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Autore: Rei Ayanami    31/01/2004    3 recensioni
Il rapporto tra Asuka e Shinji dopo la morte di Kaworu vede tra di loro una certa Ayanami...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Rei Ayanami, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E alle porte dell’Inferno, il Paradiso

E alle porte dell’Inferno, il Paradiso

 

Capitolo I

"Era Kaworu a dover sopravvivere !!"

Shinji si svegliò in un bagno di sudore, ansimando.

Era successo di nuovo…

Da 40 giorni aveva perso il suo miglior amico, e da 40 quaranta notti non riusciva a fare altro che quell’incubo: ricorrente, drammatico, terrificante …

Maledettamente vero…

Kaworu non c’era più e Shinji, pur realizzandolo, non riusciva ad accettarlo.

La signorina Misato aveva fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità per far uscire il ragazzo da quello stato di confusione mentale e quasi violenta autocommiserazione nel quale era velocemente sprofondato, ma le sue capacità di educatrice erano ben più ristrette della sua abilità nell’elaborare strategie di combattimento.

Asuka era stata dimessa, ma la sua presenza nel piccolo appartamento non aiutava di certo Shinji e non avrebbe potuto farlo in nessun modo.

Nessuno poteva bussare alla porta, entrare nella sua stanza e parlargli; nessuno poteva aiutarlo.

E, forse, a nessuno interessava davvero.

Passava le giornate abbandonato stancamente sul letto, gli occhi spalancati fissi al soffitto senza più lacrime da versare, il DAT player che ripeteva con monotonia nervosa le stesse note, le stesse parole.

Aveva anche smesso di andare a scuola: Misato non era riuscita ad obbligarlo a uscire con Asuka, la mattina presto, per raggiungere i compagni di classe.

Aveva urlato, sbattuto porte, ma non c’era stato niente da fare; la sua forza di volontà poi, più debole di quella del ragazzo, non le permetteva di restare fermamente sulle proprie decisioni per troppo tempo e finiva per piangere in silenzio dietro la porta della camera chiedendogli scusa.

Shinji sentiva su di sé anche il peso provocatogli dalla crisi Misato, percepiva il suo stato di malessere interiore ma non poteva aiutarla; e nello stato nel quale si trovava probabilmente nemmeno voleva.

Asuka passava sempre più spesso la notte a casa della capoclasse e tornava all’appartamento solamente per prendere qualche oggetto dalla sua camera.

Entrava e usciva senza preavviso, leggera, quasi aria; a malapena salutava.

Anche lei aveva perso una persona cara, ma la sua reazione era stata diversa da quella di Shinji…

Almeno in apparenza.

Diversa, si, perché lei era -è-, Asuka Soryu Langley, la ragazza forte, che non piange, che non si cura degli altri, che rimane la migliore qualsiasi cosa accada…

Ma pur sempre una ragazza, un essere umano.

La perdita del signor Kaji era stato un duro colpo anche per lei, e la vera motivazione che l’aveva spinta ad andarsene era il dolore provocatole dall’atteggiamento remissivo di Misato, che passava le notti davanti a una foto mentre ascoltava un messaggio sulla segreteria.

Lei invece aveva deciso di reagire, anche se questo voleva dire non pensare, dimenticare.

Nel piccolo appartamento l’atmosfera era diventata insostenibile per chiunque, e la ragazza non intendeva farne parte in nessun modo.

 

Capitolo II

Alla Nerv si lavorava come al solito, anche se gli ultimi eventi che avrebbero dovuto alleggerire l’aria costantemente preoccupata che si respirava -come l’avvento dell’ultimo angelo- non avevano sortito effetti positivi, mascherati, coperti quasi cancellati dalla tragedia sfiorata e da quella compiuta.

Il comandante Ikari ora lavorava ad un progetto di studio e ricerca riguardante le unità Evangelion, analizzandone ogni singolo componente organico per migliorarle in previsione di un fatidico "nuovo angelo".

