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Autore: Karyon    22/05/2011    5 recensioni
... altrimenti detto, interminabile viaggio nel nulla.
Hanamichi e Rukawa alle prese con un luogo irreale e desolato, un motel terrificante, fantasmi(?) e paranoie sentimentali.
Tre di notte.
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Da quando non scrivevo per lo “A year together”:D Sempre per il Collection of Starlight
Prompt 324. Viaggio interminabile in autostop,
… altrimenti detto, interminabile viaggio nel nulla.
 
[I] Viaggio nel deserto
Dopo che anche la millesima auto sfrecciò via come se avesse l’inferno alle calcagna, Rukawa pensò quasi di fargli notare che, effettivamente, era la sua faccia a fare quell’effetto terrorizzante.
Quasi a sottolinearlo, quell’idiota immane cominciò a sbraitare ai quattro venti, agitando il pollice in aria come fosse stata una bandiera.
Rukawa sbadigliò «Do’aho, la pianti?»
Hanamichi si girò a fissarlo con sguardo da pazzo, capelli sparati e viso rosso quasi quanto i capelli; se non fosse stato mortalmente annoiato da tutta quella storia, avrebbe preso in esame l’idea di spaventarsi.
«Volpe deficiente, se non fosse per me, avremmo ancora meno speranze di andarcene da questo posto, visto come te ne stai spalmato senza muovere un muscolo!» Sbottò quello, passandosi velocemente una mano tra i capelli e tirando fuori l’onnipresente cartina, sulla quale comunque non ci capiva un accidente.
Rukawa fece giusto il movimento di allungare le gambe, sistemandosi il borsone dietro al collo; dire che erano sperduti nel nulla, era un puro e schifoso eufemismo: tutt’intorno solo campagne a perdita d’occhio, niente abitazioni né esseri viventi nel raggio di kilometri. Quella mattina avevano fatto tardi e gli altri avevano pensato bene di smontare burattini e bancarelle, partendo alla volta di Kanagawa e lasciandoli lì a marcire.
In un eccesso di attivismo, Rukawa aveva deciso di chiamare quel rottame che si spacciava per il suo ragazzo, salvo poi capire che anche i cellulari li avevano abbandonati.
Probabilmente c’era più campo nello spazio profondo che in quei campi, per l’appunto.
Alla fine si limitò a sperare che quel Teppista da strapazzo si sentisse molto in colpa – soprattutto per se stesso, visto che al ritorno avrebbe dovuto subire giusto un paio di torture psicologiche e fisiche – mentre lui era intrappolato lì con l’essere più irritante del globo.
Hanamichi sembrò studiare con vera attenzione la mappa appiccicata sotto al suo naso, per poi decidere di stropicciarla e quindi mandare al Creatore la loro unica fonte di conoscenza.
«Che idea brillante, davvero» ironizzò Rukawa, scacciando l’ennesima zanzara molesta dalla delicata pelle del suo delicato braccio nudo.
Hanamichi si buttò al suo fianco, sfilandosi la camicia a quadri che faceva molto boscaiolo del Canada e rimanendo in canotta bianca che, invece, faceva molto panettiere del Sud Europa.
«Mi sta venendo un’insolazione» replicò, con una frase che naturalmente non c’entrava un piffero con le sue rimostranze.
La Volpe scrollò la testa «Mettiti qualcosa in testa allora! Genio…» ribatté, con la mezza idea di buttarsi l’acqua in testa, piuttosto che in gola.
Cosa che effettivamente fece, mentre quell’altro disperato si legava la camicia in testa tipo turbante.
«Sei ridicolo, Do’aho» commentò, scrutandolo e grondando acqua.
«E tu sei un deficiente che spreca acqua! Lascia che quel pagliaio che ti ritrovi in testa si bruci…»
«A differenza tua, io ho dei neuroni da proteggere, non un guscio di noce vuoto».
Continuarono per un po’ in modo alquanto ozioso, non avendo nulla di meglio da fare.
