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Autore: Miyaki    16/02/2006    18 recensioni
[ Lizzie McGuire: Lizzie/Gordo ~ After Movie ] E’ San Valentino oggi. Mi giro, a guardarla dormicchiare sul tavolo. E informo tutti che quello fu l’ultimo San Valentino in cui dovetti sorbirmi i lamenti di una ragazza single.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Oh, avanti, la vuoi smettere

- Oh, avanti, la vuoi smettere? -
Non riuscivo proprio a reggerla quando entrava in quelle crisi adolescenziali. Veramente, era troppo per le mie orecchie. Troppo isterica. Troppo carina. E io mi limitavo ad osservarla, dai miei dieci centimetri d’altezza in più, faticosamente ottenuti.
- Come fai a non capire? – strillò lei, infilandosi le mani nei capelli, e scompigliandoli.
Accidenti, le avrei dato una botta sulla mano, se questo le avesse impedito di fare quel gesto maledettamente tenero.
Lizzie alzò gli occhi, cercando comprensione. Io roteai i miei, cercando di assumere un atteggiamento quanto possibile distaccato. Ovviamente chiunque si sarebbe accorto che il mio atteggiamento era tutto (e dico tutto) tranne che distaccato. Tutti tranne lei.
- San Valentino – disse, mordicchiandosi il labbro inferiore – San Valentino da sola. Un’altra volta-.
Ora, un vero uomo avrebbe alzato il sopracciglio con modo di fare lascivo, sottolineando il fatto che la questione era di facilissima soluzione. Cosa che, ovviamente, io non feci.
- Lizzie, - dissi, invece – Avanti, dov’è il problema dopo diciassette…-
- E’ appunto questo il problema! – strillò, lanciandomi un’occhiata esasperata – A diciassette anni, e sola. Di nuovo. -
Non posso far finta che quell’esclamazione finale non mi abbia ferito. Roteai di nuovo gli occhi.
- Non mi sembra che tu sia sola. -
Mi lanciò un espressione un po’ delusa, un po’ piccata. Sapevo benissimo quanto odiasse la mia abitudine a roteare gli occhi quando mi parlava.
- Tu sei il mio migliore amico Gordo. -
- Appunto. – risposi, con una sorta di profonda irritazione – Non il tuo schiavetto, mi fai venire fin casa tua solo per questo? -
Lei mi fissò a lungo negli occhi, poi scostò lo sguardo, scrollando le spalle, ancora seduta sul letto.
- Ecco, io…avevo pensato. – borbottò, poi scrollò le spalle – Lascia stare se ti è di tanto peso, vai pure. -
Rimasi un momento fermo, inghiottendo un sbuffo dentro di me, seguito da un sospiro. Una delle ultime cose che si potevano dire su di me era che mi era pesante ascoltarla. L’unica cosa veramente pesante era sentirmi sempre più invisibile ai suoi occhi.
- Liz…-
- Lascia stare! – esclamò all’improvviso con le guance imporporate e gli occhi scintillanti – Vai pure. -
- Donne! – esclamai, infilando i pollici in tasca e uscendo dalla sua stanza. Lizzie non disse nulla, cosa di cui mi stupii. Imbronciato salutai la famiglia McGuire educatamente e uscii in strada con umore tempestoso.
San Valentino. San Valentino. San Valentino.
Che sciocchezza.
Quanto possono diventare sciocche le ragazze per una festa così sputatamene commerciale da farmi venire il volta stomaco?
Va bene, va bene. Mi sono fatto prendere dalla rabbia che covavo in quel momento. Veramente è sempre quella di chi ostenta diffidenza per qualcosa che avrebbe ben voglia di sperimentare.
- Dovresti trovare un po’ di coraggio, lo sai? -
Quella erano le prime parole che mi raggiunsero dopo soli pochi metri percorsi dall’entrata d’ingresso di casa McGuire.
- Come? – domandai, arricciando un sopracciglio.
Miranda si avvicinò con aria decisamente compiaciuta.
- Quanti decenni sono che le sbavi dietro, Gordo? – domandò lei, intrecciando le braccia sotto il petto. Voltai lo sguardo contando mentalmente fino a dieci o dieci milioni, non ricordo. Fatto sta che non servì a calmarmi.
- Quanti che non t’impicci degli affari tuoi? – borbottai, senza riuscir a sopprimere il rossore sulle guance.
- Senti, domani è San Valentino, no? -
Roteai gli occhi per la terza volta in pochi minuti.
Donne.

