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Autore: Dragana    27/05/2011    12 recensioni
"Hanno designato Volterra come loro dimora, vi si sono stabiliti con le loro mogli, hanno istituito il loro corpo di guardia e dalla cima del loro monte vigilano sul mondo."
Disordinata raccolta di one-shot sui Volturi e le loro guardie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aro, Jane, Renata, Sulpicia, Volturi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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TATUAGGI


Felix corse a rotta di collo davanti alla scrivania di Nora, la segretaria, per poi infilarsi nei sotterranei e ancora più giù, nelle segrete.
C’era Gunnar di guardia davanti alla massiccia porta di ferro della stanza delle torture; lo scansò di lato con una spallata e aprì la porta, precipitandosi dentro. Le urla del prigioniero risuonarono in maniera orribile per i corridoi e Felix si concesse un sospiro di sollievo, richiudendosi il massiccio portone alle spalle.
Caius, che aveva in mano uno strano strumento composto da denti di vampiro assemblati su una superficie di ferro, lo fulminò con lo sguardo; Jane fece lo stesso, aspettando solo l’ordine di fulminarlo con lo sguardo in maniera letterale.
Felix alzò le mani, scoprendosi completamente; la porta si spalancò e Gunnar irruppe, atterrandolo. Lui lo lasciò fare, rivolgendosi direttamente a Caius.
-Boss, chiedo perdono, davvero, tutto il perdono che posso chiedere lo sto chiedendo, ma avevo paura che lo avevate già ammazzato e io volevo solo il permesso di chiedergli una cosa, il Signor Aro ha detto che se era ancora vivo potevo…-
Il prigioniero aveva smesso di urlare e li guardava, allibito e terrorizzato.
Caius tamburellò sulla mano il suo strano strumento, le sopracciglia aggrottate.
-Gunnar, puoi tornare al tuo posto.- La sua voce era gelida come il ghiaccio; Gunnar si mise sull’attenti e uscì, rinchiudendo la porta.
-E ora, Felix. Dimmi perché non ti devo gettare nel fuoco.-
Felix abbassò le braccia. Jane lo guardava con un sorriso angelico e un’espressione di smodata lussuria negli occhi. Non aspettava che l’ordine di usare il suo potere, era evidente.
-Posso alzarmi, Boss?-
-Puoi, Felix-, ringhiò Caius.
Felix si avvicinò al prigioniero, che vedendolo arrivare si riparò il viso con le braccia, gridando e implorando, giurando che avrebbe detto tutto, fatto tutto, bastava che la smettessero. Lui si limitò a strappargli un braccio per poi mostrarlo a Caius, che sembrò non capire.
-Sbrigati a spiegarti, Felix. Te ne sto dando la possibilità solo perché sei tu, ma la mia pazienza ha un limite.-
Felix indicò il bicipite del braccio senza corpo, su cui era rozzamente disegnata un’aquila in volo.
-Boss… vede qui? Questo pezzo di merda ha un tatuaggio!-

Felix si era fatto il primo tatuaggio quando aveva circa quattordici anni, forse meno. Più o meno pochi giorni dopo aver visto la prima, vera, fottuta tempesta della sua vita, una tempesta che aveva disalberato la nave sulla quale lavorava come mozzo e che aveva rischiato di portarselo in fondo al mare facendolo diventare cibo per quelle merde di pesci. E siccome era un moccioso non sapeva far fronte ad una tempesta vera, una di quelle che si porta via anche marinai esperti, figuriamoci lui.
Però, quando l’onda l’aveva preso, sbattuto contro il parapetto di babordo e sbalzato fuori, e lui si era visto morto, con l’acqua già dentro i polmoni, lei gli aveva salvato la vita.
Una sirena. Una fottutissima sirena, coda, tette nude e tutto quanto. Col viso più bello che avesse mai visto, simile a quello di miss Jacqueline Greyjoy, la figlia del capitano. L’aveva preso e cazzo, l’aveva rimesso dentro quella dannata nave, quanto è vero dio.
