Le Pezze Della
Nostra Storia
La
matriarca solleva il suo antico volto dal lavoro di cucito che tiene fra le
abili mani, posando i suoi saggi occhi d’ebano sul panorama a lei dinanzi. Non
ha bisogno d’ispirazione, la storia intera del suo popolo risiede nelle sue
memorie; eppure, non riesce a fare a meno di quel quadro di vittoriosa vita che
con orgoglio si sofferma ad ammirare e scrutare.
Terra,
terra rossa, rossa di sangue, il sangue della vita che
è stata distrutta e di quella che ancora dovrà nascere. Alberi in lontananza,
eremiti oscuri sullo sfondo del sole calante, immersi fra steppe
rigogliose e circondati da animali che mai padrone alcuno conobbero. Neanche
i diamanti più perfetti e l'oro più puro che si nascondono negli anfratti più
reconditi del suo suolo potrebbero eguagliare l'estatica bellezza di quel
paesaggio.
Sorride
fiera di ciò che è, nera e africana. Poi china il capo,
iniziando l’opera di tessitura riposta nel suo grembo. C'è molto da
fare, ma è sicura di riuscire a portarla a termine prima dell’arrivo dei
bambini, il giorno seguente.
Ecco
la prima pezza. La ammira, studiandone per l'ennesima volta i mille colori
vivaci, l'orgogliosa trama, il fascino vetusto. Quella pezza parla di ciò che
era l'Africa secoli prima, quando ancora i bianchi non
erano giunti nel suo cuore nero e palpitante, e le tante tribù vivevano nel
rispetto di tradizioni nate col primo uomo. Si adoravano gli spiriti, si
onoravano i vecchi saggi, si rispettava la natura.
Con
un sorriso prende i suoi fili colorati, e inizia a ricamarne i bordi,
preparando quella rete di decori che, come una strada, collegherà la prima
pezza alla seconda. E' tutto un gioco di polso, di abilità manuale; tutto
frutto di un sapere che si tramanda da secoli.
Il
suo lavoro finisce insieme al calare del sole. Non è ancora notte, ma le ultime
luci del tramonto iniziano a lasciare spazio all'oscurità notturna.
Afferra
la seconda pezza, e dopo averla scrutata attentamente
scuote il capo, il sorriso ormai un lontano ricordo sul suo viso improvvisamente
amareggiato. Due colori le fanno da padroni, rosso come il sangue e giallo come
l’oro, e i ricami duri, geometrici, grezzi, che sembrano rievocare grida di
dolore e frustrazione mai assopite (e mai dimenticate), rimandano al primo
periodo buio della lunga storia africana, la tratta degli schiavi. Allora il
lucente metallo color del sole era considerato merce
di scambio tanto quanto le genti che calpestavan la
terra sotto cui stava, e i fratelli si vendevano a vicenda ai mercanti
stranieri in cambio di inutili cianfrusaglie.
Con
dolore immane costruisce la strada di pizzo che legherà quel triste panno al
successivo, non meno mesto di quello.
Quasi
percependo l’entità di quell’angoscia, la notte cala pesante sulla terra dei
neri, cupa come non mai e priva di stelle. Perfino la luna pare essersi
nascosta.
La
terza pezza è formata da minuscoli ritagli di bianco tessuto tenuti assieme da
fili colorati. E’ la colonizzazione, il periodo in cui i bianchi dell’Europa
giunsero in quella patria che consideravan res nullius,
smembrandone parti e instaurando governi propri, in nome di quella
civilizzazione che altro non portò se non guerre, genocidi, incomprensioni, e
che violò per sempre i dettami delle antiche tradizioni. Pochi sopravvissero
vittoriosi, molti di più soccombettero sotto i fuochi stranieri, o si
adagiarono al di sotto della loro ala ritenendo la
propria salvezza più importante di quella dei fratelli.
Quando
termina anche quel collage ed è ormai pronta a unire il prossimo spicchio di
storia, il cielo d’improvviso s’illumina, risplendendo timido dei pallidi
colori degli astri lontani. Sì -
assente, puntando gli occhi in alto - è ancora notte, ma almeno le prime luci
iniziano a brillare.
Eccola
lì, fra le sue mani, la pezza multicolore della decolonizzazione! E’ simile
alla prima, quella più antica, ma i fili dorati intrecciati nella trama base
rimandano a una tinta, quella gialla, sempre stata simbolo d’inganno, di
falsità e ipocrisia. E, infatti, mero miraggio furono le promesse d’indipendenza
fatte dagli stranieri che, andandosene, lasciarono indietro solo terra
bruciata, lacrime e confusione, nonché un estremo
bisogno d’aiuto che li rese di fatto dipendenti dall’altrui magnanimità.
Quanti
figli fuggiron via di casa a quel tempo? Quanti tentaron la fortuna altrove, sperando in una vita migliore?
Alza
di nuovo gli occhi al cielo: la notte oramai è passata, e una flebile luce
all’orizzonte orientale annuncia l’alba incipiente.
E’
allora che, come macchie scure che si stagliano forti e sicure nel ben noto
panorama, vede due figure avanzare nella sua direzione, accompagnate dal
sorriso speranzoso dell’aurora.
Le
lacrime le bagnano gli occhi nel vederli farsi appresso, ben più maturi di
quanto, ancora in fasce, li aveva visti andare via.
“Bentornati
a casa!” Li accoglie emozionata “L’Africa piangeva la vostra lontananza!”
“E
noi la sua” Risponde l’uomo, mentre la donna al suo fianco annuisce.
“C’è
tanto da fare, tanto da riordinare: la vostra casa ha bisogno d’aiuto”
“Siamo
giunti qua per questo”
“Allora
prendete questa, è la storia del vostro popolo” Dice, alzandosi e sovrastandoli
con la sua autorevole statura. Srotola la coperta fra le loro mani, e lascia
che essi, commossi, la ammirino e ne intendano il significato. “Portatela sempre
con voi, continuate a tessere le sue trame, donatela ai vostri figli e dite
loro di fare altrettanto con i propri, e così per sempre, generazione dopo generazione. I colori della prossima pezza dipendono da voi”.
I
due annuiscono e, felici, si accommiatano da lei, proseguendo per la loro
strada.
La
matriarca segue i loro profili finché l’orizzonte non ne discioglie le ultime
ombre, felice di aver svolto il suo compito e colma di speranza per il futuro a
venire.
Ora
i suoi figli sono cresciuti, sanno chi sono, conoscono il loro passato, la loro
storia e la loro cultura: insieme alla speranza che risiede nei loro cuori,
riusciranno finalmente a riportare la gioia nella dimora degli antenati.