Il leggero segnale acustico del cellulare, indicava che ancora non c’era linea in quel merdoso angolo di mondo, quindi l’unica speranza era che ci fosse qualcun altro di altrettanto disperato da passare in quegli ameni luoghi.
«Scegliendo, morire d’insolazione in un campo come uno spaventapasseri non è il mio tipo di morte preferita» fece a un certo punto Hanamichi, prendendogli la bottiglia d’acqua dal grembo.
Rukawa roteò lo sguardo «Io di certo non sceglierei di morire con te» grugnì, decidendo di ucciderlo all’istante, se solo si fosse azzardato a finire l’acqua.
«Ah, è chi sceglieresti fammi sentire? Oh, è finita l’acqua» costatò, con tutta la naturalezza dell’Universo.
Appunto.
«Sei un idiota» sbottò, senza avere la forza di menarlo.
Comunque una spinta discreta riuscì a dargliela, tanto da mandarlo lungo disteso. Giusto per far capire a che livello di lessamento stavano, in quel frangente.
«Volpe se avessi abbastanza forze ti farei vedere io, altro che le tue spinte da femminuccia!» Esclamò il rosso, poi gli lanciò un’occhiatina di sottecchi. «Comunque non è che scegliere il Teppista sarebbe poi una scelta tanto migliore» borbottò, rimediandosi il mille millesimo sguardo malvagio della giornata.
«E chi ti dice che pensavo a lui?»
Hanamichi lo guardò e sospirò «Se non pensi al tuo pseudo-ragazzo prima di morire, a chi diavolo pensi?»
«Non sono cazzi tuoi in ogni caso, Do’aho».
E bene, pace e amore come al solito.
Rukawa si passò la mano in quel cespuglio che si ritrovava in testa, poi si alzò moolto lentamente «Hm, di certo non possiamo restare qui a vita. Faccio un giro…» grugnì, guardandosi intorno.
Ora, o erano finiti nel deserto del Sahara grazie ad uno strappo nel tessuto spazio-tempo o il Do’aho aveva fatto scappare tutti a distanza di kilometri con la sua aria da psicopatico.
Mentre lui sviluppava tali allegri pensieri, un certo rosso aveva altro cui pensare; sospirando e sbuffando come un toro, Hanamichi si limitò a fissare la parte migliore della Volpe, e cioè quella di dietro che non comprendeva la bocca con cui sparava le sue acidità.
Il problema fondamentale lì non era quello di essere bloccati a centinaia di kilometri da casa senza un’anima pia in giro; il problema era che lui era bloccato con la persona che più detestava nella Galassia, nonostante fosse costantemente assillato dal pensiero di starci insieme.
E quello riportava al secondo problema principale della giornata: quell’idiota deficiente stava con il Teppista e, per inciso, lui aveva contribuito con gli altri a far sbocciare quel tenero e idilliaco amore.
Peccato che il suo desiderio fosse quello di prendere il Teppista, farlo fuori in modo rapido e pulito, e prendere quella dannata volpaccia per fargli cose che sicuramente non avrebbe raccontato a sua madre.
Una tale contraddizione non poteva esistere in un solo essere umano, si rischiava di esplodere!
Con un gemito di frustrazione, appoggiò la testa al borsone di Rukawa e chiuse gli occhi: forse bastava chiudere gli occhi per dimenticare quello che voleva.
«Do’aho… Do’aho svegliati!»
La voce di quell’idiota quasi gli trapanò i timpani; batté le palpebre con espressione da pesce palla, ritrovandosi i due ghiaccioli che aveva per occhi a fissarlo da molto vicino.
«Che vuoi?»
Rukawa sbuffò e indicò un punto imprecisato della strada, dove un camion più polveroso della storia li aspettava.
«Allora, vi muovete? Posso mica stare qui ad aspettare i vostri comodi tutto il giorno!» Sbottò il simpatico e gentile camionista, guardandoli storto.
Hanamichi fissò Mr. Simpatia digrignando i denti, poi si girò a guardare Rukawa «Quindi?»
«Do’aho non rompermi le palle e sali. Già è tanto che si è fermato».
«Sì, moglie petulante» sibilò, mentre si schiacciavano nell’accogliente abitacolo di un metro per due.