Qualcuno degli altri marinai, finita la tempesta, a quel racconto aveva riso, ma poco, perché non si sa mai. Il vecchio Zachariah invece, che era stato tutta la vita in mare e sapeva come vanno le cose, gli aveva detto che era stato fortunato, e gli aveva creduto.
Quindi, appena sceso a terra Felix aveva cercato un tizio che facesse tatuaggi e si era fatto tatuare Jacqueline sul bicipite sinistro. La sua sirena portafortuna.
Dopo Jacqueline, negli anni, c’erano stati tanti altri tatuaggi, in altri porti, in altre galere e in altre situazioni. Tatuaggi misti a cicatrici, tutta la sua storia scolpita sul corpo.
E poi la sua storia era colata via.
Quando Caius l’aveva trasformato gli aveva dato l’immortalità, cosa che vale molto di più di qualche stupido disegno, ma tatuaggi e cicatrici erano spariti, guariti dal veleno, restituendogli un corpo intonso e fottutamente bianco.
Cosa che a Felix era sempre rimasta sul gozzo. Si era rassegnato, ci mancherebbe, ci si rassegna facilmente se si è immortali, imbattibili e si viene pagati per fare quello che più si ama fare, ma che a Felix mancasse Jacqueline non era un mistero per nessuno.
E Caius non lo diede a vedere, ma quando Felix gli sventolò sotto al naso il braccio tatuato di quel vampiro, si diede dell’idiota per non averlo notato subito.

Ad un interrogatorio dei Volturi non si sfugge, figuriamoci scoprire chi gli avesse fatto il tatuaggio, cosa che al tizio con l’aquila sul braccio non fregava nulla tenere segreta. Demetri ci mise pochissimo tempo a rintracciare il tatuatore, un po’ per fare un favore a Felix, un po’ perché in effetti non è che il suddetto ci tenesse particolarmente a nascondersi; a sentire Demetri girellava per il mondo facendosi i beneamati fatti suoi, ma il destino parve favorire Felix e attualmente se ne era tornato alla base, nel suo rifugio veneziano.
Felix ci sarebbe andato anche da solo o con Demetri, ma Caius decise di accompagnarli. Avrà voglia di mettere il naso fuori dalle mura di Volterra, pensò Felix.
Così Demetri li condusse nel sestiere di Santa Croce, vicino ad una chiesa. Indicò il piano superiore di una vecchia casa, probabilmente una mansarda. Caius sghignazzò.
-State pensando ai bei vecchi tempi, Caius?- sussurrò Demetri.
-Taci, stupido, che io sono sposato e ho sempre guardato e basta, a differenza vostra.-
Demetri sorrise.
– C’era da divertirsi qui, quando era il quartiere dei bordelli. Ma abbiamo di meglio a casa, noi. Heidi è inarrivabile.-
Felix sospirò.
– Ok, Boss, quand’è che si finisce di parlare di troie e si comincia a parlare di tatuaggi?-
- Bene, Felix, siamo qui per te, d’altronde. Andiamo.-
Caius si calò il cappuccio sul capo e salì nel palazzo. Gli altri due lo seguirono, silenziosi come ombre.

Bianca non si accorse di nulla, probabilmente perché aveva il giradischi con i Rolling Stones a tutto volume, anche se il suo udito avrebbe dovuto sentire lo stesso il movimento sulle scale. Invece sentì solo la sua porta che si apriva, mentre tre vampiri incappucciati entravano nel suo salotto come fosse casa loro. Vampiri che indossavano lunghi mantelli scuri; uno dei tre aveva lunghi capelli candidi.
Non che li avesse mai visti, ma ne aveva sentito parlare. Come tutti.
- Merda -, esordì, rendendosi conto che non doveva aver fatto una gran buona impressione. - Giuro che non ho fatto niente, davvero. Niente.-
Quello con i capelli candidi, l’unico con il mantello nero, scoppiò a ridere.
- Sai cosa direbbe mio fratello? Che nessuno ha fatto niente, e se davvero fosse così sarebbe comunque colpevole di ignavia. Ma tranquillizzati, non sono mio fratello. Dì al tuo amico che fa i tatuaggi di venire fuori, devo parlare con lui.-
Bianca aprì la bocca per ribattere, ma Demetri intervenne.
