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Autore: Anarya    18/05/2011    3 recensioni
Questa è la prima storia su FE che scrivo. E' la storia di mia invenzione della vita della Stratega di FE7. Come mai ha incontrato Lyn sulle pianure? Cosa stava facendo lì? Spero che la cosa vi interessi abbastanza da farvi leggere la storia ;)
Anche se molte cose sono prese dal videogioco, cercherò di essere il più originale possibile :)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prologo – Una Ragazza dalle Pianure


Il riflesso istintivo di aprire gli occhi mi costrinse a socchiudere le palpebre. Subito le pupille protestarono per l'inaspettata esplosione di luce e quindi li richiusi immediatamente mugugnando, mentre il buio della mente si colorava di fastidiose macchie gialle e rosse. Al secondo tentativo le cose andarono meglio e i miei occhi si spalancarono su una piccola tenda bianca e rossa. Cercai di alzarmi, ma con un lamento ricaddi sul piccolo letto su cui qualcuno mi aveva deposto. Evidentemente avevo qualche problema di moto; cercai di scandagliare il mio corpo e le mie sensazioni, ma tutto quello che ricevevo era confusione, non dolore. Forse non riuscivo a muovermi solo per colpa della stanchezza dato che non era stata la sofferenza che me lo aveva impedito, ma più un capogiro. Decisi quindi che era meglio continuare a dormire, certo, dormire era di sicuro la soluzioni migliore. Dopotutto non c'era niente o nessuno se non un letto, quindi perché non sfruttare le risorse che possedevo momentaneamente?


Non saprei dire per quanto dormii, forse un minuto, forse un ora. A svegliarmi fu il rumore di una persona che entrava nella tenda. Prima di palesare il fatto di essere sveglia, decisi di prendermi un po' di tempo per osservare la nuova venuta. Era una ragazza giovane, forse diciotto o diciannove anni, con una lunga coda blu-verde che le accarezzava la schiena a ogni movimento, era vestita con una tunica decorata di rosso sul collo, sotto portava dei pantaloni di pelle consumata e degli stivali logori. Dopo aver notato questi dettagli inutili, mi saltò agli occhi la spada che portava alla cintura, non sembrava che la impacciasse, anzi, se la portava dietro come se fosse una cosa abituale.

La mia mente era troppo debilitata per dare a tutte queste nuove informazioni una collocazione logica e si limitava a fornirmi delle notizie a caso che la mia memoria immagazzinava.

Dopo aver posato tutte le sue cose, la ragazza si girò verso di me. La mia tattica del “sono ancora svenuta, non disturbare”, parve funzionare, infatti per il momento mi ignorò. Fidandomi delle mie orecchie, decisi che si era allontanata sufficientemente e quindi mi arrischiai di nuovo ad aprire gli occhi. La vidi davanti al fuoco che cucinava qualcosa, qualcosa di gustoso a giudicare dalla reazione del mio stomaco. O stava preparando cibo divino o io non mangiavo da troppo tempo. La fame stava per convincermi a mostrarmi quando lei mi si avvicinò e con un tono molto basso mi chiese: «Sei sveglia? Riesci a sentirmi?». Come risposta decisi che sarebbe bastato guardarla negli occhi, così cercai di assumere un'aria intelligente e poco smarrita e attuai la mia risposta strategica. Aveva degli occhi incantevoli, della stessa sfumatura dei suoi capelli, ma più azzurra, un colore estremamente insolito per l'esattezza. Sembrò felice della mia ripresa di coscienza e, sempre sorridendo, mi porse una ciotola di quello che sembrava stufato. Notai però che il sorriso non si estendeva agli occhi, che rimanevano invece molto circospetti e attenti ad analizzare la mia figura per cercare di capire se potevo rappresentare una minaccia.

Riuscii finalmente a tirarmi su, presi la zuppa con uno sguardo di gratitudine e mi ci tuffai letteralmente dentro. La ragazza parve capire che avevo bisogno di cibo e aspettò che finissi per continuare con le domande.

