17/05/2011
3 recensioniSayounara Memories.
Sakura ga saku yo mirareta itsumo no sakamichi ni.
I ciliegi sono in fiore, ed io mi sono affezionato a questa strada di collina.
Osservarsi i lacci delle scarpe sembrava essere diventata la sua attività preferita.
Ormai, sapeva a menadito ogni dettaglio delle sue calzature: dalla tonalità delle ombreggiature, alla differenza del colore del tessuto, in caso fosse asciutto o bagnato. E, in questo caso, come cambiava se era bagnato di fango o semplice acqua. Le scarpe di oggi erano delle semplicissime Converse All Star nere, modello alto, asciutte, ma con un po’ del terriccio della strada sterrata che stava percorrendo attaccato alle suole, con lacci bianchi un po’ impolverati. Dal suo punto di vista, riusciva anche a vedere il bordo dei jeans stretti, intonati alle scarpe, e un po’ stracciati da qualsiasi angolazione li si guardasse.
« Gokudera-kun, mi dici una cosa?
Alzò la testa di scatto. Una vocina sottile aveva fatto irruzione, senza preavviso, nel suo campo uditivo. Era riuscita a scavalcare senza alcun problema il mormorare del vento, che trasportava i petali di ciliegio di qua e di là. I fiori, di tanto in tanto, disturbavano la sua imperturbabile osservazione delle converse, volando nello spazio tra i suoi occhi acquamarina e le scarpe, spinti uno per uno o a gruppetti di due o tre. Erano sospinti dagli stessi colpi di vento che si divertivano a scompigliargli i sottili capelli argentati, che lo schiaffeggiavano ogni tanto. Gli stessi che avevano trasportato fino a lui quella voce sottile che gli mandava il cuore e il cervello in panne ogni volta che lo raggiungeva.
Arrestò di colpo la sua camminata, scattando sull’attenti. « Sì, Juudaime? » esclamò, volgendo di scatto il volto verso il ragazzino che gli era accanto.
« E’ vero che, in Italia, ci sono pochi ciliegi? » dal canto suo, il ragazzino continuava a percorrere il bordo del sentiero sterrato, mettendo con cautela un piede esattamente di fronte all’altro. Camminava in equilibrio sui mattoncini disposti graziosamente in fila, che componevano il piccolo bordo della stradina sterrata.
« Sì, Juudaime. », ripeté. Si sentì un po’ stupido, ad ascoltare la propria voce dire la stessa cosa per due volte.
« Che peccato, vero? » disse, alzando la testa per distrarsi dalla complicata missione del mantenersi in equilibrio, e voltarsi verso di lui, cercandolo con lo sguardo.
Quando quelle luci color cioccolato lo raggiunsero, Hayato ebbe un sussulto e voltò la faccia dall’altra parte, prendendo a fissare – ma senza vederlo, di fronte a lui c’erano solo i grandi occhi gentili di Tsuna – l’enorme e vecchissimo albero di ciliegio che seminava i suoi infiniti petali da tutte le parti.
« Sì, Juudaime, – si riascoltò inerme per la terza volta. Ebbe un leggero moto di strizza verso sé stesso, per cui si precipitò ad aggiungere qualcosa. Qualsiasi cosa, Hayato, qualsiasi! – ma, di sicuro, vederle in Italia senza di lei, non sarebbe stato lo stesso. »
Si diede mentalmente dello stupido. Si sentiva le guance dannatamente calde e sapeva che non sarebbe più riuscito a guardarlo in faccia per qualche minuto. Si appuntò mentalmente di non dire nient’altro che non fosse un sobrio Sì, Juudaime.