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Autore: pinzy81    25/05/2011    8 recensioni
Questa storia ha partecipato al concorso "What if... E se fosse andata in un altro modo?" organizzato da Dark Iris91, classificandosi prima a pari merito con il lavoro di nitro88. Il punto focale del contest consisteva nel modificare un avvenimento all'interno della saga e creare una storia alternativa a quella che tutti conosciamo e amiamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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- ANCHE PER ME? -
 

 
 Il suo odore mi colpì come una palla di cannone sparata a distanza ravvicinata. Dolce, il sangue più invitante che avessi mai avvertito nella mia vita più che centenaria.
Quel profumo mi sconvolse. Che diritto aveva quella umana di farmi perdere la testa in quel modo? Come era possibile vacillare così?
L'avrei uccisa, le visioni di Alice me lo confermavano. Non ero abbastanza in me da permetterle di diventare una di noi: avrei bevuto il suo sangue fino all'ultima goccia. Non le avrei dato la possibilità di trasformarsi.
  

********

 

Quegli occhi così profondi ed espressivi erano diventati la mia condanna. Mi incuriosivano, ma forse, ancora più di quelle iridi color del cioccolato, erano i pensieri inaccessibili della ragazza a farmi fremere di desiderio.
Nessuna mente umana era mai riuscita a resistere alla mia lettura, anzi ero io che dovevo, alle volte, chiudermi in un mutismo mentale forzato per non impazzire. Ma quegli occhi e quella mente mi turbavano e non solo loro. Bella Swan, che all'inizio mi era apparsa una semplice, comune umana, aveva catturato la mia attenzione poco a poco. Subdolamente, ma non in modo voluto, le sue forme acerbe, la sua goffaggine, la sua timidezza, il suo modo di porsi con il prossimo, mi avevano stregato lasciandomi senza parole.
In più di ottant'anni di vita con la famiglia Cullen, in cui le coppie spuntavano come i funghi in autunno, nessuna donna aveva mai fatto breccia nel mio cuore, tanto da farmi credere che sarei rimasto solo. Quella donna invece...
Nel suo caso avrei dovuto dire bambina invece che donna, vista l'enorme differenza di età che ci divideva. Esteriormente nessuno avrebbe mai potuto smascherarmi, nemmeno lei. Intrappolato nel mio eterno aspetto da diciassettenne, potevo essere interessante per Bella Swan mentre al contrario, da ultracentenario non mi avrebbe mai tenuto in considerazione. Al massimo mi avrebbe aiutato ad attraversare la strada.
Buona. Quella bambina un po' donna era appetitosa, o almeno lo era il suo sangue. Mi aveva tramortito, il suo odore, la prima volta che ero stato a pochi metri di distanza da lei. La prima volta che l'avevo vista, forse grazie ai continui spostamenti d'aria, non avevo intuito quanto forte fosse il suo richiamo per me. Ma poi, in classe, avevo dovuto chiudere l'accesso all'aria per salvare la vita sia a lei che a tutti i presenti in aula.
Il suo sangue... Era qualcosa di straordinario. Mi chiamava come una sirena ammaliatrice, come un istinto primordiale. Non avevo mai percepito profumo più dolce ed invitante in vita mia, se di vita potevo parlare.
Me ne stavo lì, su quella panchina isolata nel gelido stato dell’Alaska, ricordando quanto fosse stata potente la percezione del suo odore per me. Mi ero isolato da ormai una settimana in quella prigione di ghiaccio e ancora pensavo a lei. Bella Swan. Perché era venuta nella piccola e sperduta cittadina di Forks? Perché voleva la mia disperazione? Perché mi spingeva a scappare come un delinquente da quella che, insieme alla mia strana famiglia, avevo eletto a casa? No. Non era colpa di quella povera fragile umana se io ero un predatore. Non potevo e non dovevo prendermela con lei per questa mia attrazione nei suoi confronti, che mi aveva spinto a fuggire via.
No. Uccidere Bella Swan non era nelle mie intenzioni. Non potevo permettere che mio padre, mia madre e i miei fratelli patissero per un mio errore. Per questo mi ero rifugiato a Denali, fra le braccia amorevoli delle nostre “cugine” vegetariane.
Tanya era stata più che felice di accogliermi, ricoprendomi di attenzioni. Proprio per quello ora me ne stavo lì isolato, per le sue amorevoli premure. Mi dispiaceva farle del male non ricambiando i suoi sentimenti, ma non volevo mentirle, facendole credere che l'amavo per poi non donarle veramente tutto me stesso. Lei non lo faceva di proposito a soffocarmi con le sue domande e le sue carezze appena accennate. In fondo era solo una donna innamorata. Eppure mi soffocava. Mi faceva male non poterla ripagare con lo stesso amore.
Eppure… Tanya, Tanya, Tanya.
Cominciai a rimuginare e più andavo avanti, più mi rendevo conto che sembrava il sistema migliore di agire. Tutti sarebbero stati felici. Tutti?
Avrei dato a Tanya quello che aspettava da tempo e mi sarei allontanato dalla Swan, proteggendola dal mostro. Proteggendola da me.
E più mi rendevo conto che la mia decisione stava prendendo forma, più sentivo che cominciava a mancarmi qualcosa.
Il telefono squillò nello stesso istante in cui capii che era la mancanza di Bella che cominciavo a sentire.
Alice. - risposi, sicuro che quel folletto dispettoso ne sapesse già più di me.
Sei certo di quello che stai per fare? - mi chiese titubante.
Per niente.
Allora non lo dire ancora a Tanya. Potrebbe soffrirne se cambiassi idea.
Non la cambierò. - dissi, mentre stavo per interrompere la comunicazione.
Ah, Edward! - sentii urlare dall’altro capo.
Dimmi.
Portati dell’olio… La finestra è vecchia e scricchiola.
Non riuscii a trattenere una risata mentre concludevo la telefonata.
Nello stesso istante in cui avevo provato quel leggero dolore all’idea di abbandonare l’umana, Alice mi aveva visto mentre andavo a trovarla per un’ultima volta. Un addio. Non chiedevo altro.
Senza battere ciglio salii in auto e mi diressi verso Forks. Verso casa. Verso lei.
 

