ora,
così posso recarmi in biblioteca e sistemare alcune carte.
Calcolatrice
alla mano stavo
finendo di fare le ultime
medie, causa scrutini imminenti, quando mi sentì osservata.
Girandomi, trovai
Leni che mi osservava tentennante, incerta. Stavo per chiederle
perché non
fosse in classe, poi mi ricordai che era esonerata dall’ora
di educazione
fisica.
-Scusi professoressa,
posso disturbarla?- mi domando in evidente difficoltà.
-Si certo, dimmi
tutto- le faccio segno di accomodarsi, sorridendole
incoraggiante.
-Volevo parlarle a
proposito del..- si mordicchia il labbro, incerta
sull’andare avanti o meno.
-Del fatto che ti sei
innamorata di un personaggio famoso?- l’anticipo io, lei
mi guarda sorpresa.
-Come.. come
l’ha capito?-
-Ovviamente se porti
un aforisma sull’amore platonico è
perché ne sai qualcosa,
poi si capisce da come ti sei difesa sentendolo attaccato- mi spiego.
-La verità
è che non so più cosa fare! Mia madre vuole
mandarmi da uno
psicologo.. pensa sia ossessionata! E sto iniziando a crederlo anche
io- sbuffa
tristemente.
-Io non penso tu sia
ossessionata, sei innamorata, è diverso- le
dico.
-Come? Non posso
essere innamorata di qualcuno che non conosco!- sbotta. Mi
viene da ridere, sembra lo stesso discorso affrontato con mia madre
ormai
quindici anni prima. Ora i ruoli erano invertiti.
-Invece puoi
benissimo- mi guarda interrogativa.
-Lei.. cosa pensa
veramente della faccenda?- mi domanda seria.
-So che può
sembrare strano, ma sono stata giovane anche io.. una volta!-
esclamo, facendola ridacchiare.
-Le credo- mi sorride.
–Sono stanca, sa? Tutti che mi guardano male,
perché
parlo di Lui come la gente parla di un
fidanzato, di un amico! Invece..
è un estraneo- sospira tristemente.
-Cantante eh?- chiedo,
lei annuisce.
-E’ la
persona di cui ci si innamora con più facilità
penso. Prima ti coinvolge
la sua voce, poi la sua immagine: questo è già
importante, se non ti piacesse
la sua musica, anche se fosse la persona più bella del
mondo, per te sarebbe
indifferente. È normale poi, considerarlo un amico, quando ero giovane consideravo
la musica la mia migliore amica, non fraintendere: non ero una ragazza
particolarmente sola e asociale, però attraverso essa
riuscivo a sognare, stavo
male? Mi bastava selezionare una delle tracce del mio ipod e
già tutto andava
meglio, la melodia riusciva a calmarmi. Le note si umanizzavano... no?-
mi
guarda basita, stupita da tante parole.
-Si.. è
iniziato tutto l’estate scorsa, guardo Viva e sono stata
attirata da una canzone bellissima, poi.. ho guadato il televisore ed
è stato
l’inizio della fine. Catturata totalmente da quel cantante,
dal suo modo di
muoversi.. di guardare l’obiettivo.. ho cominciato a
informarmi su di Lui,
cercando riviste e su internet, poi attaccando i primi poster.. ora la
mia
camera è completamente tappezzata, diciamo che mia madre non
lo apprezza-
-Secondo me
l’amore platonico è la forma di amore
più sincera, più pura!
Ami una persona con tutto te stesso, anche se sei consapevole, non
potrai mai
avere nulla
in cambio. È dolce tanto quanto complicato e frustrante:
vedi
quella persona e ti sembra distante anni da te, non ti senti
all’altezza.
Comunque non lo abbandoni, perché è una
sofferenza sopportabile. Dico esatto?-
-Oddio, è
proprio così..- si passa una mano sul viso. –Come
fa a capirmi
così..?- rimane un attimo in silenzio –Aspetti,
lei..!-
-Si, ci sono passata
anche io- sbarra gli occhi.
