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Autore: Lorelaine86    23/05/2011    3 recensioni
orfana e disperata, Rosalie è costretta a fuggire quando il castello viene attaccato.
C'è solo una persona che può aiutarla....
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emmett Cullen, Rosalie Hale, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Ero in piedi nel buio gelido e rabbrividivo all’eco attutito di quelle scene orribili.

Sebbene fossi nascosta nei passaggi segreti del castello, giungeva fino a me il distante clangore delle armi che cozzavano, i suoni rabbiosi della battaglia, il grido di ordini concitati e le urla di terrore.

I rumori della morte.

Quel clamore mi faceva intuire orrori che non riuscivo nemmeno a immaginare, ma dallo spioncino del mio nascondiglio riuscivo solo a vedere il bellissimo salone del mio castello, vuoto, intatto e immerso nella luce dorata delle torce e delle candele.

Gli unici segni di violenza, lì, erano da ricercarsi negli splendidi arazzi, dove guerrieri di seta combattevano con spade dorate.

I tavoli sui cavalletti erano già stati smontati al termine della cena, ma la grande tavola di quercia era sempre al suo posto, con le due seggiole dallo schienale alto.

 La mia sedia e quella di mio padre.

Mio padre era morto.

Solo una caraffa di vino e qualche calice rivelavano che la cena era stata bruscamente interrotta.

Insieme ad alcuni miei consiglieri stavamo elaborando dei piani per il futuro, tristi ma necessari.

Un calice d’argento era stato rovesciato, e il vino rosso, dopo aver impregnato il legno, gocciolava lentamente sulle stuoie.

L’unico elemento fuori posto.

Fui quasi tentata di lasciare il nascondiglio per entrare nella stanza tranquilla e familiare, ma mi trattenni.

Sir Francis Conrad, l’ufficiale di corte di mio padre, mi aveva spinta in quell’angusto spazio segreto fra le mura e mi aveva ordinato di non uscire per nessun motivo.

Gli invasori, erano venuti per me.

La schiena sfregava contro la parete esterna, e la gelida umidità che impregnava le pietre, mi inzuppava l’abito.

Avrei preferito di gran lunga essere fuori, in mezzo all’infuriare della battaglia, piuttosto che rinchiusa in quel recesso soffocante.

Come signora di Durham, sicuramente avrei dovuto trovarmi tra la mia gente.

Eravamo stati assaliti, ma com’era potuto succedere?

Durham era una fortezza imponente e inespugnabile.

Mio padre mi diceva sempre che avrebbe potuto resistere contro tutta l’Inghilterra.

Soffocai un lamento. Mio padre era morto.

Il dolore per quella recente perdita mi proruppe dentro, annullando persino il suono dell’orrore.

Come aveva potuto mio padre, morire così in fretta per una lieve ferita di caccia?

Il mio confidente spirituale, padre Marcus, mi aveva detto che era stato il volere di Dio, e mi aveva spiegato che il destino poteva colpire ugualmente sia le persone umili sia quelle potenti.

Quel taglio superficiale si era infettato e prima che qualcuno potesse rendersene conto, mio padre, era stato assalito da una violenta febbre, che nemmeno i cataplasmi erano riusciti a debellare.

Durante la sua agonia, aveva dettato una supplica per il re, in seguito aveva ordinato le chiusure degli ingressi al castello e che vi fosse ammesso solo l’inviato del re. Tutto per proteggere me, che tremavo nascosta, al buio, e che a diciassette anni, sarei stata alla mercé del primo cacciatore di dote che avesse appreso la morte del signore di Durham.

Il clamore aumentò e mi ritrassi dallo spiraglio da cui spiavo la stanza. Dopo un attimo però vi appoggiai di nuovo l’occhio cercando di capire cosa stesse succedendo.

Un grido lacerante giunse da un luogo appena dopo la sala.

Era forse mia zia Elisabeth? Di sicuro no, chi avrebbe mai fatto del male a quella dama dolce e gentile?

‘Gesù, cosa sta succedendo?’

Una delle grandi porte del salone si aprì e Sir Francis Conrad entrò barcollando, indebolito dalle fatiche della battaglia e dalle ferite. Non aveva nemmeno avuto il tempo di indossare le armi: il capo scoperto era imbrattato di sangue, la giubba strappata e macchiata.

La spada gli pendeva inerte dalla mano destra, senza più forze, mentre il sangue sgocciolava sulla sinistra con un ritmo regolare ed ipnotico.

Drip, drip, drip.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quelle gocce scarlatte.

Ora che mi trovavo a faccia a faccia con la violenza, mi sentivo più stordita che impaurita.

Drip, drip, drip.

Quella ferita doveva essere medicata al più presto. Dovevo aiutare Sir Francis Conrad. Di lì a poco anche la vita del cavaliere si sarebbe dissolta nelle stuoie che ricoprivano il pavimento, ed era mio dovere aiutarlo.

