A Shari ♥, che non può parlare e che ha bisogno di qualcosa da fare, e a me che devo farmi perdonare per essere un’amica così assente.
Next time I’ll be
braver
I’ll be my own
savior
And if I’m the
cause for me
Next time I’ll be
braver
1.
Ghirigoro.
Hermione gli aveva proposto di
provare a camuffarsi -un paio di occhiali da sole, o un cappello- ma
lui si era
sempre rifiutato nonostante avesse bisogno di fare pratica per
l’esame di
Occultamento e Travestimento all’addestramento Auror. Quando
poi iniziò a
suggerire incantesimi per trasfigurare il naso o la forma delle
orecchie era
stato molto tentato di mandarla a quel paese, riuscì a
trattenersi solo
pensando molto intensamente a
quanto
bene le volesse e alle sue buone intenzioni. Le rispose con un
semplicissimo «Mi piace il mio naso
Hermione, non lo
cambierò perché la gente non sa farsi i fatti
propri.».
Lei, che con gli anni non
aveva perso la sua proverbiale arguzia, aveva intuito subito la non poi
così
sottile metafora nascosta in quella frase e Ron, che ascoltava
distrattamente
la conversazione, s’intromise con un confuso «Anche a me piace il tuo naso, amico»
che fece sorridere i due.
C’erano momenti in cui però
avrebbe voluto infischiarsene, di tutti quei discorsi sulla voglia di
mantenere
normale la sua vita e
dell’orgoglio,
infilarsi un cappello di lana nonostante la stagione calda alle porte,
farsi
allungare i capelli
con chissà quale
incantesimi ed essere libero di andare a mangiare un benedetto gelato a
tre
gusti al bar di Florian Fortebraccio senza essere inseguito da strani
individui, un incrocio venuto male tra Romilda Vane e Colin Canon con
in una
mano la macchina fotografica e un pacco sospetto di cioccolatini
nell’altra.
Cercò di non badare alla
stretta allo stomaco che il nome del piccolo Grifondoro gli aveva
causato,
provando a concentrarsi sulle possibili spie che potevano esserci tra i
suoi
amici. Come facevano a sapere che sarebbe stato a Diagon Alley?
L’idea che
quella specie di fan-club fosse appostato lì tutti i giorni
in attesa di una
sua apparizione gli fece accapponare la pelle e cercò di
scacciarla il più in
fretta possibile.
Entrò velocemente nel primo
negozio vuoto che vide quando gli sembrò di averli seminati
-infondo non aveva
superato a pieni voti Segretezza e Inseguimento per nulla- e appena si
chiuse
alle spalle la porta a vetri si lasciò andare in un sospiro
rumoroso. Aprì gli
occhi che aveva chiuso incondizionatamente e solo allora si rese conto
di
essere entrato nella libreria magica nel quale aveva comprato i libri
per tutti
gli anni di Hogwarts. Non era mai stato dentro il Ghirigoro per altri
acquisti
e non lo aveva mai visto così ordinato e silenzioso. Libri
grossi e pelosi,
accatastati su un tavolo nel fondo della stanza, gli ricordarono il
testo
scolastico che Hagrid aveva fatto comprare alla sua classe durante il
suo
mandato come professore di Cura delle Creature Magiche e quando uno si
mosse
con un ringhio, decise che avrebbe decisamente preferito esplorare il
piano
superiore. Solo quando mise il primo piede sul primo scalino della
rampa, si
accorse che nel negozio non era solo come aveva pensato.
«Scommetto che ti è piaciuto,
non è vero, Potter?».
Riconobbe quella voce ancor
prima di poter mettere a fuoco la sua figura, slanciata e vestita di
scuro, che
gli dava le spalle e con un grosso libro in mano. I capelli biondi,
più corti
dell’ultima volta che l’aveva visto, lasciavano
scoperte le orecchie e,
all’ombra degli scaffali, sembravano più scuri di
quanto fossero in realtà.
«Da morire, » rispose con
sarcasmo «adoro quando mi rincorrono brandendo foto e
cioccolatini.»
Lui scosse leggermente le
spalle e Harry suppose che stesse ridendo. Sperò si girasse
per guardarlo
mentre sorrideva ma quando si voltò sul suo viso non era
rimasta che l’ombra di
un ghigno. Gli occhi color ghiaccio si piantarono nei suoi e lui ebbe
la
sensazione di aver già vissuto quella scena e in un lampo
gli tornò alla mente
quella giornata di dieci anni prima, quando erano piccoli e
inconsapevoli,
circondati da una moltitudine di persone, e nella quale si svolgeva una
conversazione assurdamente simile.
