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Autore: samek    25/05/2011    6 recensioni
Post 6x22 – Castiel non è più lo stesso, porta via Dean nel cuore della notte e ha una proposta per lui.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Sesta stagione
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La stanza era buia, quando Dean aprì gli occhi, a malapena rischiarata dalla luce dei lampioni che filtrava dalle persiane

Fandom: Supernatural.

Pairing: god!Castiel/Dean.

Rating: Pg13.

Genere: Angst, Introspettivo, Romanico.

Warning: Slash, Spoiler 6x22.

Words: 4274 (fiumidiparole).

Summary: Post 6x22 – Castiel non è più lo stesso, porta via Dean nel cuore della notte e ha una proposta per lui.

Note: Il titolo della fic è un verso di “Go your own way” dei Fleetwood Mac, la cui prima strofa fa anche da introduzione alla storia. ¹ Ringrazio faechan e 0marazza0 per avermi aiutata con la traduzione. *inchino*

 

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

 

Isn't the right thing to do

 

Amarti non è la cosa giusta da fare,
ma come posso cambiare quello che sento?
Se potessi, forse ti regalerei il mio mondo.
Ma come posso, se tu non lo accetti da me?
Puoi andare per la tua strada.
Vai per la tua strada.
Puoi chiamarlo un altro giorno solitario
. ¹

 

La stanza era buia, quando Dean aprì gli occhi, a malapena rischiarata dalla luce dei lampioni che filtrava dalle persiane. All’inizio non capì cosa l’avesse svegliato, era una camera di motel anonima come tante altre e ugualmente familiare, poi si rese conto che non si era addormentato lì; il suo ultimo ricordo riguardava il divano di casa di Bobby.

D’istinto si voltò verso il lato opposto della camera, cercando la sagoma del fratello distesa nell’altro letto, ma non c’era alcun “altro letto”. Era una camera matrimoniale e, seduta sulla porzione libera del materasso, riuscì a distinguere una ben nota figura in trench, che lo osservava con insistenza.

«Ciao Dean» lo salutò con voce familiare.

«Cosa ci fai qui?» domandò lui ancora rauco per il sonno e, all’improvviso, comprese anche cosa aveva disturbato il suo riposo: la presenza stonata di Castiel. Era cambiato e la sua sola vicinanza gli causava la pelle d’oca.

«Alcune abitudini sono… dure a morire, suppongo» mormorò questi, poi si allungò ad accendere cortesemente l’abat-jour e, una volta che la camera fu illuminata, Dean ebbe modo di riconfermare la sua prima impressione.

«Perché mi hai portato qui?» chiese allora.

«Dobbiamo parlare. Da soli» spiegò l’angelo. Pardon, nuovo Dio.

Se possibile, lui si tese ancora di più. Questo Castiel lo metteva a disagio, non gli piaceva affatto. Non aveva mai avuto paura del vecchio Cas, mai, nemmeno quando l’aveva quasi ammazzato di botte, ma questo… questo nuovo Castiel poteva spaventarlo anche solo con un sorriso, totalmente estraneo a quel volto regolare.

«Credevo che il nuovo Signore dei Cieli fosse occupato. Cosa vuoi da me?»

Non aveva dimenticato che Cas aveva preteso che si prostrassero ai suoi piedi. Non era più in sé, sembrava un’altra persona. Erano riusciti a sfuggirgli per miracolo, forse proprio perché lui l’aveva permesso.

Castiel lo osservò a lungo, come se stesse cercando una risposta adeguata alla sua domanda, infine rispose semplicemente: «Te».

«Come?» chiese il cacciatore perplesso, accigliandosi appena.

«Ho intenzione di sistemare le cose, Dean» spiegò, ignorando la sua domanda. «Riporterò l’opera di mio Padre al suo originario splendore. Manderò gli angeli che mi sono fedeli a disinfestare questo posto. Uccideranno ogni creatura estranea, esorcizzeranno i Demoni, quieteranno gli spiriti perduti. Presto tu, Sam e Bobby potrete avere una vita normale. Non ci sarà più bisogno dei cacciatori».

