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Autore: MedusaNoir    27/05/2011    4 recensioni
Claudia aveva nove anni e un neo sotto l’occhio sinistro. Di professione era scrittrice.
Che cosa accadrebbe se una bambina entrasse nel mondo che ha creato la sua fantasia?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è un racconto che ho scritto nel 2008; in realtà si tratta della versione breve, dato che ho perso quella originale. Ho voluto riscriverlo così com'era, senza apportare modifiche (eccetto alcuni errori di grammatica), ma un giorno lo stile e la forma cambieranno sicuramente. Come si può notare, sembra che a quel tempo non conoscessi nemmeno i punti e virgola e mettessi punti dovunque, rendendo le frasi brevissime (e anche fastidiose da leggere). In ogni caso, spero che possa piacere un po' anche così.


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A Claudia

LA SOFFITTA DI CLAUDIA

 

Claudia aveva nove anni e un neo sotto l’occhio sinistro. Di professione era scrittrice: quando leggeva le sue opere i suoi ascoltatori erano bambole e pupazzi che teneva sparsi per la sua cameretta. Era una soffitta occupata da due letti, uno dei quali era appartenuto alla sorella maggiore di Claudia. Il resto della soffitta ospitava diversi giocattoli della bambina, un misterioso baule accanto alla piccola finestra di legno e uno scrittoio che Claudia adorava: le piaceva sedersi lì e inventare racconti che poi avrebbe illustrato agli abitanti immaginari di quella stanza.

Quella sera Claudia, dopo aver composto il suo racconto ed averlo osservato soddisfatta, stava per narrare una nuova avvincente avventura al suo vasto pubblico, quando vide una luce provenire dal misterioso baule. Claudia si avvicinò titubante e appoggiò una mano sulla chiave di ferro infilata nel lucchetto pesante che chiudeva il baule. Girò la chiave nella serratura del lucchetto, sollevò il coperchio e… cos’era quel prato lì dentro? Voltandosi Claudia si accorse che, al posto delle buie e soffocanti pareti della soffitta, era stagliato un cielo di un azzurro chiarissimo, costellato ogni tanto da sottili nuvole di zucchero filato. Il verde dell’erba estiva riempiva l’intero paesaggio. Claudia iniziò a correre, felice come mai prima di allora, contenta di essere finalmente uscita dalla casa in cui la madre l’aveva rinchiusa dopo la morte del padre, proibendole di incontrare le sue amiche e rassicurandole in lacrime che, quando si sarebbe rimessa in forma, avrebbe potuto riprendere le abitudini liete di un tempo; ma erano mesi ormai che Claudia non vedeva altra luce che quella che a stento riusciva a passare attraverso le finestre della casa.

Continuò a correre per i campi, quando vide Nero, il suo cavallo di peluche, e Piuma, il suo uccellino, dialogare tranquillamente tra loro di filosofia.

- Mio caro, mi pare abbastanza ovvio che le conoscenze siano innate nella nostra mente – diceva Nero.

- Ergo non ha mai letto gli empiristi, professore? – chiedeva Piuma.

- Ti prego! Non nominare quei filosofi da strapazzo in mia presenza, Piuma! – .

Con un sorriso che da molto tempo non le illuminava il viso, Claudia entrò in un boschetto e, addentrandosi solo un po’, vide miriadi di farfalle che le volavano intorno, tutte di colori diversi. Subito dai nascondigli sotto gli alberi uscirono folletti e fate dei boschi, coi capelli lunghi e verdi o irti sulle piccole teste. D’improvviso tra loro giunse una giovane donna, un elfo attraente e misterioso.

- Astrid – la chiamò Claudia: sapeva il suo nome perché era stata lei ad inventarla, e si accorse che anche i folletti e le fate che le saltellavano e volavano attorno erano sue creazioni.

- Sei nel nostro regno, bambina – sorrise Astrid. – Ora è nostro compito farti vivere - .

Riprendendo a camminare lungo il sentiero, Claudia vide un palazzo del secolo passato, lugubre e in decadenza. Ritrovandosi sola, vinse la sua paura e oltrepassò la porta cigolante. Sentendo un canto femminile si diresse verso l’ultima stanza del corridoio. Entrò senza far rumore e vide una ragazza in una veste color argento piangere coprendosi gli occhi con entrambe le mai.