-Perché ti
stupisci tanto? Anche io sono stata una ragazza adolescente!-
-E di chi si
è innamorata lei?-
-Di un ragazzo strano,
diverso. Mi ha stravolto la vita, davvero. È successo
come a te, passavano un video della sua band sulla televisione e sono
stata
rapita da quegli
occhi
così espressivi e da una voce ancora immatura, ma
ugualmente bellissima.-
-L’ha capito
da subito?-
-No, non subito. La
passione è nata dopo, inizialmente m’informavo sul
gruppo,
focalizzandomi sulla musica; poi ho iniziato ad appendere i primi
poster in
camera e, osservando la sua figura particolare, l’ho capito:
ho capito che mi
avrebbe sconvolto la vita-
-..Come?-
-Ero una ragazzina
normale, non avrei mai pensato di cadere nella Loro
trappola!
Sono diventata dipendente dalla Loro musica, alcuni mi definivano
malata, fanatica; inoltre la band non era ben vista, aveva fan quanti
anti-fan!
Una cosa tremenda, che non ho mai concepito: ognuno è libero
di ascoltare ciò
che più gli aggrada, i gusti sono soggettivi. Ero insultata
per questo, e stavo
male! Pensavo “Cosa ho di sbagliato? Non
è colpa mia se i grandi
della musica rock e pop non mi piacciono, il mio cuore ha scelto altro” –
lei intanto continua ad annuire, -Faceva male essere presi in giro per
questo,
ma non ho mai smesso di seguirli, di seguire Lui. Il mio sogno poi si
è
realizzato, sono riuscita ad andare a un suo concerto-
-Cosa? Davvero? E come
è stato vederlo? Insomma.. immagino traumatico-
annuisco.
-E’ stato..
indescrivibile! Però.. brutto in un certo senso. La giornata
non è
andata come pianificato, volevo le prime fila, mi sono ritrovata quasi
in fondo
perché mi sono sentita male! E nella mia testa ho solo vuoto, tutti i
fotogrammi dello show sono stati cancellati, forse volontariamente.
Ricordo le
urla del prima, la fatica, il caldo, ricordo il ritorno in macchina,
del durante
però,
sono flashback confusi-
-E dopo che
è successo?- mi chiede curiosa.
-Ho smesso di
seguirli- rispondo con semplicità, mentre mi guarda
sbigottita.
-COSA?
Perché?-
-Il mio c(uore)ervello
si rifiutava di sentire le Loro canzoni, sentivo una
morsa allo stomaco, un senso di vuoto tremendo, stavo male, mi ferivano.
Potevo affrontare la cosa, a piccole dosi, riducendo le ore passate con
l’ipod,
ma non l’ho fatto. Ho preferito chiudere senza affrontare il
dolore, perché non
mi capacitavo della causa! Semplicemente ho rimosso i poster, non li ho
mai
buttati via però, sono sempre stati sopra
l’armadio, i cd dentro un cassetto.
Le immagini però, anche le foto del concerto, cestinate-
-Non so se riuscirei a
fare una cosa del genere anch’io, staccarmi così
dalla
musica! Considerando è la cosa che oggi mi fa andare avanti-
-“Il bello
della musica è che quando ti colpisce non provi
dolore”, diceva Bob
Marley, invece io stavo male, e tanto anche! E’ stato
difficile, tanto.
Cancellarli era come cancellare una parte di me, al momento mi sembrava
l’alternativa migliore-
-Immagino
però la storia che la lega a lui non termini
così, giusto?- intuitiva
la ragazza!
-Giusto, proprio
così. Ho tirato avanti un anno senza di Loro, non mi
riusciva
difficile perché erano scomparsi dalla circolazione per fare
un nuovo album,
poi sono tornati, io ignoravo il tutto. Un pomeriggio però,
mentre facevo i
compiti, hanno passato il loro ultimo video sulla televisione e non ce
l’ho
fatta a cambiare canale, ero come ipnotizzata! Non staccavo lo sguardo,
focalizzavo tutti i loro cambiamenti, perché stavo
cambiando, crescendo! Poi il
video è finito, e sono tornata al mio libro di tedesco.
Così fino all’estate,
una mia amica aveva pubblicato una loro canzone sul suo profilo di un
social
network e ho premuto play, curiosa. E’ stata la mia rovina-
affermo ridendo.
–Ho messo il replay, così ho ascoltato la canzone
tutto il pomeriggio, sai cosa
diceva?- fa no con la testa, ovviamente.
-“Sistemiamo i nostri pezzi
insieme, siamo uno come lo yin e lo yang.”
