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Autore: fleacartasi    27/05/2011    11 recensioni
“C'è qualcuno che non ha saputo?”
“Non ho bisogno della tua ironia.”
“E io non ho bisogno che mi ricordi che mio nipote sta per finire ad Azkaban.”

Seconda classificata al contest "Perché vecchio è meglio!", sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Responsabilità





1 novembre 1981.


Hai saputo?”
L'uomo non diede segno di aver ascoltato la domanda. Trascinò la poltrona su cui sedeva, avvicinandosi al fuoco. Allungò le mani, strofinandole con gesti lenti. La loro ombra iniziò a danzare alla luce calda delle fiamme. “Fa freddo, oggi. Non riesco a scaldarmi.”
“Papà.”
“C'è qualcuno che non ha saputo?”
“Non ho bisogno della tua ironia.”
“E io non ho bisogno che mi ricordi che mio nipote sta per finire ad Azkaban.” Pollux Black osservò una sottile voluta di fumo azzurrognolo uscire dalla sua vecchia pipa. Sul legno era inciso il motto di famiglia, vergato dai suoi antenati.
Walburga Black si scostò dallo stipite della porta.
Mentre si avvicinava al camino, ricordò i giorni in cui, da bambina, entrava in quella stanza. Erano trascorsi quasi cinquant'anni, ma i mobili imponenti, le pareti rivestite di legno e le ombre disegnate dalle fiamme erano gli stessi di allora.
Solo suo padre, nascosto dallo schienale rivestito di velluto, era cambiato: era ancora capace di incuterle soggezione, ma quell'aura di intoccabile severità si era affievolita. Ormai trascorreva la maggior parte del suo tempo a leggere o fumare, e centellinava le apparizioni in pubblico. I suoi capelli erano diventati candidi, e le mani, un tempo affusolate e sicure, erano nodose, a tratti esitanti. A sessantanove anni, aveva lasciato le redini della famiglia in mano ai figli, e non sembrava rimpiangere la propria decisione.
Walburga si lasciò cadere sul vecchio e scomodo divano, concedendosi un sospiro. L'espressione risoluta, che solitamente sfoggiava con orgoglio, si era trasformata in una maschera che le irrigidiva il volto. “Cosa devo fare?” Mentre la pronunciava, non sapeva se quella domanda fosse rivolta al padre o piuttosto a se stessa.
“Stai chiedendo a me cosa devi fare?” Pollux spostò lo sguardo sulla figura che gli stava di fronte. “Pensavo che fossi diventata adulta.”
“Papà, per favore.” Walburga non riuscì a nascondere la sfumatura d'urgenza della propria voce, e si rimproverò per quella debolezza.
“Se proprio ci tieni, ti darò un consiglio.”
“Sono venuta per questo,” ammise, con riluttanza.
Pollux non era cambiato, almeno in quello: continuava a dispensare il suo aiuto con parsimonia, e provava un sottile piacere nel farsi pregare.
“Vai ad Azkaban, corrompi chi dev'essere corrotto e tiralo fuori,” sentenziò il padre, freddamente.
“Cosa?”
“Non fare la finta tonta, hai capito benissimo,” rispose. “Fallo liberare, e portalo qui. Poi decideremo come comportarci.”
“Credi che sarebbe semplice? Voldemort è caduto, l'hai dimenticato? Il Ministero è nel caos, i nostri contatti non servono più. Nessuno sarà disposto ad ascoltare dei Purosangue, in questo momento.” Walburga fece una breve pausa, per raccogliere le parole. “Nessuno sarà così stupido da farsi corrompere. Chi era dalla parte di Voldemort non ha niente da temere. Sono tutti troppo felici, troppo stupidi. Crederanno a qualsiasi storiella sulla maledizione Imperius, e tanti non vedranno la prigione neanche da lontano.”
“Si trova sempre qualcuno che ha bisogno di soldi.” Pollux appoggiò la pipa, ormai spenta. “E ti ricordo che c'è un motivo per cui ho insistito sulla necessità di rimanere neutrali. Saremo anche degli spregevoli Purosangue, ma non abbiamo mai sostenuto apertamente Voldemort. Nessuno potrà negarlo.”
“Regulus...” La donna esitò. Pronunciare il nome del figlio minore le faceva ancora bruciare gli occhi, di tanto in tanto. In quel momento di particolare debolezza, lottò per impedire alle lacrime di fuoriuscire.
“Nessuno si ricorda più di Regulus. Era solo un ragazzino troppo stupido per capire quello che faceva. Ha tentato di scappare, in ogni caso. Si può solo provare pena per lui.” Le labbra di Pollux si piegarono in una smorfia.
