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Autore: JulyChan    17/02/2006    18 recensioni
La ragazza non fece in tempo a mettere un piede sull'ultimo gradino, che un grido lancinante la sorprese, trapassandole la testa da parte a parte come una pallottola invisibile.
«Che cosa ci facevi lassù con lei?»
Hermione sentì chiaramente il ragazzo imprecare sottovoce tutti i maghi e le streghe di sua conoscenza. Poi si rese conto di cosa ci fosse di tanto terribile.

Ron Weasley. Hermione Granger. L’uno inconsapevolmente colpevole, l’altra disillusa per caso. Ed entrambi innamorati. E l’amore più bello è proprio quello che arriva così, accidentalmente.
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Lavanda Brown, Ron Weasley | Coppie: Lavanda/Ron, Ron/Hermione
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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ACCIDENTALLY
 
 
 
 
 
«So she said "What's the problem baby?"
What's the problem I don't know
Well, maybe I'm in love
»
 
 
 
Nella quasi deserta Sala Comune regnava un’atmosfera a dir poco irrespirabile. Le pesanti tende di velluto rosso erano state scostate ai lati di tutte le finestre aperte, per fare in modo che un alito di fresca brezza penetrasse nella calda stanza circolare. L’aria sembrava comunque opprimente e asfissiante e i potenti raggi solari che si proiettavano direttamente sul pavimento rendevano il tutto ancora più seccante.
 
Una ragazza dai lunghi capelli castani raccolti in una crocchia, indossante la divisa scolastica con lo stemma dei Grifoni sembrava non preoccuparsi di tutto questo. Aveva altri pensieri per la testa, sicuramente molto più importanti.
Stava seduta fissando, senza davvero vederlo, il camino spento davanti a sé, il pallido viso chiaramente assorto.
 
Sulla poltrona affianco giaceva scomposto un ragazzo dalla chioma rosso fuoco, la cravatta rosso-oro sciolta e la camicia aperta sulla gola. Stringeva convulsamente in una mano una bottiglietta piena di liquido dorato, lanciando ogni tanti sguardi inquisitori alla ragazza.
 
Dopo alcuni istanti la ragazza si alzò con uno scatto, per dirigersi verso una delle finestre aperte che davano sul parco. Rimase per un po’ così, affacciata, osservando distrattamente gli altri studenti che si riposavano all’ombra dei grandi alberi in riva al lago e altri che giocavano a spruzzarsi, ridendo e urlando stridulamente.
 
Ogni tanto chiudeva stancamente le palpebre, illuminata dai raggi solari.
Il suo viso, comunque, non era per niente rilassato. Si notava chiaramente un certo nervosismo, così come dai suoi gesti scaturiva una certa apprensione per qualcosa.
 
O per qualcuno.
 
Solo quando il ragazzo sbuffò sonoramente per attirare la sua attenzione si decise, finalmente, a parlare.
 
-Insomma, non credi anche tu che…-
 
-Che cosa, Hermione?- sbottò il rosso, scattando improvvisamente in piedi. -Ancora con questa storia?!-
 
Hermione sgranò gli occhi, fissando sbalordita il ragazzo che muoveva alcuni passi verso di lei.
 
-Beh, scusami se mi preoccupo per Harry!- gli gridò contro. -Ma io almeno mi preoccupo per lui! Tu invece… bell’amico che sei!-
 
Questa volta fu il turno di Ron di ritrovarsi senza parole.
 
-Non sto dicendo che non mi preoccupo per lui- disse dopo alcuni attimi. -è solo che non sono paranoico come te! È tutto il pomeriggio che ripeti sempre le stesse cose, ma io non posso farci niente. Non so se Harry sia in pericolo o stia tornando, non lo so! E il semplice fatto che non ripeta ogni tre secondi una frase che riguarda lui non significa che non mi interessa.- Le sbraitò contro.
 
