Lembi
~ di fazzoletti e sorrisi che distraggono
All my clothes smell like you; ‘cause your
favorite shade is navy blue.
Avanti, indietro. Avanti,
indietro.
Disteso con le braccia
spalancate nell’erba verde del giardino, seguiva con occhi radiosi quel
movimento regolare e tranquillo. Di tanto in tanto spostava lo sguardo sul viso
di Dorothy, chino sul rammendo e aperto in un mezzo sorriso nascosto dai
capelli biondi. E pensava che non si era più sentito così felice
dal giorno in cui il grande Mago gli aveva messo il cervello in capo.
Avanti, indietro. L’ago
nelle mani di Dorothy curava lo strappo di un fazzoletto azzurro. Era sempre
stato felice di sapere che il suo colore preferito era l’azzurro. Azzurro
era il colore dei Mastichini. Azzurra era la pittura
dei suoi occhi. Azzurro era il cielo, il giorno in cui Dorothy era arrivata a Oz per la prima volta, e anche oggi che era tornata. Era tornata.
Avanti, indietro. Il castello
di Langwidere era bello e maestoso, e gli altri erano
stati felici di visitarlo; ma Dorothy era rimasta in giardino a cucire il suo fazzoletto,
e lui non era stato in grado di allontanarsi da lei. Per troppo tempo non l’aveva
avuta accanto a sé. C’era tanto, così tanto da recuperare. E
Dorothy sorrideva, perciò forse pensava la stessa cosa.
Avanti, indietro. Avanti,
indietro.
Proprio mentre lui tornava
a indugiare con gli occhi sul suo rammendo, la ragazzina esclamò
qualcosa e si portò un dito alla bocca. L’ago lucente cadde nell’erba
e qualcosa di rosso spuntò sul polpastrello, prima che le labbra
arrivassero a catturarlo.
Lo Spaventapasseri si
tirò su e volle valutare la cosa. Dorothy fu un po’ restia, e
arrossì quando lui le prese piano la mano; forse non voleva fargli
capire che era stato il suo stesso sorriso a distrarla e a farla pungere.
Non era che un graffio,
ma si rammaricò molto di non poterglielo medicare. Si limitò
allora a stringerle la mano tra i guanti morbidi, e Dorothy alzò gli
occhi nei suoi e tornò a sorridere, un sorriso identico a quello che
illuminava il suo volto dipinto. Era tornata.
Poi, la ragazzina
sospirò, e guardò tristemente l’erba tra loro. Il problema
era evidente. Non sarebbe mai riuscita a ritrovare l’ago per proseguire
il suo lavoro di rattoppo.
Lo Spaventapasseri
rifletté, per un istante soltanto, perché in fondo pensare era
sempre stato facile se si trattava di fare qualcosa per lei. Alla fine, di
malavoglia, lasciò andare il dito teso di Dorothy, e con le sue, goffe e
imprecise, frugò con cura l’attaccatura della tela che gli faceva
da testa, là dove sotto il cappello s’intuiva la presenza del suo
straordinario cervello.
Fu con qualche
difficoltà che estrasse uno degli aghi miscelati insieme dal grande
Mago, ma fu con lo stesso gioioso sorriso che lo offrì a Dorothy.
La ragazzina lo
guardò sorpresa, ma poi sorrise anche lei. Accettò l’ago. Riprese
il suo lavoro.
Lo Spaventapasseri si
lasciò cadere di nuovo disteso e la guardò a lungo, riprendendosi
tutto il tempo che non avevano avuto.
Avanti, indietro. Avanti,
indietro. Finché i lembi del fazzoletto combaciarono.
Insieme.
[ 500 parole ]
Spazio dell’autrice
Questa è per mio fratello, che inconsciamente mi ha dato l’idea.
Per lo Spaventapasseri, la cosa più importante al mondo
è il cervello ottenuto dal Mago; eppure, il giorno in cui ha rivisto
Dorothy, forse c’è stato
qualcosa che l’abbia fatto pensare diversamente.
La totale assenza di discorso diretto è cosa voluta. Ho pensato
che, in un momento importante come un ricongiungimento, le parole non servono.
Scritta con in testa If my heart was a house, Owl City, ancora. Ascoltatela.
È dolcezza allo stato puro. <3
Aya ~