 

********

 
Mi stavo autoinfliggendo questa pena da solo. Avevo deciso per me, per l’umana e per Tanya senza nemmeno consultarmi con mio padre. Proprio con lui che mi appoggiava in qualsiasi cosa. Lui che era la mia colonna portante e che riusciva a leggermi dentro come nemmeno io riuscivo con il mio prossimo.
Non avevo chiesto aiuto a nessuno. Avevo deciso di seguire la mia strada credendo che sarebbe stato più facile per tutti… Anche per me?
Lo facevo per Tanya, che mi voleva per sé. Lo facevo per Bella, per lasciarla nella sua umana quiete. Lo facevo per i miei fratelli e per mio padre, per non metterli in pericolo o nella scomoda condizione di dover fuggire da Forks, per passare un lungo periodo di clandestinità. Lo facevo per Esme, sempre così preoccupata che rimanessi solo per il resto dei miei giorni… Anche per me?
La verità era che volevo scappare, avevo paura. Avevo impiegato anni di dura pratica per riuscire a stare in mezzo agli esseri umani, mimetizzandomi fra di loro. E poi? Arrivava una bambinetta e rovinava tutto. Una ragazzina goffa e impacciata, il cui sangue mi attirava come un assetato alla fonte. Ed era la sua fonte che volevo prosciugare? Volevo veramente toglierle la vita? No.
Perciò avevo deciso di allontanarmi da quella terrificante ed insieme accattivante, tentazione. Per quello avevo deciso di esaudire il desiderio di Tanya, imponendomi di renderla felice per l’eternità, perché non volevo più essere un assassino. E Isabella Swan era così invitante che, restando a Forks, non sarei riuscito a starle lontano.
Chissà… Forse avrei provato ad esserle amico e lei si sarebbe sentita abbastanza attratta dal fascino vampiresco da non provare paura. Avremmo parlato, l’avrei conosciuta meglio, magari spiegandomi il mistero che era la sua mente muta. Ma poi? Dove ci avrebbe portato tutto questo? Sarei riuscito a non impazzire per lei? E lei mi avrebbe voluto accanto a sé? E per quali motivi? Perché il fascino del predatore annullava la sua volontà, spingendola inesorabilmente tra le mie braccia, o perché lo voleva veramente?
Meglio scappare, Cullen. Bel codardo. Ma è meglio per tutti… Anche per me?
 