-Non ho mai sentito tante assurdità in tutta la mia vita, sai? Non so proprio come faccia Harry a sopportarti! Sei odioso! Non ti interessa di niente e di nessuno, è questa la verità! Sei solo preoccupato per te e la tua stupidissima ‘carriera’ da portiere! Io al posto tuo mi butterei nel lago, nel caso ti fosse rimasta un po’ di dignità! Ti odio, Ronald! Ti odio e vorrei tanto che fossi tu al posto di Harry, così forse potresti capire veramente cosa si prova a rischiare la pelle per chi si ama!-
 
Hermione tirò su con il naso, gli occhi carichi di risentimento, il petto che le si alzava e abbassava freneticamente, i pugni stretti lungo i fianchi.
 
Non sembrava pentita di tutto ciò che aveva detto, eppure i suoi occhi luccicavano leggermente. No, non era pentita, assolutamente, si ripeteva insistentemente.
 
Ora l’unica cosa che le interessava era la risposta del ragazzo – nel caso ce ne fosse stata una -. Perché una risposta era d’obbligo, era inevitabile dopo che gli aveva riversato addosso tutte quelle parole, che in quel momento rappresentavano sinceramente tutto ciò che provava e pensava. Non avrebbe mai pensato di avere coraggio di dire tali cose, ma a quanto pare l’aveva appena trovato.
 
Ed esigeva una risposta.
 
Perché sperava che sarebbe finalmente servito a qualcosa, a quel qualcosa che rincorreva da secoli e che non era mai riuscita a raggiungere.
 
Ed aspettò la sua risposta, benché sapesse che probabilmente potesse risultare imprevista e dannosa riguardo le sue aspettative.
 
Come quella volta.
 
E seguì attentamente ogni suo movimento, fino all’istante in cui aggrottò leggermente la fronte, curvò la bocca in una strana smorfia, mosse leggermente le labbra e profferì ciò che era indispensabile.
 
-A questo punto non ho più niente da dire.-
 
Hermione si ghiacciò sul posto e continuò a fissarlo interdetta, stringendo le labbra. Senza rispondere, abbassò gli occhi e si sedette in una poltrona che dava le spalle al ragazzo.
 
Ron la seguì con lo sguardo fino a che non scomparve dietro allo schienale molliccio, e poi tornò a guardare fuori.
 
Regnarono alcuni minuti di silenzio, un silenzio davvero doloroso che sembrava contribuire a rendere la situazione, già di per sé tesa, ancora più spiacevole.
 
Il ragazzo fissava con gli occhi vacui e privi di espressione il punto in cui la ragazza era scomparsa. Perché aveva detto quelle cose orribile? E perché LUI le aveva risposto con parole altrettanto orribili? Non lo sapeva. L’unica cosa di cui era a conoscenza era che tutto era confuso e impalpabile, invisibile e nocivo.
 
-Ron- Il ragazzo si voltò, sentendosi chiamare sommessamente, e si avvicinò piano alla poltrona.
 
-Hermione?-
 
Sentì un respiro affannoso provenire da dietro la poltrona e per poco non si sentì mancare. Non poteva crederci, era riuscito di nuovo a farla piangere. Maledicendosi mentalmente, il ragazzo pensò a un qualsiasi modo per consolarla o per, almeno, non dire la cosa sbagliata nel momento sbagliato, come spesso gli capitava. Stranamente, però, aveva la mente del tutto annebbiata.
 
Passarono alcuni istanti del tutto imbarazzanti per Ron, che per tutto il tempo era rimasto a fissare ammutolito lo schienale rosso cupo della poltrona, senza sapere cosa fare o dire.
 
Da dietro la poltrona continuavano a provenire suoni umidi che somigliavano terribilmente a singhiozzi, ma Ron faceva di tutto per ignorarli. Era già complicato stare nella stessa stanza con un’Hermione arrabbiata; ma se poi Hermione stava anche piangendo la situazione diventava pericolosamente complicata.
 
