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Autore: pukky    25/05/2011    1 recensioni
Quando una persona a cui vogliamo bene muore, ci lascia un vuoto incolmabile, una sofferenza inconsolabile. Non si è in grado di descrivere le emozioni che si provano dinanzi a questa terribile realtà. La storia che segue è intima. Molto intima ed importante per me. E’ un sogno che mi ha tormentato molte notti dopo la morte improvvisa di un caro amico. Sono io, nella mia fragilità.
Genere: Generale, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DARK LABYRINTH

 
Quando una persona a cui vogliamo bene muore, ci lascia un vuoto incolmabile, una sofferenza inconsolabile. Non si è in grado di descrivere le emozioni che si provano dinanzi a questa terribile realtà. La storia che segue è intima. Molto intima ed importante per me. E’ un sogno che mi ha tormentato molte notti dopo la morte improvvisa di un caro amico. Sono io, nella mia fragilità. Vi prego di leggerla con il minimo di rispetto che credo il mio cuore meriti, come quello di tutti. Se vorrete lasciare un segno del vostro passaggio, ve ne sarei grata. Mentre scrivevo ascoltavo “Improvviso” di Rinaldi suonata al pianoforte da mio fratello. Se volete ascoltarla, non so se si trova su youtube, boh provate a cercarla.

 
Immobile. Grande e insormontabile è il grigio muro che mi si presenta davanti. Immobile, costringe gli uomini a camminare, ad agire. Ma resto immobile. Una calda lacrima mi scende su una guancia, alzo una mano e la sfioro.
Sto piangendo?
 Vetri si infrangono, il muro sparisce. E’ una porta. Entro spinta da una forza più grande di me. So che non dovrei, ma lo faccio. Il rumore dei miei passi rimbomba sul freddo marmo. Rivoli d’acqua scorrono accanto ai miei piedi.
Sto ancora piangendo?
Il buio mi avvolge e perdo la percezione dei sensi. Solo rimbombi. Cupi rimbombi che mi annientano, completamente indifesa nella mia umana fragilità. Ma ecco che uno spiraglio di luce mi colpisce gli occhi, facendomeli socchiudere. Brucia. In bocca un sapore di sangue.
Sono morta?
Mi trovo in una vasta stanza color mogano. Orologi, terribili orologi che rintoccano ogni secondo con crudele ritmicità. Mi copro le orecchie disperatamente.
 Fermatevi! Smettetela!
Urlo, ma loro coprono la mia debole voce. Corro.
 Dove sto andando?
Lontano, lontano, lontano.
Ti prego, fammi uscire.
Ed ecco il mio desiderio esaudito. Rubini.
Mio Dio, sono centinaia!
Riflettono ombre scarlatte sulle pareti.
 Prendili...
Un sussurro inconscio nella mia provata mente mi fa sussultare.
Prendili... Sono belli, così belli.
Mi sporgo per osservarli da vicino. Non sono rubini, sono... cuori! E ancora battono, sonori e perfetti nei movimenti. Tremo.
A chi potrei mai rubare il cuore?
Mi volto e percorro la strada a ritroso, ma gli orologi sono svaniti. Fresco profumo di fiori. Verde, verde dappertutto. Timide goccie di pioggia mi bagnano. Odore di terra bagnata.
E’ questo il paradiso?
Mi sdraio su quel soffice manto umido.
 Purificami, ti prego. Mi sento troppo sporca, da tanto tempo.
 Un volto offuscato mi sorride e mi alzo di scatto.
Chi è?
Ma volgendomi non vedo nessuno.
 Oh, ti prego... Basta.
E sbattendo le palpebre lascio svanire l’Eden. Sono seduta a un tavolo di cristallo. E’ freddo, più del ghiaccio. Vi appaiono sopra cibi e bevande.
Mangia!
Afferro una mela d’oro. “Alla più bella” vi è scritto sopra. Meravigliose donne in fila dinanzi a me attendono un verdetto. La più piccola, l’ultima, più bruttina guarda in basso. Gliela porgo. Luride serpi mi mordono le mani.
Cosa ho fatto? Cosa ho sbagliato?
L’animo degli uomini è così contorto.
 E pensando questo mi ritrovo in un lungo corridoio senza fine. Un passo alla volta. Solo un passo alla volta, puoi farcela. Vacillo, mi appoggio al muro. Ma non è un muro, è una tenda, una grande e pesante tenda. Scrosci di applausi mi assalgono. Guardo verso il basso: migliaia, migliaia di uomini che attendono che mi muova.
Cosa volete? Cosa vi aspettate da me? Guardatemi, sono così terribilmente sporca!
 Abietta. La morte ci trova sempre così piccoli, così inermi. Ho atteso questo momento, ma mai mi sarei aspettata che una volta arrivato, mi sarei sentita così terribilmente immonda dinanzi alla consapevolezza della fine. E applaudono ancora, e ancora, e ancora. Fuggo, ancora una volta, non posso sopportare altro. Una lunga scala a chiocciola mi toglie il respiro. Circondata dal nulla cerco una via di salvezza.
Arriverò mai in cima?
Sì. Ed ecco che un tremito mi scuote, appannandomi la vista. La stanza è nera, ma ci vedo. Vedo gli scuri abiti che la riempiono.
Finirà questo terribile tormento che mi sconquassa?
Se mai ho creduto all’inferno, credo di esserci arrivata.
Chiudo gli occhi, il mio respiro diventa pesante. Mi arrendo. Qualcuno mi prende per le spalle.
Corri, ancora una volta, per me.
Lo faccio. E qualcuno mi segue, lo so, ne sono sicura. Ma non ho il coraggio di voltarmi.
Ti prego, ti prego lasciami andare.
Più veloce, più veloce!
E rieccole: tutte le stanze che ho attraversato, sfrecciano dinanzi a me, sembrano volermi fermare, ma continuo la mia disperata corsa. Verso un’uscita, verso la vita. Mi tuffo in acqua cristallina e catartica.
Ci sono! Sono fuori!
Adesso posso farlo: voglio sapere chi è stato, chi mi ha salvata. Ma non c’è nessuno. Di nuovo sola, dinanzi a me un grigio muro ivalicabile. Il petto mi scoppia. Apro gli occhi, mi sveglio di soprassalto. Un urlo inumano in gola, non trova via di uscita. Dinanzi a me di nuovo buio.
Mio Dio, finirà mai?
E piango. 

  
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