- Ebbene? -
- Potresti uscire con una ragazza, che ne dici? -
Chiusi gli occhi: questa volta non provai a contare. Li riaprii senza dire nulla, troppo imbarazzato per aggiungere qualcosa.
- C…come? -
- Ragazzo! – esclamò, ponendosi le mani sui fianchi – Dovresti apprezzarti un po’ di più! Se tu uscissi con qualcuna Lizzie si dovrebbe cominciare a svegliare no? -
Scrollai le spalle.
- Non m’interessano questi machiavellici piani da donna. – sbottai.
- Sei troppo onesto.- disse, con un sorriso – Ma veramente Gordo, ti sei fatto carino ultimamente, lo sai. – aggiunse – Lizzie non se accorge perché ti conosce da sempre, ma una buona azione d’urto potrebbe essere utile, non credi? -
Mi innervosii, guardandomi intorno.
- Senti. – ripetei, con calma – Non cadrò mai in simili trucchi. Punto. -.
E me ne andai, un po’ risentito, senza far caso a Miranda che continuava a chiamarmi.
Quello che racconto ora io non lo vissi, ma mi fu raccontato nel dettaglio. Da chi, lo vedrete in seguito. Lizzie scese di corsa per strada, zampettando verso l’amica. Si girò a guardarmi mentre mi allontanavo, con un certo disappunto.
- Ma che ha? – sbottò, osservandomi.
Miranda accolse al volo l’occasione.
- Beh, Lizzie, magari si vergogna a dirtelo. – spiego, con un sospiro.
- Dirmi cosa? -
Miranda si portò una mano alle labbra, con fare stupito.
- Non…non te l’ha detto? – domandò, stupita.
- Cosa? -
- Ha un appuntamento per domani sera. -

Lizzie non mi parlò per tutto il giorno dopo, limitandosi a lanciarmi occhiate risentite. La mia totalmente ignara mente aveva accettato per buona la teoria del nervosismo San Valentiano, quindi, mi sforzai (quasi inutilmente) di non farci troppo caso. Il risultato fu che passammo tutta la mattinata scolastica a non guardarci, e a guardare male chiunque si avvicinasse ad uno dei due.

Immagino che nella vaga teoria che lei trovasse qualcuno con cui uscire all’ultimo istante, quest’ultimo sarebbe rimasto molto intimidito dalle mie occhiate omicide.
- Donne! – sbottai di nuovo, mentre uscivo da scuola, con l’aria più corrucciata che mai. Venni raggiunto in fretta da Miranda, che mi trattenne per la camicia.
- Gordo! -
- Mh? – borbottai, fumante.
- Lizzie vorrebbe chiarire con te, ha detto se vi vedete sotto casa tua, stasera, verso le nove. – disse, tutto d’un fiato. Sollevai un sopracciglio, visibilmente interdetto.
- Devo crederti? -
- Oh, sei terribile! – esclamò arricciando il naso – Sto solo cercando di rappacificarvi! -.
Poi se ne andò, con il naso all’aria.

Più che ovviamente (non c’è neanche da chiederlo) alle nove meno un quarto ero già appoggiato al muro di casa mia, fischiettando nervosamente.
Il mio stomaco si rivoltò come ormai accadeva da parecchio tempo, al pensiero che fra poco l’avrei vista. Era un pensiero che più o meno mi riempiva tutti i giorni.

Sbuffai, infossando le mani nelle grandi tasche del giaccone, e una nuvoletta di fiato condensato apparve davanti a me. Un ricciolo scuro mi cadde davanti a gli occhi e non volendo tirare fuori le mani dal giubbotto, tentai di scacciarlo soffiando, con miseri risultati.
- Ahia! – la voce di Lizzie mi ridestò l’attenzione, preceduta da un botto. Era a pochi metri da me, a terra, come fosse appena scivolata da dietro il cassettone della posta.