Tornò ad affacciarsi alla finestra, osservando il sole che brillava instancabilmente ed imperterrito. Gli altri studenti continuavano ancora a schiamazzare e Ron sentì una strana gelosia nei loro confronti; avrebbe dato tutti i pochi galeoni che si ritrovava in tasca pur di poter vivere un giorno normale, come tutti loro.
 
Ormai sembrava che la normalità non fosse più un termine consueto in quel periodo buio e minaccioso, costellato di frequenti attacchi di mangiamorte, vite stroncate e urla disperate. Eppure loro riuscivano ancora a farcela, riuscivano ancora inesorabilmente a non lasciar morire nell’angoscia la loro giovane vita, e continuavano a trascorrere la loro quotidianità in modo usuale.
 
Era questo che il ragazzo rimpiangeva ed invidiava: la capacità di saper affrontare le situazioni ancora con speranza, seppur con la consapevolezza di riconoscere che quel che si faceva era solo bendarsi gli occhi con illusioni e irrealtà.
 
Una volta avrebbe definito tutto questo puro egoismo, ma solo in quel momento capiva quando fosse importante continuare a sperare, ancora e ancora. E lui ora  voleva riuscirci, voleva davvero poter vivere, poter attraversare un giorno senza brutti pensieri, litigando con Hermione, scherzando con Harry, giocando a Quidditch, ascoltando i commenti maligni di Lavanda Brown e della sua fida scudiera Calì Patil, entrambe alleatesi contro di lui dopo che Ron aveva lasciato senza troppi preamboli la prima.
 
Il ragazzo sospirò. Non poteva, non poteva permetterselo. Non ora, non in quel momento, non lì, non ce la faceva, non aveva la forza per ribellarsi a quell’opprimibile cappa scura che gli serrava il petto.
 
O, perlomeno, non poteva da solo.
 
Ma per vincere aveva bisogno di certezze, necessitava di sentirsi dire solo la verità, perché non riusciva più a sopportare gli infiniti dubbi e le perplessità, anche dinnanzi alle questioni più stupide. O, perlomeno, che agli altri sembravano tali, ma che per lui rappresentavano tutto ciò che desiderava avere.
 
 
 
«Makes me wanna turn around and face me,
but I don't know nothing 'bout love»
 
 
 
Voltò con calma lo sguardo, fino ad incontrare lo schienale morbido della poltrona dove Hermione era ancora sprofondata. I singhiozzi si erano man mano affievoliti, e questo forse avrebbe facilitato un po’ le cose.
 
Ron si avvicinò a passi lenti, aggirando la poltrona, e si trovò poi faccia a faccia con Hermione, i suoi occhi limpidi e azzurri dentro quelli rossi di pianto e lucidi della ragazza.
 
Lei alzò tremante lo sguardo, cercando di evitare quello del ragazzo, ma invano, perché lui continuava a fissarla in silenzio.
 
Restarono così per un po’, poi, neanche a farlo apposta, aprirono entrambi la bocca e cominciarono a parlare contemporaneamente.
 
-Hermione…-
 
-Oh, Ron, scusami, scusami tanto. Sono davvero la stupida, ho detto delle cose orribile… e sono scoppiata così, a piangere… ma ho davvero i nervi a pezzi… i-io non intendevo… non volevo… non ce la faccio… io…-
 
Il ragazzo le poggiò un dito sulle labbra, zittendola con un’occhiata. Hermione non poté fare a meno di abbozzare un pallido sorriso, che mal si addiceva al suo aspetto emaciato e pallido.
 
-Prima io.- disse solo il ragazzo.
 
Hermione assentì piano, inclinando la testa in avanti.
 
-Ecco… è difficile da dire… e io non sono bravo a parole, lo sai bene- cominciò impacciato il ragazzo, fissandosi ostinatamente le mani. –Ma è molto importante… perlomeno per me lo è… non so per te… ecco… comunque…-
 
Hermione ridacchiò sommessamente. Adorava quando Ron si imbarazzava in quel modo e cominciava e sparare a raffica parole e frasi senza senso. Le dava una strana  - ma al tempo stesso calorosa -  sensazione familiare, le faceva pensare a quando, anni prima, potevano ancora godersi spensieratamente la vita, e passavano molto più tempo insieme, lei, Ron e Harry.
 