«E che ne è del tuo piano originale, quello di spiegare il libero arbitrio ai tuoi fratelli?» chiese quindi, cercando di ricordargli quello che il vecchio Castiel – più umile e più giusto – voleva.

«Non è più necessario. Prima il Paradiso era allo sbando, perché Dio era assente e gli arcangeli facevano ciò che preferivano. Ora c’è un nuovo Dio, e in quanto tale riporterò l’ordine. Gli angeli saranno felici di avere delle missioni da compiere, in questo Raphael non si sbagliava» spiegò la creatura che una volta considerava parte della sua famiglia.

Cristo, quanta arroganza. Non se ne rendeva nemmeno conto, vero? «E che ne sarà degli angeli come Gabriel e Balthazar, che volevano solo godersi la vita? Te lo ricordi Balthzar, quella specie di spaventapasseri con un sorriso da schiaffi che ti voleva bene?» lo interrogò Dean, perché erano passati alcuni giorni ed avevano già tentato di evocare l’idiota succitato senza alcun successo. E, per quanto l’ipotesi che Castiel potesse aver ucciso il suo migliore amico fosse tremenda, non era da escludere.

«Balthazar mi ha tradito. Come te del resto» rispose Castiel, serrando la mascella.

«L’ha fatto perché era preoccupato per te e per la Terra. Proprio come noi. Ed io non ti ho tradito, Cas. Ti ho dato molte occasioni per spiegarmi cosa stessi facendo, ma tu mi hai mentito. E quando era troppo tardi e ti ho chiesto di lasciar perdere, mi hai voltato le spalle!» ringhiò Dean.

«Dovevi fidarti di me» replicò Castiel in modo basso e controllato, ma in qualche modo la stanza parve riempirsi d’ombre. «Me lo sono meritato» asserì con sguardo immobile e minaccioso.

«Io mi fidavo di te, figlio di puttana. Mi fidavo così tanto da essere cieco. Mi fidavo così tanto da aver continuato a difenderti, anche quando hanno cercato di aprirmi gli occhi. Mi fidavo così tanto da averti creduto colpevole solo quando tu stesso ti sei tradito» replicò con il fiele in bocca, la gola chiusa da un nodo doloroso.

Le ombre si ritirano, e quella creatura estranea chinò appena il capo ad osservare la trapunta insipida. «Non avevo altra scelta» sussurrò, sfuggendo il suo sguardo.

«Non dire stronzate. Non ci credo che non c’era alternativa. Doveva esserci, e potevamo cercarla insieme!» sibilò Dean.

«Ma avevo ragione» replicò Castiel «Il piano è andato esattamente come volevo. Ho risolto il problema» osservò.

«Ho risolto il problema» ripeté lui con voce soffocata, incredulo. «Quindi perché sei qui?» domandò ancora.

«Te l’ho già detto: per te» rispose quindi. «Ti voglio per me. Ti ho sempre voluto, fin da quando ti ho tirato fuori dall’Inferno» confessò. Poi la sua espressione si addolcì, mentre allungava appena una braccio per sfiorare il profilo del suo viso con la punta delle dita. «La tua bellezza esteriore è sono in minima parte lo specchio di quella della tua anima» sussurrò affascinato.

Dean seguì quella mano guardingo, terrorizzato, senza riuscire davvero a comprendere cosa quell’essere volesse.

«È un piccolo desiderio per una creatura immensa come un angelo, o come un Dio che può ripristinare tutto. Non trovi?» concluse Castiel.

«Quindi io dovrei fare cosa esattamente, darti la mia anima? Quelle che hai già là dentro non ti bastano?» ribatté duro.

«No, non la tua anima. Tutto» chiarì l’altro. «Voglio che tu venga via con me».

«In Paradiso?» chiese quindi perplesso «Vuoi uccidermi?»

«Ovunque io vada» rispose semplicemente Castiel.