 

********
 

 

Ero tornato a Forks per vederla un’ultima volta. Per dirle addio. E pensare che non le avevo mai detto neanche benvenuta…
La mia mente sarebbe andata a cercarla ogni volta mi fossi sentito impotente di fronte ad un destino ingiusto. Ma il mio corpo no. Quella era l'ultima volta che i miei occhi si beavano della sua presenza. Quegli occhi profondi, nei quali ero annegato la prima volta che l'avevo vista.
Ed ora era lì, nel suo lettuccio caldo che dormiva un sonno agitato. Chissà cosa stava sognando? Anche questo era un dispetto della sua mente silenziosa al mio super udito. Non avvertivo niente del suo umano riposo, tranne i respiri profondi che emetteva e le mezze parole sussurrate che non comprendevo.
Mi resi conto che avrei voluto poterle sfiorare le labbra con i polpastrelli, liberare il suo viso dai capelli che lo ricoprivano, riuscendo ad avvertire il passaggio caldo del suo sangue sotto la pelle bianca. Non potevo permettermi una tale libertà, non sarebbe stato etico. In fondo non ci conoscevamo neanche. Bel codardo.
Non avrei dovuto essere lì, non avrei dovuto violare la privacy della sua camera da letto, dove dubitavo che entrasse anche suo padre. Sarebbe stato meglio osservarla dall’esterno della finestra, mi dissi voltandole le spalle. Sì, sarebbe stato meglio per tutti… Anche per me?
Fu nel momento in cui davo ascolto all’angioletto posizionato sulla mia spalla destra, fregandomene di quello che mi intimava invece il mini-diavolo posizionato dalla parte opposta, che la sentii pronunciare il mio nome.
- Edward… Edward, non lasciarmi.
Il terrore mi pietrificò i muscoli: mi aveva visto, sapeva che ero lì.
Ma cosa mi terrorizzava di più? Che si fosse spaventata per l'intrusione o che mi pregasse di nuovo di rimanere?
Poi di nuovo parole sconnesse spezzate dal sonno. Stava dormendo, la piccola umana.
Tirai un inutile sospiro di sollievo, sorridendo.
Che ci sarà mai da ridere, Cullen? -mi chiese il diavoletto.
Sono felice che non mi abbia scoperto - risposi.
Stronzate, Cullen. Ti piace sentirla pronunciare il tuo nome.
E rimasi senza parole.
Sei scodinzolante come un cagnolino appena adottato. Lei ti sta sognando e questo ti fa perdere la testa. Idiota!
Era la verità. E faceva male. Ma perché faceva così male? Era meglio continuare ad avvicinarsi alla finestra per uscire per sempre dalla sua vita. Era meglio per tutti… Anche per me?
Ma una forza soprannaturale, come la mia natura, mi trattenne lì fermo, i piedi piantati a terra, le braccia lungo i fianchi, lo sguardo fisso alla mia meta.
- Edward…
E di nuovo la sua voce, più calda, più suadente.
Cosa stai sognando Bella? Cosa ti fa mormorare il mio nome? Perché sogni uno sconosciuto che hai visto solo due volte in vita tua e che non ti ha trattato neanche con la gentilezza appropriata? Eppure non sembra un tono di rimprovero quello che usi per accompagnare il mio nome fuori dalle tue labbra.
No, era meglio che me ne andassi. Era meglio per tutti… Anche per me?
