Titolo del capitolo: Capitolo 1
Mmm, che mal di
testa, penso coprendomi gli occhi con una mano. Possibile
che riesca a venirmi così forte anche quando non tocco un
goccio di alcool?
Mi giro. Il letto è vuoto, lui dev’essere
già in piedi.
La giornata che mi aspetta mi passa impietosa davanti agli occhi:
lavoro, stress, stress, lavoro.
Sono già stanca.
E voglio un caffè.
Mi giro lentamente, assaporando questo attimo tutto per me, ma la
faccia del mio capo mi riempie la testa. Il grande stronzo.
Ehi, non guardate me, è questo il suo soprannome.
Guardo il telefono. Cinque mail, otto SMS e due messaggi in segreteria.
Di già?
Ma che ore sono?
7:20
Oh, bene, posso dormire ancora un po’,
penso.
Mi giro di nuovo.
Poi una lucina minacciosa si accende all’improvviso nel mio
cervello.
Un attimo.
7:20?
Merda. Perché diavolo la sveglia non è suonata?
In un attimo acchiappo i vestiti e volo in bagno, ripetendo
ossessivamente il mio mantra. Merda, merda, merda.
Ma dove si è cacciata la mia scarpa sinistra? Andiamo, non
può essere sparita... ah, sì, eccola. Sotto la
poltrona. Infida e bastarda, più del suo tacco 12 assassino.
Mentre cerco di infilarla senza mani controllo la segreteria. La voce
della mia segretaria peggiora l’inizio di quella che si
prospetta una giornata infernale.
Biip – “Salve, sono io. Ha
presente John, il grande fotografo sono-il-re-del-mondo?
Ecco. Ha provato a portarsi a letto una modella alla festa di
ieri sera, e… beh, diciamo che non è finita
proprio bene. È al Carlton Hospital, un occhio nero e un
labbro spaccato. La modella pare sia nello stesso ospedale con una mano
rotta, mi informerò e vedo se riesco a non farle sporgere
denuncia. Non so chi sia. Siamo senza fotografo per il servizio di
oggi.”
Biip – “Sempre io. Si ricorda la modella di prima? Ecco. Era Inga, la bionda svedese del servizio di dopodomani. Credo che bisognerà rifare il casting.”
Fantastico, penso.
La stampa impazzirà per questo.
Guardo le mail. Una stagista è sparita e con lei il lavoro
di una settimana . Inaffidabili ragazzine,
sarà a scopare con qualcuno conosciuto in un bar. Chiamo la
mia segretaria, portatrice dei drammi che mi è toccato
ascoltare di prima mattina, ma ha il telefono spento.
Mi sente. Oh, se mi sente.
Corro in cucina in preda a una crisi isterica. Non male per essere
prima mattina.
E lui è lì, con addosso solo i pantaloni della
tuta, che prepara il caffè.
Che bello che è penso, ammirando i suoi
muscoli scolpiti. Abbiamo fatto sesso stanotte?
Hmm, ora che ci penso no. Beh, in effetti sarà almeno una
settimana che noi non… no, una settimana fa ero a Malibu per
quelle sfilate. Allora due.
Mmm, Parigi.
Tre? Ah, no, Milano.
Un mese.
Ok, un mese.
Un momento, però io…
Beh, d’accordo. Forse un po’ più di un
mese.
D’altronde che importa? Nessuno ha più tempo per
il sesso oggi.
E poi, possiamo sempre rimediare.
Prima o poi.
“Buongiorno
piccola” mi saluta lui appena mi vede. Sul bancone di fianco
a lui noto due croissant dall’aspetto delizioso.
“Cioccolato?” chiedo speranzosa.
“E che altro?” risponde lui ridendo, mentre lascia
la colazione per baciarmi.
Mi appoggio al tavolo sorseggiando il mio caffè nero
bollente. Caffeina pura. Proprio quello di cui avevo bisogno. Spero
inutilmente mi faccia passare questo orribile mal di testa. Prendo un
croissant e lo annuso. Dio, che buono. Poi lo rimetto giù.
Non posso permettermelo.
Ignoro la sua occhiataccia.
“Che fai oggi?” gli chiedo, mentre rispondo
nervosamente ai messaggi.
