Rideremo
camminando affranti in valli
sconosciute.
Rideremo
quando non avremo più il tempo
per pensare.
Come piccoli criceti nella gabbia
correremo su ruote inconcludenti.
Sarà come marciare sicuri
su strade di pastafrolla,
o cadere nel vuoto
aprendo un ombrello.
Pioveranno parole da cieli gravidi di
silenzio
e ci saranno spiagge marmoree
e mari essiccati.
Ma sarà solo un sogno,
costante nel suo ripetersi
e frustrante nella sua inutilità.
Sarà solo un pallido bisogno,
che fuggirà il sole della
comprensione,
per nascondersi nell'oscura credenza.
La credenza evanescente e superba
di avere ragione.
Inutile se la ragione più non è.
Sorgeranno arcobaleni bianchi e neri,
e le campane suoneranno ancora il
silenzio.
Consumeremo ancora i nostri occhi
a osservare il buio.
Spalancheremo le finestre
per far girare l'aria.
Muterà anche la cenere
da polvere in brace.
Nello specchio chi si compiace
ritroverà il proprio senno.
Sarà l'ultimo giorno d'estate,
prima dell'autunno e dell'inverno.