22/05/2011
0 recensioniQuesta è la mia prima FanFiction perciò per favore clemenza! Ho seguito solamente i due anime e a quelli mi sono ispirata. I personaggi quindi non sono di mia invenzione e spero di non averli alterati.
Pioggia e incubi
Capitolo 1 Ritorno a casa
La pioggia cadeva fitta su Central City e bagnava i capelli del soldato. Per la verità oramai erano ore che la pioggia li aveva inzuppati: poteva sentire le gocce d'acqua correre lungo le tempie e poi scendere verso il collo.
Fredde e fastidiose.
Non vedeva l'ora di farsi una doccia lunga.
Calda e rilassante.
Il suo passo era regolare, sostenuto ma non di corsa, una falcata ampia di chi sa che armai la giornata volge al termine e desidera solo tornare a casa. Un osservatore più attento invece avrebbe notato la stanchezza nella rigidità delle spalle del soldato, il continuo spostare da un braccio all'altro il plico di documenti avvolti nel cellofan e, ogni tanto, un respiro un po' più ampio, quasi un sospiro.
Giunto al crocevia il soldato girò a destra e, finalmente, la vide, in fondo, una delle ultime della via: “Casa dolce Casa”, pensò immediatamente.
Nonostante fosse già notte, la via era ancora trafficata: gente che, felice, se ne tornava a casa dopo una giornata di festa conclusa con una buona cena in compagnia o, magari, che aveva deciso di festeggiare in casa e ora si stava godendo una bella passeggiata notturna.
“Stare sotto la pioggia che scende, stretti stretti sotto un ombrello, è proprio romantico” le avevano detto una frase simile un giorno, tempo fa, e lei ci aveva creduto.
Oggi, Riza Hawkeye, che aveva passato quasi tutto il pomeriggio e l'inizio di quella nottata sotto la pioggia battente e SENZA ombrello si vide costretta a cambiare idea.
Arrivò alla porta di casa spostò il plico di documenti ancora una volta alla mano sinistra e prese le chiavi per aprire la serratura. Non aveva neanche cominciato a inserire la chiave nella toppa che il braccio sinistro cominciò a tremare; aumentò la stretta sul plico per fermare il tremore ma sapeva che non sarebbe servito a niente.
Tenere un fucile ad alta precisione puntato sul bersaglio per più di due ore aveva letteralmente bruciato i muscoli del suo braccio. Ci sarebbero volute delle ore di assoluto riposo perché il braccio potesse tornare efficiente come lo era di solito.
“E non solo il braccio” pensò la ragazza aprendo, finalmente, la porta.
Dentro tutto era buio e silenzio. Guardò la cuccia dove un già addormentato Black Hayate aveva alzato un orecchio per poi riabbassarlo subito e continuare a dormire. Posò il plico sul tavolo, si tolse la giacca della divisa fradicia, si tolse gli scarponi e puntò diritta alla doccia.
Dopo quasi mezz'ora ne uscì in canottiera e mutandine. I capelli erano ancora bagnati e a lui sicuramente avrebbero dato fastidio, proprio per questo, la ragazza non pensò neanche lontanamente di asciugarli.
In cucina aprì il frigo prese il latte e ne scaldò una tazza: decise che come cena era più che sufficiente. Finito posò il tutto nel lavello tornò in bagno, si lavò i denti, diede un ultimo sguardo al cane che dormiva beato e poi si diresse verso la camera da letto.
Aprì piano la porta, c'era una tenue luce che proveniva dall'esterno e gettava nella camera una leggera penombra: nel letto, tra le lenzuola, si poteva distinguere la netta sagoma di una persona che dormiva accoccolata sul lato destro. Riza strinse i denti e cacciò indietro la sensazione di rabbia e rancore.