Quella frase mi aveva colpito, era una canzone che probabilmente
parlava di due
innamorati, a me sembrava indicare perfettamente la situazione fra me e
Loro.
Pochi giorni, solo pochi giorni e il mio computer era tornato a
popolarsi delle
canzoni, vecchie e nuove, ho comprato ciò che mi ero persa,
e sono tornata a
respirare la loro musica, a nutrirmi di essa. Paradossale eh?
All’inizio
sentivo ancora quel fastidio, poi è passato, ce
l’ho fatta. Ovviamente non del
tutto, c’era sempre quella canzone che mi struggeva, mi
portava sensazioni
troppo forti che mi spingevano a passare a un’altra, che ci
potevo fare? Non
riuscivo a fare altrimenti-
-L’ha
superato? Il suo amore platonico verso di Lui?- mi viene da
ridacchiare,
tanto assurda la domanda, posta ora.
-Inizialmente
pensavo di si, ero tornata fan, della band! Pensavo non mi
facesse più nessun effetto, mi sono accorta di essere in
errore, infatti appena
c’era un video guardavo lui, una foto e guardavo lui, lo cercavo
sempre e comunque con lo sguardo-
-Però alla
fine ha prevalso la ragione no? La fase è passata,
è solo
momentanea.. dicono-
-Due anni dopo li ho
rivisti- giro la domanda apposta.
-Davvero?- Leni si fa
già più attenta.
-Davvero! Credimi,
è stato un travaglio riuscire ad andare a quel concerto!-
affermo.
-Perché?-
E, inevitabilmente, i
ricordi prevalgono sul presente.
Guardavo
distrattamente il
sito ufficiale della band,
alla ricerca di qualche novità. Erano chiusi in studio da
ormai un anno,
l’annuncio dell’uscita del disco aveva sorpreso
tutti, soprattutto me. Nella
mia testa rimbombava solo una parola, da un mese a quella parte: concerto,
concerto, concerto. Avevo fatto uscire di senno
le mie amiche con
questa storia, non mi concentravo su altro, il che era grave
considerando ero
al primo anno di università. Saltai sulla sedia notando che,
sulla mia mail,
era arrivato un aggiornamento dalla Loro casa discografica, oggetto? Novità.
Maledissi
più volte la lenta connessione che caratterizzava il mio
paesino di
provincia, l’attesa valse.
Un elenco era davanti
a me, ma non un elenco qualsiasi.
Un elenco di concerti.
Un elenco di date.
Ciò era..
troppo.
Saltai sulla sedia, in
preda a un entusiasmo disarmante. Scorsi tutta la lista
trovando quella che poteva interessarmi: Berlino, 21 marzo.
Presi un respiro
profondo, era gennaio.. tre mesi, solo tre mesi! Cominciai a
sorridere come una stupida davanti allo schermo, rimasi così
per quasi dieci
minuti, poi sentì il mio telefono squillare.
-Pronto?- risposi
ancora in trance.
-Ellie! Ti ricordi
vero che devi venire a pranzare da noi?- mi riscossi
sentendo la voce di mia madre, no.. decisamente l’avevo
dimenticato.
-Certo che me lo
ricordo! Scusa mamma, ho appena finito di studiare per un
esame- mi morsi il labbro, non mi piaceva mentire.
-Fingerò di
crederti. Quando arrivi?- insistette.
-Dieci minuti e
parto!- chiusi di fretta e furia il computer, inviando
poi un messaggio a due mie grandi amiche, oltre che fan del gruppo,
Benedikta e
Rosel.
“Tenetevi
libere per il
primo giorno di primavera (21 marzo, se siete rincoglionite e non ve lo
ricordate).
Dico solo questo:
Loro, Berlino”
Sorridendo presi le chiavi
dell’auto e mi recai a casa
dei miei genitori, distante una mezz’ora dalla capitale, dove
avevo un piccolo
appartamento poco lontano dall’università, che
condividevo con le altre due
ragazze, al momento a lezione.
Inserì un vecchio cd che mi fece compagnia durante tutto il
tragitto.
-Ciao mamma!- salutai dopo aver parcheggiato l’auto sul
vialetto, mentre mi
veniva incontro.
-Ma guarda un po’ chi si vede! Se non fosse per le
telefonate, ti avrei dato
per dispersa!- affermò sarcastica.