“Mmm” dice pensieroso mentre si siede e si
stiracchia. “Oggi, vediamo… non ci ho ancora
pensato” ride. Scuoto la testa, senza parole. Come fa ad
essere così calmo? Mi sento come se dovessi correre la
maratona.
“E tu?” mi chiede.
“Stamattina ho una riunione con il capo, riguardo
all’articolo di settimana prossima. Un servizio fotografico
alle due, anche se prima dovrei trovare un fotografo
per il servizio delle due, campionario alle quattro, rifare il casting
per il servizio di domani entro le sei, cocktail con la redazione alle
sette e cena con i Grandi Capi alle otto. Mmm, a proposito, non torno
per cena” sospiro. Dio, che giornata. Va avanti
così da due settimane, quest’articolo mi
farà uscire pazza. Non un attimo di riposo, non
un…
“Andiamocene” mi dice all’improvviso. Mi
blocco a metà dei miei pensieri. Cosa?
“Come?” gli chiedo, certa di aver capito male.
“Andiamocene” mi ripete con
tranquillità. Andarcene? Ma è uscito di testa?
Non si può fare.
Certo che no.
“Sei pazzo” gli rispondo scuotendo la testa.
Diamine se mi piacerebbe andarmene. Nessun lavoro, nessun articolo.
Niente di niente. Per un attimo ci penso.
Ma solo per un attimo.
Nah, come farei senza tutto questo stress? Vivo per il mio lavoro.
Mi guarda come un cucciolo ferito mentre scuoto la testa di nuovo. Sono
schiava del mio lavoro, lo so. E della caffeina. Ma che ci posso fare?
Non è mica un dramma, come la droga o… beh, non
è un dramma.
“Perché no?” mi chiede. In un istante -
non so neanche come - mi ritrovo sdraiata sul tavolo della cucina,
sotto di lui. Mi blocca i polsi sopra la testa e mi bacia. Giro la
testa infastidita. Sono in ritardo, non ho tempo per questi giochetti.
“Stai scherzando?” gli rispondo. Il mio capo
diventerebbe una belva. No, beh, forse prima mi ucciderebbe,
cercherebbe lui per fare lo stesso e poi
diventerebbe una belva. Non se ne parla neanche, mollare tutto. Ora.
Robe da pazzi.
Si rialza sbuffando, per poi appoggiarsi sui gomiti. Mi mette il
broncio, ma vedo chiaramente un’ombra di malizia
attraversargli gli occhi.
“Sto solo dicendo che sarebbe bello mollare tutto e sparire
per un po’. Da soli… lontano da tutto
ciò che non è me e te” dice con
dolcezza. Scuoto la testa. Non è concepibile come cosa.
Non nel mio lavoro.
Non per me.
Mi ritrovo di nuovo a ridere, scuotendo la testa. Scivolo
giù dal tavolo con grazia e gli do un bacio veloce, poi
recupero la borsa ed esco correndo sui tacchi. Se mi sbrigo
riesco quasi ad arrivare in orario, penso. Forse.
“Amore” mi insegue correndo,
un’espressione divertita e rilassata sul volto. Mi volto un
po’ scocciata. Facile per lui, ha la mattina a sua completa
disposizione, gli allenamenti al pomeriggio, una partita alla settimana
e due rassegne stampa al mese. E guadagna tanto da far schifo.
Beh, non che il mio stipendio sia da buttar via, in effetti.
Mi porge il mio BlackBerry.
“La testa cel’hai ancora solo perché
è attaccata al collo?” mi prende in giro. Mi
spinge al muro, gli occhi pieni di voglia. Lo scosto un po’
bruscamente, la testa già immersa nella mia mattinata
caotica.
“Sono in ritardo” dico in fretta. Scivolo dalla sua
presa e corro giù per le scale, mentre lo sento borbottare
qualcosa che non capisco ma che decisamente non suona come un
“buon lavoro amore”.
Commenti e recensioni sono graditissimi, soprattutto perchè essendo la mia prima storia mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate del mio modo di scrivere, delle mie idee... di tutto insomma :) almeno per capire se ho qualche speranza o se posso anche ritirarmi e andare a pettinare le bambole - con tutto il rispetto per le pettinatrici di bambole U.u
Grazie a tutti coloro che hanno letto la storia e che sono stati così coraggiosi da leggere il mio non proprio piccolo sproloquio finale ^^
Fede