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Autore: braver than nana    16/05/2011    1 recensioni
«Scommetto che ti è piaciuto, non è vero, Potter?».
Riconobbe quella voce ancor prima di poter mettere a fuoco la sua figura, slanciata e vestita di scuro, che gli dava le spalle e con un grosso libro in mano. I capelli biondi, più corti dell’ultima volta che l’aveva visto, lasciavano scoperte le orecchie e, all’ombra degli scaffali, sembravano più scuri di quanto fossero in realtà.
«Da morire, » rispose con sarcasmo «adoro quando mi rincorrono brandendo foto e cioccolatini.» {Drarry post guerra}
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Il trio protagonista | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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A Shari , che non può parlare e che ha bisogno di qualcosa da fare, e a me che devo farmi perdonare per essere un’amica così assente.

 

Braver.

Next time I’ll be braver
I’ll be my own savior
And if I’m the cause for me
Next time I’ll be braver


1.       Ghirigoro.

 Erano passati anni, erano guarite ferite che avevano lasciato cicatrici, persone erano morte scavando dolori ancora più profondi e, anche se la scuola era finita da tempo, Harry Potter era ancora lo stesso ragazzo di sempre. Da quando la seconda guerra magica si era conclusa con la vittoria della sua fazione, la sua vita non era cambiata più di tanto; infondo era già abituato ad avere lo sguardo della gente addosso, le loro pressioni e aspettative gravanti sulle sue spalle, e anche se questa volta Voldemort era stato sconfitto definitivamente lui rimaneva per la comunità magica Il prescelto che non poteva camminare per le strade di Londra -o  qualsiasi altro posto del suo mondo- senza essere adocchiato o magari fermato per una stretta di mano o un autografo. All’inizio aveva sperato che dopo un paio di anni la gente si sarebbe stancata, che senza la cicatrice e con il peso degli anni che avanzavano anche sul suo volto avrebbero smesso di riconoscerlo, ma in realtà più il tempo passava più la cosa peggiorava.
Hermione gli aveva proposto di provare a camuffarsi -un paio di occhiali da sole, o un cappello- ma lui si era sempre rifiutato nonostante avesse bisogno di fare pratica per l’esame di Occultamento e Travestimento all’addestramento Auror. Quando poi iniziò a suggerire incantesimi per trasfigurare il naso o la forma delle orecchie era stato molto tentato di mandarla a quel paese, riuscì a trattenersi solo pensando molto intensamente a quanto bene le volesse e alle sue buone intenzioni. Le rispose con un semplicissimo «Mi piace il mio naso Hermione, non lo cambierò perché la gente non sa farsi i fatti propri.».
Lei, che con gli anni non aveva perso la sua proverbiale arguzia, aveva intuito subito la non poi così sottile metafora nascosta in quella frase e Ron, che ascoltava distrattamente la conversazione, s’intromise con un confuso «Anche a me piace il tuo naso, amico» che fece sorridere i due.
C’erano momenti in cui però avrebbe voluto infischiarsene, di tutti quei discorsi sulla voglia di mantenere normale la sua vita e dell’orgoglio, infilarsi un cappello di lana nonostante la stagione calda alle porte, farsi allungare i  capelli con chissà quale incantesimi ed essere libero di andare a mangiare un benedetto gelato a tre gusti al bar di Florian Fortebraccio senza essere inseguito da strani individui, un incrocio venuto male tra Romilda Vane e Colin Canon con in una mano la macchina fotografica e un pacco sospetto di cioccolatini nell’altra.
Cercò di non badare alla stretta allo stomaco che il nome del piccolo Grifondoro gli aveva causato, provando a concentrarsi sulle possibili spie che potevano esserci tra i suoi amici. Come facevano a sapere che sarebbe stato a Diagon Alley? L’idea che quella specie di fan-club fosse appostato lì tutti i giorni in attesa di una sua apparizione gli fece accapponare la pelle e cercò di scacciarla il più in fretta possibile.
Entrò velocemente nel primo negozio vuoto che vide quando gli sembrò di averli seminati -infondo non aveva superato a pieni voti Segretezza e Inseguimento per nulla- e appena si chiuse alle spalle la porta a vetri si lasciò andare in un sospiro rumoroso. Aprì gli occhi che aveva chiuso incondizionatamente e solo allora si rese conto di essere entrato nella libreria magica nel quale aveva comprato i libri per tutti gli anni di Hogwarts. Non era mai stato dentro il Ghirigoro per altri acquisti e non lo aveva mai visto così ordinato e silenzioso. Libri grossi e pelosi, accatastati su un tavolo nel fondo della stanza, gli ricordarono il testo scolastico che Hagrid aveva fatto comprare alla sua classe durante il suo mandato come professore di Cura delle Creature Magiche e quando uno si mosse con un ringhio, decise che avrebbe decisamente preferito esplorare il piano superiore. Solo quando mise il primo piede sul primo scalino della rampa, si accorse che nel negozio non era solo come aveva pensato.