«Ti ho trovata svenuta sulle pianure. Non avevi una bella cera e così ho pensato di portarti qui. Ora come ora sei nella mia Ger. Diciamo che sei temporaneamente al sicuro. Il “temporaneamente” si riferisce a me. In pratica, sei in salvo da tutto quello che è fuori da questa tenda, come i banditi o le belve, ma nel caso tu ti dovessi rivelare una minaccia per la mia vita qui, non esiterò a ucciderti». Dopo aver fatto questa piccola precisazione parve sentirsi meglio, forse la mia reazione non proprio spavalda e sprezzante della morte l'aveva rassicurata. A mia discolpa posso dire che non era proprio il caso di mordere la mano che mi aveva soccorso, anche se forse la famosa spada alla cintura aveva avuto la sua bella fetta di merito. Insomma in risposta alla sua tirata io avevo solo continuato a mangiare, sobbalzando forse di fronte alla ferocia con cui aveva detto la parola “ucciderti”.

Diciamo che quella ragazzina non andava sottovalutata, da come si comportava pareva un animale ferito e costretto a cavarsela da solo, quindi il nemico della peggior specie, una di quelle persone che non ha niente da perdere. Queste piccole considerazioni mi diedero la misura di come un buon pasto possa riattivare la logica e la mente. Prima faticavo ad elaborare le informazioni, adesso arrivavo a trarre conclusioni su una perfetta sconosciuta solo osservandola per una manciata di minuti. Persa nei miei pensieri, non mi ero accorta che la ragazza aveva ricominciato a parlare: «Comunque io sono Lyn, della tribù dei Lorca. Dato che non mi pari un problema immediato, credo che possiamo deporre le armi e iniziare ad avere una conversazione civile». Io personalmente non riuscivo a cogliere tutta l'”inciviltà” del discorso, praticamente lei aveva minacciato e io avevo continuato a mangiare. E poi, non era nemmeno una vera e propria conversazione! Per esserci un dialogo servono due persone che interagiscono e fin adesso questa interazione non c'era stata. Quindi forse ci si aspettava un mio intervento! Dovevo dire qualcosa anche io! La prima cosa che mi venne in mente fu un poco furbo: «Grazie per lo stufato. Era molto buono». Accidenti a me! Un commento più oculato, magari un “Grazie di avermi salvato la vita!” se proprio dovevo ringraziare per qualcosa! No, dovevo lodare le doti culinarie di una che mi aveva appena detto che mi avrebbe ucciso tranquillamente. Accidenti, accidenti, accidenti! Lei parve sorpresa, ma ringraziò. «Ora che sai chi sono io e hai appurato che sono una buona cuoca, potresti dirmi chi sei tu?». Giusto! Ecco cosa dovevo dire! Il mio nome! «Certo, scusa. Io sono... sono... » Un'improvvisa consapevolezza mi sconvolse: non mi ricordavo chi fossi! Non sapevo il mio nome! Anzi, non sapevo nemmeno che aspetto avessi!

Lyn si accorse della mia faccia confusa e quindi mi chiese con cautela: «Non ti ricordi il tuo nome?»

«Nnno! Non-non mi ricordo nemmeno che faccia ho!» Il mio tono spezzato e tremante non mi sorprese, mi sentivo talmente scombussolata da pensare di non essere in me.

«Beh, se ti può aiutare, dal tuo aspetto si direbbe che sei in viaggio da un bel po'... Se vuoi vedere la tua faccia non so come aiutarti... non posseggo specchi, ma se vuoi ho la spada! La tengo molto lucida e se guardi bene forse riesci a scorgere i dettagli salienti». Detto questo mi porse la sua spada, cercai di prenderla, ma mi tremavano troppo le mani e il considerevole peso del ferro di certo non mi aiutava. Vedendomi in difficoltà, Lyn prese la spada e me la avvicinò al volto. «Va bene questa angolazione? Riesci a vederti?». Io non risposi, troppo occupata a fissare gli occhi che riuscivo a vedere nella lama. Mi erano in qualche modo familiari, la loro forma, il loro colore... Erano grandi, leggermente all'insù, con le ciglia lunghe e scure. Ci misi un po' a realizzare che quegli occhi erano miei. Avevano un sguardo smarrito, ma erano comunque abbastanza profondi, stranamente dorati. Mi piacquero immediatamente. Lentamente allungai la mano verso la spada, volevo vedere il resto di quel volto così familiare, ma allo stesso tempo così distante. La presa di Lyn sulla spada si contrasse un attimo, forse non era abituata a cedere la sua lama a qualcuno e dopotutto io potevo comunque essere una brava attrice, fingere solo di stare male, e quindi avrei potuto colpirla. Distolsi a fatica l'attenzione dal riflesso e cercai di rassicurala con lo sguardo. Evidentemente la frase “gli occhi sono lo specchio dell'anima” con me funzionava particolarmente bene, infatti la sua presa si allentò fino a lasciarmi completamente il controllo sull'arma. Finalmente capii perché prima avevo visto solo gli occhi, il resto del mio volto era semi nascosto da una cortina di capelli neri. Arruffati, spettinati e sporchi capelli neri. Forse erano ricci, ma poteva anche essere la terra o la polvere accumulata a renderli crespi. Insomma, diciamo che non ero proprio una meraviglia del creato, ma confermai la mia precedente idea: gli occhi mi piacevano. Anzi, più li guardavo più mi piacevano. Erano magnetici e mi sembrò quasi impossibile smettere di fissarli. Dovevo sembrare un'idiota, una ragazza sporca e scarmigliata che si specchiava in una spada di ferro.

