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Autore: Ashley Decay    14/05/2011    1 recensioni
Annuii sorridente, volgendo un'ultimo sguardo ai presenti prima di voltarmi verso la porta che mi avrebbe permesso di entrare.
Bussai leggermente prima di aprirla, chiudendola successivamente alle mie spalle.
Osservai la ragazza sorridente distesa a letto, dalla chioma calda e scura ornata da piccole scie di luce.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ein Neu Start -th Creazione: Aprile - Maggio 2011.

Questa storia è stata scritta solo per puro divertimento.

I fatti narrati non fanno riferimento a qualcosa di realmente accaduto.

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Non ricordo di preciso dov'ero, ricordo solamente che quella notizia arrivò tempestiva al telefono mentre stavamo presenziando ad un'ennesima intervista.

Sapevo che in questi giorni si sarebbe potuto verificare l'avvenimento, ma non proprio nell'unico momento in cui mi sarei dovuto allontanare da casa.

Fu David stesso a dirmi di aver ricevuto la chiamata da mia madre, la quale diceva che si stavano recando in ospedale.

Mi scusai con i presentatori, lasciai la spaziosa area adibita a studio televisivo, tolsi velocemente il microfono porgendolo ad uno dei tecnici e mi avviai con passo spedito verso l'uscita; l'unico che interruppe la mia marcia fu David, nuovamente.

-In bocca al lupo, ed auguri.- disse, regalandomi un'amichevole pacca sulla spalla ed un sincero sorriso.

-Grazie.- risposi annuendo copiosamente un paio di volte prima di voltare le spalle e riprendere il mio percorso.

Scesi velocemente le scale di emergenza tintinnanti sotto il mio passo incalzante, tentando di non inciampare nei miei stessi jeans; mi strinsi nel cappotto quando un'improvviso sbuffo di vento gelido mi urtò il volto, facendomi percepire un brivido di freddo in tutto il corpo.

Mantenni il passo rapido fino ad arrivare all'automobile che in quei giorni utilizzavo in vista di questa notizia, l'accesi facendo scalare per pochi secondi il motore prima di eseguire la manovra di retromarcia e dirigermi verso l'ospedale. Sicuramente loro erano già in quella sala, mentre cercavano in qualche modo di tranquillizzarla, nonostante sapevo perfettamente che non sarebbe stata una cosa molto facile.

Cercai di metterci meno tempo possibile e poco dopo arrivai a destinazione, finalmente.

Scesi dall'auto e corsi velocemente all'interno dell'edificio nella quale hall, proprio davanti alla reception, mi attendeva Gordon. Mi avvicinai a lui con il fiatone ed il cuore in gola e senza dover nemmeno parlare, capì tutto guardandomi negli occhi.

-E' entrata in sala pochi minuti fa, Simone le ha prestato i primi soccorsi e l'ha aiutata a tranquillizzarsi. Abbiamo già provveduto a portare tutto l'occorrente che avevate preparato, é già nella sua camera, tutto sistemato. Vedrai che andrà tutto bene Tom. Ora vieni.-

Anuii con il capo senza aver ascoltato molto delle cose che aveva detto, la tensione era talmente alta che nemmeno riuscivo a comprendere una fare composta semplicemente da soggetto, verbo e complemento; seguii il passo affrettato di colui che mi precedeva, conducendomi in pochi minuti in una zona dell'ospedale a me sconosciuta.

La fine del corridoio era evidenziato da una coppia di porte blu ornate dal vetro sfumato, impedendomi così di vedere cosa stesse realmente accadendo all'interno della stanza, non tradendo alcun suono.

-Tom.-

Mi risvegliai da quello stato apparente di ipnosi quando sentii una voce famigliare richiamare la mia attenzione: quella di mia madre.

Distolsi lo sguardo dalla luce rossa segnalante il fatto che la sala fosse occupata, volgendolo in quello di mia madre. Sembrava stranamente rilassata, e serena per quello che si sarebbe verificato da lì a poco. Mi avvicinai a lei e, come sempre, trovai parole di conforto.

-Ha reagito molto bene alla situazione, ha seguito tutte le istruzioni che le ho dato nonostante sia molto agitata. E' riuscita ad entrare con le sue gambe, cosa positiva ma allo stesso tempo preoccupante, per il semplice fatto che potrebbe volerci molto tempo. Andrà tutto per il meglio, è forte ed è in grado di tenere testa a tutto ciò. Tu la conosci bene, per questo l'hai scelta, no?-

-Sì, però... Avrei voluto essere lì con lei.-

-Lo so Tom, é comprensibile ciò che intendi. Ma è come se ci fossi, ha voluto portare con sé un oggetto, lo ha voluto a tutti i costi.-

Sorrisi sentendo quella frase, perché sapevo perfettamente di cosa si trattava.

Mi sedetti su una delle poltroncine collocate nel piccolo atrio, passsandomi entrambe le mani sul volto con un gesto lento, come se ciò potesse eliminare tutta l'agitazione che improvvisamente si era fatta padrone di me da quando avevo messo piede in quella saletta.

Sia lei che Gordon riuscivano a precepire le sensazioni che percorrevano il mio copro, un mix di felicità, ansia ed entusiasmo.