Ma dopo gli avvenimenti passati e le varie questioni personali, il rapporto tra di loro – tra lei e Ron, soprattutto – aveva subito una di quelle incrinature difficili da riparare, anche se ci si mette tutta la volontà possibile e immaginabile.
 
E loro due avevano litigato e litigato, ancora e ancora. Certo, litigare era il loro modo di stare insieme, ma in quel periodo – che incredibilmente risaliva solo a mesi prima, anche se sembravano essere passati solo pochi giorni – sembrava essere stata una cosa definitiva, irreversibile, uno di quei momenti in cui sai di dover fare una scelta che ti cambierà, e l’opportunità di giocarla o meno era nelle loro mani.
 
Ed era stata sprecata.
 
Per quanto tempo non si erano parlati, per quanti giorni lo aveva evitato e si era incessantemente ripetuta di odiarlo – benché lei per prima sapesse che non era vero -, e quante ore aveva passato a piangere, da sola, chiusa dietro le tende pesanti del suo baldacchino.
 
E cosa aveva portato tutto questo? Lavanda Brown. Una ragazza, una semplice quanto stupida ragazza, ma che era stata la tipica goccia che aveva fatto traboccare il vaso. E il vaso di Hermione era ormai strapieno, ed era inevitabile che traboccasse.
 
Ed ora Ron era lì, davanti a lei. Nessuna Lavanda Brown a portarglielo via – si erano mollati, alla fine -, nessun patetico pretesto per litigare.
 
Il suo amico – perché era questo ciò che era e ciò che sarebbe rimasto, Hermione se lo ripeteva come una cantilena dal giorno in cui lo aveva visto avvinghiato tra le spire di quell’oca della Brown – era lì. E voleva parlarle.
 
E lei non glie lo avrebbe permesso, perché temeva sarebbe successo quello che tutti – Harry per primo – prevedevano da tempo. Tutti tranne lei, perché anche lei aveva smesso di sperare, aveva capito che era inutile e quantomeno dannoso. Ed aveva finito per sancire un patto con se stessa, nel quale aveva promesso, aveva marchiato a fuoco il suo totale rifiuto del ragazzo.
 
Perché non poteva permettersi di amare ancora – segretamente, pericolosamente, speranzosamente -  Ronald Weasley.  
 
 
 
***
 
 
 
 
 
«Well, I didn't mean to do it
But there's no escaping your love»

 
 
 
Hermione fissò con un mezzo sorriso il punto in cui Harry era scomparso sotto il mantello dell’invisibilità. Era davvero in apprensione per lui. Cioè, aveva preso il Felix Felicis, e quella pozione risultava davvero miracolosa, ma… non era per niente convinta.
 
Sospirò, non sapendo cos’altro fare. Oramai era andata, e niente e nessuno sarebbero riusciti a convincere Harry.
 
La porta del dormitorio si aprì da sola – o almeno così sembrò – e dopo essersi assicurati che Harry fosse uscito, Ron e Hermione lo seguirono per le scale che portavano alla Sala Comune.
 
La ragazza non fece in tempo a scendere l’ultimo gradino che un grido le trapassò la testa come se fosse stata colpita da una pallottola invisibile.
 
-Che cosa ci facevi lassù con lei?-
 
Hermione sentì chiaramente il ragazzo imprecare sottovoce. Poi capì cosa ci fosse di tanto terribile.
 
A grandi falcate, si stava dirigendo verso di loro Lavanda Brown, i gomiti in fuori, il bel faccino deformato dalla rabbia.
 
Si fermò al centro della Sala, rivolgendoli un’occhiata di puro odio – Hermione pensò che fosse rivolta specialmente a lei – e impuntandosi sul suo metro e sessantacinque scarso.
 