L’uomo aveva un gradevole odore che ricordava un misto tra pesce marcio – che probabilmente trasportava – e una mummia chiusa in una piramide dall’inizio dei tempi, segno che probabilmente aveva davvero davvero attraversato il Sahara per arrivare da loro.
 
[II] Un allegro motel
Il viaggio passò più che altro tra spintoni e amenità varie per conquistare un po’ di aria all’unico finestrino aperto, poi furono scaricati davanti al primo motel in vista.
«Grazie, so che ti mancheremo!» Esclamò il rosso, mentre il loro compagno di viaggio li salutava con un grugnito, senza manco guardarsi indietro.
«E fatti delle iniezioni di buon umore!» Gli gridò ancora, ma Rukawa aveva già deciso di teletrasportarsi alla reception, in cerca di un letto o, comunque, di una superficie piana su cui morire.
La reception – giusto per continuare a sottolineare l’assurdità della situazione che, a quanto pareva, li aveva spediti in una realtà parallela – era assolutamente desolata.
Ad Hanamichi ricordava troppo uno di quei film horror di serie Z, dove i poveri malcapitati finivano sempre in una baita/castello/casa/albergo/abitazione di varia natura dove restavano totalmente soli e, immancabilmente, arrivava lo psicopatico/spirito di turno pronto a fare stragi.
Simpatico.
«Verremo uccisi, fatti a pezzi e i nostri corpi congelati in frigorifero in attesa di essere mangiati» fece, più a se stesso in verità, siccome quell’altro non aveva capito un acca.
«Che diavolo blateri, Do’aho?»
«Nient-ahh! Ma è pazzo?!»
Un uomo, o quello che ne restava, era apparso improvvisamente dietro al bancone, guardandoli attraverso gli occhi cisposi; “quello che ne restava”, perché il placido vecchietto sembrava decisamente uno zombie dalla pelle giallognola e il volto scavato.
«Ecco fatto, ora basta solo attendere Freddy Krueger stanotte…» borbottò ancora lui,cercando di riprendersi dall’infarto.
Rukawa alzò per un attimo gli occhi al cielo, invocando la Santa Pazienza.
«Posso fare qualcosa per voi?»
«Hn, salve. Ci servono due letti per un giorno» fece la Volpe, risvegliandosi.
Già che quel cretino sembrava essere perso nelle solite follie, toccava a lui mantenere una parvenza di lucidità, almeno fino a quando non avesse raggiunto lo scopo assolutamente primario di una bella dormita.
L’uomo annuì lentamente e prese una piccola chiave arrugginita con il numero 101 «Abbiamo solo una stanza con due letti singoli».
E come no, non faticavano a credere che avessero prenotazioni fino alla fine dell’anno.
Insomma, chi non voleva passare qualche giorno in un motel minuscolo e pieno di ragnatele, con Zio Fester come proprietario e il deserto come scenografia?
Sbuffarono entrambi all’unisono, poi si lanciarono un’occhiata telepatica, come a dire “torniamo sotto al sole cocente o ci diamo alla convivenza?”
Detto fatto e la Volpe si buttò sul suo letto, quasi sfondando le doghe sprofondando in come l’istante dopo.
«Ma sei serio? Come diavolo fai a dormire in un posto così! Mette i brividi…» grugnì Hanamichi, prendendosi automaticamente il letto vicino alla finestra.
Ecco, la finestra era giusto il motivo per cui voleva l’altro letto e no, non era per la fifa: lui era un uomo. E da uomo virile qual’era, sobbalzò quando la porta si aprì di scatto.
«Scusate signori, volete la cena?» Domandò il loro zombie preferito.
Hanamichi balbettò un no, poi si produsse in un paio di fantastiche maledizioni, appena la porta si richiuse.
«Do’aho sei patetico…» espirò Rukawa, sdraiandosi sulla schiena.
Quando cominciò a pensare ad un insulto abbastanza forte da rifilargli, il cellulare miracolosamente gli squillò «Ah, beh salve, banda di traditori in erba!» Sbottò a caso, senza neanche vedere il mittente della chiamata.
