Poi mi è passato di mente, perso nel guazzabuglio di strani dettagli che andava a comporre “l'enigma di me”. Però la battuta è lì. Sissel è uno che non lascia morire una povera ragazza, capito?
La sua cicatrice di quel giorno
Il gatto strusciò il muso contro il palmo della mano che sporgeva dal letto, lasciandosi accarezzare dal peso delle sue dita. Per quanto si affannasse a spingerla con piccoli colpi di naso, quella restava fredda e inerte.
“Sissel”, miagolava l'uomo alle sue spalle. “Sissel. Sono arrivato tardi. Sissel, perdonami...”
Il gatto – Sissel, da quel momento in poi, perché non era un nome che l'uomo fosse pronto a lasciar andare – sedette di fronte al cadavere, immobile. Il dolore gravava ancora nell'aria: lo sentiva impregnare la stanza fino a fargli rizzare il pelo sulla schiena. Era un dolore che un gatto potesse sentire, ma non capire. Era un dolore umano. Aveva spezzato la donna, affogandola e scavandola fino a farle cercare come ultimo appiglio la pistola che stringeva ancora in mano, e stava facendo lo stesso con il suo compagno. Sopportò quel peso per entrambi, lasciandosi sfuggire un'unica truce sferzata di coda. Era tutto troppo sbagliato. E umano.
Mai più, promise a se stesso, e non importava che fosse solo un gatto, che non avesse avuto alcun mezzo per prevenire la tragedia o che non rimanesse più nessuno al loro fianco da salvare. Mai più, si impresse a fuoco nella mente. Mai più.
“Perbacco, Sissel”, mi sono detta a posteriori, “da dove t'è uscita quella? Con quante ragazze hai avuto a che fare da vivo, sciupafìmmine che non sei altro con quel musetto tirabaci?” E in effetti una c'è stata... una così importante (per Yomiel e, di riflesso, per lui) da potergli lasciare un'impressione residua nonostante la perdita della memoria. Probabilmente la frase è nello script per sviare o a caso, ma inquadrata così mi convince già di più! (e poi... cose a caso? Nel mio Shu Takumi? Giammai!)