Probabilmente Draco Malfoy
aveva fatto quell’associazione molto prima visto che aveva
usato le stesse
parole di quel giorno, anche se il suo tono era leggermente diverso.
Harry
scese il piede e fece un passo indietro allontanandosi dalle scale e il
più
grande iniziò a scenderle elegantemente proprio come quella
volta, accarezzando
con la punta delle dita il corrimano.
Non gli chiese cosa ci facesse
in quel posto, era una domanda insensata nonostante fosse la prima che
gli era
venuta in mente, e quindi rimase in silenzio fino a quando non si
trovarono a
un passo l’uno dall’altro.
«Come stai?» disse
all’improvviso. Il volto aristocratico di Malfoy non si
scompose più di tanto
ma inarcò un sopracciglio come se fosse l’ultima
cosa che si sarebbe aspettato
di sentire e interruppe il contatto visivo per avvicinarsi al bancone
sul quale
erano poggiati i volumi pelosi e suonò un campanello che si
trovava nascosto
dietro alcuni libri.
«Bene.» strascicò con la sua solita
voce un po’ cupa. Nonostante fossero passati ben cinque anni
Draco non era poi
cambiato molto, si era alzato ancora di qualche centimetro diventando
assurdamente più alto di lui ed erano scomparse quelle
occhiaie scure che
avevano segnato il suo viso diafano per gli ultimi due anni a scuola,
ma era
ancora lo stesso ragazzo -lo stesso uomo- dei tempi di Hogwarts.
Da una delle porte dietro il
tavolo uscì poi un ometto tutto trafelato che si
avvicinò al ragazzo che gli
porse il libro con naturalezza.
«Lo prendo in prestito.»
«Certo signor Malfoy. È
arrivato anche quel libro di Newton Scamandro sulla diffusione dei
Kelpie nel
nord della Scozia che mi avevate chiesto. Però è
ancora in magazzino.»
«Non si preoccupi, lo prenderò
la prossima volta.»
Gli porse delle monete
argentate e solo dopo averle contate e sistemate in una cassa magica un
po’
antiquata che fece molta confusione, il mago-commesso alzò
lo sguardo su Harry
che aveva assistito a tutto con molta attenzione, incuriosito da quella
scenetta così tranquilla che aveva un non so ché
di abitudinario, come se Draco
avesse ripetuto tutto quello molte volte.
«Ha bisogno di qualcosa,
signor Potter?»
Si riscosse subito dai suoi
pensieri e guardò la persona dietro il bancone appurando
senza stupirsi il fatto
che, nonostante non l’avesse mai visto, lui sapeva
già il suo nome.
Probabilmente il negozio aveva cambiato gestione o forse era un parente
del
vecchietto che aveva sempre visto al suo interno. Quello lo stava
guardando con
uno sguardo strano, un misto tra il reverenziale e
l’intimorito, quasi avesse
anche lui paura di un’imminente invasione di fan urlanti in
quella tranquilla
libreria.
«Ehm, no… Io veramente sarei
entrato per…» per quanto stesse cercando di
sforzarsi per trovare una scusa
plausibile non gli veniva niente in mente e quindi decise, con un
sospiro, di
dire la verità «In realtà scappavo, ma
credo che mi farò un giro.»
L’ometto gli sorrise mostrando
una fila di denti sgangherati e con un inchino un po’ troppo
profondo salutò
per poi scomparire nuovamente nel retrobottega.
Draco, che era rimasto in un
angolo in silenzio, fece qualche passo verso la porta come se avesse
intenzione
di andare via ma si fermò improvvisamente quando fu a poca
distanza da Harry
che si guardava ancora attorno un po’ spaesato.
«Se non sai da dove iniziare a
guardare perché non dai un’occhiata al settore
interamente dedicato alle tue
imprese Potter?»
«C’è un settore su di me?»
chiese allarmato, spalancando gli occhi verdi e iniziando a far vagare
lo
sguardo più velocemente nella sala con la seria intenzione
di dare fuoco a ogni
copia della sua biografia non autorizzata di Rita Skeeter o almeno di
dare
fondo a tutti i galeoni che aveva nella sua camera blindata alla
Gringott per
farli scomparire. Il dito indice magro e pallido di Draco
indicò poi una
colonna a prima impressione anonima di libri colorati nel quale
però riconobbe
una sua vecchia foto che cercava di scappare dalla cornice di una delle
copertine rosso brillante. Sul suo volto apparve una smorfia quando si
accorse
di quanti fossero in realtà le varie edizioni stampate e
desiderò intensamente
una sedia o magari una bella poltrona come quella della sala comune di
Grifondoro per affondare nella disperazione. Magicamente uno sgabello
un po’
traballante apparve alle sue spalle e senza pensarci due volte vi si
appoggiò
sfilandosi gli occhiali e iniziando a massaggiarsi le tempie.