All’inizio Hermione era rimasta palesemente sconvolta dalla reazione – esagerata – della ragazza, ma poi aveva capito il perché di tanta agitazione.
 
In effetti, vedere il tuo ragazzo e quella che dovrebbe essere la sua migliore amica uscire fuori dallo stesso dormitorio avrebbe fatto sorgere parecchi dubbi anche a un rimbambito come Neville, rifletté Hermione.
 
E capiva anche il perché della faccia terrorizzata di Ron: Lavanda era capace di diventare un vero mostro quando si infuriava.
 
Di certo il ragazzo non faceva niente per acquietarla. Se ne stava lì, impalato come uno stoccafisso, a farfugliare cose incomprensibili di cui nemmeno lui sapeva il significato.
 
-Allora, Ronald?- urlò Lavanda con quanto fiato aveva in corpo.
 
Hermione si sarebbe volentieri allontanata ma non avrebbe mai lasciato Ron in una tale condizione. Prevedeva dolori, di questo ne era certa: Lavanda aveva chiamato il ragazzo ‘Ronald’ e non con i soliti vezzeggiativi voltastomaco che spaziavano allegramente da ‘Ron-Ron’ a ‘Tesorino’.
 
-Gradirei una spiegazione. E possibilmente dettagliata!- il grido isterico della ragazza lasciò l’intera Sala Comune in silenzio. Ora tutti erano ben attenti a cosa succedeva e restii a tornare alle loro attività.
 
Persino Romilda Vane, che in quel momento era impegnata in uno dei suoi discorsi da presidentessa dello stimato Fan Club di Harry Potter, si zittì e volse avida le orecchie verso quell’insolito battibecco.
 
Anche se chiamarlo battibecco era un vero e proprio eufemismo.
 
-Ora,- continuò imperterrita Lavanda, infischiandosene chiaramente dell’attenzione di tutta la stanza, -non mi aspetto che tu mi racconti le fenomenali acrobazie della tua qui presente “amica”-
 
Hermione si sentì orribilmente avvampare. Ma cosa diavolo andava pensando?! Lei? Acrobazie? Ma era una cosa indicibile, impensabile! Impossibile! Insomma, come caspita poteva una persona dotata di cervello pensare a lei E Ron! Beh, non che Lavanda possedesse quella gran mente, ma anche lei… diamine! Era COSI’ evidente!
 
–Ma almeno pretendo che tu sia sincero con me. Non sono così stupida, sai? Non ci vuole il cervello della Granger per capirlo.-
 
 Lavanda era quasi sull’orlo delle lacrime, e Hermione si ritrovò a pensare che forse anche lei era umana e che un briciolo di cuore per provare pietà esisteva ancora.
 
-Allora, Ron? Lo ammetti davanti a tutti, o sarò costretta a darti il tempo per costruire una delle tue tante bugie? Cosa mi dirai ora? Che stavate dormendo, come quando venivo sempre a trovarti in infermeria?-
 
Hermione fece un sorriso forzato. Doveva davvero ammettere che Lavanda ce la sapeva fare con i melodrammi. Forse tutte quelle ore passate con Calì a leggere romanzetti rosa erano servite a qualcosa. Forse un giorno o l’altro qualche famoso regista si sarebbe accorto del talento nascosto di Lavanda. Forse tra qualche tempo Lavanda sarebbe diventata un’attrice di grande fama, avrebbe avuto ai piedi tutti gli uomini del mondo e avrebbe auto soldi e successo a palate con un battito delle sue lunghe ciglia.
 
Hermione cominciò a pentirsi di non aver chiesto per il suo quarto compleanno un set da piccola diva con tanto di specchio illuminato, invece che l’edizione speciale de  ‘Il mio primo abbecedario’.
 
Ma tanto oramai quel che era fatto era fatto. Lavanda avrebbe avuto una fuga romantica con Jude Law,, e lei sarebbe stata rilegata a vita in una polverosa e puzzolente biblioteca, o da sola a casa  a provare per la prima volta l’ebbrezza di vedere un film romantico-smielato.
 