«E pensi sul serio che lascerei Sam – specialmente ora che ricorda l’Inferno – e Bobby?» replicò Dean inarcando un sopraciglio. «Pensavo mi conoscessi meglio di così».

«Posso far sì che Sam dimentichi di nuovo quel periodo. In fondo glielo avevo promesso» considerò Castiel.

«Non accetterà. Credevo che conoscessi anche lui meglio di così» ribatté Dean

«Le cose sono diverse, ora. Potrà finalmente avere la vita che ha sempre desiderato. Non ci saranno più mostri qui, né ragioni per combattere. Potrei perfino restituirgli Jessica, che gli è stata strappata troppo presto. E lo stesso vale per Bobby. Può rifarsi una vita. Posso ridargli sua moglie, se è quello che vuole. Se è quello che tu vuoi».

«Stai…» boccheggiò il ragazzo allibito «.. stai cercando di comprarmi

Castiel aggrottò la fronte, inclinando la testa in un modo che somigliava troppo al vecchio se stesso per non essere doloroso. «No, sto cercando di rassicurarti» precisò. «Loro staranno bene, saranno felici. Basta che tu mi dica cosa vuoi, Dean».

«Cosa voglio?» lui rise senza gioia. «Vorrei che mio fratello non avesse passato un anno intero senza anima, mentre questa soffriva all’Inferno. Vorrei non aver rovinato la vita di Lisa e Ben. Vorrei di nuovo il mio maledetto angelo sfigato» sbottò «Ecco cosa voglio!»

Lui sospirò. «Aiuterò Sam e ti restituirò Lisa e Ben, se è ciò che desideri» gli assicurò.

«E in cambio io dovrei essere cosa, il tuo animaletto?» domandò sarcastico.

«Esatto» rispose Castiel, lasciandolo sotto shock. «O perlomeno è così che gli angeli la vedranno» spiegò. «Ma per me saresti di più. Molto di più» concluse, addolcendosi nuovamente.

Il ragazzo rimase immobile, troppo allibito per rispondere, ma quando l’altro cercò ancora di toccarlo si ritrasse, seguendo l’istinto.

«Ti spavento» osservò il nuovo Dio dopo un momento di silenzio e le sue labbra si tesero in un lieve sorriso, mentre ancora osservava la mano che lui aveva sottratto alla sua vicinanza.

«E la cosa ti rende felice» notò Dean.

«Mi compiace, sì» ammise, facendolo rabbrividire. «Non mi hai mai portato il dovuto rispetto, nemmeno all’inizio, quando ti avevo appena salvato dalla perdizione. Mi hai sempre considerato un moccioso, senza renderti conto con chi avessi a che fare. Ora sei cosciente di quanto sono potente».

«Ti ho sempre considerato un soldato straordinario. E facevo qualcosa di meglio. Ti portavo il rispetto dovuto ad un amico, ad un fratello» ribatté Dean.

«Non è vero» lo contraddisse Castiel, portando all’improvviso gli occhi nei suoi, repentini come un fendente. «Hai perdonato Sam per averti mentito, tradito e rinnegato nel peggiore dei modi, ma non riesci ancora a perdonare me di averti nascosto qualcosa» concluse e lui distolse lo sguardo.

«Mi hai ferito, è vero. Forse più di quanto abbia mai fatto lui. Mi fidavo ciecamente di te, Cas, più di quanto abbia mai fatto con chiunque altro. Mi sarei gettato nel fuoco, per te. Perché tu mi hai insegnato ad avere fede, ed io avevo fede in te» asserì quindi.

«Avevo paura di deluderti» ammise Castiel di rimando, chinando il capo «Di perderti» soggiunse, occhieggiandolo attraverso un pizzo di ciglia nere.

«Perché sapevi che era sbagliato!» ruggì Dean «L’hai sempre saputo, ma hai preferito escludermi ed andare avanti da solo. Sei stato orgoglioso ed egoista» lo rimproverò, togliendosi quella spina che gli pungeva il culo da un bel pezzo, ormai. «Complimenti, Cas, hai imparato le emozioni umane. Anche le peggiori».