«Non sono mai stato molto
bravo in Trasfigurazione.»
«È perfetta, grazie Malfoy.»
Alzò il volto guardando con
gratitudine il ragazzo che si era appoggiato allo stipite della porta
con la
bacchetta già nel doppiopetto del cappotto e le braccia
incrociate. Lo stava
osservando circospetto con un sorriso divertito e il volto piegato
verso
sinistra come se in quella posizione riuscisse a vedere qualcosa di
più,
qualcosa di meglio.
«Sai una cosa Malfoy? Non so
cosa tu abbia sempre pensato ma non è bello. Tutto questo
non è assolutamente
bello.»
La risata di Draco, che riempì
inaspettatamente la sala era strana, un po’ cantilenante come
la sua parlata,
ma comunque chiara e affascinante soprattutto per chi non aveva mai
avuto l’occasione
di esserne diretto testimone prima. Per un certo periodo Harry era
stato
convinto che non ne fosse semplicemente capace ma dopo una fortunata
partita
Serpeverde contro Tassorosso, vinta dalla squadra verde-argento grazie
alla
conquista del boccino acciuffato dall’ormai brevettato
cercatore, aveva notato
nella confusione dei festeggiamenti la prima risata sincera apparire
sul suo
volto di tredicenne.
Era uno spettacolo vederlo
sorridere senza che la cattiveria predominasse su tutto il resto, sulle
sue
guance appariva un’ombra rosata e si venivano a creare due
piccole fossette ai
lati della bocca.
«Ne go una copia a casa, di Vita,
morte e miracoli del Salvatore. Me
lo ha regalato Pansy per Natale e devo dire che è stata una
lettura molto
entusiasmante.»
«Perché mi fai questo?»
Si stava divertendo a vederlo
immerso nella sua disperazione un po’ esagerata e girare il
coltello nella
piaga. L’ultima cosa che si sarebbe aspettato era che nella
biblioteca di
Malfoy Manor ci fosse quel libro senza senso che un Grifondoro qualche
anno più
grande di lui aveva scritto un paio di mesi dopo la disfatta di
Voldemort.
Hermione, che aveva iniziato a collezionare tutti i libri che parlavano
di lui
lo aveva definito il più oltraggioso e quando gli aveva
fatto leggere qualche
passaggio non aveva potuto far altro che essere d’accordo con
lei. Lotto contro
moltitudini di draghi e mostri a tre teste, racconti delle sue vicende
amorose
da far concorrenza al Settimanale delle
Streghe che si divertiva a far uscire improbabili flirt
almeno una volta a
settimana e ipotetiche confessioni riguardo la battaglia finale di
Hogwarts.
«Ho adorato soprattutto quando
nel capitolo dodici racconti del tuo incontro clandestino con Mirtilla
Malcontenta nei gabinetti della Stamberga Strillante.»
«Quel posto neanche ce li ha i
bagni!» sbottò infastidito dal pensiero di quel
libro, alzandosi dallo sgabello
che con un ‘pop’ ritornò il fermaporta
che Draco aveva trasfigurato, per poi
rinfilarsi la montatura sottile degli occhiali sul naso. Si
avvicinò al piccolo
santuario che gli avevano dedicato nel negozio e fissò il
sé stesso di circa
sette anni prima, con ancora il braccio di Silente sulla spalla e il
Ministero
come sfondo. Conosceva fin troppo bene quella foto, era stata sui
giornali per
mesi dopo lo scandalo all’Ufficio Misteri
e all’arresto di diversi Mangiamorte tra cui
anche Malfoy senior. Per
gli anni successivi il figlio era stato ancora più
arrabbiato e cattivo con lui
per quel motivo e perfino in quel momento non sapeva se Draco lo avesse
mai
perdonato, se avesse compreso che quella era stata una punizione giusta
e che
Harry era sempre stato dalla parte buona
dello scontro. Rimase qualche istante a fissare la mano
dell’ex preside
stringergli la spalla affogando ancora un po’ nella tristezza
che lo
accerchiava quando ripensava al suo mentore ed amico.