«Scommetto che ti è piaciuto, non è vero, Potter?».
Riconobbe quella voce ancor prima di poter mettere a fuoco la sua figura, slanciata e vestita di scuro, che gli dava le spalle e con un grosso libro in mano. I capelli biondi, più corti dell’ultima volta che l’aveva visto, lasciavano scoperte le orecchie e, all’ombra degli scaffali, sembravano più scuri di quanto fossero in realtà.
«Da morire, » rispose con sarcasmo «adoro quando mi rincorrono brandendo foto e cioccolatini.»
Lui scosse leggermente le spalle e Harry suppose che stesse ridendo. Sperò si girasse per guardarlo mentre sorrideva ma quando si voltò sul suo viso non era rimasta che l’ombra di un ghigno. Gli occhi color ghiaccio si piantarono nei suoi e lui ebbe la sensazione di aver già vissuto quella scena e in un lampo gli tornò alla mente quella giornata di dieci anni prima, quando erano piccoli e inconsapevoli, circondati da una moltitudine di persone, e nella quale si svolgeva una conversazione assurdamente simile.
Probabilmente Draco Malfoy aveva fatto quell’associazione molto prima visto che aveva usato le stesse parole di quel giorno, anche se il suo tono era leggermente diverso. Harry scese il piede e fece un passo indietro allontanandosi dalle scale e il più grande iniziò a scenderle elegantemente proprio come quella volta, accarezzando con la punta delle dita il corrimano.
Non gli chiese cosa ci facesse in quel posto, era una domanda insensata nonostante fosse la prima che gli era venuta in mente, e quindi rimase in silenzio fino a quando non si trovarono a un passo l’uno dall’altro.
«Come stai?» disse all’improvviso. Il volto aristocratico di Malfoy non si scompose più di tanto ma inarcò un sopracciglio come se fosse l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di sentire e interruppe il contatto visivo per avvicinarsi al bancone sul quale erano poggiati i volumi pelosi e suonò un campanello che si trovava nascosto dietro alcuni libri.
«Bene.» strascicò con la sua solita voce un po’ cupa. Nonostante fossero passati ben cinque anni Draco non era poi cambiato molto, si era alzato ancora di qualche centimetro diventando assurdamente più alto di lui ed erano scomparse quelle occhiaie scure che avevano segnato il suo viso diafano per gli ultimi due anni a scuola, ma era ancora lo stesso ragazzo -lo stesso uomo- dei tempi di Hogwarts.
Da una delle porte dietro il tavolo uscì poi un ometto tutto trafelato che si avvicinò al ragazzo che gli porse il libro con naturalezza.
«Lo prendo in prestito.»
«Certo signor Malfoy. È arrivato anche quel libro di Newton Scamandro sulla diffusione dei Kelpie nel nord della Scozia che mi avevate chiesto. Però è ancora in magazzino.»
«Non si preoccupi, lo prenderò la prossima volta.»
Gli porse delle monete argentate e solo dopo averle contate e sistemate in una cassa magica un po’ antiquata che fece molta confusione, il mago-commesso alzò lo sguardo su Harry che aveva assistito a tutto con molta attenzione, incuriosito da quella scenetta così tranquilla che aveva un non so ché di abitudinario, come se Draco avesse ripetuto tutto quello molte volte.
«Ha bisogno di qualcosa, signor Potter?»
Si riscosse subito dai suoi pensieri e guardò la persona dietro il bancone appurando senza stupirsi il fatto che, nonostante non l’avesse mai visto, lui sapeva già il suo nome. Probabilmente il negozio aveva cambiato gestione o forse era un parente del vecchietto che aveva sempre visto al suo interno. Quello lo stava guardando con uno sguardo strano, un misto tra il reverenziale e l’intimorito, quasi avesse anche lui paura di un’imminente invasione di fan urlanti in quella tranquilla libreria.
«Ehm, no… Io veramente sarei entrato per…» per quanto stesse cercando di sforzarsi per trovare una scusa plausibile non gli veniva niente in mente e quindi decise, con un sospiro, di dire la verità «In realtà scappavo, ma credo che mi farò un giro.»
L’ometto gli sorrise mostrando una fila di denti sgangherati e con un inchino un po’ troppo profondo salutò per poi scomparire nuovamente nel retrobottega.
Draco, che era rimasto in un angolo in silenzio, fece qualche passo verso la porta come se avesse intenzione di andare via ma si fermò improvvisamente quando fu a poca distanza da Harry che si guardava ancora attorno un po’ spaesato.
