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Autore: Karyon    12/05/2011    0 recensioni
[Jesus Christ Superstar]
Oh, cosa aveva fatto?
Oh, cosa doveva fare? Dio, aiutami, aiutami, è davvero tuo figlio?
Partecipa al "The Fandom Show" del Collection of Starlight
Classificata "Migliore Storia" al "Multifandom Oscar" Contest di Dark Aeris.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Campagna per il “The Fandom Show” : 
Quando il fandom ti chiama non puoi non rispondere! 
Fandom Show, è un' idea del «Collection of Starlight», said Mr Fanfiction Contest, «since 01.06.08». 
Progetto di immane casino in cui scrivere storie con tipologia, personaggi, warnings, rating, genere totalmente a caso. 
Follia pura ♥ Partecipate!    
  
Titolo: I only want to know.
Fandom: Jesus Christ Superstar.
Genere: Storico, Nonsense.
Warnings: What if…?, slash, antagonista, descrizione di una pietanza.
Rating: Giallo.
NdA: Chiedo davvero venia. Voglio solo dire che tutti I warnings/generi/rating sono casuali per il progetto di cui sopra; spero di aver trattato l’argomento con la dovuta delicatezza (pur trattandosi di una slash che comunque non mi spiace). Il titolo è tratto da “Superstar” dello stesso musical.
 
I only want to know
«You sad, pathetic man,
see where you've brought us to, 
Our ideals die around us

and all because of you».
 