-Mamma, sto frequentando l’università e ho degli
ottimi voti, non ho una vita
sociale, quindi non è che mi diverta a stare sempre lontana
da qui!- sbuffai,
senza riuscire a togliere però la
‘smorfia’ stampata sul mio viso.
-Come mai quell’aria allegra?- domandò appena mi
sedetti a tavola. Stavo per
rispondere quando lo squillo del telefono m’interruppe.
-Pronto?- feci.
-Ellieeeeeeeeeeeeeeeeee!- urlarono in coro le due comari, fui
costretta a
allontanare il cellulare dall’orecchio, tanto forte avevano
parlato.
-Si, le orecchie mi servono!- sbuffai ridendo.
-Ovvio! TRE MESI E ANDIAMO AL CONCERTO! ODDIO!- continuarono sempre in
due.
-Lo so! Non vedo l’ora! Appena escono ci procuriamo i
biglietti!-
-Cavolo sì! Ora scusaci- sbuffarono – Dobbiamo
andare, pausa caffè è finita!-
-Non vi preoccupate, buona lezione! Ci vediamo stasera ragazze-
Chiusi la chiamata e notai lo sguardo di disapprovazione di mia madre.
-Concerto.. devo immaginare di chi, giusto?- usò un tono che
proprio non mi piaceva.
-Già, sempre Loro- scrollai le spalle.
-Ellie, hai vent’anni! Non sei più quindicenne!
Dovresti crescere un po’!- mi
ammonì lei.
-Ti sembro infantile, quindi?- domandai innervosendomi, lei
annuì, fissandomi
seria negli occhi.
-Ah capisco. Insomma, vado all’università, ho il
massimo dei voti. Ho un
lavoro, non ti chiedo mai nulla. Non mi sono mai drogata e non sono
neanche
alcolizzata. Non ho mai insultato i miei genitori, né fatto
atti estremi. Ho un
appartamento che mantengo sola. Hai ragione sai? Proprio infantile!- le
sputai
in faccia queste parole, ormai me le tenevo dentro da troppo. Amavo mia
madre,
nonostante trovasse ogni pretesto per venirmi contro, a me e alla mie
passioni.
E ciò non lo sopportavo.
Distolse lo sguardo e andò in cucina, tornando con il
pranzo. Mangiammo così,
in silenzio.
-Ciao eh- borbottai uscendo da quella casa, vedendo l’uscita
come una
liberazione. Non rispose.
Percorsi il vialetto e mi fiondai in auto, rifugiandomi sulla musica,
come
sempre. Arricciai il naso, sentendolo pizzicare, mentre gli occhi si
facevano
pian piano sempre più umidi. Succedeva spesso, troppe volte
tornavo a casa con
gli occhi umidi e l’umore a terra.
Entrai nell’appartamento buttandomi sul divano, ero stremata.
Il buon umore già
se n’era andato, grazie alla mia genitrice.
Presi un disco e lo inserì nella radio, alzando il volume al
massimo. Le note
invasero la mia camera, mi sentivo abbracciata dalla melodia, Lui
cantava che
era al mio fianco. Sarò stata stupida, ma a me sembrava
fosse lì davvero.
-Ellie, che succede?- domandarono le mie due amiche, entrando allarmate
dal
volume così alto e dalla scelta della canzone.
-Hai litigato ancora con tua madre, scommetto- dedusse Benedikta.
-Per il concerto giusto?- continuò Rosel.
-Già! Sempre la solita storia, io non ce la faccio
più! Non capisce quanto Loro
siano importanti per me, cosa la loro musica significa per me! Mi
sembra quasi
non mi conosca! Ormai dovrebbe arrendersi all’evidenza: io
senza quella band di
quattro cretini, come dice lei, non ci sto stare- dissi con voce
tremante.
-Lo so! Insomma, com’è che dici? L’acqua
sta agli umani come Loro stanno a me!-
citò una mia frase, facendomi sorridere.
-Esatto, sono l’acqua, l’aria, il sole, tutto! Mi
sento così.. dipendente! A
volte mi faccio paura da sola, quando cerco sempre informazioni su di
loro! Ma
non ci posso fare nulla, sento che in un modo o nell’altro il
mio destino sarà
legato a loro!-
Mi coinvolsero in un mega abbraccio, c’erano sempre quando
avevo bisogno. Ero
proprio fortunata.