Questi scosse il capo ed il ragazzo ebbe l’impressione che ora vi fossero lacrime trattenute impigliate a quelle ciglia, ma fu solo un attimo. «L’ho fatto per te, perché tu potessi avere la vita serena che meriti, perché non venissi coinvolto in un’altra Apocalisse e messo di nuovo con le spalle al muro da Michael… questo non conta nulla per te?» tentò di spiegare e la sua voce quasi s’incrinò in una supplica.

«Hai tirato fuori dalla Gabbia il corpo di Sam e l’hai lasciato senz’anima…» cominciò.

«Non mi ero accorto di quell’errore…» tentò Castiel, ma Dean continuò imperterrito, alzando il tono per sovrastarlo.

«… mi hai costretto a lasciare Lisa e Ben, ti sei alleato con il Re dell’Inferno, hai risvegliato la Madre di tutte le cose, ci hai nascosto la verità per mesi – anni! –, hai ucciso una donna che Bobby amava… ecco dove ti hanno portato le tue buone intenzioni. E tu dici che l’hai fatto per me?» gracchiò infine.

«È finita, Dean» replicò quindi Castiel «Nessuno cercherà più di scatenare l’Apocalisse. Raphael è morto, Crowley non è abbastanza potente da combattermi e presto sarà sistemato. Dean…» mormorò poi, allungando di nuovo cautamente un braccio, fino a posare un palmo sulla sua spalla, dove campeggiava ancora l’impronta che vi aveva impresso quattro anni prima. «Noi siamo legati» sussurrò, generando un intenso calore al solo tocco di quella porzione di pelle attraverso i vestiti «Abbiamo qualcosa di speciale ed è ancora qui» gli assicurò. «Tu vuoi tenermi d’occhio, non è forse così? E quale modo migliore che essere al mio fianco?»

Lui deglutì a fatica, rigido, ma stavolta non si ritrasse. «Ho bisogno di un po’ di tempo per pensarci. Sistemare alcune cose» decise infine.

Castiel parve preso alla sprovvista, forse perfino contrariato, ma domandò: «Quanto tempo vuoi?» atono, ritraendo la mano.

«Almeno ventiquattrore» considerò il ragazzo.

«D’accordo. A domani, allora» concluse l’altro e fece per portare due dita alla sua fronte e teletrasportarlo, ma Dean lo fermò.

«Aspetta!» esclamò, afferrando il suo polso. «È ancora presto, vero?»

«Sono le quattro del mattino».

«Lasciami qui, allora. Ho bisogno di riflettere» spiegò, scivolando fuori dalle lenzuola. Aveva bisogno di pensare da solo, lontano da Sam e Bobby, lontano da chiunque.

Solo allora si accorse che Castiel l’aveva portato lì così come si era coricato, vestito solo di una maglietta ed un paio di boxer. Non poté fare a meno di sentirsi a disagio e desiderare di essersi lasciato qualcosa di più addosso, ma era estate, la casa di Bobby non aveva certo il condizionatore ed erano presenti solo uomini, quindi…

Uno schiocco di dita risuonò nella stanza e lui si ritrovò completamente vestito; camicia, jeans, calze e scarpe, con tanto di giacca poggiata sul letto.

«Grazie» mormorò osservando Castiel con un filo d’imbarazzo.

«Tutto quello che desideri» replicò lui semplicemente.

Una birra sarebbe fantastica, pensò Dean tra sé e un momento dopo l’altro venne verso di lui con due bottiglie in mano, come se le avesse tirare fuori dal suo stesso trench, e gliene porse una. Addirittura già stappata, notò lui.

«Qualcos’altro?» chiese poi monocorde.

Il ragazzo rifletté, ma non gli veniva in mente niente, così scosse il capo, prendendo un sorso di birra. Fredda al punto giusto, scoprì, deglutendo con piacere.