Il tempo che seguì il mio arrivo fu il più stressante che avessi mai provato nell'ultimo tempo. I minuti sembravanon non voler mai trascorrere e la tensione cresceva sempre più, dovuta al fatto che non si udiva nulla, e nessun infermiere o dottore venivano ad informarci della situazione. Fissavo insistentemente quella lucina scarlatta posta al di sopra delle porte, pregendola di spegnersi il più presto possibile; mi infastidiva parecchio, alterava la mia calma che ormai era agli sgoccioli dopo tutto quel tempo trascorso ad attendere.

A metà pomeriggio iniziai a prendere sonno, come se l'ansia mi stesse prosciugendo tutte le energie che il mio copro possedeva. Le palpebre erano ormai abbassate sui miei occhi quando udii un grido squarciare il silenzio della sala d'attesa, seguito poi da un nuovo e continuo pianto. In pochi secondi mi ritrovai sulle mie gambe, nemmeno mi acorsi di essere scattato in piedi nell'aver sentito l'rlo di dolore.

Mi diressi davanti alle porte gemelle e rimasi a fissarle, sapendo perfettamente che il pianto che continuava a riecheggiare per tutto il corridoio apparteneva a Chris, mio figlio. Piangeva come se mi stesse parlando, come se volesse dire "Eccomi papà, mi senti? Ci sono anche io adesso!".

Dimostrava la sua incessante voglia di vita, manifestandola nel migliore dei modi possibili a lui concessi.

-Cos'è, il forte uomo si scioglie come ghiaccio al sole, adesso?-

Bill arrivò alle mie spalle facendomi notare con quella banale frase che le spalle mi tremavano leggermente ed  un lucido velo si era impossessato dei miei occhi, un invisibile muro di gioia.

-Se fossi stato al poso mio, saresti già stato una cascata, tu.- dissi voltandomi per abbracciarlo, mostrando un sorriso che nessuno sarebbe stato in grado di cancellare dalle mie labbra.

Abbracciai a turno tutti i presenti, ma la persona che più di tutte volevo stringere in quel momento, oltre a voler tenere nelle mie braccia quella creatura appena nata, era la ragazza per cui avevo scelto di donare tutto me stesso, l'unica di cui mi sia veramente innamorato.

Da lì a poco arrivò l'ostetrica che aveva seguito il parto, informandoci sulle condizioni del nato e della madre: non vi erano state complicazioni, tutto era andato bene, ed inoltre a breve seremo potuti andare tranquillamente a fare loro visita.

Ero felice, niente di più, niente di meno. Coincidenza, o destino, vollero che la stanza a lei destinata fosse la numero 23, un numero pieno di significati per noi, ormai.

Ci recammo tutti e quattro al piano nella quale si trovava la stanza, percorrendo il corridoio a grandi passi fino ad arrivare alla porta affacciata su esso, avvicinandomi lentamente alla maniglia per abbassarla; fui bloccato  da mia madre con un semplice tocco alla spalla. Mi voltai per incrociare i suoi occhi, dai quali riuscii a capire la sua volontà: desiderava che fossi il primo ad entrare nella camera, e che mi godessi appieno l'emozione che provò lei venticinque anni prima, ovvero quella di diventare genitore.

Annuii sorridente, volgendo un'ultimo sguardo ai presenti prima di voltarmi verso la porta che mi avrebbe permesso di entrare.

Bussai leggermente prima di aprirla, chiudendola successivamente alle mie spalle.

Osservai la ragazza sorridente distesa a letto, dalla chioma calda e scura ornata da piccole scie di luce.

-Ciao papà.- mi si rivolse accennando una lieve risata mentre custodiva tra le braccia il bambino appena nato.

-Tesoro.- risposi sorridendo, guardandola abbassare il capo sul neonato.

Mi avvicinai alla mia nuova famigliasenza distogliere lo sguardo da essa fino ad arrivare n prossimità del letto, sedendomi sul bordo di esso ed avvolgendo le spelle con un gesto protettivo ed affettuoso alla madre; accostai la nuca alla sua, unendomi a guardare il neo arrivato immerso nel tranquillo riposo.

Non avevo parole per esprimere tutto ciò che provavo dentro di me, quell'istante era perfetto così; nel silenzio più totale erano racchiuse tutte le emozioni sentire ed i sentimenti provati.

-Ti assomiglia, sai? Ha le tue stesse orecchie.- dissi, allungando l'indice verso la guancia liscia e rosea, posandovi il ruvido polpastrello creando una breve linea immaginaria fino al mento.

-Forse non ti sei accorto del naso, che è identico al tuo.- aggiunse posando un piccola bacio sulla zona accennata, volgendosi a me per fare altrettanto sulla mia guancia.

Le permisi di compiere quel semplice atto, allungando si conseguenza la mano in direzione del suo mento afferrandolo con delicatezza tra il pollice e l'indice, sollevandolo in direzione del mio, facendo unire le labbra alle sue con un leggero e puro baco, quello del vero amore.

La sentii sorridere a quel gesto, avvertendo il mio cuore esplodere semplicemente di gioia.

Baciai a lungo quelle labbra calde e vellutate mentre il doce profumo inebriava i polmoni, addentrandosi fino ad entrare in circolo con il sangue, unendosi al mio organismo.

La guardai soridendo prima che qualcun altro attirasse la mia attenzione, compresa la sua; qualcuno si era finalmente svegliato, mostrahndo una piccola coppia di iridi color cioccolato.

-Benvenuto al mondo, piccolo Chris, benvenuto nella nostra famiglia.-

   
 
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