In realtà, pochi ci credevano.

Gli angeli erano 17, si era sempre saputo…

Probabilmente il vero motivo era un altro, ma nessuno osava chiedere delucidazioni in merito o rifiutarsi di lavorare.

Qualsiasi fosse, gli Evangelion erano davvero l’unica cosa che avrebbe potuto salvare l’umanità un’altra volta.

Ikari, assorbito quasi completamente dal suo progetto, non si curava della situazione del figlio nonostante i continui appelli di Misato e a volte declinava il suo impegno di pranzare con Rei.

La ragazza, tuttavia, non sembrava prendersela troppo a male.

Anche lei era rimasta turbata dall’ arrivo del ragazzo dagli occhi rossi, mandato per compiere quello che forse sarebbe dovuto essere il compito di lei.

Non aveva più rivisto Shinji, e pensava che sarebbe stato meglio così.

In fondo, il piccolo Ikari non aveva più avuto il coraggio di guardarla in faccia dopo aver scoperto la natura della ragazza, ed era poco più tardi diventato incapace di sostenere i suoi grandi occhi di rubino, frammenti dell’indelebile immagine di Kaworu che gli laceravano il cuore e l’anima.

E così, sempre più sola, Rei ora si sentiva anche inutile; non c’era più bisogno che lei pilotasse l’Eva, ora non c’erano più angeli.

Aveva più volte pensato di farla finita, ma era consapevole dell’inutilità di quel gesto.

Avrebbe continuato a vivere.

Sarebbe stata la quarta invece che la terza, ma poco importava; forse ci sarebbe voluto più tempo, ma alla fine lei sarebbe tornata.

Avrebbe dimenticato alcune cose e forse anche il diciassettesimo angelo, ma il senso della morte come cessazione eterna della vita per lei non esisteva né avrebbe mai potuto esistere.

Era il suo destino, quello.

Capitolo III

Misato pensava che Shinji avesse una visione molto ristretta di quello che era in realtà Kaworu.

Per lui era, appunto, soltanto Kaworu Nagisa: il ragazzo che canticchiava l’inno alla gioia sulla spiaggia di Neo-Tokyo 3, il pilota di Evangelion numero 2, il suo amico.

Ma per tutti gli altri era il diciassettesimo angelo, Tabris.

L’ultimo messaggero sacrificale…

Shinji non riusciva ad accettare la natura angelica dell’amico, ma quello che più gli bruciava dentro era il fatto di essere stato lui a dover decidere cosa fare.

E lui aveva deciso.

Quell’immagine continuava a passargli nella testa, non riusciva a scacciarla.

Si tormentava ogni notte con quelle frasi che erano entrate nella sua memoria, che gli avevano fatto provare gioia, rabbia, dolore, incertezza, paura…

"Cioè ti voglio bene"…

"Vita e morte sono equivalenti"…

Il cuscino di Shinji era ormai in fin di vita: ogni giorno, puntualmente, veniva preso a pugni, sbattuto sotto il letto per essere poi ripreso la sera.

Il ragazzo capiva che non poteva andare avanti, ma al contempo non si sforzava di trovare un appiglio, di emergere dal baratro nel quale era scivolato da più di 40 giorni.

"Sono alle porte dell’Inferno" pensò.

Il campanello interruppe i suoi pensieri.

Misato era alla Nerv, toccava a lui aprire… ma non lo fece.

Dopo qualche minuto, ancora il campanello.

Alzatosi stancamente, guardò fuori dallo spioncino ma non vide nessuno; e quando aprì la porta, aveva davanti l’ultima persona che avrebbe pensato di trovarsi di fronte.

Distolse subito lo sguardo da quegli occhi che non poteva sostenere, da quella pelle bianca che gli faceva male.

"Ayanami…"

"Ikari."

Il ragazzo era scosso e visibilmente turbato, ma Rei sembrò non farci caso.