E Ron avrebbe visto la sua poca dignità calpestata dalle spaventose scarpe rosa di Lavanda.
 
Perché Ron avrebbe sicuramente ammesso di non aver fatto niente, che erano capitati entrambi nello stesso metro quadro per puro caso e che gli dispiaceva tanto, tantissimo, ma che l’avrebbe capita se l’avesse mollato, perché lui era un essere ignobile e disgustoso e questa era la punizione che si meritava.
 
Perché Ron avrebbe detto tali cose, Hermione ne era certa. Dopotutto cosa poteva dire? Che presi da un’improvvisa ispirazione avevano deciso di esplorare l’uno l’anatomia dell’altra, perché non è mai troppo tardi per intraprendere una carriera medico-ginecologica?.
 
-ALLORA?-
 
Davvero, pensò Hermione, Lavanda doveva prendere dei calmanti, o la sua luminosa  carriera sarebbe stata distrutta da una lunga degenza in un ospedale psichiatrico, e Ron ne sarebbe stato il responsabile.
 
Hermione si voltò verso il ragazzo, ammiccando con lo sguardo verso Lavanda.
 
-Avanti, diccelo!- cercò di mormorare tra i denti, nella speranza che Ron avesse seguito un corso accelerato di lettura delle labbra.
 
E Ron, alla fine, sconfitto, al limite delle sue forze,si arrese.
 
E rispose.
 
 
 
 
«These lines of lightning
Mean we're never alone
»
 
 
 

Hermione tirò un sospiro di sollievo. Finalmente tutto sarebbe finito. Sì, Ron ne avrebbe sentite delle belle, e sarebbe stato martoriato, seviziato, torturato, forse anche ucciso dalla povera e turbata Lavanda Brown, ma almeno tutti avrebbero continuato la loro vita in santa pace – chi in biblioteca, chi a firmare autografi -, sorridenti e contenti.
 
La ragazza, felice come solo in quel momento poteva essere, seguì avidamente ogni singolo movimento delle labbra di Ron, ed ogni singolo istante si rallegrava come se avesse appena vinto una libreria fornita di ogni tipo di volume e enciclopedia.
 
Ma quando il ragazzo l’afferrò irruentemente con un braccio per la vita – tanto da fare concorrenza alla signora Weasley – e se l’appiccicò completamente al corpo, tutte le fantasie che Hermione si era fatta sulla sua intima casupola da bibliotecaria andarono a farsi benedire.
 
Ed era troppo occupata a seguire con lo sguardo la faccia di Lavanda che si tramutava letteralmente in un’espressione di sbalordimento e stupore, i suoi occhi strabuzzanti, ed aveva appena fatto in tempo ad annotarsi di chiederle se per caso avesse seguito un corso per corrispondenza per diventare Animagus, e si era appena accorta che la Sala Comune era totalmente gremita di gente.
 
Poi Ron la baciò.
 
 
 
«Come on, come on
If you feel a little lighter
Come on, come on
We were once upon a time in love
»
 
 
 
Hermione si passò una mano tra i capelli, che in quel momento sembravano aver appena deciso di vivere per conto proprio. Aveva il viso ancora accaldato e le guance le bruciavano da matti.
 
Forse aveva la febbre, uno di quei febbroni a quaranta che non ti permettono neanche di aprire gli occhi.
 
In questo caso sarebbe stato un grandissimo guaio perché si sarebbe persa il test di Difesa contro le Arti Oscure.
 
Chiuse gli occhi e li riaprì per mettere a fuoco la stanza in cui si trovava.
 
Il dormitorio maschile del sesto anno.
 
Le veniva proprio da ridere. Era appena uscita ed ecco che vi era rientrata.
 
Ah ah ah.
 
Era davvero buffo.
 
Si sedette sul pavimento e appoggiò la schiena al letto dietro di lei, inclinando la testa all’indietro.
 