-Capo, con permesso… il tatuatore è lei.-

Il divano doveva essere un residuato bellico, a giudicare dai cigolii. Anche il resto dell’appartamento era decisamente pittoresco: il tavolo poggiava su una botte vuota, come nei migliori film pirateschi. Il comodino era una cassa di birra riverniciata, l’armadio uno scaffale da officina. Solo il giradischi sembrava nuovo di zecca.
Bianca, apparentemente convinta che nessuno volesse farle del male, aveva fatto cenno ai tre di mettersi a proprio agio e si era seduta, i piedi appoggiati sul tavolo.
- Un vampiro chiamato Martin… sì, l’ho incontrato ad Istanbul. Mi ha chiesto un’aquila in volo e l’ho accontentato. Non so altro di lui, davvero.-
Caius sogghignò. Chissà perché non ci credeva mai nessuno, quando diceva “voglio soltanto scambiare due parole con te”.
-Non era fatta granché bene, quell’aquila. Non sai farli un po’ meglio i tatuaggi?-
Bianca fulminò Felix con lo sguardo, o meglio, con l’unico occhio che le si vedeva. L’altro era coperto da un ciuffo dei capelli rossicci, che le nascondevano il viso quasi per metà. Tirò giù i piedi dal tavolo, si alzò con uno scatto di reni e si diresse verso una porticina in fondo alla mansarda.
-Venite nel mio studio, vi spiego una cosa-, disse.

Il cosiddetto “studio” era una stanzetta minuscola illuminata da un lucernaio. C’era un lettino, una sedia e un tavolino interamente ricoperto di inchiostri e pigmenti, su cui era appoggiato un grosso quaderno pieno di disegni. Ma la cosa più incredibile erano le pareti, ricoperte dal pavimento al soffitto di quadretti le cui tele erano in verità lembi di pelle umana di ogni etnia, su cui erano incisi tatuaggi meravigliosi, provenienti da ogni angolo del globo.
Bianca nel frattempo aveva preso in mano una boccetta di henné, e la faceva saltellare sotto gli occhi di un Felix in evidente stato di beatitudine.
- Vedi questa? Con questa posso essere precisissima, come puoi notare.-
Tutto il braccio destro di Bianca, compresa la mano e la spalla, fin sopra il seno, era ricoperto di intricati disegni scuri. A giudicare dai caratteri che si intrecciavano alle volute e alle spirali sembrava un tribale arabo; in effetti Caius notò che la ragazza aveva qualcosa di arabo negli zigomi e nella forma del volto. Forse era una mezzosangue, considerò.
- Ma questi sono solo scarabocchi, e durano poco -, proseguì lei. – Purtroppo per tatuare noi vampiri ci sono due problemi: i colori e gli aghi.-
Felix annuì. La loro pelle guariva ogni ferita quasi istantaneamente, per questo i tatuaggi non rimanevano al loro posto. Se anche si fossero trovati degli aghi adatti a scalfire la loro pelle, il colore sarebbe scivolato via e in pochi minuti il tatuaggio sarebbe scomparso.
- Ma io, signori, ho risolto questi problemi. O almeno, ho risolto un problema e mezzo, per ora.-
Demetri e Caius, che stavano guardando stupefatti i lembi di pelle sul muro, portarono l’attenzione su di lei. Che sorrise, fiera della sua pausa ad effetto.
- Primo, i colori. Che cos’è l’unica cosa che lascia cicatrici a noi vampiri? Il nostro veleno. E così mi è bastato miscelare i vari colori al veleno, in modo che la nostra pelle li trattenga. Ho fatto vari esperimenti e posso dire di aver trovato il dosaggio ideale di pigmento e veleno per ottenere colori perfetti, brillanti e che non vengono espulsi dal nostro organismo. Problema uno, risolto brillantemente.-
Felix la fissava, pensieroso.
- Cioè… vuoi dire che mi faresti un tatuaggio con lo sputo?-
- Se vogliamo metterla in questi termini, signor Felix…-
- Felix.-
-…Felix, diciamo che è così. Comunque lo sputo può anche mettercelo lei, non è necessario che sia il mio.-
Lui ci pensò un attimo, poi ghignò.