Prese a passeggiare per lo spazio libero ai piedi del letto, ingollando un nuovo sorso dopo l’altro, poi – dopo l’ennesimo andirivieni – si accostò alla finestra, poggiando una spalla contro lo stipite ed osservando l’esterno. Era un parcheggio del tutto anonimo, uguale a mille altri; impossibile comprendere dove fosse.

Pensò a Sam e Bobby. Si erano già accorti della sua assenza? Erano preoccupati?

Ricordò Jessica, la bellissima ragazza che aveva incontrato solo di sfuggita quand’era andato a prendere suo fratello a Stanford. L’anima gemella di Sammy, non c’era dubbio. Lui non aveva più amato nessun’altra, come lei, e l’amava ancora, Dean lo sapeva. Alcune volte gli aveva perfino invidiato quel legame unico.

Rammentò anche la moglie di Bobby, risorta come uno zombi per portare loro un messaggio di Morte, il Cavaliere dell’Apocalisse. Ricordò il discorso che lei gli aveva fatto: essere accanto ad una persona per portargli serenità, non dolore. Non aveva mai visto Bobby così felice come in quei giorni, anche se aveva cercato di scacciare lui e Sam.

E pensò anche a Lisa e Ben, in quel letto d’ospedale, di nuovo soli e sereni.

«Restituirai davvero loro le persone che amano?» sussurrò incerto.

«Sì» mormorò una voce accanto a lui, facendolo sussultare. Solo allora si rese conto che Castiel era alle sue spalle, quasi di fianco, intento a guardare l’esterno, come aveva fatto anche lui fino a poco prima.

Poi quella nuova creatura si voltò a cercare il suo sguardo, insopportabilmente vicino. «Stai per sacrificarti di nuovo, vero?» indovinò. «È una bellissima qualità, sacrificarsi per amore. Dio l’ha sempre apprezzata. Ma tu non desideri niente per te? Nemmeno Lisa e Ben?»

«No. Lisa merita di meglio, qualcuno che la renda davvero felice» rispose voltandosi e cercando di allontanarsi, ma Castiel non glielo permise.

«Lisa merita di meglio, Sam merita di meglio, Bobby merita di meglio…» cantilenò come se fosse una filastrocca, una solfa che era stanco di sentire. «Tu cosa meriti, Dean?» concluse serio, guardandolo negli occhi, dritto dentro la sua anima.

Nulla. Uno come me non merita niente, questo avrebbe voluto rispondere.

«Tutto» lo contraddisse Castiel, come se avesse intercettato i suoi pensieri. «Ed io posso dartelo. Permettimi di dimostrarti che lo meriti» mormorò.

«Puoi farlo come te stesso, con le batterie scariche» replicò «Cas, non ti rendi conto di dove ti sta portando tutto questo potere? Non ne hai più bisogno. Tutti i tuoi progetti, tutto ciò che hai detto di voler fare, puoi farlo con le tue ali! Puoi riportare in vita le persone anche come angelo ed i tuoi fratelli ti seguirebbero lo stesso, perché ti rispettano» tentò di fargli capire.

Castiel si scostò da lui, arrabbiato, forse persino ferito. «Perché non puoi accettarmi così come sono ora? Posso fare del bene in questo modo, Dean! Perché dovrei lasciare che il prossimo arrivista tenti di nuovo di schiacciarci?!»

«Perché tu sei meglio di così!» sbottò il ragazzo. «Pretendi che io ti accetti, ma tu vuoi cambiarmi, Cas!» aggiunse poi.

«Non è vero, non ho mai voluto cambiarti» obbiettò lui.

«Cristo, ma ti senti quando parli?! Stai cercando di manipolarmi! Questo non sei tu!» asserì.

Di nuovo Castiel si accigliò, inclinando la testa di lato in quel modo così suo che per Dean fu un pugno nello stomaco. Allo stesso tempo, però, gli diede un filo di speranza; forse c’era ancora un po’ del suo vecchio angelo sotto le fondamenta di Chernobyl.

Si sfregò la bocca con nervosismo. Così non andava, non poteva semplicemente dirgli cosa fare, erano passati i bei tempi in cui Cas eseguiva semplicemente gli ordini senza fiatare o metterli in dubbio, ora doveva far sì che ci arrivasse da solo.