Dei minuti precedenti aveva un vago ricordo. La prima cosa che ricordava, per esempio, era uno dei cappelli di lana che lei stessa  aveva cucito due anni prima per i poveri elfi della scuola buttato per terra. Era davvero orribile, aveva ragione Ron al quarto anno.
 
E poi altre cose di poco conto, come  le urla isteriche di Lavanda, il silenzio della sala e Ron che la trascinava completamente per le scale dei dormitori dopo aver detto qualcosa.
 
Qualcosa che suonava tipo –Ti ho appena riposto-.
 
Solo che non aveva la minima idea di cosa significasse.
 
Sentì la porta del dormitorio aprirsi di botto e uno scroscio di risate a seguire. Si mise a sedere composta. E arrossì. Irrimediabilmente, senza neanche sapere il perché, arrossì alla vista di Ronald Weasley che piombava nella stanza.
 
E poi ricordò un altro piccolo, insignificante particolare.
 
Ronald Weasley, colui che in quel momento le stava di fronte, l’aveva appena baciata. Davanti a tutti, davanti alla sua ragazza.
 
Anche se probabilmente la sua ragazza era appena diventata la sua EX-ragazza.
 
E, cosa da non dimenticare, l’aveva baciata.
 
Ronald Bilius Weasley aveva baciato Hermione Jane Granger.
 
Ron aveva baciato Hermione.
 
Ron e Hermione.
 
Si erano baciati.
 
E Hermione era LEI.
 
E Ron era LUI.
 
E si erano baciati.
 
Hermione si appuntò mentalmente di cominciare a prendere dei tranquillanti, perché potevano sempre tornare utili. Forse poteva chiedere a Lavanda la marca migliore. Ah, no, molto probabilmente Lavanda Brown l’avrebbe uccisa appena la sua insulsa presenza avrebbe oscurato la sua lussuriosa scia.
 
Allora avrebbe chiesto a Calì Patil.
 
-Sei ancora qui?-
 
Hermione scosse la testa e sorrise stupidamente. Ron stava parlando con lei. E si erano appena baciati, doveva ricordarlo.
 
-Sì, non mi vedi? Non mi pare mica di indossare il mantello dell’Invisibilità. No, ce l’ha Harry quello!-
 
Ron annuì, apparentemente tranquillo.
 
Come diavolo faceva ad apparire così calmo e impassibile?, si domandò la ragazza.
 
Poi notò che dietro la schiena si stava stritolando le mani e che le orecchie gli si erano tinte di rosso, come consueto.
 
-Senti, riguardo a poco fa…-
 
Hermione era tutto orecchie. Finalmente lui le avrebbe confessato il suo amore eterno, si sarebbero sposati, avrebbero fatto una grande cerimonia come mille invitati e sarebbero vissuti felici e contenti per il resto della loro vita.
 
-Io… scusa se sono stato così… sai, improvviso… accidentale… ma non potevo mica avvertirti… altrimenti il piano sarebbe andato all’aria.-
 
Hermione smise di sorridere e strabuzzò gli occhi.
 
-P-piano?- domandò.
 
-Sì. Okay, ammetto che è stato davvero uno stupido PIANO. Forse tu ne avresti trovato uno migliore… in effetti mi sembra sbalorditivo che sia riuscito perfettamente, dovevi vedere la faccia di Lavanda… ci è cascata del tutto… voglio dire, anche Dobby avrebbe capito che stavamo fingendo… e dovevi vederla quando le ho detto “Ti ho appena dato la risposta”! Cioè, si può essere più stupidi?- Ron rise, gli occhi cerulei gli si illuminarono.
 
Hermione avrebbe tanto voluto rispondere che Sì, si poteva esserlo, e che la prova vivente era davanti ai suoi occhi, ma si limitò ad abbozzare un sorriso, mentre lottava con se stessa per impedirsi di piangere.
 
Si congedò freddamente e corse nel suo dormitorio.
 
Appurato che fosse deserto, poté finalmente dare libero sfogo alle sue lacrime.
 
Si buttò sul suo letto e, senza nemmeno chiudere le tende, soffocò la faccia contro il cuscino, singhiozzando disperatamente.
 