- Vada per lo sputo - decise, facendole l’occhiolino. – Che poi un tatuaggio con lo sputo non sarebbe neanche tra le cento cose più schifose che ho fatto in vita mia!-
Demetri soffocò una risata, Bianca invece rise apertamente.
- Ben detto, niente tatuaggi alle fighette schizzinose!- esclamò. Caius la fissò, sogghignando.
- E ora, contessa, passiamo al problema degli aghi -, le disse. Lei non si scompose. Sospirò.
- Bene, signori, questo è il punto dolente. Gli aghi. Cosa può scalfire la nostra pelle? La risposta è semplice: un cazzo di niente.-
Si prese un’altra pausa ad effetto.
- All’inizio ho pensato ad aghi di diamante, ma niente da fare: non incidono bene e se sono troppo sottili si spezzano, inoltre non è facile trovarli, insomma, non ne vale la pena. Poi ho pensato che ero una cretina, che la cosa che scalfisce la pelle dei vampiri c’è, e ce l’abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, letteralmente: sono i denti di altri vampiri!-
Felix fischiò, ammirato. Lei prese un sacchettino di velluto e ne estrasse dei canini appuntiti, rigirandoseli tra le dita decorate di henné. Caius e Demetri allungarono il collo per guardare meglio.
- Problema: non hanno la forma giusta. Sono troppo piccoli, e anche mettendoli su un supporto sarebbero lo stesso troppo tozzi. Non sono abbastanza affilati, non sono aghi; ho provato ad affilarli io, ma restano lo stesso della forma sbagliata. Per questo il disegno viene abbastanza approssimativo, Felix. Problema risolto a metà, ma un tatuaggio approssimativo è meglio di niente.-
Demetri la guardò fisso.
- Dici che è così? Approssimativo è meglio di niente?-
Lei gli puntò in faccia uno sguardo che gli ricordò parecchio lo sguardo di Jane. Appoggiò i denti sul tavolino e fece due passi verso di lui, con le mani in tasca, fino a trovarsi a guardarlo dal basso.
- Dico, signor Demetri, che voi potete cercare quanto vi pare un tatuatore migliore di me. Non ne troverete, perché il migliore sono io, e quindi il mio meglio di niente è il massimo che si può ottenere. Naturalmente non obbligo nessuno a venire da me: Felix può pensarci quanto vuole, e se deciderà, non dubito che riuscirete a rintracciarmi. Tutto qui.-
- Eppure c’è qualcos’altro che può scalfire la pelle dei vampiri, ragazza.-
Bianca, Demetri e Felix si voltarono verso Caius. Stava fissando intensamente un lembo di pelle: doveva essere un pezzo del braccio di un uomo bianco, e raffigurava un lupo su una rupe che ululava ad un’immensa luna bianca.
- Mai sentito parlare dei Figli della Luna?-
Bianca scoppiò a ridere. – Per un momento pensavo che avesse avuto un’idea risolutiva, Signore!-
Poi si fece seria. – Ne ho… sentito parlare, sì. Ma è fuori discussione. Non se ne trovano praticamente più, a parte quello che ha trovato me, e si parla comunque di oltre un centinaio di anni fa.-
Caius si accigliò. – Quello che ha trovato te?-
Lei si passò una mano sulla fronte, tirandosi indietro i capelli. Appena sopra l’occhio sinistro aveva due profonde cicatrici: una le correva dall’attaccatura del naso alla tempia, l’altra da sotto l’occhio all’orecchio, a formare una specie di C attorno all’occhio.
- Quello che ha trovato me mentre me ne girovagavo per il Giappone imparando l’arte di tatuare carpe koi e dragoni, Signore. Me la sono cavata con poco, tutto sommato, ma la mia priorità non è stata strappargli i denti. È stata fuggire molto velocemente.-
- E quando hai detto che è successo, ragazza?-
Lei ci pensò un momento.
- A che anni corrisponde l’epoca Meiji?-
Caius sorrise, compiaciuto.
