Serie TV > Supernatural
Ricorda la storia  |      
Autore: Nenredhel    11/05/2011    2 recensioni
Un angelo è una creatura eterna, perfetta, perfettamente in pace perchè non può sentire nulla. Ma è proprio vero che non può sentire nulla? Forse vale la pena di rinunciare all'eternità, per avere il tocco di un istante...
Crossover City of Angels/Supernatural, scritta per il Festival del Crossover di Destiel Italia
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nuova pagina 1

Titolo: I'd Give up Forever to Touch You
Autore: Nenredhel
Fandom: City of Angel/Supernatural
Pairing/Personaggi: City of Angel!AU, Angel!Castiel/Doctor!Dean
Rating: G
Chapter: 1/1
Beta: Geneviev
Words: 1346
Genere: malinconico, romantico 
Warning: Slash 
Summary: Un angelo è una creatura eterna, perfetta, perfettamente in pace perchè non può sentire nulla. Ma è proprio vero che non può sentire nulla? Forse vale la pena di rinunciare all'eternità, per avere il tocco di un istante...
Note: Mmh... Questa fic è innanzi tutto molto breve per i miei standard e... non so perchè, mi è uscita con una struttura un po' strana. Spero che possa piacervi lo stesso!

La fic è stata scritta per il Festival del Crossover di Destiel Italia
 
DISCLAIMER:  Purtroppo nè Dean nè Castiel mi appartengono ancora, e non sono nemmeno lontanamente in mio possesso nemmeno i personaggi di City of Angel. Quindi non posseggo proprio niente di niente! E in più, nessuno mi paga nemmeno per scrivere tutte queste cazzate!

 

 

 

I’d Give up Forever to Touch You

 

 

Il vento gli fischia nelle orecchie, veloce come un proiettile vagante, gli accarezza il viso con mano fin troppo ferma e passa dita rudi fra i suoi corti capelli castani, facendo svolazzare le falde del suo lungo soprabito nero, donandogli le ali di un enorme pipistrello. Ma lui non può sentirlo, non può sentire niente.

Eppure, ha sentito lui.

Mi hai guardato in faccia, dritto negli occhi, e improvvisamente non ero più un’ignota e invisibile forza celeste, ma un individuo, una persona proprio come te.

Le tue mani erano avvolte intorno al cuore di quell’uomo, pompando per lui senza mai smettere di lottare per ridargli la vita.

Poi, i tuoi occhi verdi si sono alzati.

E hanno guardato dritto nei miei.

Era uno sguardo fiero, determinato, quasi arrabbiato. Mi stavi dicendo che non lo avresti lasciato andare. Mi stavi urlando di levare le tende perché non potevo prendermi quell’uomo, non quello. Perché quello era il tuo paziente e tu non lo avresti lasciato morire, non mentre tenevi le dita avvolte intorno al cuore che gli avevi appena riparato. Era uno sguardo tanto disperato quanto forte, e lo stavi rivolgendo proprio a me.

Sono stati i tuoi occhi a conferirmi una nuova identità.

No, non è esatto, sono stati i tuoi occhi a conferirmi l’identità che non avevo mai avuto. Forse, allora non me ne resi conto, ma mentre camminavo fra gli scaffali di un piccolo supermercato, raccontando a mio fratello Seth quello che mi era successo, non ero già più uno di loro.

Un angelo non può avere un’identità distinta, non può amare un uomo più di un altro, non può amare come amano gli uomini. Un angelo sente la musica di Dio all’alba, e nient’altro.

Ma io, il tuo sguardo lo avevo sentito.

Gli sembra di sentire i rumori della città, intorno a sè, farsi più forti e vicini. Se sollevasse le palpebre potrebbe perfino vedere quei rumori. I palazzi, con le loro finestre come occhi ciechi aperti sul mondo, le strade e le macchine che portano le persone attraverso la vita.

Ma non vuole guardare: è stato un osservatore per troppo tempo. Adesso vuole toccare.

Sono stato vicino a persone che soffrivano per tutta la mia esistenza. Le ho toccate, e lo sfiorare della mia mano ha portato loro pace, nonostante io non potessi percepire la sensazione della loro pelle sotto le dita.

L’ho fatto per centinaia, migliaia di anni: vedevo il loro dolore, e lo portavo via. Forse non lo capivo ma non aveva importanza, il mio ruolo era essere lì, invisibile spugna a mondare l’anima da tutte le macchie di quella pena.

Eppure quella volta, quando ti seguii sulle scale, quando ti vidi prendere a pugni il muro cercando una sofferenza diversa con il quale distrarre il tuo cuore. Quando ti spiai, accasciarti su quei gradini e afferrarti i corti capelli castani, stringendoli in pugni serrati da un dolore rabbioso, mentre i tuoi occhi ciechi guardavano attraverso di me: volevo poter sentire sulle dita il calore divorante di quell’unica lacrima che ti solcò il viso, scavando un solco rovente d’ira impotente attraverso la sofferenza.

Quanto avrei voluto poterne assaporare il gusto… come dicono gli uomini? Salato, o forse amaro.