Era stato doloroso accettare
la sua scomparsa, la sua come quella di tutte le persone care che nella
guerra
si erano sacrificate -flash dei momenti a scuola passati con Fred,
delle
passeggiate con Remus, delle chiacchierate buffe di Tonks o dei silenzi
carichi
di significato di Sirius gli annebbiarono per un istante la vista- e
chissà
quante persone aveva perso Draco, quante ne aveva viste morire. Suo
padre era
tornato in prigione ma da quello che era riuscito a capire Narcissa
Black era
stata scagionata così come Draco soprattutto grazie alla sua
testimonianza
sugli eventi accaduti nella Foresta Proibita, inoltre aveva perso sua
zia e il
suo mentore.
Nuovamente, nello stesso punto
in cui per la prima volta Harry aveva avvertito il bisogno,
sentì che avrebbe
voluto avere una maggiore confidenza con il Serpeverde, che sarebbe
stato bello
ed gratificante poter parlare con lui, confidarsi magari e mettere a
confronto
le loro esperienze, perché nonostante la maggior parte del
peso di quella
guerra pesasse su di lui erano innumerevole le vittime nel mondo magico
che
ancora ne scontavano le conseguenze. Eppure nessuno sarebbe stato ad
ascoltarlo, lui era il Salvatore e
non doveva aver bisogno di sfogarsi, non doveva essere stanco di quella
popolarità forzata, non poteva piangere, spaccare tutto o
lamentarsi. Non
avrebbe dovuto avere quei terribili incubi la notte che gli ricordavano
che era
un assassino e che se la cicatrice era sparita tutto il resto era
ancora lì,
vivo e doloroso.
Strinse talmente forte i pugni
che avrebbe potuto conficcarsi le unghie nella carne fino a sanguinare.
Neanche
i suoi migliori amici erano aperti a questo tipo di dialogo, lo vedeva
nei loro
occhi pieni d’orgoglio e di apprensione, e le uniche persone
che avrebbe voluto
vicino in quei momenti purtroppo erano irraggiungibili. Il suo padrino
di
sicuro avrebbe saputo cosa dire perché conosceva la
solitudine e la prigionia e
con un solo abbraccio, magari un po’ imbarazzato ma sincero,
sarebbe riuscito a
trasmettergli tutta la forza per andare avanti. E Silente lo avrebbe
ascoltato,
guardato con i suoi occhi tristi e velatamente azzurri attraverso
quegli
occhiali a mezza luna e avrebbe placato ogni paura con qualche frase
saggia,
detta al momento giusto con la sua voce calma e giusta che lo avrebbe
fatto
sentire confuso ma sollevato.
All’improvviso, quando un se
stesso in una delle fotografie iniziò a scuotere una mano
per farlo riprendere,
si accorse di essere rimasto fermo e zitto per troppo tempo. Si
voltò verso la
porta ma non punto in cui aveva visto Draco l’ultima volta,
c’era solo la sua
assenza. L’orologio segnava le dodici meno venti -sarebbe
dovuto essere già per
strada verso casa di Ron e Hermione che l’avevano invitato
per pranzo-, era più
di un’ora che era in quel negozio e non aveva voglia di
comprare qualcosa, reclamava
ancora quel gelato per cui era uscito e voleva che quel biondino
slavato con le
mani più bianche e nervose che avesse mai visto ritornasse
nel Ghirigoro per
dargli la possibilità di dirgli tutto quello che aveva
pensato nell’ultima mezz’ora,
voleva parlare con lui e avere finalmente la possibilità di
conoscerlo.
Sospirò per la terza volta e
si avvicinò alla porta di vetro. Il suono del campanello
appeso allo stipite
riempì l’aria e quando appoggiò una
mano sul punto in cui Malfoy si era appoggiato,
si accorse che era ancora caldo.
Allora. Punto primo: questo
primo capitolo s’ispira a questa fic che rivede la scena
all’interno del
Ghirigoro all’inizio del secondo libro. Punto secondo: sono
super emozionata
per questa storia che ho scritto nel giro di sei ore (ovvero tutta una
giornata
scolastica ignorando del tutto filosofia, storia, supplenza,
matematica, fisica
e sistemi) e che sto già progettando ben benino nella mia
mente. Per ora non so
quanto potrà andare spedita, la scuola sta finendo e devo
recuperare qualcosa
come, ehm, quattro materie, quindi per quanto io ami Harry Potter,
viene prima
la promozione.
Sarà una Drarry ma credo che
dentro ci butterò un po’ di tutto e spero di
riuscire a portarla a termine.
Un bacio, Nacchan.