«Se non sai da dove iniziare a guardare perché non dai un’occhiata al settore interamente dedicato alle tue imprese Potter?»
«C’è un settore su di me?» chiese allarmato, spalancando gli occhi verdi e iniziando a far vagare lo sguardo più velocemente nella sala con la seria intenzione di dare fuoco a ogni copia della sua biografia non autorizzata di Rita Skeeter o almeno di dare fondo a tutti i galeoni che aveva nella sua camera blindata alla Gringott per farli scomparire. Il dito indice magro e pallido di Draco indicò poi una colonna a prima impressione anonima di libri colorati nel quale però riconobbe una sua vecchia foto che cercava di scappare dalla cornice di una delle copertine rosso brillante. Sul suo volto apparve una smorfia quando si accorse di quanti fossero in realtà le varie edizioni stampate e desiderò intensamente una sedia o magari una bella poltrona come quella della sala comune di Grifondoro per affondare nella disperazione. Magicamente uno sgabello un po’ traballante apparve alle sue spalle e senza pensarci due volte vi si appoggiò sfilandosi gli occhiali e iniziando a massaggiarsi le tempie.
«Non sono mai stato molto bravo in Trasfigurazione.»
«È perfetta, grazie Malfoy.»
Alzò il volto guardando con gratitudine il ragazzo che si era appoggiato allo stipite della porta con la bacchetta già nel doppiopetto del cappotto e le braccia incrociate. Lo stava osservando circospetto con un sorriso divertito e il volto piegato verso sinistra come se in quella posizione riuscisse a vedere qualcosa di più, qualcosa di meglio.
«Sai una cosa Malfoy? Non so cosa tu abbia sempre pensato ma non è bello. Tutto questo non è assolutamente bello.»
La risata di Draco, che riempì inaspettatamente la sala era strana, un po’ cantilenante come la sua parlata, ma comunque chiara e affascinante soprattutto per chi non aveva mai avuto l’occasione di esserne diretto testimone prima. Per un certo periodo Harry era stato convinto che non ne fosse semplicemente capace ma dopo una fortunata partita Serpeverde contro Tassorosso, vinta dalla squadra verde-argento grazie alla conquista del boccino acciuffato dall’ormai brevettato cercatore, aveva notato nella confusione dei festeggiamenti la prima risata sincera apparire sul suo volto di tredicenne.
Era uno spettacolo vederlo sorridere senza che la cattiveria predominasse su tutto il resto, sulle sue guance appariva un’ombra rosata e si venivano a creare due piccole fossette ai lati della bocca.
«Ne go una copia a casa, di Vita, morte e miracoli del Salvatore. Me lo ha regalato Pansy per Natale e devo dire che è stata una lettura molto entusiasmante.»
«Perché mi fai questo?»
Si stava divertendo a vederlo immerso nella sua disperazione un po’ esagerata e girare il coltello nella piaga. L’ultima cosa che si sarebbe aspettato era che nella biblioteca di Malfoy Manor ci fosse quel libro senza senso che un Grifondoro qualche anno più grande di lui aveva scritto un paio di mesi dopo la disfatta di Voldemort. Hermione, che aveva iniziato a collezionare tutti i libri che parlavano di lui lo aveva definito il più oltraggioso e quando gli aveva fatto leggere qualche passaggio non aveva potuto far altro che essere d’accordo con lei. Lotto contro moltitudini di draghi e mostri a tre teste, racconti delle sue vicende amorose da far concorrenza al Settimanale delle Streghe che si divertiva a far uscire improbabili flirt almeno una volta a settimana e ipotetiche confessioni riguardo la battaglia finale di Hogwarts.
«Ho adorato soprattutto quando nel capitolo dodici racconti del tuo incontro clandestino con Mirtilla Malcontenta nei gabinetti della Stamberga Strillante.»
«Quel posto neanche ce li ha i bagni!» sbottò infastidito dal pensiero di quel libro, alzandosi dallo sgabello che con un ‘pop’ ritornò il fermaporta che Draco aveva trasfigurato, per poi rinfilarsi la montatura sottile degli occhiali sul naso. Si avvicinò al piccolo santuario che gli avevano dedicato nel negozio e fissò il sé stesso di circa sette anni prima, con ancora il braccio di Silente sulla spalla e il Ministero come sfondo. Conosceva fin troppo bene quella foto, era stata sui giornali per mesi dopo lo scandalo all’Ufficio Misteri  e all’arresto di diversi Mangiamorte tra cui anche Malfoy senior. Per gli anni successivi il figlio era stato ancora più arrabbiato e cattivo con lui per quel motivo e perfino in quel momento non sapeva se Draco lo avesse mai perdonato, se avesse compreso che quella era stata una punizione giusta e che Harry era sempre stato dalla parte buona dello scontro. Rimase qualche istante a fissare la mano dell’ex preside stringergli la spalla affogando ancora un po’ nella tristezza che lo accerchiava quando ripensava al suo mentore ed amico.