-Su col morale! Con l’approvazione di tua madre o meno, noi
al concerto ci
andremo!- fece la rossa, Rosel.
-Si si, già chiaro!- esclamammo in coro io e
l’altra.
Tre mesi, 79 giorni, 1896 ore,
113760 minuti dopo,
avevamo conquistato la prima fila del Loro concerto, avevamo perso due
lezioni
all’università per accamparci e guadagnarsi
l’agognato posto.
-Ce l’abbiamo fatta- sussurrai guardando di fronte a me, fra
poco quel punto
sarebbe stato coperto da Lui e dalla sua voce.
-Non ci posso credere, l’ho aspettato per.. tutta la vita
questo!!- urlò Rosel.
-A chi lo dici- disse Benedikta.
-Ancora due ore e inizierà.. la serata migliore
della nostra esistenza-
disse la rossa, sarebbe stato dannatamente esatto.
Cantammo, urlammo tutte insieme, per impiegare l’attesa che
ci separava dallo
show.
E anche quell’intervallo terminò. Le luci si
spensero. Silenzio ovunque. Una
voce metallica ci diede il benvenuto lì.
Brividi.
Primi arpeggi di chitarra.
Brividi.
Basso e batteria.
Brividi.
La sua voce, paradiso.
Strinsi le mani alle mie amiche, con lo sguardo puntato
all’insù, era proprio
di fronte a me, in tutta la sua perfetta bellezza.
Dio, sembrava finto da quanto fosse.. così.. indescrivibile.
Ero vicina a lui, lui a me. Però quel poco spazio era
invalicabile, un confine
che non poteva essere distrutto.
Quella consapevolezza fece fottutamente male.
Avevo voglia di piangere, ma ero troppo felice per farlo. Il mio
sguardo era
puntato su quello del cantante.
Fu un attimo.
Lo sentì però, sentì che
l’aveva puntato su di me. Non importa se per un
millesimo di nanosecondo, non importa se non aveva focalizzato la sua
attenzione sulla mia figura, mi bastava sapere che, per poco, ero stata
in quei
bellissimi occhi.
Canzone dopo canzone, urla dopo urla, lacrime trattenute dopo lacrime
trattenute, lo show terminò.
E subito si fece strada quella sensazione di vuoto sotto ai piedi che
percepisci quando qualcosa di importante termina, lasciandoti solo.
Furono sparati i coriandoli, vidi le mie amiche allungarsi per
prenderli, io
invece ero apatica. Immobile. Braccia lungo i fianchi, occhi vacui.
Non potevo definirmi triste, avevo appena passato la serata
più bella di
sempre, però Loro stavano svanendo dietro alla scenografia,
stavano andando via
da me. Soffrivo.
-E’ finita- sussurrò Bene, con tono incantato.
-E’ finita davvero- continuò Rosel, con voce
spezzata.
Mi sentivo debole, terribilmente. Sentivo tutti che spingevano dietro
di me, la
massa di fan che si portava in avanti per raggiungere il palco.
Ero schiacciata fra persone e transenne. Mi tornò in mente
il vecchio concerto,
anni prima.
Mi mancava il respiro, “Breath slowly in and out”,
mi dicevo.
Guardai impotente le mie amiche, messe poco meglio di me.
L’immagine di loro
due che mi chiamavano fu l’ultima che vidi prima
d’essere inghiottita dal buio.
Poi sentì soltanto dolore.
-Certo che è stata
proprio sfortunata!- esclama Leni,
strappandomi dal ricordo di quella serata.
-Oh beh.. punti di vista- risposi io enigmatica, il meglio veniva dopo,
ma quello non l’avevo raccontato a nessuno, se non alle mie
amiche e ai miei
genitori.
-E poi? Insomma, dopo il concerto?- fece curiosa.
-Ho conosciuto l’amore della mia vita, non ho dimenticato
Lui, mai! Però ho
conosciuto un tipo d’amore diverso- indico la fede
all’anulare.
-Sa prof? Non avrei mai immaginato la sua vita fosse così..-
-Animata?- concludo io per lei, che annuisce.
-Eh Leni, hai ancora tredici anni, vedrai che la tua non
sarà da meno!- mi
sorride, mostrando una schiera di denti bianchi coperti
dall’apparecchio.