«Guarda che abbiamo provato a chiamarvi duecentomila volte!»
 Era Ryo-chan. Compreso di mezzo zoo, visto come riusciva a sentire i mugugnamenti della loro cara manager e le parolacce del loro fine Teppista.
Rukawa si grattò il naso «Ci vengono a prendere?»
Hanamichi provò a carpire qualche cosa della discussione – perché ovviamente quello scemo non parlava con lui, ma con tutta la gente che gli dava manforte – e sbottò un “No”.
«Che vadano la diavolo, allora».
La politica della Volpe cominciava a piacergli: breve, senza sbattimenti e dannatamente giusta!
«Ehi voi, portinaie pettegole! Lasciate perdere la riunione di condominio e parlate con me!» Continuò poi, con la mezza idea di falciarli a distanza.
Non solo li abbandonavano, ma si permettevano pure di ignorarli!
Una voce autoritaria zittì il mondo e Hanamichi ringrazio Kami che anche il Gorilla fosse presente allo scempio «Ciao, Gori!»
«Possibile che dobbiamo sempre venire a raccattarvi?»
D’accordo, non era proprio incoraggiante, ma l’importante era che muovessero il culo e li portassero via da lì.
Akagi sospirò «Vabbé, veniamo domani mattina sul presto. Vedete di non ucciderv-»
Il telefono gli fu strappato di mano e quel deficiente di un teppista quasi gli sfondò un timpano.
Hanamichi si trattenne dal mandarlo al diavolo e spedì il cellulare alla Volpe, per poi alzarsi «Bah, vado alla ricerca di un bagno che è meglio…» borbottò, mentre Rukawa gli lanciava un’occhiata e rispondeva con un dolce “vaffanculo, ce n’hai messo di tempo eh?”
 
Dopo aver vagato in lungo e largo, aver scoperto che effettivamente in quel buco non c’era nessun altro, Hanamichi trovò la salvezza di un bagno con lavandino enorme in cui buttare la testa e, magari, annegare.
Si stava giusto rilassando con dell’acqua bollente sulla testa fusa, quando la sua nemesi rompipalle decise che a quanto pare non poteva vivere da solo.
«Hn, il tuo cellulare è in camera» gli fece.
«Ok, Volpe» rispose atono, ma naturalmente non era una risposta da Do’aho psicopatico.
«Che problema hai?» Gli fece infatti Rukawa, incrociando le braccia al petto.
Come se lui non fosse mezzo nudo a lavarsi; si erano già guardati un mucchio di volte, visto che gli spogliatoi dello Shohoku non erano esattamente all’insegna della privacy, però ora era totalmente diverso.
Ora aveva l’esatta percezione del suo corpo vicino.
Hanamichi tentò di non arrossire e usò tutta la sua concentrazione per rivestirsi lentamente e placidamente, senza nessun’espressione, poi ovviamente lo aggredì «Non ho un cazzo di niente, a parte il dover restare qui con te. Quindi non rompere e speriamo che passi presto la notte» Sbottò, fumando come una teiera mentre lo superava.
Rukawa roteò gli occhi al cielo e sospirò: da un paio di settimane a quella parte il Do’aho gli era impazzito più de solito; a lui faceva piacere che lo odiasse e non gli rompesse le palle ogni secondo, però lì si stava esagerando. E poi non era così cieco da non essersi accorto che la fase “uccidiamo Rukawa con lo sguardo” si era estesa anche al Teppista.
Ripensò proprio al discorso fatto con lui, prima di partire per la vacanza: Hisashi diceva che la Scimmia rossa era gelosa e lui ci aveva sempre “riso” su, come a dire che era follemente impossibile che quello fosse geloso di lui.
Loro erano rivali, giocavano nella stessa squadra, ma non erano amici.
Lo confermò il fatto che, appena rientrato in camera, quasi si ritrovò lo zaino in faccia, tirato da quell’animale che si spacciava per essere umano.
«Sei un idiota» grugnì, lanciandogli un’occhiataccia.
