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Autore: RosaBuo    12/05/2011    12 recensioni
Comet, una stella? Non una qualsiasi, Comet era il suo nome ed era destinata a brillare, gliel'aveva detto suo padre, ma non ci aveva 'veramente' creduto fin quando non aveva incontrato un paio di sconosciuti, ma bellissimi occhi azzurri...
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jared Leto, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Premessa
I 30 Seconds To Mars non mi appartengono, come tutti gli altri personaggi noti o famosi citati.
 
Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.

Non c'è molto da dire. Mi è venuta l'ispirazione ieri per questa storia. In realtà volevo fosse una One Shot ma poi mi sono venute troppe idee scrivendo con la voce di Jared nelle orecchie e quindi ho deciso di scriverne una storia in capitoli. Spero vi piaccia e che non vi deluda! I testi delle canzoni e le canzoni stesse sono tutti pezzi di Alexz Johnson, la protagonista di un vecchio telefilm che si intitolava Instant Star (forse qualcuno lo vedeva), ci avevo scritto una storia tempo fa che volevo riadattare inserendoci i 30 Seconds To Mars, ma è veramente brutta quindi ho deciso di inserire i testi di lei qui e ispirarmi a quelle parole e ho scritto cose nuove.


Detto questo. Buona lettura.

I Don't Know If I Should Stay

Quella volta l'aveva fatta grossa, forse sua madre l'avrebbe cacciata di casa una volta per tutte, finalmente. Tanto neanche ci sarebbe tornata, era troppo lontana ormai per tornare in quella casa. Aveva 20 anni e aveva deciso di prendere la sua strada e di fare quello che voleva della sua vita. Su quel treno aveva la sua bella musica che suonava alta dalle sue cuffie e il suo bel quadernino lì fra le mani; quello in cui scriveva i suoi testi. Tutto quello di cui aveva bisogno era quel quaderno, la sua chitarra che non sapeva poi suonare tanto bene e il caos danzante che viveva dentro di lei. La sua collezione di dischi gliel'avrebbe spedita poi il suo amico fidato, Gram.

I ran to you like water
I threw my body in
And I'll stand up on the ocean
Just to show you that I am strong, strong
But what if I am wrong ?


La pioggia e la sua testa poggiata al finestrino di quel vagone semivuoto che la stava portando in California le stavano ispirando un testo. Ma forse sarebbe meglio partire dall'inizio.