Dopo essermi scrutata per degli interminabili minuti, restituii la spada a Lyn, che parve riprendere a respirare solo in quell'istante. Probabilmente per la tensione non si era accorta di aver sospeso il fiato.

Il fatto di sapere finalmente che aspetto avesse la mia faccia mi ridiede coraggio e anche un certo senso di identità personale. Mi sentivo più compatta, più reale. Automaticamente passai a osservare i miei vestiti. Avevo un vecchio mantello nero che mi faceva da coperta e sotto dei vestiti semplici e consunti. In un angolo della Ger notai degli stivali di cuoio mezzi bucati e consumati e, senza sapere come, capii che erano miei. Tutto questo riconoscere cose che mi appartenevano al primo colpo mi rassicurava, dopotutto non ero così persa! Avevo dei vestiti e un'identità fisica! Mi mancava solo il nome. Una cosuccia da niente proprio... Scavai a fondo nella mia memoria per cercare di ricordarmelo, ma più mi ci avvicinavo, più mi sfuggiva. Era abbastanza frustrante in effetti. Mi mancava qualcosa, un dettaglio, una piccolezza che potesse farmi capire come mi chiamassi. La risposta si presentò in un tic che mi venne mentre pensavo. Ci misi un po' ad accorgermene, probabilmente era una cosa talmente abituale da risultare meccanica. Era da quando avevo posato la spada che stavo giocherellando con un medaglione che portavo al collo. Le mie mani lo avevano trovato da sole, senza nemmeno che il comando passasse dal cervello. Ricostruendo i miei ricordi nella Ger, mi resi conto di averlo fatto per tutto il tempo dei miei pensieri. Lo portai vicino agli occhi per esaminarlo meglio, notai subito un'incisione sul fronte: era una strana M elaborata, sul retro invece era scritto un piccolo numero che non riuscii a leggere. Non era molto pesante, aveva più l'aspetto di una targhetta d'identificazione che di un medaglione. Continuai comunque a girarlo e rigirarlo fino a quando non mi ricordai della presenza di Lyn nella stanza. I miei collegamenti mentali non erano ad alta voce e quindi la povera ragazza mi aveva solo visto cambiare espressione a raffica fino a fissare un ciondolo per un miliardo di anni con aria concentrata. Le sorrisi un po' imbarazzata e le dissi che forse mi stavo avvicinando alla mia identità. Le mostrai il medaglione e le feci vedere la M incisa. Le spiegai tutto quello che avevo pensato e le dissi che probabilmente il mio nome iniziava per M, spiegando così la lettera sul ciondolo. Rimanemmo in silenzio per un po', io in cerca di un nome che mi suonasse familiare, lei a pensare a non so che cosa. La prima a rompere il silenzio fu Lyn che improvvisamente mi chiese se mi andava di andare a guardare le stelle. Con stupore mi resi conto che era scesa la notte e che quindi erano passate ore da quando mi ero svegliata la prima volta. Lei fraintese la mia espressione e quindi mormorò: «Scusa, non pensavo alle tue condizioni. Di certo non te la sentirai di uscire. Era solo un'idea... Sai, qui sulle pianure le stelle si vedono benissimo e oggi è una serata molto limpida. Certe volte sembra di toccarle per quanto sembrano vicine...»