-Ma scusi, e suo marito com’è? A scuola non si
è mai visto!- curiosa,
ovviamente.
Ha ragione, mio marito è una figura alquanto misteriosa, ho
i miei motivi.
-Mio marito è.. semplicemente perfetto- sono sicura i miei
occhi siano quasi a
forma di cuore, sempre quando parlo di Lui, brillano di amore puro.
-E’ ancora fan del gruppo? Si sente ancora in giro? Magari lo
conosco!-
certamente lo conosce, è uno dei più famosi a
livello europeo, da anni ormai.
-Sono fan, non come una volta, non ho più poster in camera.
Però la loro musica
c’è sempre! L’ha detto lui, la
sua musica non si estinguerà mai-
Vedo che vorrebbe chiedermi altro, sapere di più, la
campanella però la frena,
così è costretta a tornare in classe.
Alle tre posso finalmente tornare a
casa, la giornata
non è stata particolarmente faticosa, sono i ricordi ad
avermi particolarmente
stancata, soprattutto quelli della sera del concerto,
la parte più bella
Leni l’ha persa, quella che ha fatto diventare la mia vita
degna da favola, per
una notte.
Sola in auto, tornai coi pensieri a
quella serata.
Il mio corpo era tutto intorpidito,
a fatica aprì gli
occhi, sentendo le palpebre pesanti come macigni. La luce mi
accecò
momentaneamente, non riconoscevo il posto in cui mi trovavo. Notai il
mio
braccio fasciato e l’ambiente bianco. Ospedale.
Due figure erano sedute sul lato della camera, che parlottavano fra
loro,
riconobbi le mie amiche, avevano l’aspetto molto provato.
-R-ragazze- dissi a fatica, sentendo la gola secca.
-Ellie ti sei svegliata! Oddio come stai? Tutto bene? Ti serve
qualcosa?- mi
aggredirono tutte e due di domande, mentre mi sentivo sempre
più confusa.
-No.. tutto okay, credo- mi alzai un po’ dal lettino per
capire la situazione,
niente dolori sospetti.
-Ti ricordi che è successo?- domandò Benedikta
fissandomi negli occhi.
-Io.. arrivo fino alla fine del concerto.. dei coriandoli, poi
è tutto..
incasinato- scrollai le spalle. –Che mi è
capitato?-
-Spingevano, probabilmente eri debole perché hai mangiato
poco, così sei caduta
e beh.. sei rimasta sopraffatta dalle fan, sei rimasta giù e
ti sei rotta un
braccio, per fortuna poi hanno chiamato la security e la situazione si
è
calmata e siamo riuscite a tirarti su.. altrimenti non voglio pensare a
cosa
sarebbe accaduto!- avvertì la sua preoccupazione nella voce.
-Tranquilla, sono ancora tutta intera!- la rassicurai sorridendo.
-E voi? Sembrate.. scosse! Troppo per.. beh questo incidente,
poiché non mi
sono fatta nulla!- affermai.
-C’è dell’altro.. sì! Capirai
tutto fra poco- si muovevano nervose, lasciandosi
occhiate complici.
-Mi spaventate così!-
-Non avere paura! Noi usciamo un secondo, dobbiamo chiedere al primario
quando
ti dimettono-
Sparirono così, senza lasciarmi replicare. Sbuffai, cercando
di vedere la mia
immagine sullo specchio del comodino.
Ero.. terribile! I capelli ricci erano tutti per aria, il mascara era
colato
lungo le guance, il mio colorito era più pallido del solito,
tranne per le
guance colorate di rosso, gli occhi verdi erano spenti. Un fantasma
insomma.
Notai la mia borsa sulla sedia di fianco al letto, allungai una mano e
estrassi
da essa la macchina fotografica. Me l’ero regalata per il
concerto, volevo fare
belle foto, e ci ero riuscita. Sullo schermo passavano le immagini
della band e
di Lui, che guardavo incantata, talmente persa nel suo viso che non mi
accorsi
dell’entrata di un individuo nella camera.
-Ehi?- sentì la voce di qualcuno e alzai la testa di scatto,
trovando davanti a
me una figura alta, magra, coperta da un paio d’occhiali da
sole e cappello.
Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata,
nonostante fosse mascherato..
l’aveva riconosciuto.
Lui. La macchina che registrava il battito del mio cuore
cominciò a emettere
suoni più acuti, batteva forte.