- Non credo che tu debba più preoccuparti di quel lupo, ragazza. I lupi giapponesi sono estinti, sai? Ma se mi confermi che i loro denti potrebbero essere più adatti al tuo scopo, allora…-
Caius frugò qualche istante sotto il mantello, poi si sfilò dal collo una collana di zanne. Lunghe, affilate, letali. Concesse un ghigno a Bianca che lo fissava con gli occhi spalancati.
- Dori, che è il modo in cui io chiamo mia moglie, dice che non è una cosa molto fine girare con questa, e naturalmente ha ragione, però a me piace. Vieni, ragazza, guarda: pensi che questi potrebbero andare bene?-
Bianca prese in mano la collana quasi con reverenza. Sgranò i denti tra le dita, ne saggiò la lunghezza, ci passò il pollice per sentirne il filo. Si tagliò. Sorrise.
- Penso che questi potrebbero andare bene, sì. No, penso che sarebbero perfetti. Potrei… Signore, potrei comprarne qualcuno? Ditemi un prezzo.-
Caius sorrise. Poi guardò con aria complice Felix e Demetri, come se si aspettasse la richiesta della ragazza. Felix, che vedeva i suoi tatuaggi farsi sempre più vicini, si era stampigliato in volto un sorriso che lo faceva sembrare uno squalo che ha fiutato l’odore del sangue.
- Quella potrei lasciartela per intero, ragazza. Io ne ho altre e non mi servono a molto, a parte ricordarmi combattimenti e vittorie e fare sbuffare Dori; tu almeno la useresti per qualcosa.-
Bianca lo guardò incredula. Felix e Demetri anche, ma meno sfacciatamente.
- Naturalmente, ci sono delle condizioni. Condizioni, più che un pagamento vero e proprio che non potresti saldarmi, perché questa collana mi è costata il rischio della vita e quello è senza prezzo.-
- Ah, mi sembrava… Bene, Signore, dettate le vostre condizioni.-
Bianca era risoluta. Si vedeva che voleva quella collana, se la rigirava intorno ai polsi come se fosse già sua.
- Ottimo, ragazza, vedo con piacere che collabori. Allora. Condizione semplice: tatuerai Felix ogni volta che vorrà, lui ed ogni membro della guardia dei Volturi che deciderà di farsi scarabocchiare qualcosa da te. Pensi di poterlo fare?-
- Questo lo farò con piacere, Signore; è la mia arte, ogni occasione per praticarla mi sta più che bene. Quando arriva la merda?-
- Sarai un’alleata dei Volturi, contessa. Questo significa che se durante i tuoi viaggi saprai qualcosa che ritieni possa interessarci troverai il modo di riferirlo, che se avremo bisogno di te sarai disponibile, e che verrai presto a Volterra per presentarti ai miei fratelli. Magari con addosso qualcosa di più adeguato, non che a me interessi, ma Aro lo preferirebbe. Naturalmente per questi servizi avrai ricompense e agevolazioni, come tutti i nostri alleati. Cosa rispondi?-
Bianca si guardò i vestiti. Sembrava non capire esattamente cosa non andasse nella sua canottiera da muratore e nei jeans, macchiati in più punti di inchiostro da tatuatore. Poi guardò le zanne di lupo.
- Si può fare, Signore-, rispose.
- Sei una ragazza ragionevole. E infine, un’ultima sciocchezza: vorrei uno di quei quadri. Penso che mio fratello lo gradirebbe tantissimo, sai, è da quando lo conosco che ha la mania di collezionare roba. Gli piacerebbe questo, posso prenderlo?-
Caius aveva staccato dal muro un lembo di pelle chiara, quasi sicuramente la pelle di una giovane donna; vi era raffigurata l’immagine di un demone dal volto delicato, con ali di piume scure e lunghi capelli neri.
Sembrò quella condizione pesasse a Bianca molto più delle altre due. Felix avrebbe giurato che Caius l’avesse capito: aveva lo sguardo sadico del torturatore, sotto la facciata cortese. Demetri sfoggiava l’espressione impassibile che si metteva in faccia quando capiva che non sarebbe stato il caso di scoppiare a ridere.