«Nono! Mi piacerebbe molto vedere le stelle! Ero solo stupita di come passi in fretta il tempo quando si è privi di coscienza o si pensa ad altro»

Lei sorrise e mi disse: «Ormai sono quasi 3 giorni che sei incosciente sul mio letto. Tutte le volte che provavo a svegliarti non reagivi, però continuavi a respirare. Per questo quandi ti sei svegliata non ero preoccupata troppo per te, è tanto che ti osservo e non mi sembri una grande minaccia. Ovviamente un conto sono le impressioni un conto è la realtà e per questo ho preso delle piccole precauzioni, dopotutto sei pur sempre un'estranea!». Io avevo praticamente smesso di ascoltare a “quasi 3 giorni”, significava che erano 3 giorni che Lyn mi aveva salvata, 3 giorni in cui si era occupata di me e... 3 giorni che non mangiavo! Questo spiegava il mio assalto allo stufato...

«Grazie – dissi – grazie di avermi salvata, di essere stata con me, di avermi ceduto il tuo letto, di aver pensato a me...» Ormai non riuscivo più a fermarmi, ero partita con i ringraziamenti, mi sembrava che nessuno si fosse mai preso cura di me e che lei fosse le prima che si fosse interessata a questa creatura smarrita e indifesa. Senza nemmeno pensarci l'abbracciai di slancio. Poi mi ritrassi subito, imbarazzata dal mio gesto, ma lei non se ne curò, anzi, mi sembrò più bisognosa di affetto di me. Quindi, chiedendole il permesso con gli occhi e cercando di farle capire che non intendevo piantarle un pugnale tra le scapole, l'abbracciai di nuovo. Questa volta restammo strette per un bel po', dandoci conforto l'un l'altra. Dopo quelli che parvero anni ci separammo e per la prima volta vidi Lyn sorridere sul serio, sembrò che le si illuminasse la faccia, gli occhi ridevano e anche i capelli partecipavano alla gioia generale ondeggiando qua e là.

«Da tutto questo affetto devo capire che ti andrebbe di vedere le stelle?» mi chiese ridendo. Io in risposta scoppiai a ridere e cercai di alzarmi, dimostrandole la mia volontà di uscire. Dopo alcuni tentativi a vuoto riuscii ad alzarmi dal letto e a muovere qualche passo incerto. Ovviamente ero scalza e Lyn mi porse gli stivali vecchi che avevo visto prima.

«Lo so che sono semi distrutti, ma non avevo niente per ripararli, credo che ti dovrai accontentare di questi. Mi chiedo come tu abbia fatto a ridurli in questo stato! Hai corso per le montagne?». Quella che per lei era una battuta, risvegliò in me fastidiose immagini di fughe disperate da qualcosa che mi inseguiva e che stava per catturarmi. Le scacciai rapidamente concentrandomi sulle stelle che mi aspettavano a pochi passi.

Appena uscite, mi accorsi che le stelle e la loro posizione mi risultavano familiari, come nozioni imparate che risaltano fuori quando meno te l'aspetti. Più le guardavo, più riconoscevo costellazioni e ricordavo nomi. Nomi di stelle ovviamente, ma uno mi continuava a tornare in testa: Mira. Alla fine feci due più due, probabilmente era il mio nome! Mira! Iniziava per M ed era familiare, due coincidenze strane! Ne parlai con Lyn, lei fu molto felice che io avessi trovato un possibile nome.

«Sai Lyn, più che “Mira” e basta, mi suona più familiare Mirastella. Lo so che può sembrare strano, ma senza quella stella finale lo sento meno mio! Significa stella meravigliosa, perché se la guardi bene in cielo è molto brillante, ma non c'è sempre. Compare luminosissima, ma poi mano a mano di indebolisce per poi scomparire. Torna ciclicamente! Quindi credo che il mio nome completo sia Mirastella, ma tu se preferisci puoi chiamarmi Mira. Diciamo allora di iniziare da capo: piacere! Io sono Mirastella, per gli amici Mira!»

Lyn comprese il mio bisogno di cominciare una nuova parte, una diversa da quella senza nome e quindi si prestò facilmente al gioco: «Piacere! Io sono Lyndis, per gli amici Lyn.»