- Cos’hai? – le chiese la bambina, e subito la ragazza abbassò le mani e mostrò il suo vero, spaventoso volto. Aveva un viso lungo e pallido, due occhi rossi e sottili e una bocca piena di denti affilatissimi. Claudia non si spaventò, riconoscendo un altro dei suoi personaggi, Asia, il fantasma di una ragazza che, vedendo ostacolato irrimediabilmente il suo amore per un servitore, si era uccisa nella sua camera. Tuttavia Claudia non si aspettava che Asia cominciasse a fluttuarle contro con una risata tetra e, non sapendo cosa fare, si gettò dalla finestra aperta della camera.

Fu presa al volo da Nemo, l’astronauta coraggioso che aveva scoperto la stella di Clisia. Nemo la portò nella sua navicella, mostrandole tutti i congegni che usava per perlustrare lo spazio infinito. Claudia riconobbe la Luna cosmica, che illuminava le stelle che si nascondevano dietro ai pianeti più grandi per non essere scoperte.

Improvvisamente fu trascinata fuori dalla navicella da Martin, il mozzo avventuriero, che la stava trascinando su un’isola sperduta per portarla con sé alla ricerca del tesoro del Corsaro Grigio. Percorsero il Rio delle Amazzoni su una canoa di legno, viaggiarono in sella a tigri del Bengala, mangiarono insieme ai nativi africani; si addentrarono nella giungla più fitta fino al terzo albero a destra rispetto alla Roccia del Naufrago. Lì, scavando con entusiasmo, trovarono il forziere che nascondeva il tesoro del temibile Corsaro Grigio. Claudia vide il più grande bottino della sua immaginazione: dobloni, rubini e smeraldi, collane di diamanti e, sul fondo del forziere, un lungo vestito dorato.

All’improvviso sentì una voce dietro di lei: - Potrebbe consegnarmelo, madonna? Appartiene alla mia dama e io sono venuto fin qui per trovarlo e restituirglielo - .

Voltandosi Claudia si accorse che davanti a lei ora c’era solo Sir Arthur, l’intrepido cavaliere. Claudia gli tese il vestito.

- La ringrazio, nobile dama. Posso accompagnarla al castello perché anche la mia dolce principessa possa mostrarle la sua gratitudine? - .

Claudia acconsentì e salì sul cavallo bianco di Sir Arthur; cavalcarono fino a una valle incantata, nel mezzo della quale si stagliava il castello rosa della bella principessa. La bambina notò subito, entrando nella corte, l’assenza dei giullari variopinti e delle damigelle chiassose. Alzò lo sguardo verso le torri e vide che il malefico Drago Nero aveva rapito l’incantevole principessa. Sir Arthur salì di corsa di cinquecento scalini della torre e con un colpo della sua potente spada mozzò la testa al drago e salvò la sua dama.

La bellissima principessa strinse le mani di Claudia e le sorrise.

- Ti ringrazio per aver consegnato a Sir Arthur il mio vestito. Ti dono questo come ricompensa – disse mettendole al collo un laccio che teneva una pesante chiave d’oro. – Grazie ad essa potrai tornare nel nostro mondo quando vorrai. Basta appoggiarla sul petto, accanto al cuore, e sentirlo battere - .

Sfinita a causa delle avventure meravigliose della giornata, Claudia si addormentò sul letto che la bella principessa le aveva ceduto per quella notte, chiedendosi a sognare tra le tende del baldacchino.

Si svegliò di soprassalto nella sua camera, sdraiata tra i cuscini sul pavimento e i suoi amici di pezza. Sapeva che non era stato solo un sogno, sapeva che ogni volta che si fosse sentita oppressa dalle pareti grigie e dal buio della soffitta, le sarebbe bastato poggiare la piccola chiave sul cuore e sentire il suo battito per rivedere i colori e la vita di quel mondo fantastico che lei stessa, tante volte, aveva raccontato.

   
 
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