Era stato doloroso accettare la sua scomparsa, la sua come quella di tutte le persone care che nella guerra si erano sacrificate -flash dei momenti a scuola passati con Fred, delle passeggiate con Remus, delle chiacchierate buffe di Tonks o dei silenzi carichi di significato di Sirius gli annebbiarono per un istante la vista- e chissà quante persone aveva perso Draco, quante ne aveva viste morire. Suo padre era tornato in prigione ma da quello che era riuscito a capire Narcissa Black era stata scagionata così come Draco soprattutto grazie alla sua testimonianza sugli eventi accaduti nella Foresta Proibita, inoltre aveva perso sua zia e il suo mentore.
Nuovamente, nello stesso punto in cui per la prima volta Harry aveva avvertito il bisogno, sentì che avrebbe voluto avere una maggiore confidenza con il Serpeverde, che sarebbe stato bello ed gratificante poter parlare con lui, confidarsi magari e mettere a confronto le loro esperienze, perché nonostante la maggior parte del peso di quella guerra pesasse su di lui erano innumerevole le vittime nel mondo magico che ancora ne scontavano le conseguenze. Eppure nessuno sarebbe stato ad ascoltarlo, lui era il Salvatore e non doveva aver bisogno di sfogarsi, non doveva essere stanco di quella popolarità forzata, non poteva piangere, spaccare tutto o lamentarsi. Non avrebbe dovuto avere quei terribili incubi la notte che gli ricordavano che era un assassino e che se la cicatrice era sparita tutto il resto era ancora lì, vivo e doloroso.
Strinse talmente forte i pugni che avrebbe potuto conficcarsi le unghie nella carne fino a sanguinare. Neanche i suoi migliori amici erano aperti a questo tipo di dialogo, lo vedeva nei loro occhi pieni d’orgoglio e di apprensione, e le uniche persone che avrebbe voluto vicino in quei momenti purtroppo erano irraggiungibili. Il suo padrino di sicuro avrebbe saputo cosa dire perché conosceva la solitudine e la prigionia e con un solo abbraccio, magari un po’ imbarazzato ma sincero, sarebbe riuscito a trasmettergli tutta la forza per andare avanti. E Silente lo avrebbe ascoltato, guardato con i suoi occhi tristi e velatamente azzurri attraverso quegli occhiali a mezza luna e avrebbe placato ogni paura con qualche frase saggia, detta al momento giusto con la sua voce calma e giusta che lo avrebbe fatto sentire confuso ma sollevato.
All’improvviso, quando un se stesso in una delle fotografie iniziò a scuotere una mano per farlo riprendere, si accorse di essere rimasto fermo e zitto per troppo tempo. Si voltò verso la porta ma non punto in cui aveva visto Draco l’ultima volta, c’era solo la sua assenza. L’orologio segnava le dodici meno venti -sarebbe dovuto essere già per strada verso casa di Ron e Hermione che l’avevano invitato per pranzo-, era più di un’ora che era in quel negozio e non aveva voglia di comprare qualcosa, reclamava ancora quel gelato per cui era uscito e voleva che quel biondino slavato con le mani più bianche e nervose che avesse mai visto ritornasse nel Ghirigoro per dargli la possibilità di dirgli tutto quello che aveva pensato nell’ultima mezz’ora, voleva parlare con lui e avere finalmente la possibilità di conoscerlo.
Sospirò per la terza volta e si avvicinò alla porta di vetro. Il suono del campanello appeso allo stipite riempì l’aria e quando appoggiò una mano sul punto in cui Malfoy si era appoggiato, si accorse che era ancora caldo.

 

 
Allora. Punto primo: questo primo capitolo s’ispira a questa fic che rivede la scena all’interno del Ghirigoro all’inizio del secondo libro. Punto secondo: sono super emozionata per questa storia che ho scritto nel giro di sei ore (ovvero tutta una giornata scolastica ignorando del tutto filosofia, storia, supplenza, matematica, fisica e sistemi) e che sto già progettando ben benino nella mia mente. Per ora non so quanto potrà andare spedita, la scuola sta finendo e devo recuperare qualcosa come, ehm, quattro materie, quindi per quanto io ami Harry Potter, viene prima la promozione.
Sarà una Drarry ma credo che dentro ci butterò un po’ di tutto e spero di riuscire a portarla a termine.
Un bacio, Nacchan.

P.S. la canzone iniziale è Turning Tables di Adele e anche il titolo prende leggero spunto da questa. Così come il mio nuovo/prossimo nick.

   
 
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