Prese un respiro profondo, cercando un modo semplice per spiegargli la situazione, come avrebbe fatto con un ragazzino, con Ben magari. «Ascoltami…» tentò infine «se io venissi trasformato in un vampiro, o in un lupo mannaro, o in qualunque altra schifezza soprannaturale… cosa faresti?»

«Non lo permetterei» rispose semplicemente lui con sguardo duro e determinato.

«Sì, be’, anche io ho cercato di non permetterlo, ma tu non mi hai dato molto ascolto» osservò il cacciatore piccato. Poi prese di nuovo fiato, mettendo da parte il risentimento. «Non cercheresti di sistemare la situazione?» tornò al punto della discussione.

«Io… suppongo di sì. Cercherei un rimedio. Tornerei perfino nel passato, se necessario» ammise l’altro, cercando di seguire il filo.

«Appunto, vedi? È esattamente ciò che sto cercando di fare!» esclamò allargando le braccia in un gesto impotente.

«C’è solo una falla nel tuo ragionamento, Dean» replicò Castiel, avvicinandosi di nuovo a lui e rivolgendogli ancora quel sorriso strano, inquietante. «Io non sono un mostro, sono una divinità».

«Dal mio punto di vista non c’è una gran differenza» ironizzò il ragazzo e l’altro emise uno sbuffo seccato dal naso, come se fosse lui quello che continuava a scontrarsi con un muro.

«Sei sempre così…» iniziò esasperato.

«…testardo. Sì, anche tu» concluse il cacciatore per lui.

«Mi hai insegnato bene» osservò Castiel.

«Sono un ottimo maestro, me lo dicono spesso» ribatté lui con un accenno di malizia.

E all’improvviso qualcosa in Castiel si ruppe, le sue spalle si abbassarono, sul suo viso calò un’ombra sofferente, i suoi occhi tremarono, e un attimo dopo le sue mani furono tra i capelli di Dean e le sue labbra sulla sua bocca. Il ragazzo esalò un gemito sorpreso e cercò di ritrarsi, ma lui inghiottì anche quello e lo tenne fermo contro di sé con presa ferrea.

Il cacciatore si aggrappò al bavero del vecchio trench, cercando di respingere il suo proprietario, mentre perfino l’aria gli veniva portata via. Le labbra di Castiel erano morbide contro le sue, e gentili, a differenza di tutto il resto, delle dita che afferravano manciate dei suoi capelli, del corpo rigido come una statua, della lingua imperiosa che s’intrufolava nella sua bocca. Il suo sapore gli esplose sul palato come il ripieno denso di un cioccolatino al liquore, bruciante ed intossicante, e percepì le proprie ginocchia cedere sotto l’assalto. Castiel lo sostenne passando un braccio attorno alla sua vita e tirandolo contro di sé, poi posò la fronte sulla sua, inspirando il suo stesso fiato e permettendogli di riprendere il respiro. Dean non si era mai sentito come in quel momento, sottile e leggero come un foglio di carta; non era esattamente piacevole.

«Cos’era quello?» ansò frastornato.

«Mi risulta si chiami bacio» replicò l’altro incolore e, no, non era un battuta.

«E chi te l’ha insegnato, uhm? Se mi dici che è stato Crowley, prendo a calci il tuo nuovo culo divino» ringhiò.

«No. Ho osservato te» rispose semplicemente Castiel ed il cacciatore quasi si strozzò con la propria saliva.

«Stalker» tossicchiò. «Questa cosa deve finire, davvero. Ci sono un sacco di modi migliori per passare il tempo, sai?» aggiunse inarcando un sopracciglio.

L’altro sorrise appena. «Potresti insegnarmene qualcuno» propose.

