Chi non ha mai voluto cambiare
vita?
Almeno per un giorno ritrovarsi a
vivere una vita che non è
la sua, solo per fare cose che di solito non farebbe mai o per essere
chi non
sarebbe mai.
Be’ penso che tutti almeno per una
volta abbiamo chiuso gli occhi
e immaginato un presente diverso, fatto di avventure, magia e
divertimento.
Il potere di essere chi vogliamo
dipende solo da noi, dicono
in molti. Sarà vero?
È vero che volere è potere? Allora
perché se qualcuno vuole
con tutto se stesso una vita diversa, non la ottiene
mai?
.
Era un lunedì mattina come tanti
altri e Roxanne si era
svegliata alla solita ora. Lei era una di quelle persone che si faceva
sempre
la solita domanda, cui però non sapeva rispondere.
La sua vita di diciassettenne non
aveva nulla d’invidiabile.
Scuola, compiti, pallavolo e casa.
Ormai era figlia di una monotonia che
aveva imparato a
sopportare.
Viveva in un piccolo paesino del
Nevada e lì la vita
notturna si restringeva agli anziani che fino alle undici di sera
giocavano a
carte.
Quando era piccola, la sua vita le
piaceva, aveva una
famiglia accanto e tutto l’affetto che si possa
desiderare.
Due mesi dopo il suo undicesimo
compleanno i suoi genitori
divorziarono e lei si ritrovò ad essere sbattuta a destra e sinistra,
la
settimana con la madre e il week-end con il padre.
Fino ai quattordici anni, quando
decise che avrebbe passato
il tempo con uno di loro quando voleva lei e no come dicevano
loro.
Si rese indipendente e si accorse di
essere cresciuta,che
ormai i suoi genitori non potevano
decidere tutto per lei. Lei doveva avere una propria vita.
Ma la nuova vita che tanto voleva,
non arrivò mai. Sua madre
rimase incinta e lei dovette badare al fratello dopo la sua nascita.
Così se
già passava poco tempo, a parte le ore scolastiche e sportive, fuori
casa da
quel momento non poteva nemmeno affacciarsi alla
finestra.
Sua madre era troppo presa dal lavoro
per ricordarsi di aver
messo al mondo un altro figlio, così tutto il lavoro gravava sulle
spalle di
Roxanne e di quella santa donna che la mattina faceva le pulizie a
casa.
Ed era arrivata così a diciassette
anni, senza sapere cosa
significasse vivere. Sentiva parlare le sue compagne di scuola dei
magnifici
posti che avevano visitato durante le vacanze. Ascoltava le notti folli
che la
sua compagna di banco passava nella città accanto alla
loro.
E lei nulla, non aveva mai nulla da
raccontare. Lei stava li
in silenzio ad ascoltare, con la testa poggiata sul palmo della mano,
gli occhi
che le brillavano e i suoi pensieri che vagavano.
Roxanne non aveva mai avuto la possibilità di divertirsi sul serio o
forse non
l’aveva mai cercata.
Ogni inizio settimana era uguale a
quello precedente, non si
faceva più illusioni su ciò che le sarebbe potuto accadere. Accettava
la sua
vita così com’era, anche se sperava di cambiarla.
Quella mattina però si era svegliata
più tardi del solito e
aveva dovuto fare tutto di corsa, non aveva nemmeno fatto colazione per
paura
di saltare la prima ora e doversi sorbire un’altra ramanzina dal
professore di
storia.
Diede un bacio veloce al fratellino
che dormiva ancora,si
accertò che non si fosse svegliato a quel contatto e uscì di casa
sbattendo la
porta.
Aveva all’incirca quindici minuti per
arrivare al grande
edificio giallo che si trovava a tre isolati da casa sua. Per tutti la
scuola
era come un carcere, mentre per lei significava la libertà, significava
non
vedere sua madre e non dover cambiare pannolini per almeno sei ore al
giorno.
Iniziò a correre più che poteva,
fermandosi solo un paio di
volte per prendere fiato e poi ripartire.
Dopo qualche minuto iniziava già a
scorgere l’immenso
edificio, così gradualmente rallentò.
Correndo ancora però inciampò in
qualcosa sul terreno, stava
per cadere in avanti quando sentì due braccia che da davanti
l’afferravano e
vide due piedi sotto i suoi occhi.
Si tirò su immediatamente e alzò la
testa per ringraziare il
suo salvatore, ma rimase immobile a fissare gli occhi che si trovava di
fronte.
Erano colore del cioccolato che tanto amava e la scrutavano come per
leggerle
l’anima.
Sentì i battiti del suo cuore
aumentare e il viso diventare
rosso e caldo.
“Hey più attenzione la prossima
volta!” l’ammonì con un
sorriso divertito il ragazzo.
“Io…scusa non volevo” balbettò lei di
risposta distogliendo
in un secondo lo sguardo dai lineamenti del giovane.
“Non penso che esisti una persona che
voglia cadere” disse
ancora con il sorriso sulle labbra.