Probabilmente si aspettava che Shinji la invitasse ad entrare, ma i due ragazzi rimasero come divisi dalla porta, Rei sulla soglia e Shinji con la mano sulla maniglia e lo sguardo basso.

"Ikari, ti posso parlare ?"

"… no, non è il caso ora. Scusa Ayanami."

"Ikari, ti devo parlare."

Il tono della ragazza ora era cambiato, e lo sguardo era diventato più profondo, come a voler guardare dentro Shinji.

"… entra."

 

Capitolo IV

Dopo una rapida occhiata all’appartamento, Rei si sedette sull’angolo del divano, mentre Shinji rimase in piedi come a volerle mettere fretta.

"Come mai sei qui…"

"Ikari, perché sei così ?"

"… che… ?"

"Ikari, perché sei arrivato fino a qui ? Perché fino a questo punto ?"

"Ma cosa ne sai, tu…"

"Ikari, Tabris non c’è più."

"Lui…lui non… diamine !"

Shinji si buttò pesantemente sul divano, con gli occhi lucidi e stanchi.

"Credi che non lo sappia ?!"

Ora la sua voce tradiva tutte le emozioni che si era sempre tenuto dentro, delle quali non aveva parlato a nessuno fino a quel momento.

"Credi che non sappia anche io che lui non c’è più ? Sono stato io ad ucciderlo, credi che me ne sia dimenticato forse ?!"

Rei era leggermente sorpresa dal tono di voce del ragazzo, che si era alzato sensibilmente.

"Ikari. Tu non puoi punirti per aver compiuto il tuo destino."

"Il mio destino ?! Questo era il mio destino ?! Bene, che bell’affare…"

La ragazza sapeva che Shinji aveva bisogno di sfogarsi, e non cercava di contenere la sua rabbia; anzi, lo provocava in maniera sottile e acuta.

"Io… non so più perché esisto… i-io … non voglio più vivere. Non così."

Certo, lui poteva.

In qualsiasi momento volesse, poteva smettere di vivere; quelle parole fecero molto male a Rei, che non lo diede a vedere se non con una piccola smorfia.

"Ikari."

Shinji si volse leggermente ad incrociare quello sguardo che aveva sognato per 40 notti.

"Sei uno stupido."

Rei si alzò e si avvicinò alla porta con decisione.

Il ragazzo era completamente scosso, non l’aveva mai sentita parlare in quel modo.

"Sto per andarmene, Ikari"

Shinji era confuso e depresso, in un attimo si accorse di essere completamente solo con sé stesso… ma lui si odiava, non voleva rimanere solo con il suo io.

Si alzò barcollando, debole, e Rei pensò che non doveva mangiare da qualche giorno.

Con la calma che la contraddistingueva Rei aspettò che il ragazzo si avvicinasse, poi chiuse gli occhi cercò la sua bocca.

Prima che potesse accorgersene, Shinji si trovò ad assecondarla.

"Ma che fai" gli disse poi Rei sorridendo dolcemente.

La mano di Shinji si chiuse, e il ragazzo si trovò con un fazzoletto stretto in pugno.

Prima che potesse rialzare lo sguardo, Rei se ne era già andata, veloce e silenziosa.

Il ragazzo si buttò di nuovo sul divano, piangendo come un bambino al quale è caduto il gelato per terra.

Distrutto, aprì la mano che ancora stringeva il fazzoletto di Rei, e si accorse che era scritto.

- 66 v. Takehichi.-

"Un… indirizzo… ? Ayanami…"

 

Capitolo V

Si mise velocemente le scarpe e arrivò alla bicicletta che già ansimava.

Gli occhi gli bruciavano, ora voleva piangere ma non riusciva.

Le pedalate, veloci e rabbiose, scandivano il ritmo del suo respiro affannoso rotto solo dal singhiozzo.

"Takehichi… Takehichi …96 … 69… 66, dannazione ! 66 ! Stupido !"

