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Autore: MarchesaVanzetta    15/05/2011    1 recensioni
Una scuola qualunque, una ragazza qualunque, una conversazione surreale e una conclusione tremendamente pessimistica.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 La ragazza accascia la testa sulle braccia incrociate sul banco, i capelli biondi che le ricadevano scomposti sul collo e sulle spalle. “Non posso farcela, non posso farcela…” mormora, come un mantra che al contrario di quelli tradizionali non le darà alcun conforto, nessuna pace interiore per lei portata da parole straniere alla sua lingua ma famigliari al suo cuore.
La sua compagna di classe non si accorge di niente, troppo occupata a ripassare forsennatamente greco, come tutti i suoi compagni.
Esce dalla classe senza neanche chiedere il permesso, tanto il prof è mezzo ceco e un po’ stordito, non si accorgerà certo della sua assenza…
Sente le lacrime premergli per uscire, ma si impedisce di lasciarle andare lì in mezzo al corridoio. Spinge la porta con il maniglione antipanico (incendi? Queste sono le vere occasioni in cui si sfruttano queste uscite non sorvegliate da bidelli e insegnanti) e si ritrova in cortile, con il sole caldo, un venticello che le sfiora le braccia nude, gli uccellini che cantano e i pioppini che volano in giro.
Si siede su un gradino e scoppia a piangere disperatamente, lasciando uscire le lacrime che serbava da più di cinque anni.
Lasciarle andare per una cosa stupida come il futuro di essere è davvero ridicolo. Come lo è lei, del resto.
Tutta quella miscela micidiale di acqua e sale che con il sole si seccano subito sulle gote, creandole come una pellicola proditoria.
Troppo intenta a sfogarsi, non si accorge di un’altra persona uscita, poco dopo di lei, dalla porta; solo quando gli si ferma di fronte oscurando il sole si accorge della sua presenza e, tirando su con il naso e passandosi un braccio sul viso per pulire le lacrime che le rigano il volto.
 
“Cosa vuoi?” chiede cattiva, nessuno deve vedere la sua parte piagnucolosa. Soprattutto non lui!
“Capire come mai sei fuggita dall’aula in quel modo”
“Tu perché mi sei venuto dietro?”
“Sei sorda? Te l’ho appena detto”
“Ok, il motivo vero?”
“Cosa? Questo è il vero motivo!”
“E da quando ti importa di me?”
“Prima rispondi tu: che succede? Perché stai piangendo?”
“Io non sto piangendo!”
“Ah no? E come mai quelle lacrime?”
“Ehm… mi è entrato un moscerino in un occhio!”
“In entrambi contemporaneamente?”
“Uff, d’accordo, stavo piangendo. Contento? Ora puoi prendermi in giro, sarebbe la conclusione perfetta”
“Perché piangi?”
“Di nuovo?”
“Ah-ah. Spiegami, evidentemente il mio cervello da maschilista retrogrado e insensibile non capisce il complicato universo femminile”
“Mi sta crollando tutto addosso, ecco cosa! È tutto così profondamente sbagliato! La scuola, gli amici… tu”
 
Lui l’abbraccia. Non ci capisce molto di crisi esistenziali femminili, ma un abbraccio da sempre conforto.
Lei si lascia cullare da quel calore, che in qualunque altro momento avrebbe reputato eccessivo. Lei odia il caldo. Eppure… lui non la infastidisce neanche un po’…
Annusa il suo collo, a portata di naso avendo la testa appoggiata alla sua spalla: dopobarba e patatine. Sette e undici del mattino. Due profumi così diversi ma così incredibilmente giusti, combinati tra loro e poi uniti alla sua pelle.
Gli si stringe di più addosso ma… un senso di vuoto l’assale.
 
Si guarda intorno, non c’è nessuno.
Solo il sole che scada, il venticello che non riesce a rinfrescare, gli uccellini che cinguettano fastidiosamente e i pioppini che finiscono nel naso e tra i capelli.
 
Sola.
Ecco come si sente e perché è scoppiata a piangere.
 
L’uomo è sempre fottutamente solo, a questo mondo.

  
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