“Già” in quel momento Roxanne avrebbe
voluto scavarsi la
fossa con le sue stesse mani, per poi gettarcisi dentro e richiuderla
lei
stessa.
“Adesso è meglio che vai, altrimenti
la tua reputazione
verrà macchiata”.
“Cosa?” le parole del ragazzo erano
davvero strane, lei non
capiva. Si guardò in giro come faceva lui e notò che molte persone li
fissavano.
Perché tutta quella gente li
guardava? Non avevano mica
ucciso qualcuno!
“Bene io va..” non finì la frase
perché quando si girò il
ragazzo non c’era più.
Voltò la testa varie volte per vedere
dove era finito, ma di
lui nemmeno l’ombra.
Dopo un attimo di smarrimento si
ricordò che era in ritardo
e riprese a correre.
Riuscì ad arrivare in classe in tempo
per miracolo, si
posizionò all’ultimo banco e aspettò che l’insegnante
entrasse.
L’uomo grassottello non tardò a
comparire, ma la vera
attrazione di quella giornata non era la cravatta coloro kaki che aveva
indossato, ma il ragazzo che lo seguiva.
Tutti lo guardarono con aria
sconvolta e nemmeno il
professore sembrava contento di averlo così vicino.
Roxanne riconobbe all’istante quegli
occhi di quel verde
strano, era il ragazzo che l’aveva presa al volo poco
prima.
“Allora ragazzi, oggi come vedete
abbiamo un nuovo alunno.
Lui è Nicholas frequenterà questo
semestre con noi” il ragazzo aveva il sorriso sulle labbra, come se non
sbiadisse mai e si passò una mano tra i ricci perfettamente
gelatinati.
“Bene puoi andarti a sedere in quel
banco vuoto” l’uomo
indicò con la sua mano tozza il banco libero accanto a quello di
Roxanne.
Nicholas si andò a sedere sotto gli
occhi increduli di
tutti. Posò il suo zaino e guardò la rossa accanto a
se.
“Ci incontriamo di nuovo” bisbigliò,
lei si girò e dopo aver
alzato la mano per farsi notare dal professore che faceva l’appello gli
rispose.
“Si, piacere io sono Roxanne” anche
lei cercò di
sorridere.
“Nicholas” si strinsero la mano e la
ragazza notò quanto
fosse fredda quella di lui.
Lo scambio di battute finì li e le
tre ore passarono con
occhiatine date di tanto in tanto da una parte
all’altra.
Quando la campanella della terza ora
suonò, Roxanne si alzò
dalla sedia, si sistemò la gonna grigia pieghettata e si voltò verso il
suo
vicino di banco.
“Allora vieni a pranzo con me?” tutto
quel coraggio non
sapeva da dove provenisse, ma tentare non costa nulla,
giusto?
“Sicura?”fece lui indicando con la
testa gli ultimi ragazzi
che uscivano dalla classe.
“Se te l’ho chiesto..” disse lei
retorica.
“Va bene, ma nel
parcheggio”.
“Come vuoi” la richiesta le era parsa
alquanto strana, ma
non ribatté perché quel ragazzo aveva qualcosa di magnetico, qualcosa
che
l’attirava inevitabilmente.
Uscirono dall’aula e attraversarono i
corridoi sotto le
occhiate degli studenti, tutti si fermavano e facevano largo al loro
passaggio,
bisbigliando qualcosa di incomprensibile per Roxanne.
Nicholas in confronto alla ragazza
non sembrava sorpreso,
era come abituato a tutto quello.
Arrivati nel giardino di fronte al
parcheggio della scuola
scelsero un albero qualunque e si sedettero all’ombra dell’ampia
chioma,
tirando fuori i rispettivi pranzi dalla borsa.
“Perché…be’ insomma, perché tutti ci
fissavano
prima?”Roxanne era curiosa, ma anche spaventata dalla
risposta.
“È normale, se continui a farti
vedere con me devi
abituarti”disse mentre masticava il suo panino.
“In che senso?” chiese addentando a
sua volta il panino che
ogni mattina le preparava Mary, la dolce signora delle pulizie che
teneva a lei
e suo fratello più di loro madre e loro padre.
“Tu sei troppo curiosa, piccola
Roxie” eccolo di nuovo, il
sorriso dolce e strafottente che si faceva largo sul volto del
giovane.
“Io…è…che” arrossì violentemente. Un
suo difetto: era sempre
stata troppo curiosa, fatto che l’aveva portata a sapere cose di cui
era meglio
ignorare l’esistenza.
“Sono stato espulso da ben quattro
scuole in tre anni”
Roxanne dilatò improvvisamente gli occhi “lo so sono molte. E diciamo
che non
frequento ciò che si definisce la crema della società. La gente mi ha
etichettato come una specie di diavolo sceso in terra e la mia fama è
ovunque,
strano che tu non lo sappia. Le voci sul mio conto girano più
velocemente di
quelle sul telegiornale e alla gente piace ovviamente ingrandirle” la
piccola
Roxie aveva trovato quello che faceva per lei. Forse a diciassette anni
poteva
avere la svolta da sempre desiderata. In fin dei conti quel ragazzo non
le
sembrava così cattivo come diceva, forse frequentarlo le avrebbe
portato una
certa notorietà. Sarebbe passata dalla vita passiva ad essere la
protagonista
assoluta.