Regulus era sempre stato il suo nipote prediletto, e avevano trascorso numerosi pomeriggi in quella stessa stanza.
Ricordava bene quel bambino calmo, introverso, che lo scrutava con un misto di timore reverenziale e curiosità. Gli poneva molte domande, e di tanto in tanto riusciva a strappargli un sorriso divertito. Gli piaceva giocare con gli scacchi magici, e l'aveva tenuto impegnato in interminabili partite davanti al fuoco.
Poi era cresciuto, troppo in fretta per poterlo fermare, e si era fatto ammazzare. Prima un Mangiamorte, poi un codardo in fuga.
Una lapide spoglia, e neanche un corpo a cui portare un fiore.
Scosse il capo, nel tentativo di allontanare quei pensieri.
“Sirius non fa più parte di questa famiglia, ormai. Perché dovremmo esporci per aiutarlo? La nostra reputazione non ne trarrebbe vantaggio, anzi.”
“Sirius rimarrà sempre un Black, agli occhi degli altri. Non puoi negarlo, Walburga. Lui è uno di noi. Come Marius. Come Andromeda. Non puoi andare a prendere un tè da quelle oche che chiami amiche senza che casualmente ti chiedano di uno di loro, o sbaglio? Nascondi una macchia, e il mondo immaginerà il peggio.”
“Ti diverti a vedermi in difficoltà. L'hai sempre fatto,” ribatté Walburga, bruscamente.
“Ho solo fatto in modo che imparassi dai tuoi errori. Spero che non commetterai l'ennesimo, lasciando l'unico figlio che ti è rimasto a marcire in una cella. Devi aiutarlo.”
La risata amara della donna lo investì. “Come lui ha aiutato noi. Finendo a Grifondoro, disonorando il suo cognome, facendo amicizia con i babbani, persino con quel lurido Mezzogigante! Abbandonandoci, senza il minimo rimorso...” pronunciò le ultime parole a fatica, mentre sentiva il respiro diventare più affannoso.
“Sirius non ha il mio affetto, e tanto meno la mia stima. Lo disprezzo, e disprezzo la gente di cui si è sempre circondato. Ma adesso bisogna pensare alla nostra famiglia, o a quel che ne è rimasto. Lo manderemo dove i miei genitori avevano mandato Marius.” Corrugò la fronte.
Non aveva notizie del fratello da più di mezzo secolo, ma non aveva dimenticato l'espressione sul quel viso di undicenne. Calma, quasi serena, consapevole di un destino da reietto.
Prima che la madre lo trascinasse via con sé, oltre la soglia di casa, Marius aveva rivolto lo sguardo verso di lui, il fratello maggiore.
Pollux aveva percepito con chiarezza una morsa dolorosa annodargli lo stomaco. Era solo riuscito ad alzare la mano, in un esitante gesto di saluto, prima di voltarsi e rientrare.
Marius non aveva parlato, ed era sparito nella luce di un'estate morente.
“Era una situazione diversa. Zio Marius era un Magonò, ed ha accettato di sparire...”
“Aveva undici anni,” la interruppe Pollux, quasi con rabbia. “Non ha accettato di sparire.”
“Avrebbe potuto tornare, ma non l'ha fatto. Sirius mi riderebbe in faccia, se gli proponessi di fargli lasciare Azkaban.”
“Nessuno è così pazzo da non voler lasciare Azkaban.”
Lui lo è!” All'improvviso, la voce di Walburga si trasformò in un grido. “Sarebbe anche disposto a rimanere lì dentro per l'eternità, pur di non accettare il mio aiuto!”
“Walburga.”
“Non ci provare, papà,” lo prevenne lei. “Sirius è
mio figlio, e non puoi comportarti come se fosse un particolare insignificante. Rimarrà in prigione, e per quanto mi riguarda è già morto.” Si alzò, lanciandogli un'occhiata furente.
Pollux sollevò la mano, in un gesto di resa. “Non capisco perché hai voluto incontrarmi, se non hai nemmeno intenzione di considerare la mia idea. Comunque hai la mia parola, non mi intrometterò più.”
“Ora devo andare.”
“Quando capirai di aver sbagliato, potrai incolpare solo te stessa. Spero che il peso di questa responsabilità non ti distrugga.”
“Questa discussione è finita, per quanto mi riguarda.” Abbassò la maniglia, che scricchiolò rumorosamente. “Buona giornata, papà.”
Si chiuse la porta alle spalle, e nello studio tornò un silenzio opprimente.
Pollux scosse il capo, osservando le braci incandescenti nel camino.
Pensò a Sirius, e al gelo delle celle di Azkaban.