Per tutta risposta, Hanamichi si buttò sul letto «Questo è il mio letto, vattene di là tu».
Ecco fatto, divideva la stanza con un bambino di tre anni in preda alle crisi da “questo giocattolo è mio!”
Rukawa scrollò la testa e si spostò verso il letto vicino alla finestra «Hn, non sono così immaturo da litigare per un letto» frecciò, sfilandosi la maglia.
Hanamichi si rigirò verso di lui «Non fai altro che dormire!» Esclamò, con il tono di chi è più pronto a saltarti alla gola.
«Do’aho, se sei in crisi d’astinenza da psicotropi, non prendertela con me» ribatté la Volpe, infilandosi sotto le coperte che, altrettanto automaticamente, l’altro calciò via con stizza.
«Non capisci un cazzo tu, mai» gli fece solo, più semi-serio del solito.
«Quanto ti pare, spiegami allora» concluse la Volpe, dandogli le spalle e spegnendo la luce.
 
[III] Le tre di notte
Non aveva capito né come né perché, ma verso le tre di notte si ritrovò a fissare il soffitto scrostato di quell’ameno luogo.
Naturalmente la Volpe dormiva placidamente, quasi russando, affondato nel cuscino. Dannato lui.
Pensò quasi quasi di svegliarlo con una sonora scrollata, ma poi pensò bene di andare a perdersi alla ricerca del sonno.
Quel posto di notte metteva ancora i più i brividi e lui di solito non era così pauroso; insomma, il più delle volte cercava di contenersi dignitosamente
Solo che non era tranquillo, si sentiva incazzato col mondo e quel paesaggio tetro peggiorava la sensazione. Stava una favola, praticamente.
Hanamichi si spostò in punta di piedi per i corridoi scricchiolanti, non capendo bene per chi fare silenzio, data la desolazione. Ormai aveva pensato alla parola “desolazione” trecento miliardi di volte, ma era più forte di lui.
Cercò il bagno ma non lo trovò e, solo dopo aver superato di parecchio le scale, pensò di andare al piano di sotto; sospirando, pensò che almeno poteva ficcanasare un po’ in giro.
Al massimo il serial killer psicotico della storia sarebbe arrivato più facilmente ad abbatterlo, togliendolo dal supplizio di stare con la Volpe.
Pescò una stanza al caso e la aprì lentamente, rivelando una semplice camera da letto.
Beh, niente di grave.
Quando pensò di richiudere e andare avanti però, una strana melodia cominciò a spandersi nell’aria.
Era una voce sottile e leggera, forse una donna.

Rukawa sbadigliò di nuovo, maledicendo di nuovo quel Do’aho iperattivo.
Non solo osava trattarlo come una primadonna in preda alle crisi, ma si metteva pure a scomparire!
A lui non frega niente di niente, intendiamoci, però non voleva certo avercelo sulla coscienza se gli veniva un infarto per paure senza senso; ormai aveva capito che era un vero fifone.
Provò a cercarlo nei bagni, ma lì non vedeva né sentiva niente, a parte il gocciolio insistente del rubinetto scassato; poi provò un po’ in tutto il corridoio, ma le stanze erano totalmente chiuse.
Sbadigliando per l’ennesima volta, Rukawa guardò l’orologio: che diavolo si era alzato a fare alla tre di notte?!
Alla fine provò al piano di sotto, nell’atrio, dove ancora una volta non vedeva nessuno – possibile che quel posto fosse davvero così deserto?
Mentre smadonnava intimamente, pronto a decapitarlo quando sarebbe saltato fuori, una voce sottile lo richiamo dal bancone del bar abbandonato.
«Hn?»
«Ehi, ragazzo, che si fai in giro a quest’ora di notte?»
Ecco, lui poteva fargli esattamente la stessa domanda.
Rukawa guardò l’uomo dal viso pallido e scavato, vestito in completo grigio e con un drink in mano «Hn, cerco un persona» fece solo, squadrandolo.
Quella situazione lo convinceva sempre meno. Ora doveva raccattare quel Do’aho e sopravvivere integri fino al mattino dopo.