 
 
«We're accidentally in love
Accidentally in love»


 
 
 
 
***

 

 
 
Hermione attendeva ancora che il ragazzo si decidesse a parlare.
 
Giurò a se stessa che se non si fosse mosso, gli sarebbe saltata addosso e Dio solo sa cosa gli avrebbe fatto.
 
No, stava degenerando.
 
Se non si fosse mosso se ne sarebbe andata nella sua stanza e avrebbe atteso il ritorno di Harry sfogliando qualche libro. Niente di complesso, giusto una lettura leggera. Magari poteva dare una scorta all’ultima edizione del ‘Manuale per la fertilizzazione avanzata’ di Manola Handung.
 
Okay, era una situazione seria, ora doveva concentrarsi.
 
Non capiva proprio come poteva ridicolizzare tutto anche in una questione spinosa come quella.
 
Ma visto che Ron non si decideva e lei odiava aspettare, prese le briglie della situazione.
 
-Allora, Ronald. Basta che metti in fila rispettivamente Soggetto, predicato e complemento, e il gioco è fatto. Dai, forza, non ci vuole chissà quale laurea! Anche Lavanda Brown ci riuscirebbe.-
 
Accidenti! Perché tra tutte le trecento ragazze di Hogwarts doveva sempre nominare quell’oca giuliva?
 
Si morse la lingua, sperando che il ragazzo fosse stato colpito da sordità temporanea durante l’ultimo minuto.
 
Ma Ron aveva alzato lo sguardo, un sopraciglio inarcato e un guizzo tra il divertito e il malizioso negli occhi.
 
O caspita! Doveva sempre peggiorare le cose. Non poteva starsene zitta e basta?
 
-D-dicevo…- soggiunse nel vano tentativo di salvare la situazione. –è davvero facile, basta che…-
 
-Io non ti odio.-
 
Hermione restò a bocca aperta, boccheggiando come un pesce in cerca di ossigeno.
 
-Ah… Cosa?- chiese, balbettando.
 
-Io. Non. Ti. Odio.-
 
-Oh, beh… grazie.-
 
Hermione sorrise forzatamente. Grazie?!?
 
-Oh… prego- fece Ron, vistosamente confuso.
 
-Voglio dire… neanche io.- riprese Hermione, stringendo i denti.
 
-Prima sembravi convinta del contrario- osservò il ragazzo.
 
Hermione socchiuse la bocca in cerca di parole, ma in quel momento avrebbe mille volte preferito sotterrarsi che trovarsi in quella situazione spiacevolmente imbarazzante.
 
-Ecco, devi sapere che io talvolta faccio o dico delle cose così stupide, ma così stupide che faccio fatica anche io a crederci.- iniziò la ragazza, trovando un’improvvisa ispirazione. –Voglio dire… anche Dobby avrebbe capito che stavo fingendo, no? Ti credevo più sagace, Ronald. Dovevi vedere la tua faccia quando ho detto quelle cose… Cioè, si può essere più stupidi?-
 
Hermione lo fissò sorridendo quasi in modo maniacale. Solo in quell’istante si era accorta delle parole che aveva appena detto, che erano uguali, identiche spiccicate a quelle che le aveva detto il ragazzo poco tempo fa.
 
Ancora una volta si rispose da sola a quella domanda retorica ma al tempo stesso tanto prevedibile.
 
La stupida era sempre e solamente lei.
 
Era talmente stupida che non si era accorta assolutamente che Ron stava sorridendo, questa volta divertito da tutta quella situazione. E per la seconda volta si stava avvicinando a lei, per la seconda volta l’aveva fatta alzare con la forza e l’aveva stretta a se, aderendola perfettamente al suo corpo.
 
Ed era talmente stupida che non si era accorta che Ron la stava baciando.
 
Ma, questa volta, non accidentalmente.
 
 
                                     
«Come on, come on
Just get yourself inside her love
»

 
 
   
 
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