The Last Supper – Jesus Christ Superstar 
 
I rami dei grossi ulivi ondeggiavano al vento tiepido della sera, mentre le foglie lasciavano trasparire i raggi del sole tramontante all’orizzonte.
Sul prato verdeggiante, larghi tessuti chiari accoglievano loro – tutti e dodici – intenti ad ascoltare le parole di Gesù, quelle parole che comprendevano solo in parte, come se il loro significato più recondito si dissolvesse nel cielo che vibrava verso l’oscurità.
Giuda guardò quelle mani sottili, in qualche modo delicate – spezzettare del semplice pane bianco e versare del vino rosso in ogni bicchiere, come a centellinare dei gesti assoluti ed eterni, impressi a fuoco nella mente.
«Questo vino potrebbe essere il mio sangue…»
Parole strane, quelle di Gesù, che si accompagnavano al comportamento inusuale di quegli ultimi giorni.
Tuttavia Giuda era con lui, era ancora con lui, nella speranza che tutto cambiasse, che tutto potesse ricominciare un’altra volta.
«Questo pane potrebbe essere il mio corpo…»
Giuda schiuse le labbra ad assaggiare il pane, ma a quelle nuove parole si fermò: sentiva come un brivido, su per la schiena, un tarlo nella mente che lo corrodeva dall’interno, oscuro e misterioso come la sera che stava per accoglierli.
Ne fu certo, sconvolto, quando Gesù mostrò tutta la sua rabbia e la sua eccezionalità, qualche minuto più tardi, prevedendo il rinnego di Pietro e, sì, persino il suo tradimento.
Non capiva che lo tradiva perché lo amava?
Giuda non ricordo nemmeno quando i suoi muscoli risposero a quell’istinto, però si vide in piedi a gridargli tutta la sua frustrazione, mentre Gesù semplicemente lo respingeva.
Lo odiava, lo odiava perché non capiva e perché si allontanava ogni giorno di più; lo odiava perché tutto quel parlare di Paradiso non era da lui, perché tutto si era deteriorato strada facendo.
E lo amava di un amore puro e totale, di quell’amore che lo riempiva al punto si soffocare; avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, qualsiasi, se solo lo avesse chiesto.
Però lui non lo faceva, si era elevato verso Dio, quel Dio di cui tutti parlavano, e che lo aveva portato lontano da loro – da lui – quasi senza che se ne accorgesse.
Gli mancava, quel Gesù uomo.
Cercò di mettere tutto quello e di più, molto di più, in quel «Te lo meriti!», per poi scappare verso l’interno dell’uliveto.
Sentiva il cuore battergli in petto come una mandria di pecore smarrite, il sangue pompare furiosamente nella speranza di portare un po’ di ossigeno ai polmoni prosciugati; aveva la gola e il palato secchi di arsura e gli occhi inquieti, che si spostavano da una parte all’altra del panorama, così ampio e libero, eppure senza uscita.
Oh, cosa aveva fatto?
Oh, cosa doveva fare? Dio, aiutami, aiutami, è davvero tuo figlio?
Mentre inspirava profondamente quell’aria fresca che non gli recava alcun sollievo, Giuda sentì i fili d’erba piegarsi docilmente al passaggio.
Lo avvertì, più che vederlo, perché il suo arrivo portava con sé un’aura di serenità quasi trascendentale che, in quel momento, urtava contro la sua irrequietudine.
Di solito si faceva cullare da quell’irreale calma, tutti loro si facevano avvolgere da quel manto di sacrale inviolabilità che sembrava trasudare.
Tuttavia, ora, quella sensazione era solo fastidiosa e irritante.
Lui si sentiva in colpa, peggio, era confuso: la sua mente sembrava vagare alla deriva di un mare nero, quando solo una mano amica poteva riportarlo a riva.
Quante brutte cose gli disse, nonostante ci credesse davvero dal profondo del cuore: come un logoro straccio, così aveva detto.
Giuda era ancora convinto, dopo tutto, che la colpa fosse anche e soprattutto sua.
Non doveva lasciarsi prendere, non doveva lasciarsi trascinare da quel mondo che lui stesso aveva contribuito a creare; Gesù parlava di disegni, di cose già scritte, di destini, ma per lui era solo un uomo, un uomo che sfidava forze troppo grandi.
Giuda, nel suo egoismo, voleva solo che vivesse per averlo accanto ancora per un po’.
Anche Gesù gridò e questo lo colpì più di ogni altra cosa; si scontravano spesso in quell’ultimo periodo, ma vederlo così furioso contro di lui lo spaventava e lo scuoteva fino all’anima.
L’aria spessa sembrava carica di sensazioni impercettibili, tra le quali però filtrava la delusione… gliela vedeva negli occhi e nei gesti così diversi dal solito e ne soffriva, come una coltellata al cuore.
«Sarebbe stato così diverso, se solo lo avessi programmato…» gli disse alla fine, sfiorandogli timorosamente la guancia con due dita.
Quando vide che Gesù non si spostava – nonostante tutto non sembrava respingerlo, non più, perché, perché lo faceva? – Giuda gli si avvicinò di qualche passo e posò l’intero palmo su quella porzione di pelle sottile e liscia, che tante volte aveva baciato.
«Perché?» Gli sussurrò solo, u solo sussurro lacerato dai singhiozzi e dalle lacrime che gli pizzicavano le palpebre.
Gesù non abbassò lo sguardo, si limitò a trafiggerlo con quegli occhi così chiari, quasi trasparenti, per un lungo attimo silenzioso.
Sembrò passare un ‘eternità, nella quale entrambi potevano – forse – ascoltare i battiti del cuore di Giuda, ancora impazzito, ancora folle di dubbi.
Gesù sembrò sospirare brevemente, quando poi disse «Un giorno saprai, un giorno…»
Il cuore si fermò.
Il vento arrivò a spazzare campi e fogliame, mentre Giuda pensò di aver smesso di respirare proprio in quell’istante: quelle parole erano una conferma, erano una condanna.
Erano come una carezza leggera e sussurrata sulla pelle, eppure gli trafissero il corpo come mille lance: Gesù non gli avrebbe parlato e la sua mente annegò in una ragnatela fatta di inganno, paura e rabbia.
Tremando, fece un altro passo e posò le labbra sulle sue guance, soffermandovisi a lungo ad occhi chiusi: sapeva che quello era l’ultimo e unico istante d’intimità che gli era concesso, l’ultimo istante per vedere Gesù così da vicino, libero.
Senza una parola si allontanò a passi malfermi, poi cominciò a correre e correre, mescolandosi ad un gregge di pecore impazzite, sentendo ancora il suo sguardo su di sé.
Uno sguardo, l’ultimo.
 
 
 
 
 
   
 
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