L’uomo sorrise «Capita spesso di perdersi qui dentro, è un posto molto labirintico. Io non trovo l’uscita da secoli!» Ironizzò, alla faccia del fatto che la porta d’ingresso fosse quasi dietro di lui.
Rukawa sospirò brevemente «Sì. Vado a cercarlo…»
L’uomo annuì «Buona fortuna!»
La Volpe scrollò il capo con una strana sensazione: fosse stato un film, avrebbe quasi creduto di aver visto uno spirito. Magari se si girava, l’uomo non c’era più… si girò.
L’uomo non c’era.
Calma Rukawa, chiudi la bocca spalancata e vai a cercare quel celebroleso. Subito.
 
Hanamichi stette ad ascoltare la musica, chiedendosi da dove diavolo provenisse. Magari una delle ospiti del motel era una cantante che provava… alle tre di notte, certo, ti sei rimbecillito?
Quando però la musica cominciò a crescere di intensità e le tende a muoversi come se ci fosse vento, nonostante le finestre chiuse, l’impavido Genio pensò bene di cominciare ad urlare, scappando più veloce della luce.
Ovviamente, si scontrò con un essere umano in carne ed ossa proprio sull’imboccatura delle scale.
«Volpe, grazie a Kami, sei qui!» Esclamò, quasi saltandogli addosso. «Senti, non voglio scioccare il tuo tenero cuoricino, ma ho visto un fantasma! Cioè non visto, sentito! Forse!» Cominciò a dire, freneticamente, mentre si allontanavano dalla stanza incriminata.
Rukawa si trattene a stento dal colpirlo «Calmati Do’aho… mettiamoci in camera e aspettiamo gli altri. Punto» fece, con solita flemma. Peccato che la cosa cominciasse vagamente ad agitare anche lui.
Si fiondarono in camera, lui con tutta la tranquillità che la sua dignità gli trasmetteva, e decisero all’istante – quasi di comune accordo, ma senza parlarsi – di cancellare qualsiasi cosa avessero visto/sentito in quei pochi minuti.
«Cazzo, spero proprio che abbiano una scusa decente per non essere venuti già stasera!» Sbottò Hanamichi, camminando avanti e indietro; aveva tanta energia in corpo che non sapeva se voleva scappare o smantellare l’intero edificio.
Rukawa sbadigliò, rimettendosi a letto «Sei ridicolo» replicò, ma non poteva che pensare di essere d’accordo con lui, una volta tanto.
 
[IV] Intermezzo – Confessioni in una notte buia e tempestosa
Hanamichi, che comunque era abbastanza geniale da intuire i sentimenti di quel ghiacciolo umano, capì che c’era qualcosa che davvero non andava, quando la Volpe dimostrò di non aver sonno.
Quello equivaleva a dire che lì c’erano in atto incontri ravvicinati del quinto o sesto tipo, come minimo, per apportare conseguenze così devastanti.
«Senti Volpe…» fece, mettendosi sulla schiena.
«Hn?»
«Già che siamo intrappolati qui con dei fantasmi, un serial killer, un motel disabitato e il deserto… posso chiederti una cosa?»
Rukawa soprassedé sul fatto che l’egomaniaco numero uno gli avesse chiesto un parere e si girò dalla sua parte «Hn».
Hanamichi sospirò per prendere coraggio «Che diavolo ci trovi nel Teppista?»
L’altro sgranò leggermente gli occhi per qualche secondo, pensando velocemente: perché il Do’aho gli faceva una domanda del genere?
«Non giudica» replicò solo, scegliendo una via breve.
In realtà immaginava che alla fine un discorso simile sarebbe arrivato, ma non era granché pronto.
Hanamichi si girò a guardarlo «Tutto qui?» Fece, senza poter nascondere l’espressione scocciata.
Rukawa scrollò la testa «Lascia stare».
«No, m’interessa volpaccia!»
«Il Teppista non giudica i miei modi di fare, non vuole cambiarmi e ha pazienza» tirò, giusto perché “via il dente, via il dolore”.