E’ un viaggio breve attraverso l’aria, così direbbero alcuni, ma sono quelli che aspettano alla fine del percorso, a dire così, o quelli che sono ancora all’inizio e non hanno il coraggio o la voglia di partire.

Il tempo di restare sospeso tra i ricordi e una decisione già presa è invece dilatato e compresso, per una creatura che esiste da miliardi di anni. Una creatura esistita senza sapere davvero cosa sia, questa strana cosa cui gli uomini hanno dato un nome così semplice da suonare banale. Vita.

Ostriche con quel loro forte sapore di mare e quel loro leggero sapore metallico. Che sapore ha un’ostrica? Che sapore ha una pera per te? Mentre ti guardavo ridere di quella mia domanda tanto sciocca quanto ingenua, capivo che forse non mi interessava più sapere che sapore avesse un frutto per me, se potevo sapere qual’era il gusto che sentivi tu. Si può vivere attraverso gli occhi di un’altra persona?

Che sapore aveva quella lacrima versata da solo sulla scala dell’ospedale in cui lottavi contro la morte, contro un potere che forse tu hai visto solamente quando hai guardato, senza saperlo, nei miei occhi?

Che sapore avevano le tue labbra in quel parco?

Come faccio a continuare la mia esistenza senza poterlo sapere? Senza venire a conoscere qual è il gusto che ha la tua pelle per me? Guardo le mie mani e mi sembrano così inutili, ora che non possono avere te.

C’è tanta bellezza quassù, così tanta che forse un cuore umano non potrebbe reggerla, ma può il cuore di un angelo reggere quello che vedo ogni volta che guardo oltre gli specchi verdi dei tuoi occhi?

Così fragile, così breve che mi sembri ardere disperatamente consumando i tuoi giorni ad una velocità forsennata. Voglio sentire il tuo fuoco bruciarmi l’anima.

L’aria si fa più calda, perfino il suo odore è cambiato: sa di vita e di morte e di tante altre cose date per scontate ogni giorno. Ma i suoi occhi restano ancora chiusi: c’è ancora qualcosa da ricordare, c’è ancora qualcosa depositato sul fondo del cuore di un angelo che ha decretato l’inizio di quel viaggio verso il nulla, verso il tutto.

Non potevo sentire il tuo coltello tagliarmi, ma sentivo molto bene la tua paura, lo sgomento e la confusione che con tanta abilità tramutavi in rabbia. E’ crudele questa pelle di angelo che non mi permette di farti una carezza, ma di farti male sì.

Svanire non poteva servire, non potevo più tornare lassù ad ascoltare la musica di Dio. Era te che volevo sentire, con tutto quel corpo di angelo che mi appariva così dannatamente inutile.

Hai sussurrato il mio nome nell’ombra di un temporale, ed io ero al tuo fianco. Castiel… una parola non mi era mai sembrata così importante. Per un secondo, è stato come se la tua voce potesse davvero toccarmi.

Ero dietro di te, sfioravo le tue larghe spalle nude di uomo, accarezzavo la tua schiena ampia, e ritta di un orgoglio che avevi già gettato via per pronunciare quelle poche sillabe. Potevo avvertire la tua solitudine e, per una volta, non ero l’unico a soffrire per la mancanza di una vera carezza.

Mi percepivi sulla tua pelle, avvertivi le mie braccia cingerti e tenerti stretto mentre giacevi a letto con gli occhi spalancati in un tormento che non aveva nome. In che punto di questa storia ci siamo scambiati i ruoli? In che punto hai iniziato ad amarmi abbastanza da lasciare che il mio nome indugiasse sulle tue labbra come un sapore non ancora scoperto? Ancora e ancora e ancora... Ora puoi sentire come sente un angelo? La fitta di un desiderio doloroso al centro del petto, il desiderio di essere lì davvero e stringerti, sentirti realmente con ogni centimetro della mia pelle, contro di me, intorno a me, dentro di me.

Dean Winchester. Dean. Il tuo nome era già sulle mie labbra, nella mia anima, in ogni centimetro di pelle che ancora non poteva sentirti. Ti voglio Dean, ti voglio per me, più di quanto io possa volere l’eternità, o lo splendore infinito della voce di Dio nella luce dell’alba.

Finalmente riapre gli occhi l’angelo, quei profondi occhi blu che hanno visto Dio, e l’inizio del tempo, e l’interno delle stelle, ma che si sono fermati quando hanno incontrato il verde acceso di uno sguardo umano.

La terra è lì, pronta ad abbracciarlo e ora che il viaggio è finito, i ricordi ultimati e la decisione presa con un sorriso irrevocabile, infine qualcosa nel suo cuore immortale si muove. E’ paura. La prima delle sue emozioni umane gli da il benvenuto, giusto il tempo di scuotergli l’anima e svanire, lasciando il posto all’unica cosa davvero importante: sono solo quattro lettere nella lingua degli uomini, valgono più di un’eternità nella lingua degli angeli.

E la vita, è solo qualche centimetro davanti a lui.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Nenredhel