«Lyndis? Molto particolare direi! Non fraintendere, è un gran bel nome, solo che è raro da sentire e te lo dice una senza memoria!» dissi io ridendo. La sua risata mi suonò triste, forzata. Forse avevo detto qualcosa di sbagliato! Ma ero troppo euforica per aver ritrovato un nome per badarci troppo. Tutte queste emozioni mi avevano tolto le energie e mi sentivo molto stanca, dopotutto ero stata svenuta per più di tre giorni! Avevo tutti i diritti di non essere in forma smagliante. La mia stanchezza doveva essere evidente perché Lyn propose di tornare nella Ger per riposarci.

Pensando a come l'avevo privata del suo letto per tutto quel tempo declinai l'offerta. «Non preoccuparti! Dormirò sotto le stelle, dopotutto è grazie a loro se ora so chi sono! Tu vedi di dormire, mi sembri molto provata e devono essere giorni che non ti fai un bel sonno ristoratore. Io me la caverò, non sembra, ma il mio mantello è molto pesante. Giuro che non scappo e che non mi allontano!»

«Non credo che dovresti restare fuori, ci sono i banditi! Non è sicuro. E poi non sei ancora in grado di reggere una nottata all'aperto! Non sei ancora nel pieno delle forze. Vieni dentro e dormi tranquilla.»

«A una condizione, nel letto ci dormi tu. Non posso usurpartelo ancora! Hai tutti i diritti di starci! Io mi troverò un giaciglio di fortuna dentro la Ger.»

«Non c'è niente che io possa fare per convincerti a prendere il letto?»

«Assolutamente no!» dissi io decisa. Non potevo assolutamente approfittare della sua gentilezza e poi ero talmente stanca che mi sarei addormentata su un gruppo di sassi.

Alla fine lei cedette e quindi ci ritirammo nella tenda.


Nella notte fui perseguitata dagli incubi. Sognavo figure ammantate e oscure che mi inseguivano e mi cercavano in ogni anfratto. Non c'era modo di sfuggire alle loro ricerche e ai loro occhi. Un dettaglio onnipresente erano gli occhi, vedevo occhi ovunque. Non facevo altro che scappare da quegli sguardi e da quelle figure.

L'ultimo sogno fu quello che successe quando mi catturarono, mi rimasero impressi i dettagli delle torture e delle domande, degli interrogatori. Non capivo cosa volessero! Ma quando non capivo loro aumentavano la sofferenza e le domande. Era un circolo vizioso e io stavo sprofondando sempre di più nel baratro.

Mi svegliai con il fiato corto, madida di sudore e praticamente in lacrime. Cercai di scacciare quelle immagini, ma per farlo ci dovevo pensare e quindi non se ne volevano andare. Alla fine mi riaddormentai, pensando alle stelle come balsamo per scacciare tutto.


ANGOLO AUTRICE


Buonasera a tutti!

È la mia prima storia nel campo di Fire Emblem, anche se è un po' di tempo che pensavo di scriverla. Mi è sempre piaciuta questa saga di giochi e mi sono sempre interessata al ruolo dello Stratega, in questo caso della Stratega.

Da qui è nata l'idea di scrivere una sua storia. Principalmente sarà divisa in tre parti: la prima quella sulla storia di Lyn, la seconda quella dell'anno di cui non parla il gioco e poi quella di Eliwood e company. Nella prima e nella terza riprenderò molto i tratti del videogioco, ma cercherò di inserire dialoghi e/o battaglie inedite e dei piccoli background dei personaggi. Ad esempio in questo capitolo c'è tutta una parte che nel gioco non esiste, probabilmente il prossimo sarà la battaglia dei briganti e qualche altro noioso, spero non troppo, dialogo. La seconda parte è quella più importante, è lì che si svilupperà la storia di Mira e della sua vita ed è lì che arriveranno i problemi perché dovrò inventare tutto io ;)

Parlando di Mira sappiate che tutte le cose che ho scritto sulla stella Mira sono vere, si tratta di una stella della costellazione dei Cetus che appare ciclicamente.

Riguardo a Lyn, in questo capitolo l'ho fatto un po' più sospettosa di come appare nel gioco, dopotutto ha appena perso i suoi genitori e quindi una sconosciuta trovata sulle pianure non dovrebbe essere proprio proprio la benvenuta. Alla fine comunque le due si intendono, ma non al primo colpo, ecco!

Detto questo, spero che la storia vi attragga e che non sia un tema troppo trattato, come ho già detto sono nuova in FE e quindi non conosco molte storie.

Un saluto a tutti!

  
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