Dean parve preso alla sprovvista. Castiel era serio e non sembrava essersi reso conto di quanto fosse ambiguo ciò che aveva appena detto, ma c’era una luce furba sul fondo di quello sguardo, che gli rammentò la volta in cui gli aveva suggerito che minacciare un Profeta significava provocare un arcangelo. Sorrise al ricordo e al riconoscere quella particolare sfumatura. «Be’…» mormorò poi, chinandosi fin quasi a sfiorare di nuovo la sua bocca con la propria e saggiando la morbidezza del labbro inferiore con un pollice «…questo non era male» concluse, prima di mordere piano quello superiore.

Non era corretto, no, non era affatto corretto che un uomo avesse labbra del genere, l’aveva sempre pensato. Meritavano di essere mangiate lentamente, succhiandole fino a far arrossare il loro consueto pallore.

Castiel gemette piano, spedendogli un brivido giù per la colonna vertebrale, fino ai lombi, e Dean morse un po’ più forte, con un pizzico di cattiveria, fino a fargli dischiudere la bocca per infilarvi la lingua dentro. Qualcosa nella sua testa continuava a gridargli che tutto quello era sbagliato, sbagliato, sbagliato – oh, così sbagliato! – eppure nulla gli era mai sembrato più giusto.

Castiel strattonò un lembo della sua camicia e riuscì ad intrufolare una mano sotto la manica corta, sino a far combaciare perfettamente il palmo con l’impronta che gli aveva lasciato sulla spalla, pelle contro pelle, e all’improvviso qualcosa dentro Dean, al centro del suo petto, prese fuoco.

«Cos… cos’è?» ansò sulla sua bocca. Era doloroso, bollente, bellissimo.

«Niente» soffiò lui di rimando, senza scostarsi, accarezzando le sue labbra ad ogni parola.

«Cosa mi hai fatto?» biascicò il ragazzo, serrando le palpebre; era come se stesse per incendiarsi, come se Castiel lo stesse riempiendo di luce.

«Nulla. È solo un carezza» mormorò questi «Un momento di distrazione all’Inferno. Quello che sento per te».

Dean scosse il capo, la fronte poggiata contro la sua. Era troppo, troppo. «Basta» supplicò, sopraffatto. Gli occhi di Castiel s’intristirono e, quando ritirò la mano, fu come se gli avesse portato via un pezzo d’anima appena risvegliato.

Lui si ritrovò ad ansimare come se avesse corso per ore, come se avesse appena rischiato di annegare. Cercò di nuovo quello sguardo blu ed affogò ancora; Castiel sembrava così stanco, così frustrato, esausto dallo sforzo di cercare di spiegargli qualcosa che lui non riusciva a capire.

«Puoi sentirmi?» chiese quindi il ragazzo, deglutendo con la bocca secca. «Puoi sentire quello che provo io?» L’altro scosse il capo, amareggiato, e Dean si passò le dita tra i capelli in un gesto impotente. «C’è un modo?» domandò allora, ma lo sguardo di Castiel fu più che esplicativo.

«È una via a senso unico» spiegò, sfiorando di nuovo l’impronta con la punta delle dita, causandogli il più lieve dei formicolii.

Dean ci pensò bene, ma riusciva a vedere un solo modo. Prese una delle sue mani e se la poggiò al centro del petto, premendola contro di sé. «Toccami» ordinò, e si rese conto di quanto fosse fraintendibile quell’imperativo solo quando l’altro inclinò la testa con perplessità. «L’anima, intendo» specificò allora.

Gli occhi di Castile divennero enormi per la sorpresa. «Molto romantico. E molto stupido» commentò poi.

«In questo modo dovresti sentirmi, no?» replicò il cacciatore, senza dargli ascolto.

«Non sarà piacevole» gli ricordò lui e Dean sogghignò.

«Per usare un eufemismo» ironizzò e si fissarono per qualche secondo con intensità, riscoprendosi, forse rassicurandosi.

Cristo, era davvero pronto a lasciarsi fare una cosa simile da un creatura che non conosceva più? Si fidava ancora così tanto di lui, nonostante tutto? Sì, maledizione.

«Non farmi esplodere mentre mi palpi, eh» aggiunse teso.