- Lizzie? – domandai, aggrottando la fronte.
Lei si alzò, avvampando.
- Scusa! – borbottò – Non sarei dovuta venire, lo so! -
- Ma che dici? – domandai, perplesso. Lei cominciò a fare su e giù a grandi passi, nervosamente, mentre mormorava silenziosamente qualcosa che non riuscii ad afferrare.
- Lizzie? – ripetei, perplesso – Che cosa…? -
- Oh, non posso impedirmelo! – e scattò verso di me, facendomi sussultare – Chi è? -
- Chi è chi? -
- La ragazza con cui esci stasera! -
- Eh? -
Ora, mettiamo in chiaro che la verità mi fu orribilmente chiara tre secondi dopo quell’esclamazione, durante i quali rimasi paralizzato dallo stupore.
- Miranda – ringhiai sotto voce. Lizzie mi guardò, pallida.
- Esci con Miranda!? – esclamò, con voce strozzata.
- No! – sbottai, lanciandole un’occhiata irritata – E’ lei che sta inscenando tutto questo. Io non esco con nessuno, sono qui perché lei mi ha detto che tu mi dovevi parlare! -
Lizzie avvampò, arricciandosi una ciocca di capelli meccanicamente, ma visibilmente sollevata.
- Perché avrebbe dovuto…una cosa del genere? -
Voltai lo sguardo e non risposi.
- Senti…- cominciò, improvvisamente di nuovo tesa – Ieri… -
- Lascia stare. – scattai, nervoso – Prima o poi lo troverai. -
Mi lanciò un’occhiataccia irritata, prima di continuare – Gordo, ieri… - deglutì – Volevo arrivare a dirti una cosa…-
Mi sistemai il bavero del cappotto osservando il suo viso, con un’aspettativa che sperai non venisse delusa di nuovo.
- Cosa? -
- Non posso più essere la tua migliore amica. -
Il mio cuore sprofondò da qualche parte, intorno allo stomaco, o al fegato, mentre il sangue mi defluiva dal viso, e la mente veniva assorbita da pensieri sconnessi.
- Come? Perché? – balbettai, cercando i suoi occhi e in essi una risposta.
- Perché…- arrossì, impacciata, mentre i suoi occhi guardavano ovunque tranne che verso di me.
- Ti sei fidanzata e questo qui non mi vuole vicino a te? – tentai, nervosamente.
Lei scosse la testa, senza guardarmi.
- No, scemo. – borbottò, roteando gli occhi.
- E allora…-
- Io…-
- Tu? -
- Vuoi farmi parlare? -
- Ok, scusa. – balbettai, nervosamente. Finalmente alzò gli occhi su di me.
- Tu…mi…piaci. – concluse, arrossendo ancora di più, per tutte le guance.
Non osai dire nulla all’inizio. Non capivo nemmeno cosa avrei dovuto dire, o perché. O quando. Mi ero anche scordato il nome di quell’esaltato che aveva scoperto l’america o il perché infilare le dita nella prese della corrente è classificata come azione da non compiere.
Afferrai il suo braccio e la attirai a me, sentendomi avvolgere dal profumo dei suoi capelli. La abbracciai con forza, cercando di assorbire dentro di me ogni singolo dettaglio di un giorno che aspettavo con tanta insistenza.
Quando la distanziai un po’ risposi con l’unica risposta adeguata. Chinai il capo, di poco in realtà, e la baciai.
Sorrido, avvicinando una tazza di tè alle mie labbra, mentre lancio uno sguardo a un cielo coperto di stelle, poco visibili a causa delle luce elettrica. E’ San Valentino oggi. Mi giro, a guardarla dormicchiare sul tavolo.
E informo tutti che quello fu l’ultimo San Valentino in cui dovetti sorbirmi i lamenti di una ragazza single.
Quello non fu il primo bacio, perché lo sappiate. Mi avvicino a lei, mentre si strofina l’occhio destro e mi sorride.
E, puntualizziamo, non fu neanche l’ultimo.



  
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