Mentre ero assorta nei miei pensieri, le porte socchiuse della sala furono spalancate con violenza e andarono a sbattere contro la parete.

Una figura massiccia apparve sulla soglia, seguita dalle grida di un’orda di attendenti dall’aria minacciosa.

Royce King di Nothumberland!

Era un uomo gigantesco, alto e massiccio, e avanzata nella stanza con le gambe divaricate, come solidi tronchi che non riuscivano a toccarsi.

Quando Royce era venuto al castello per corteggiarmi, vestito di velluto e satin, avevo faticato a trattenermi dal ridere alla vista di quell’uomo ma ora non c’era nulla di divertente nel demone di fronte a me, tutto ciò che si diceva sulla sua feroce crudeltà, doveva essere vero.

Ed era venuto fin lì per me.

“ah, sir Francis” tuonò “dov’è quel bocconcino appetitoso?”

“Lady Rosalie ha già lasciato il castello per andare in visita al re” rispose il cavaliere con un filo di voce “lasciateci in pace lord King”.

King si avvicinò al cavaliere, il quale vacillò non riuscendo ad alzare la spada, afferrò per il polso di Sir Francis con mano possente e lo immobilizzò senza difficoltà.

“state mentendo. Da giorni le mie spie controllano tutte le strade. L’unico che ha lasciato il castello è stato il messaggero per il re”

Francis si accasciò in ginocchio e anche io mi accasciai al muro cedendo alla paura.

Se King sapeva del messaggero, significava che il messaggio non era mai arrivato al re. I rinforzi non sarebbero arrivati.

King strinse fra le mani la gola del vecchio cavaliere “dove si trova?”

“è andata via” riuscì a malapena a rispondere.

“dov’è?” il grossolano volto dell’invasore divenne paonazzo di rabbia mentre scuoteva l’uomo finché un suono secco echeggiò nel salone e il corpo senza vita del mio fedele vassallo fu gettato bruscamente di lato.

Cominciai a tremare, senza riuscire a controllarmi, ero certa che quell’uomo avrebbe udito il rumore dei miei denti che battevano.

Non riuscivo a muovermi.

Non riuscivo a pensare.

Una giovane donna corse nella stanza, fuggendo da qualche orrore ma trovandone uno ancora peggiore.

Era Laurell la mia ancella.

Appena entrata si bloccò e cercò di tornare sui suoi passi, ma due soldati la bloccarono.

Ad un ordine del loro capo la gettarono sul tavolo e le alzarono le gonne fin sopra la testa, attutendo le grida e le preghiere della donna dopo il primo assalto .

Mi accorsi di gemere per l’orrore, e mi tappai la bocca con la mano per soffocare il rumore. Quella sarebbe stata la mia fine se fossi stata catturata.

Supponevo che King mi avrebbe prima sposato ma non avevo dubbi che se avessi opposto resistenza, lui non avrebbe esitato a farmi immobilizzare dai suoi uomini, per poi godere di me.

Volevo distogliere lo sguardo ma non ci riuscivo.

Farlo significava abbandonare Laurell, abbandonare il corpo di Sir Francis che stava già raffreddandosi.

Osservai King sistemarsi i calzoni e fare cenno ai suoi uomini. L’uomo sogghignò e ripeté il crimine.

Forse se mi fossi arresa, quell’orrore sarebbe terminato.

Avrebbero lasciato in pace Laurell.

Cominciai a strisciare nell’angusto spazio verso l’uscita.

Il pensiero di consegnarmi nelle mani di King mi riempiva di angoscia, ma poter fare qualcosa mi sollevava.

Dopotutto, sarei potuta scappare prima della celebrazione del matrimonio e nel caso non ci fossi riuscita avrei sempre potuto uccidermi.

A mano a mano che mi allontanavo dallo spioncino la luce si affievoliva, proseguii verso l’uscita orientandomi a tentoni.

Una debole luce mi segnalò di essere prossima all’uscita.

Affrettai il passo.

Improvvisamente la luce fu oscurata.

Trattenni il fiato e iniziai ad arretrate.

“Milady?”

“Carlisle?” sospirai di sollievo “oh, Carl, non possiamo permettere che questo orrore continui. Devo consegnarmi a King”

“temevo che vi venisse questa idea” replicò il mio siniscalco, appena prima di colpirmi.

Fu l’ultima cosa che sentii.

 



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Salve ^_^ finalmente sono tornata a scrivere, purtroppo sono stata davvero impegnata con il lavoro e i preparativi del matrimonio (quello di mia cognata, il mio verrà organizzato dopo l'estate *_*).
fatemi sapere se vi piace!!!!!!!!!!!
bacioni la vostra Lory.

CAPITOLO NON BETATO

  
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