«Starò attento» promise Castiel, inespressivo come sempre, ma in qualche modo così era rassicurante, non come quel sorrisetto compiaciuto che ultimamente si portava dietro; questo era il vecchio Cas, il suo Cas.

«Non voglio soffermarmi sull’ambiguità di questa cosa» ribatté quindi, giusto per smorzare l’atmosfera.

«Dean?» lo richiamò l’altro serio.

«Sì?» chiese lui nervoso.

«Sta zitto. E stringi i denti» comandò lapidaria quella divinità, poi immerse la mano nel suo torace, trapassando pelle, muscoli, ossa e tendini come se non gli stesse affondando dentro le sue dita, ma facendo altrettanto fottutamente male.

Il ragazzo si accasciò su se stesso per il dolore. Era orribile, straziante, non aveva più provato una sofferenza simile da quando era all’Inferno, tra le gentili cure di Alastair. Castiel lo sostenne, cercando di nuovo l’impronta sulla sua spalla con il proprio palmo e in qualche modo le sensazioni si smorzarono, mentre quella luce tornava a scaldarlo fino a fargli lacrimare gli occhi.

Dean serrò le palpebre e – BOOM! – i loro corpi andarono in frantumi, non restò più nulla a dividerli, rimase solo ciò che la materia conteneva. E l’essenza di Castiel era accecante, immensa, poteva coprire il mondo intero, mentre lui si sentì minuscolo, una scintilla.

Ebbe paura, una paura annichilente quale non ricordava di aver mai provata prima, la paura che si può sentire solo al cospetto di un dio che conosce tutti i tuoi peccati e sta per giudicarti. Ma Castiel non era lì per punire le sue colpe, era lì per lui. Lo avvolse nella sua luce sino a circondarlo, come braccia luminose e calde, e più Castiel lo stringeva a sé, più lui splendeva, e più lui splendeva, più lo stesso Castiel diventava luminoso; era reciproco e costante. La sola vicinanza li rendeva più forti, migliori.

Quando Dean riaprì gli occhi, riprendendo i sensi che non si era nemmeno reso conto di aver perso, era davvero tra le braccia di Castiel, sul suo grembo, poggiato al suo petto, mentre giacevano entrambi a terra, quasi che la moquette lisa del motel fosse la cosa più comoda del mondo.

Non aveva idea di cosa diamine fosse successo, una merdata tipo incontro ravvicinato del terzo tipo tra anime o era tutto nella sua testa? Certo che sta succedendo nella tua testa, ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è reale? E, okay, magari doveva dire a Sammy di cominciare a leggere libri per adulti e smettere di menarglielo con quelle cazzate. ²

Sfinito, cercò pigramente lo sguardo di Castiel, trovandolo subito su di sé, carico di apprensione e lacrime non versate. Stava chiaramente cercando qualcosa da dire, ma lui lo precedette.

«Sei ingrassato, dall’ultima volta che ci siamo incontrati. Anime ipercaloriche, suppongo» fu la prima cosa che disse, lasciandolo spiazzato. «Sei bellissimo» aggiunse poi con tono esausto, accennando un sorriso.

E Castiel lo strinse a sé, piegando il capo e soffocando una risata fra i suoi capelli. Dean non ne era molto sicuro, ma gli sembrò che stesse anche piangendo.

«Non posso farcela senza di te, Dean» replicò lui con voce incrinata.

«Lo so, moccioso» rispose il ragazzo, lasciando che facesse un po’ quel che gli pareva con il suo corpo spossato, anche se significava essere usato come orsacchiotto. «Sono qui, io sono sempre qui. Tu sei con me?» domandò poi, sollevando una mano pesante alla ricerca del suo viso, che immaginava perduto in qualche punto imprecisato sopra il proprio orecchio.

Castiel afferrò quella mano ed annuì contro il suo palmo, posandovi un bacio devoto. E, sì, le sue guance erano bagnate di lacrime.

Per il momento poteva bastare.

 

FINE.

 

 

². “Harry Potter e i Doni della Morte” di J.K. Rowling.

   
 
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