Hanamichi si zittì, capendo che quel dannato aveva voluto sottolineare proprio tutte quelle cose che lui non faceva o avrebbe potuto non fare: lui avrebbe voluto che Rukawa fosse meno freddo e schematico e la cosa lo mandava fuori quadro; e lui non era mai troppo paziente.
«D’accordo, ma lascia che ti dica una cosa Volpe: se due persone si piacciono, si vengono incontro nei rispettivi difetti, non se ne fregano e rimangono sulle loro posizioni» Grugnì, punto sul vivo.
«Hn, non dovrei rimanere me stesso?» Mugugnò l’altro, quasi scocciato.
Mai che capisse, quello scemo esagitato.
«Certo che no, però una persona cambia rispetto alle persone che ha vicino e ai rapporti. Questo è il tuo problema, tu sei sempre dannatamente uguale».
Mai che capisse qualcosa quel ghiacciolo umano.
Un certo silenzio calò su di loro, poi Rukawa sospirò «Non sono d’accordo».
Ora andava lì e lo buttava di sotto. Hanamichi represse un ringhio di frustrazione «Non rendi mai le cose facili, dannazione» replicò solo, girandosi dall’altro lato.
Rukawa pensò quasi di andare lì e menarlo, ma alla fine si arrese. Con lui doveva sempre arrendersi.
«Io non sono facile, Do’aho».
Naturalmente nessuno dei due dormì molto e, all’ennesimo “ballo” di calci alle lenzuola, Rukawa decisamente si fracassò le palle «Piantala di muoverti come se avessi una tarantola nei vestiti» grugnì in un sussurro.
Hanamichi si rigirò a guardare il soffitto «Questo posto è opprimente!» Esclamò, allungando le braccia sopra la testa.
«Sei tu che sei facilmente impressionabile» replicò l’altro, con sufficienza.
Hanamichi si alzò di scatto a sedere «Beh scusami eh, tu non hai visto le tende muoversi improvvisamente e sentito una strana musichetta nell’aria!»
Rukawa sbuffò «Capirai…» io ho direttamente visto un fantasma, completò nella sua testa. Ma era meglio non fare impazzire totalmente quello scemo.
Mentre era perso nei suoi pensieri, un cuscino volante gli finì sul cespuglio che aveva in testa; da lì alla guerra il passo fu breve.
Guerra che durò solo un quarto d’ora scarso e con la vittoria della Volpe, per giunta.
Quello significava che Hanamichi proprio non c’era con la testa.
L’ultima cuscinata la piazzò pure decisamente forte e il Do’aho dovette per forza girarsi: stava seduto a gambe incrociate «Mi hai quasi staccato la testa!»
«Così impari a distrarti» replicò solo Rukawa, scrollando le spalle, semi-inginocchiato di fronte a lui.
Hanamichi lo guardò corrucciato per qualche istante, poi senza preavviso sporse a baciarlo sulle labbra, approfittando del “momento sorpresa”.
Il tempo si fermò per qualche istante, poi Rukawa perse l’equilibro e finì culo a terra, portando l’altro a perdere un polmone per le risate.
Come rovinare un momento pseudo-romantico quasi.
«Sei un deficiente completo» sbottò stizzita la Volpe, rimettendosi diritta.
Hanamichi, al contrario, si era svaccato con le mani sullo stomaco dolorante «E tu hai l’equilibro di una scimmia ubriaca!»
Quello era decisamente troppo: non poteva, proprio lui, dargli della Scimmia!
Rukawa gli afferrò un polso e tirò fino a farlo rimettere a sedere; aveva un sacco di forza quando gli pareva.
«Baciami di nuovo e ti prendo a calci in culo».
«Tirami di nuovo e ti do una testata».
Così terminò l’intermezzo romantico della coppia peggiore del secolo.
 
[V] Viaggio interminabile in autostop
Senza rendersene conto, il restante della notte passò di volata e i raggi del sole arrivarono fin troppo presto a illuminargli la testolina.
Un colpo di clacson distrasse Hanamichi dal continuare a sbavare sul cuscino e risvegliò quasi di scatto Rukawa: grazie al cielo erano arrivati!