I suoi genitori avevano divorziato quando lei aveva otto anni; il giorno del suo compleanno. Da allora non aveva più voluto feste, torte, nè regali, candeline o desideri da esprimere; i suoi desideri non si sarebbero mai avverati.
E poi lei desiderava solo avere più attenzione da un padre che era troppo lontano per starle vicino e da una madre distratta che pensava solo al suo lavoro e cercava di continuare a vivere i suoi sogni attraverso sua figlia, costringendola a vivere la vita che voleva continuare a vivere lei stessa.
Tutto quello che aveva fatto da quel giorno era stato cercare di attirare l'attenzione, certo l'aveva attirata, ma nel modo sbagliato. A dieci anni si era fatta cacciare da scuola, e quello era solo l'inizio; era poi stata cacciata da quasi tutte le scuole che aveva frequentato negli anni successivi. Non che non le piacesse studiare, anzi, aveva anche voti altissimi e le piaceva conoscere tante cose, leggeva molto di più di quanto possa leggere qualsiasi adolescente e adorava la letteratura, era il contorno che faceva sì che venisse sbattuta fuori almeno una volta all'anno.  A dodici anni aveva fumato la prima sigaretta facendosi scoprire di proposito da sua madre che, nervosa, avrebbe chiamato suo padre e si sarebbero rivisti, pur se in malo modo ma sarebbero stati insieme di nuovo almeno per qualche ora.  Negli anni che seguirono le cose non migliorarono per niente, anzi, sua madre dava la colpa ai dischi, dava la colpa a Kurt Cobain, a Jim Morrison e a Linda Perry, dava la colpa alla musica che suo padre le aveva lasciato.  Alla musica e alla chitarra che lui le aveva lasciato prima di andare via.
"Questi ti insegneranno quello che non potrò insegnarti io nei prossimi anni. Giura che non te ne liberari e che non lascerai a nessuno di tarparti le ali; tu sarai qualcuno bambina mia", gliel'aveva detto quel 14 Aprile del 1998, un attimo prima di entrare su quel taxi che l'avrebbe portato via per sempre. Non dev'essere stato facile spiegare a una bambina di otto anni che suo padre non avrebbe più vissuto con lei e con la mamma. Era andato via, ma le lasciava la cosa più importante che aveva mai avuto, la sua collezione personale di musica compresa la gibson del '78 autografata da decine di artisti.
Sua madre odiava quei dischi, quei dischi che non facevano altro che far diventare sua figlia sempre più uguale al suo ex marito. Erano uguali, avevano lo stesso sguardo ribelle, lo sguardo di chi -non ci sta-, padre e figlia si distunguevano per quella loro timida follia che li rendeva quasi unici e sua madre lo sapeva, daltronde era per quello che aveva sposato quell'uomo e quella ragazzina glielo ricordava troppo.
Lei, Comet, così si chiamava perchè suo padre adorava le stelle e perchè lui e sua madre da giovani erano scappati via per sposarsi a bordo di una Comet, e lei era incinta!
Comet era anche la sua tag, la firma che lasciava con la vernice spray ovunque passasse ed era anche uno dei motivi a causa dei quali veniva spesso trattenuta dalla polizia.
Quello che doveva ringraziare a sua madre era la passione per la danza  e l'innato talento che aveva ereditato da lei; la madre che in gioventù era stata la prima ballerina del Boston Ballett e che ora era la direttrice di una delle più rinomate scuole di danza del paese. La madre che aveva cominciato 19 anni prima a preparare sua figlia per la Juliard a New York, quella figlia che ballava benissimo, ma che preferiva le battaglie illegali di hip hop ad un balletto teatrale a New York magari con uno dei ballerini più importanti del mondo. No, Comet avrebbe scelto per tutta la vita un video musicale con Missy Elliot che un posto alla Juliard. 
Un padre musicista spirito libero e una madre ballerina un pò troppo composta che avevano dato vita ad una stella danzante a cui andava stretta quella vita schematizzata che qualcuno aveva già scritto per lei.
Quello che Comet voleva era trasferirsi in California, andare da suo padre e riuscire ad entrare alla scuola di arte e spettacolo per continuare a ballare e far conoscere i suoi testi a qualcuno che avrebbe potuto cantarli al mondo. Li avrebbe anche venduti pur di avere i soldi per ripagare suo padre, l'uomo che non vedeva da quattro anni e che si era risposato, l'uomo che si era venduto il suo Rolex d'oro per pagarle il sostegno psichiatrico a cui sua madre l'aveva costretta a causa di tutti i casini che combinava. I suoi problemi non erano la delinquenza, le cose illegali, le droghe o le cazzate, quelli erano solo per attirare l'attenzione, non le piaceva mica stare male a causa di qualche droga?! Voleva solo che suo padre tornasse a casa. Voleva stare con entrambi e non avere fratellastri o robe simili. Voleva sentire sua madre dirle "Brava, sono fiera di te" e non "Quella musica non ti porterà da nessuna parte. Guarda tuo padre, lui e la sua musica, dov'è arrivato? E' andato su un altro pianeta e ha distrutto questo matrimonio. La danza ti porterà lontano", non che quella donna avesse torto, ma lei voleva arrivare da qualche parte grazie ad entrambe le cose; forse voleva troppo, ma se doveva sognare, tanto valeva farlo in grande.