Abbassai subito lo sguardo, credevo fosse un effetto degli
antidolorifici, una
visione. Sentì che si sfilava qualcosa, mentre io rimanevo
con lo sguardo fisso
alla macchinetta, che mostrava una foto in primo piano del cantante,
che
inforcava il microfono con sicurezza e guardava la folla con amore.
C’era un silenzio innaturale in quei pochi metri quadrati.
Quando sogni qualcosa per.. tutta la vita, al momento della sua
realizzazione
tutto ti sembra tranne che vero. Illusione, come se l’avesse
prodotto la mia
mente, non poteva essere lì. Non poteva essere lì
con me. Non poteva essere lì per
me.
-Perché non mi guardi?- domandò con quella voce
dolce e calda che mi faceva..
impazzire.
-Mh, dovrei guardarti?- feci io di risposta, con voce lieve.
-Perché ieri sera non ti ho vista bene-
Se prima il mio cuore andava forte, ora rischiava di fermarsi dallo
stupore.
-Ci credo, eravamo in migliaia- sbuffai piano, alzando lo sguardo.
Era seduto sul letto, accanto a me. Il mio corpo avvertiva la sua
presenza,
sentivo caldo.
I suoi occhi.. oddio. Da vicino erano troppo, non riuscivo a reggere!
Non avevo
mai amato quel colore, ma su di Lui tutto acquisiva perfezione.
-Come.. come mai sei qui?- domandai, anche se la voce uscì
quasi inudibile.
-Perché.. ho saputo cos’è successo al
concerto di ieri.. sei stata quasi schiacciata
dalle fan!- gesticolava velocemente con le mani, nervoso –ed
è solo colpa mia,
nostra! Potevi esserti fatta veramente male, non volevo succedesse
qualcosa,
perciò sono voluto venire qui personalmente-
-Non hai dovuto rinunciare a nulla vero? Insomma.. non voglio creare
casini!
Soprattutto visto che.. beh sono solo una ragazza fra le migliaia che
vi
seguono- continuai, con lui usciva tutta la mia insicurezza.
-No, siamo a Berlino per due giorni, niente rimandato. E, anche se
fosse, direi
non mi perdo nulla-
-Che intendi?- lo guardai curiosa, la situazione era troppo irreale!
-Nulla, sei.. curiosa! Ho parlato anche con le tue amiche prima, mi
hanno detto
qualcosa di te!-
-Devo preoccuparmi?- esclamai, facendolo ridere.
La sua risata, no. Inutile cercare parole per descriverla.
-No, hanno detto solo cose belle- sorrise.
-Chi l’avrebbe immaginato, sono dovuto quasi morire per
incontrarti- sussurrai
fra me e me, accorgendomi troppo tardi m’avesse sentito.
-Meglio tardi che mai!- pronunciò caldo.
-Non riesco a credere che tu sia qui, sembra una favola! Non la vita,
è troppo
strana questa cosa, non è possibile mi stia succedendo
davvero! Tu sei qui.. e
io sono orribile e intrappolata in ospedale! Io.. uffa!- mormorai
concitatamente.
-Deduco non ti dispiaccia la mia presenza-
Inarcai un sopracciglio, mi dispiaceva? Assolutamente no.
-Non mi fa bene averti qui, però- chiusi gli occhi,
respirando lentamente,
quando gli aprì notai il suo sguardo interrogativo.
-Tornerai ai tuoi impegni, archivierai questa conversazione,
dimenticandomi. Io
no, quest’incontro avrà ripercussioni su tutta la
mia vita-
-Non penso mi dimenticherò di te, sai?-
-Cosa? Perché?-
-I tuoi occhi sono graziosi, belli. Mi piacciono, e mi stai simpatica-
arricciò
gli angoli della bocca all’insù.
-Che tu mi piaccia penso sia.. sottointeso-
-L’avevo intuito-
Ridacchiammo insieme, mentre mi beavo di ogni secondo della sua
presenza.
-Ora devo uscire un attimo, mio fratello vuole che lo chiami-
annuì, era
terribilmente surreale: stavo parlando in modo confidenziale con il mio
amore
platonico.
Rimasta sola sprofondai con la testa sul cuscino, stava davvero
succedendo a
me?