“Be’ se le persone ti evitano o ti
guardano male solo per
questo, non capiscono nulla” sorrise al ragazzo, che per un attimo
apparve
confuso.
I mesi passarono, le foglie da verdi
diventarono gialle e
infine caddero. Gli alberi spogli avevano accolto la prima neve di
novembre.
Dicembre a casa di Roxanne passò come sempre, ma con una piccola nota
stonata.
Roxanne in tre mesi aveva sconvolto
la sua intera esistenza.
Adesso quando camminava per i corridoi della scuola i suoi compagni si
scansavano anche se era sola. Adesso i suoi lunghi capelli rossi erano
stati
tagliati. Adesso i suoi occhi verde smeraldo era circondati da spesse
linee di
matita nera. Adesso Roxanne non era più Roxanne.
Aveva cambiato vita nel peggiore dei
modi. Iniziando a
frequentare le compagnie poco raccomandabili di Nicholas era finita per
entrare
in un circolo vizioso fatto solo da nottate folli, alcool a non finire
e di
certo anche di droga.
Trascurava sempre più il suo
fratellino e tutti trascuravano
lei. A lei poteva importare? No.
Lei aveva l’amore di Nicholas, era
sulla bocca di tutti ed
era riuscita a rendersi indipendente.
Aveva tutto.
Era cambiata a tal punto che
addirittura la madre se ne era
accorta.
Un giorno dopo essere tornata da
scuola, aveva posato il suo
zaino in un angolo, aveva salito le scale fino in camera sua dove
doveva
cambiarsi per uscire con il suo fidanzato e i suoi
amici.
Non appena la porta si chiuse, una
donna di più di quarant’anni
la riaprì. Roxanne non ci fece tanto caso, troppo impegnata a scegliere
la
gonna adatta da mettersi.
“Signorina io e te dobbiamo parlare”
la donna sbatteva
nervosamente su e giù un piede a terra.
La ragazza mugugnò un semplice “Uhm”
mentre si rimirava
nello specchio.
“Cosa ti è successo? Dov’è la ragazza
che ho cresciuto? Si è
vero io non sono stata molto presente nella tua vita ultimamente, ma
arrivare
fino a questo punto solo per attirare la mia
attenzione…”
“Io non voglio attirare la tua
attenzione”.
“Allora quella dei
passanti?”
“Neanche”
“Allora di chi? Perché così facendo
ti stai solo rovinando.
Pensa da quanto tempo è che una persona della tua scuola non ti parla”
detto
questo uscì dalla porta dove era entrata.
Roxanne fece finta di nulla e pronta
uscì di casa.
Nicholas era già fuori che
l’attendeva. Le diede un leggero
bacio e poi salirono in macchina. La giovane ad un certo punto scoppiò
e
racconto tutto ciò che la madre le aveva detto.
“E poi alla fine se ne è andata
sbattendo la porta” il
ragazzo fermò la macchina di colpo, beccandosi parole poco carine dagli
automobilisti dietro e accostò.
“Dopo la conversazione che abbiamo
avuto il primo giorno che
ci siamo visti, avevo intuito che volevi fare qualcosa di sbagliato. Ma
mai
fino a questo punto. Non mi sarei mai immaginato un qualcosa del
genere. Ti sei
omologata al mio gruppo e sei diventata come me, sei diventata qualcuno
che dalla vita non
avrà mai nulla” lei stava per
ribattere, ma la fermò con un gesto della mano.
“Io ti ho detto che la gente mi
evitava, no che mi piacesse.
È vero la mia vita me la sono creata da solo, ma una volta ho letto una
frase
sul tuo diario: “Ognuno è artefice del proprio destino”. Inutile dire
che mi ha
fatto pensare. Ho capito che tutto quello che facevo era sbagliato e
che non mi
avrebbe mai portato da nessuna parte. Ma sono cresciuto senza una
famiglia che
me lo dicesse, come te d’altronde. Ma se tua madre ti ha detto quelle
cose è
perché anche se non sembra tiene a te. Non buttare via la tua vita solo
per
seguire me e cambiare”.
“Ma io ti amo” il ragazzo
sorrise.
“Anche io ed è per questo che non
voglio vederti rovinare.
Ti prometto una cosa: finita la scuola saremo maggiorenni e ti porterò
via di
qui. Io e te inizieremo una nuova vita dove nessuno ci conosce. Saremo
due
persone diverse, due persone che finalmente troveranno il loro posto
nel mondo.
Ma il posto giusto”.
A Roxanne brillarono gli occhi e si
sentì una sciocca. I
suoi sbagli le piombarono addosso più pesanti che mai. Guardò Nicholas
negli
occhi e gli sorrise. Si fidava di lui.
Sapeva che come l’aveva trascinata
lì, poteva benissimo
ritirarla fuori.