"Ma sei sicura di quello che stai per fare?"
"Si, troverò mio padre ed entrerò in quella scuola. Venderò i miei testi e tu li suonerai con la tua band al mondo."
"Non succederà mai"
"Vaffanculo, Gram!"
"Sono solo realista, Star", lui la chiamava Star da quando la conosceva, "Con tua madre come farai?"
"Ne sarà felice, uscirò dalla sua vita. Le farà male solo che non proverò ad entrare alla Juliard, quello sarà il suo unico problema, ma ci porterà qualche figlia di papà della sua scuola"
"Sai dove abita tuo padre?"
"Oh, dammi tregua, ci sto lavorando"
"Sono solo preoccupato, vai a Los Angeles da sola, hai vent'anni e chissà lui dove abita..."
"Uffà"
"E poi scusa, tutti i dischi che hai in garage che fine faranno?", lei in garage aveva il suo rifugio, la sua stanza segreta dove teneva tutti i dischi di suo padre e tutte le cose che voleva tenere lontano dalla vista di sua madre.
"Quelli li lascio a te. Li ho già sistemati in scatoloni, stanotte vieni a prenderli poi prima o poi mi raggiungerai in California e li porterai con te"
"Mi lasci anche la chitarra?"; Gram gliel'aveva sempre invidiata, lui era quello che sapeva suonare la chitarra come un Dio, aveva anche una band. Comet aveva solo una sorta di relazione amorosa con quello strumento che, certo, suonava, ma non egregiamente. Aveva scritto addirittura un pezzo intitolato I'm in love with my guitar e Gram la aiutava sempre a scrivere le basi per i suoi testi. Il ragazzo era ad un altro livello, suo padre era il proprietario di un bellisimo negozio di musica e lui studiava al conservatorio da praticamente una vita. Si erano conosciuti in quel negozio dove Comet andava a rifugiarsi fin da quando aveva undici anni, lui ne aveva sedici quando quella bambina così piccola chiese il prezzo di un disco dei Beatles dicendo che quello lì le mancava; il padre di Gram glielo regalò colpito dai suoi occhioni verdi che speravano di poter comprare quel disco che era fin troppo costoso per le sue tasche da bambina di undici anni.

"Allora ci sentiamo appena arrivo"
"Si, cerca di non rimanere uccisa o arrestata. Non metterti in mezzo a casini di ogni genere e fai la persona seria, ti prego Comet"
"Non mi hai mai chiamata Comet!"
"Forse perchè questa volta sono davvero preoccupato, non potrò salvarti in nessun modo da ora in poi. Mi mancherai"
"Tanto mi raggiungerai..."
"Si"
"Ti amo"
"Anche io", i due si erano promessi che si sarebbero sposati prima o poi. Non stavano insieme, ma si amavano e nessuno sarebbe stato tanto perfetto come loro lo erano l'uno per l'altra. Quando si sarebbero scocciati di andare di fiore in fiore avrebbero messo le teste a posto e si sarebbero sistemati insieme, se lo erano promessi qualche anno prima, Comet aveva diciassette anni, Gram ventidue.

"Sei arrivata?", la voce dall'altro capo del telefono era quella di Gram.
"Non lo so, piove a dirotto e credo manchi ancora una mezz'ora"
"Che fai?"
"Niente, che vuoi che faccia? Sono in un treno semivuoto, scrivo"
"Cosa?"
"Questo, quello...scrivo"
"Ok...poi mandami una mail"
"Si, già mi manchi"
"Anche tu, a dopo"
"Ciao", già le mancava e quella voce era così familiare da farle credere che quella scelta era sbagliata. Lei non sapeva se era giusto andarsene ma neanche se era giusto rimanere.


A familiar place,
A familiar voice,
Makes it so hard.
To make a choice,
I don’t know if I should stay...




Come vi sembra? Lo so che ancora non si può dire nulla, ma è solo l'inizio. Secondo voi cosa faranno i 30 Seconds To Mars nella vita di questa ragazza? E come si incontreranno visto che lei sembra essere così lontana da quel genere di musica?

Le canzoni a cui ho fatto riferimento sono
I Don't Know If I Should Stay - Alexz Johnson - Songs From Instant Star Three (2007) - Titolo del capitolo e il testo in corsivo
I'm In Love With My Guitar - Alexz Johnson - Songs From Instant Star (2005) - l'ho solo nominata.

Rosa.

 


 






 

 

 

 

  
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