Ero caduta nel sonno, non mi ero
neanche accorta. Mi
sveglia e l’ultima immagine che mi rimandava la mia mente era
la sua che
sorrideva e agitava la mano mentre usciva dalla porta. Mi
balenò l’idea fosse
una visione, nuovamente, però sentì il suo
profumo che ancora alleggiava nella
stanza.
Aveva detto sarebbe tornato.. invece non c’era.
Sentì subito la delusione, e amarezza. Preferivo non averlo
mai incontrato,
quei dieci minuti con lui avrebbero sconvolto la mia vita, e non poco!
Mi girai sul letto cercando di prendere il mio cellulare e leggere
l’ora, sulla
borsa vidi un bigliettino attaccato.
“Stavi
dormendo quando
sono tornato, non volevo svegliarti, sei bella quando dormi (;
Ah, anche quando sei sveglia, comunque.
Ti lascio il mio numero, aspetto una tua chiamata il primo possibile! B.”
Quante volte mi diedi della stupida
per aver pensato
se ne fosse andato così, senza dire una parola? Tante,
parecchie, troppe. Con
le mani tremanti aggiunsi un nuovo numero in rubrica: lui.
Eccomi tornata a casa, dopo aver
rivangato tutti quei
ricordi piacevoli. Percorro il vialetto e penso a quanto sia stata
fortunata.
La mia vita, da quel momento, si è rivelata sempre
più perfetta.
Entro in casa, congedo la tata, che mi lascia un sorriso misterioso, e
vado in
camera di mia figlia. La bocca s’incurva
all’insù vedendola dormire così
placidamente. –Ehi, sogni d’oro piccola Ambra- le
accarezzo una guancia paffuta
e passo una mano fra i suoi boccoli biondi, come quelli del padre.
Sospiro, pensando a Lui. Chissà dov’è
ora, doveva tornare tre giorni fa ma
aveva rinviato il rientro, con mio sonno dispiacere.
Lascio la piccola nella culla e mi reco in stanza da letto, appena
entrata
chiudo gli occhi e mi tuffo sulle coperte.
Sento qualcosa muoversi nella stanza, ma non ci faccio particolarmente
caso, le
finestre sono aperte.. sarà il vento.
-Non si saluta più piccola?-
A quella voce istintivamente spalanco gli occhi e mi tiro su, mentre il
mio
cuore batte all’impazzata. Stesso effetto da nove anni,
anzi.. stesso effetto
da quando, di anni, ne avevo quindici.
Mi butto fra le sue braccia, così magre ma che mi fanno
sentire a casa.
Mi alzo sulle punto e unisco le mie labbra con le sue, rabbrividendo
sentendo
il piercing sulla mia lingua.
-Mi sei mancato terribilmente- sussurro una volta staccata dal
contatto.
-Anche tu! Volevo farti una sorpresa, ho un mese di pausa-
Sorrido perdendomi in quel viso così sublime ai miei occhi.
-Sai? Oggi a scuola è saltato fuori l’argomento
dell’amore platonico, una mia
alunna si è innamorata di un cantante! È stato
strano parlare con lei, mi
sembrava d’aver avanti la copia di me stessa! Spero le
succeda lo stesso che è
successo a noi. Trovare l’amore-
-Ti amo Ellie, sai?- dice piano, sul mio orecchio,
quasi fosse un
segreto.
-Io di più, superstar- ricambio, cercando di far trasparire
tutto ciò che
provo.
Lui è la mia aria, la mia acqua, il mio tutto.
Mai avrei pensato di vivere con la
versione
tridimensionale del poster appeso in camera mia. Si, la vita
è imprevedibile.
Con me è stata buona.
L’ho amato quando ancora di lui conoscevo poco, ho amato la
sua musica, il suo
modo d’apparire.
Poi ho avuto la fortuna immensa di conoscerlo, quasi sono morta per
riuscirci.
Da quando mi ha dato il suo numero di telefono tutto è stato
un crescendo,
messaggi, uscite, alla fine beh.. ho amato anche lui,
quello che ho
imparato a conoscerlo.
E lui? Lui ha imparato ad amare me.
So nella mia vita non ci sarà posto per nessun altro,
perché dopo di lui
viene niente.
Lui
è semplicemente il
sole, io la luna. Nella sua ombra, io risplendo.
* *
* *
Spero abbiate apprezzato, fatemi sapere!
Anna