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Autore: Mantheniel    19/05/2011    4 recensioni
Cosa pensa Kate negli ultimi momenti della puntata 3x24 Knockout? quali sono i pensieri o idee che le affollano la mente? questo è un tentativo di mettermi dal suo punto di vista e analizzare i suoi sentimenti, nel caos della situazione, in cui solo Castle le è accanto sussurrandole "Stay with me".
Tenterò di fare un insieme di OS di un'ipotetica 4a stagione da POV differenti, sprazzi di sentimenti e situazioni dei personaggi di Castle ^^
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kate Beckett
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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   Quando Kate sentì lo sparo e il dolore al petto inizialmente non capì cosa fosse successo. Prima di cadere ebbe un minimo sentore di molte voci che urlavano e gente che si muoveva farneticamente, poi Castle le fu addosso trascinandola a terra. Troppo tardi. Il cecchino aveva centrato il suo bersaglio; era ovvio che la cosa non fosse conclusa con la morte di Lockwood. Il caso di sua madre era solo una piccola parte di un fatto più grande, comprendente gangster mafiosi, riscatti con soldi sporchi, e killer professionisti, il tutto risalente alla NY di vent’anni prima. Lei aveva smosso le acque su una situazione scomoda per molti “Hai risvegliato il drago”, aveva detto Mc Callister, e aveva ragione.“Per noi non c’è nessuna vittoria, solo battaglie. E alla fine il meglio in cui si può sperare è trovare un posto a cui appigliarsi. E se sei molto fortunato trovi qualcuno che sia disposto a starti vicino”. Quanto erano vere le parole che il capitano Montgomery le aveva detto quello che pareva tanto tempo prima. Ora, guardando il viso di Castle sopra di lei, ne capì appieno il significato. Purtroppo fosse troppo tardi. La sua battaglia era finita, così come qualsiasi altra cosa. E la persona che le sarebbe stata accanto era proprio lì con a lei, in quegli ultimi minuti.  Da dove sentiva provenire il dolore capì che era stata colpita da qualche parte vicino al cuore, il che indicava che se era stata colpita un’arteria non le rimaneva molto tempo. Non poté fare a meno di provare paura per la morte. Da quando era diventata detective aveva sempre messo in conto di morire con una pallottola, ma le cose sono comunque diverse nell’esatto momento in cui uno ci si trova. Avrebbe potuto prepararsi per anni alla propria morte, che comunque si sarebbe ritrovata nella stessa situazione in cui era: indifesa davanti al nulla che l’aspettava. Non voleva morire, non voleva lasciare suo padre, Lanie, Esposito, Ryan, Castle…Rick. Kate sentì che già stava perdendo sensibilità del suo corpo, le braccia le ricaddero lungo i fianchi, e si abbandonò alla mano di Castle. Quella mano che le teneva la testa, che l’abbracciava, quella mano che l’aveva sempre sostenuta da tre anni a questa parte, mentre Castle le mormorava qualcosa. Castle, che le era sempre stato vicino, nel bene e nel male era entrato a far parte della sua vita, e Kate ne era felice. Solo alla fine si era accorta che era lui il suo qualcuno. Lei sapeva che Rick l’avrebbe seguita dovunque.
Certo, però, non dove stava andando ora. Per questo si aggrappò alle parole che andava sussurrando, tentando di distinguerle dal caos infernale dei suoi pensieri “Kate..sshhhh…Kate…stai con me Kate”.

   Non era facile, ormai non riusciva neanche più a vedere chiaramente. La vista le si offuscava. Buio, Rick che parlava, le parole le arrivavano in ritardo, come se qualcuno avesse messo il fast forward alle parole sulle immagini “Non lasciarmi, per favore; stai con me, ok?” Qualcosa le accarezzava la testa; Castle. Era sempre lui che la teneva con sé, tentava di calmarla, nonostante tutto. Kate gli vedeva riflessa nei suoi occhi la sua stessa paura. Non voglio perderti. No..ora la luce se ne era totalmente andata. I suoi occhi erano aperti su un’immensa oscurità. Avrebbe voluto urlare, ma la consapevolezza di quello che stava accadendo era troppo forte, e nulla le uscì, o almeno così le parve. Ed ora era sola, senza nessuno, contro un’oscurità implacabile che la spingeva verso il fondo. Ormai anche il dolore se ne era andato, sostituito da un torpore quasi piacevole. Perché lottare ancora?da quando era morta sua madre Kate aveva dovuto fare i conti con suo padre,  il periodo subito dopo era stato molto pesante, e Kate pensò che alla fine non si fosse, né si sarebbe mai ripreso del tutto, come lei d’altronde. Tuttavia aveva continuato a lottare. Voleva diventare il miglior poliziotto possibile per riuscire a smascherare coloro che avevano ucciso sua madre, per fare in modo che a nessun altro succedesse quello che era accaduto a lei. E in qualche modo ci era riuscita. Tenendo a bada i suoi sentimenti era diventata la migliore del NYPD, il lavoro e gli affetti sono due cose separate. O almeno così era stato prima. Da quando era arrivato Castle le cose erano cambiate. Inizialmente si era trattato semplicemente di un rapporto di cooperazione, ma poi, con il tempo, Kate se era accorta che lui riusciva a vederle dentro, lati del suo carattere che lei stessa evitava, o che non sapeva di avere. Aveva cominciato a frequentare altri uomini, come Josh, ora come ora non sapendo neanche il perché, ma perché ogni volta c’era qualcosa che non le permetteva di andare fino in fondo?forse era una domanda che non voleva affrontare. Ora, poi, nulla aveva senso se non le tenebre che la opprimevano. La parte del suo carattere che aveva tenuto sempre nascosta, quella fragile che chiede sicurezza e un abbraccio, venne fuori. La sua coscienza si accasciò a terra, lasciando che le tenebre la avvolgessero, e cominciò a piangere. Singhiozzi le scuotevano il petto, le mani sul viso, i capelli scompigliati, mentre sulle ginocchia si piegava in avanti per proteggersi dal nulla, per nascondere inutilmente le sue lacrime. Che piangesse davvero? Non lo sapeva dire, ormai non sentiva più neanche le parole di Castle. Era stanca, molto stanca, voleva dormire, se solo fosse stata capace di smettere di piangere..i suoi singhiozzi echeggiavano nel nulla, nessun suono, odore, immagine, se non la consapevolezza di sé stessa. Solitudine. Alla fine le lacrime cessarono, e il torpore che prima aveva sentito nel corpo, cominciò a farsi sentire anche qui, e se avesse chiuso gli occhi, lasciandosi trasportare, sapeva tutto sarebbe finito. Nel silenzio che seguì, tre semplici parole la raggiunsero, come un addio, “ Kate…ti amo”. Con un lieve sorriso sulle labbra Kate lasciò che le tenebre la reclamassero mentre un’ultima lacrima le scendeva lungo il viso.

  
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