Un secondo colpo di clacson li avvertì che il loro autista era decisamente scazzato, ma a nessuno dei due interessava più di tanto.
Hanamichi vece un verso tra un cinghiale e un risucchio «Chi è?»
«Do’aho sono venuti a prenderci…» replicò Rukawa, già stranamente in piedi e vestito di tutto punto. Qualcuno avrebbe potuto azzardare a dire che non vedeva l’ora di scappare.
Hanamichi batté le palpebre, mettendo a fuoco la stanza, lui e poi tutta quell’assurda situazione del giorno prima:in che diavolo di realtà folle erano capitati?
Subito dopo, però, il suo ricordo fu attirato soprattutto da quelle misteriose tre di notte e dal bacio; si girò a fissare la Volpe che già stava richiudendo la valigia e sospirò: non aveva intenzione di riprendere l’argomento, però avrebbe voluto sapere se aveva significato qualcosa anche per lui o stava solo immaginando ogni cosa.
Rukawa s’accorse del suo sguardo e si rizzò in piedi «Muoviti Do’aho. O devo darti una testata
Hanamichi ghignò «Tsk, non hai la testa abbastanza dura, volpastra» replicò, prima di rinfilarsi la maglia e prendere il suo sacco.
«Senti, secondo te che è successo stanotte? Con i fantasmi e tutto il resto?» Gli domandò, mentre scendevano le scale.
Rukawa scrollò le spalle «Non lo so e non mi interessa molto».
«Ci credi agli spiriti?»
«Hn, sì. E se ce ne sono, basta che mi lascino in pace» replicò con ferrea logica da indifferente; e figurati se ora perdeva il sonno per uno pseudo-fantasma al bar.
Hanamichi scrollò la testa senza capacitarsi: conoscendosi, come minimo non avrebbe dormito per giorni!
La Volpe gli lanciò un’occhiata proprio sull’ingresso, poi guardò verso il pullmino scassato di Miyagi e tutta la banda al completo che li aspettava «Parlerò col Teppista» fece solo, mentre Hanamichi si girò a guardarlo perplesso «Dei fantasmi?»
Rukawa alzò gli occhi al cielo «Do’aho, non capisci mai niente…» lo prese in giro.
«Beh, finalmente! Siete vivi?» Esclamò Ayako, dal finestrino.
Mitsui scrollò la testa «Solo voi potevate perdervi in un buco come questo…» commentò, con espressione di sopportazione.
«Ci muoviamo?» Grugnì Akagi, salendo. «Vorrei ritornare alla civiltà prima di domani!»
Hanamichi si girò a fissare il loro posto da incubo, che comunque di giorno non sembrava più così orroroso; Tuttavia non ci avrebbe passato un’altra notte manco a farsi pagare, nonostante la cosa bella che gli era accaduta; aveva più paura dei fantasmi!
Rukawa gli passò davanti «Andiamo, non fissarti» grugnì, ma Ayako – che capiva tutto al volo come sempre – si girò a guardarli «È successo qualcosa stanotte?»
«No, niente!» Esclamarono in coro, per poi affrettarsi a salire.
Ovunque fossero stati quella notte, era meglio non tornarci mai più.
 
Note autore
Momento di silenzio per la follia sbucata fuori la notte scorsa. Cioè, che cosa orrenda.
Erano fantasmi? Erano innocenti clienti – ossia una cantante con la camera piena di vento e un alcolizzato dell’ultimo momento – a “infestare” il motel?
Il luogo era davvero tenebroso o i due deficienti sono facilmente impressionabili?
Oppure in realtà avevano preso così tanto sole da avere le traveggole?
Boh, chissà. Mistero.
La prima versione presupponeva un finale e una risoluzione del caso, ma ho preferito così :D E ì, sono incapace a creare Suspans, quindi non rompete.
La storia è a paragrafi, perché mi piaceva così.
Il pullimino scassato di Miyagi è ormai un tratto distintivo delle mie storie: Miyagi deve possedere un pullmino scassato!
Detto ciò: uccidetemi pure.
   
 
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