I nomi delle vie scorrevano velocemente davanti ai suoi occhi, ma non andava alla cieca; sapeva più o meno in che zona fosse quella che stava cercando, anche se non si ricordava chi gliene aveva parlato…

"Eccomi … si è qui !".

Buttò con noncuranza la bicicletta nel porticato del condominio che corrispondeva al numero sul fazzoletto, e quasi inciampò nella ruota anteriore.

Poi salì velocemente le scale, 1, 2, 3, 4 piani… finché si fermò, esausto…

"Dannazione Ayanami, Takehichi 66… ma che piano ?!"

Seduto sulle scale, ansimante, arrabbiato con sé stesso per non averci pensato prima, stava per tornare indietro quando sentì la porta dietro di sé aprirsi e una voce familiare vantarsi di chissà che cosa.

"A-Asuka … ?!"

L’amica era sulla soglia della porta e stava salutando la capoclasse.

"Asuka !"

"Uh ? Stupi-Shinji ? Ma che cavolo fai tu qui !"

Era quello che anche il ragazzo avrebbe tanto voluto sapere… la via del fazzoletto, ora si ricordava, l’aveva sentita da Asuka che spiegava a Misato dove fosse la casa della capoclasse.

"Ma allora perché…"

"Te lo chiedo io perché ! Cosa fai tu qui !"

Lo stato confusionale all’interno della sua testa era, se possibile, aumentato.

Non capiva che motivo avesse potuto avere Rei a mandarlo a casa della capoclasse, dato che lì c’erano solo lei ed Asuka…

"Asuka… ? No, come faceva a sapere che era qui ! No ! A quale scopo poi !"

"Stupi-Shinji che cavolo stai farfugliando ! Te l’ho detto io che ero qui… anche se nemmeno io capisco che accidenti ci sei venuto a fare ! Ti sei rincitrullito del tutto ?!"

Poi, d’improvviso, tutto diventò chiaro.

Ripensando a Kaworu e al sentimento che provava per lui, tutto era diventato lampante ed evidente.

"Ikari, Tabris non c’è più."

Shinji prese per mano Asuka e la portò sul retro del condominio.

"Asuka…"

"…"

"Asuka, io ora ho capito. Ho capito tutto, davvero "

"Ma che…"

Questa volta fu lui il più svelto: lasciò che la sua mano scivolasse intorno alla vita della ragazza, per poi baciarla.

Asuka era imbarazzata e arrabbiata, non poteva credere che l’amico sarebbe arrivato a tanto.

O almeno così credeva…

I loro cuori sorridevano ora.

Con l’indice e il pollice a formare una pinza, fece una leggera pressione sul naso di Shinji.

E questa volta, senza gargarismi dopo.

"Che stupido che sei…" disse Asuka sorridendo, per poi tornare a cercarlo con la bocca.

 

Epilogo

Tornarono a casa a piedi, perché la bicicletta non c’era più: qualche ragazzo più furbo di Shinji doveva averne approfittato.

Quella sera Asuka, Shinji e Misato cenarono insieme; poi il ragazzo andò a letto stravolto dalla fatica e dalle emozioni che quella giornata gli aveva dato.

Prima di addormentarsi, posò il fazzoletto sul comodino e ripensò a quella ragazza dai capelli turchini che glielo aveva dato.

"Grazie, Ayanami… grazie per avermi aperto gli occhi… io ti vorrò sempre bene… io te lo giuro…"

"E ti voglio bene, Kaworu…"

Shinji piangeva di nuovo, ma questa volta erano lacrime di gioia.

Le emozioni della giornata avevano azzerato ogni forza residua, sia fisica che spirituale.

"Alle porte dell’Inferno… alle porte dell’Inferno ho trovato il Paradiso, protetto da due angeli dagli occhi di rubino e la pelle bianca che veglieranno sempre su di me…"

Il ragazzo se la rideva ora, e Misato fuori dalla porta della stanza sorrideva con lui.

"Ho bisogno di un nuovo cuscino, accidenti…"

 

Rei Ayanami

 

  
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