* * * * *



NOTE

Secondo il Lexicon, Pollux Black, padre di Walburga, è morto nel 1990. Di conseguenza era ancora vivo e vegeto, quando il nipote è stato mandato ad Azkaban: ho provato semplicemente ad immaginare una sua reazione alla notizia.
Marius, cancellato dall'albero dei Black perché era un Magonò, era appunto suo fratello.
Questa storia partecipa al contest “Perché vecchio è meglio”, di LazioNelCuore1711, sul forum di EFP. Si poteva usare una citazione libera, e ho scelto “Conceal a flaw, and the world will imagine the worst” (frase di Marziale che ho trovato vagando su un sito inglese... l'ho tradotta in italiano, probabilmente in modo penoso e piuttosto liberamente ^^').

Commenti e critiche sono bene accetti, come sempre!

Alla prossima,
Flea.

Grammatica 15/15
Perfetta, non ho trovato alcun errore!

Lessico e Stile 9.45/10
Soltanto due piccoli accorgimenti: Prima che la madre lo trascinasse via con sé, oltre la soglia di casa, Marius aveva rivolto lo sguardo verso di lui, il fratello maggiore. Pollux (sarebbe migliore non andare a capo, stai continuando a narrare la stessa vicenda -0.25) aveva percepito con chiarezza una morsa dolorosa annodargli lo stomaco. “Sirius è mio figlio, e (accettata stilisticamente solo in alcuni casi ove sia necessaria più enfasi, tuttavia qui un po’ ridondante -0.10) non puoi comportarti come se fosse un particolare insignificante. “Sirius non ha il mio affetto, e tanto meno la mia stima. Lo disprezzo, e disprezzo (ripetizione forse stilistica, ma suonerebbe meglio senza -0.25) la gente di cui si è sempre circondato. Lo stile che hai scelto di utilizzare è fluido e scorrevole, essendo la tua storia incentrata su un dialogo padre-figlia, quindi la lettura non crea problemi di alcun tipo. Piccola notazione (su cui non ho voluto togliere punti): non mi è piaciuto l’utilizzo di “braci” nell’ultima frase… è un po’ artificioso, avrebbe funzionato meglio “tizzoni” o “ceneri”, non so…

Caratterizzazione 8.5/10
Il personaggio di Pollux Black è ben caratterizzato, rappresenta bene il carattere della famiglia Black: sopra ogni suo valore c’è l’alto nome della casata. Il modo con cui tratta i suoi parenti è quasi quello di un capofamiglia ottocentesco: pacato ma autoritario, vigile ma comprensivo. Per essere un personaggio a malapena citato nell’arazzo di famiglia Black, ne hai dato un ottimo ritratto: complimenti! Ciò che non mi convince, purtroppo, è il personaggio di Walburga: è eccessivamente sottomesso e insicuro per essere la stessa donna autoritaria, arrogante e fastidiosa che è ritratta a Grimmauld Palace. Inoltre cambia opinione decisamente troppo rapidamente, senza un motivo abbastanza chiaro: è intrappolata in un vortice di pensieri, sembra solo attendere il giudizio di suo padre per contraddirlo… decisamente poco coerente con la descrizione della madre-padrona che ci dà Sirius nel 5° libro.

Punti bonus: 5/5 suddivisi in:
1 Prompt -> viene citato sia come titolo sia nella storia
2 Citazione -> ben inserita e coerente con il testo
2 Coppia -> ottima scelta del ‘passo a due’ padre-figlia, non sempre una coppia dev’essere di amanti!

Gradimento personale 4/5
L’idea è indubbiamente originale e ben strutturata e ho apprezzato molto il paragone tra i due reietti della famiglia, Marius e Sirius. Tuttavia avrei apprezzato molto di più una Walburga IC, ritratta nell’odio profondo verso il figlio che ha voltato le spalle alla sua famiglia… magari il confronto con un Pollux ragionevole e calmo sarebbe stato più interessante.

Totale 41.95/45 Voto--> 9.3

  
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