Mi voltai per guardarla un’ultima volta. Dovevo imprimere nella mia memoria ogni suo piccolo dettaglio: il labbro inferiore leggermente più pieno dell’altro, la ruga che le si formava in mezzo alla fronte mentre era pensierosa, i capelli lunghi e setosi che avrei voluto poter accarezzare. Ma la cosa che mi sarebbe mancata di più sarebbero stati i suoi occhi. Quel pozzo castano dove avrei potuto annegare ogni mia incertezza. Si, perché anche se la sua mente mi era palesemente oscura, i suoi occhi avrebbero potuto divenire lo specchio della sua anima. Avrei potuto usarli per comprendere la sincerità delle sue parole, la profondità dei suoi sentimenti e l’onestà delle sue parole.
Come avevo fatto ad avvicinarmi così tanto senza accorgermene? Ero pericolosamente vicino al suo letto e sembrava che il mio corpo si muovesse senza che io glielo imponessi. Mi sentivo stranamente una marionetta tirata da fili potenti verso di lei. Stavo quasi per toccare con i polpastrelli il rossore delle sue labbra.
Avrei dovuto andarmene, lasciarla stare, non toccarla. Avrebbe fatto male sia a me che a lei se me ne fossi restato lì impotente. Male a tutti… O solo a me?
Sarei rimasto scottato irrimediabilmente da quel contatto che pure non sembravo riuscire ad evitare. Non potevo e non dovevo toccarla. Non dovevo lasciarmi bruciare dal suo calore, in contrapposizione al gelo della mia pelle. Mi avrebbe marchiato per sempre quel semplice gesto. Ma mi sarebbe anche servito ad andare avanti nel suo ricordo.
Quindi sarebbe stato un male solo per me ed lo sapevo. Allora, riprendendo possesso del mio corpo, completai coscientemente il percorso che mi separava dalla sua bocca, arrossata dai morsi che si infliggeva in continuazione.
E fu come immaginavo: calda, troppo calda. Bruciava sotto le mie dita che la sfioravano appena. Indugiai quel secondo di troppo e la sorpresi a rabbrividire, come se una folata di vento freddo avesse spalancato la finestra della sua stanza.
E quella reazione incondizionata del suo corpo mi ferì come una coltellata in pieno petto, come nemmeno la negazione del suo sangue mi aveva fatto male, al nostro primo incontro.
Non avrei mai più potuto avvicinarla ed era veramente meglio per tutti… Anche per me.
Lasciai la sua stanza, volgendole un ultimo sguardo. La mia perfetta memoria di vampiro non mi avrebbe permesso  di perdere tutto ciò e di tutto ciò avrebbe dovuto nutrirsi il mio cuore morto per l’eternità.
Quel cuore che avevo deciso di donare ad un’altra e che invece, mi accorgevo ogni secondo di più, apparteneva alla bambina che avevo lasciato dormiente nel suo lettino. Ne avrebbe sentito mai la mancanza? Avrebbe sentito mai di aver perso qualcosa? Si sarebbe sentita mai incompleta come mi sentivo io in quel momento in cui correvo veloce verso la mia futura compagna? No. Perché senza che me ne accorgessi il mio cuore freddo e muto l’avevo lasciato vicino a lei, a far compagnia alla sua mente, ugualmente muta.
Addio Isabella, vivi. Sarà meglio per tutti… Tranne che per me.
 

 

********

 
Corsi. Corsi verso il mio futuro, scappai da lei. Corsi come non avevo mai fatto in tutta la mia esistenza. Codardo.
Gli alberi scorrevano veloci al mio fianco. Il tempo che avrebbe dovuto scorrere rapido come la mia corsa, sembra essersi fermato. E allora mi bloccai anch’io perché, pur non avendo bisogno di respirare, sentivo che mi manca l’aria. Mi mancava lei. Mi sembrava come se, allontanandomi da Isabella, stessi mano a mano lasciando una scia di piccole molliche dietro di me.
Credi forse che non ritroveresti la strada di casa? -  sibilò il diavoletto sulla mia spalla.
Significherebbe che voglio tornarci e io non posso, non voglio e non devo farlo! – gli risposi ringhiando e facendolo tacere… Solo per poco.
Sei un bugiardo, Cullen.
Chiudi il becco! - gli risposi io.
Mi accorsi allora che mi ero fermato. Non ero lontano da casa Cullen. Lo spiazzo che si apriva davanti ai miei occhi era una radura nascosta dal folto del bosco umido di Forks. Il prato sul quale mi stesi, con le braccia dietro la testa, era fitto e morbido. Ai lati del mio viso dei fiori in boccio color lilla attirarono la mia attenzione. Questo era un mondo a parte, ero su un altro pianeta. Un posto dove avrei potuto essere finalmente felice? No, perché ora avevo la consapevolezza che né i soldi della mia famiglia, né l’immortalità, né i miei sensi iper sviluppati potevano prendere il posto della ragazza che avevo appena lasciato al sicuro, nella sua stanza. Sì, ora era al sicuro, perché il mostro era lontano da lei. Era meglio così. Era meglio per tutti… Anche per me?
Alzai gli occhi al cielo e mi accorsi che le stelle erano ben visibili e la luna splendeva silenziosa. Che bella. Mi sembrava così calda e lontana… Mi fece pensare a lei. E le parole sgorgarono senza volere, in una pacata dichiarazione dell’amore che sapevo di cominciare a provare. Quell'amore che avrei riversato interamente su Tanya.
 

 

Pronunzio il tuo nome
nelle notti scure,
quando sorgono gli astri
per bere dalla luna
e dormono le frasche
delle macchie occulte.
E mi sento vuoto
di musica e passione.
Orologio pazzo che suona
antiche ore morte.
Pronunzio il tuo nome
in questa notte scura,
e il tuo nome risuona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della dolce pioggia.
T'amerò come allora
qualche volta? Che colpa
ha mai questo mio cuore?
Se la nebbia svanisce,
quale nuova passione mi attende?
Sarà tranquilla e pura?
Potessero le mie mani
sfogliare la luna!
 

 

Tornammo a Forks molti anni dopo. Nessuno si ricordava di noi. Solo quelli di La Push ci tennero a precisare che il patto era ancora valido, anche se erano passati molti, forse troppi anni. E ovviamente che era valido anche per mia moglie, Tanya.
Mi era mancato quel posto, chissà perchè?
Lo sapevo benissimo il motivo. Lo sapevamo io ed Alice.
La prima cosa che feci, lasciando i miei familiari alla consueta caccia di inaugurazione, fu dirigermi nella zona ovest di Forks. Al cimitero.
Non ero mai stato in un camposanto in tutta la mia esistenza, ma dovevo vederla di nuovo.
Il suo pensiero mi aveva accompagnato in tutti quegli anni passati lontano dai suoi occhi.
Immaginavo che fosse sepolto lì il suo corpo mortale, così, forse per sentirla vicina di nuovo, mi avventurai alla ricerca della sua lapide.
E la trovai. La luce del crepuscolo, che andava a morire, illuminava la fredda lastra di marmo.
E pensare che il crepuscolo era il momento della giornata che preferivo.
 

 

Isabella Marie Swan
13.09.1987 – 25.01.2005
Figlia amata.
 

 

Rimasi sconvolto di fronte a quella data incisa sulla pietra. Era morta dopo pochi giorni che mi ero allontanato da Forks, portandomi dietro la mia famiglia.
Chiusi gli occhi cercando di non farmi travolgere dal dolore. L'unico sfogo che poteva alleviare le mie pene non sarebbe mai arrivato. I vampiri non piangono.
Ma allora per chi avevo fatto tutto questo? Non doveva essere meglio per tutti? Anche per lei?
 

 

- FINE -
 

   
 
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