Lei fissò il quadretto tra le mani di Caius. Fissò i denti di lupo tra le sua mani. Felix si preparò a scattare, perché aveva la netta sensazione che lei avrebbe fatto qualcosa tipo usare i denti di lupo contro Caius; ma poi l’istante passò, e la tensione si sciolse.
- Prendetelo pure, Signore. Spero che vostro fratello lo apprezzi.-, ringhiò.
- Lo apprezzerà, e quando verrai a presentarti a lui capirà esattamente cosa significa per te, e lo apprezzerà ancora di più.-
Schioccò le dita.
- Bene, ti lasciamo lavorare. Torniamo domani sera, se pensi di essere pronta.-
- Sarò pronta.-
- Ottimo.-
I tre uscirono. Dalla mansarda risuonava a tutto volume il disco dei Rolling Stones.

- Una sirena. Qui.-
- Una sirena come?-
- Una fottutissima sirena.-
Felix aveva provato a disegnargliela su un foglio. Gli era venuta abbastanza bene; merito delle capacità da vampiro, perché non aveva mai saputo disegnare.
Lei l’aveva guardata, il sopracciglio alzato.
- Così e basta? Posso fartela più colorata, più…-
- Così e basta, bella topa. Questa è Jacqueline. Capito?-
- Capito. Vada per Jacqueline.-
L’inchiostro era pronto, l’ago aveva un aspetto decisamente… incisivo, ecco. Bianca l’aveva già provato su se stessa: il primo tatuaggio era stato suo, sul polso destro. Un carattere giapponese, come il lupo che le aveva lasciato la cicatrice.
E grazie a un lupo poteva esercitare la sua arte. Il suo più grande desiderio era stato esaudito.

Dopo Jacqueline, Bianca aveva avuto la possibilità di usare tantissimi colori.
Erano seguiti un veliero, squali, draghi, demoni e un sacco di altre cose. Erano seguiti altri membri della guardia dei Volturi, e poi la voce si era sparsa e lei si era ritrovata a girare per il mondo con i suoi inchiostri e i suoi denti di lupo.
Mezzo secolo dopo ascoltava ancora musica a tutto volume, solo che era passata al metal, collezionava ancora tatuaggi meravigliosi, e praticava la sua arte con inarrivabile maestria.
Bianca era convinta che avere accettato le tre condizioni di Caius fosse stata la cosa migliore che aveva fatto nella sua esistenza; ora poteva esibire tatuaggi veri, che non perdeva occasione di mostrare, vestendosi perennemente in canotta e pantaloncini corti. L’ultimo tatuaggio di Felix risaliva ad appena qualche mese prima: una pin-up dai capelli neri e dagli occhi grandi, simile a una donna che Bianca aveva intravisto nel corpo di guardia e che lui ogni tanto si fermava a fissare, quando pensava di non essere visto.
Ora, circondata da tutto quel verde, Bianca si chiese distrattamente quale fosse quello che leggeva i pensieri; il biondo, o il tizio con i capelli rossi e l’aspetto da ragazzino appena sverginato. Fissò la gente dall’altra parte della radura: le sarebbe piaciuto avere tra le mani l’uomo pieno di cicatrici, o ricoprire di rose la schiena della bellissima donna bionda, per non parlare della carnagione ancora scura di quella coppia di ragazzi sul fondo.
Sempre se i Signori non avessero deciso di attaccare, naturalmente.











Note, che risulteranno più lunghe della storia. Nella sua nuova giuda (dalla lettura della quale devo ancora riprendermi), la Meyer ha detto che i vampiri non possono avere tatuaggi, che nel momento della trasformazione vengono "guariti". Ora, dopo quello che ho combinato al povero Felix, dovevo assolutamente restituirgli almeno i tatuaggi se non volevo morire di morte violenta, e così è nata questa storia.
Ah, per la cronaca: il lupi giapponesi sono estinti per davvero, e indovinate in che periodo si sono estinti? Chi ha detto "epoca Meiji" ha fatto un bingo!
Devo ringraziare tutti quelli che leggono, commentano, aggiungono la storia qui e là, passano e si fanno due risate.
Ma stavolta ho qualche ringraziamento più specifico da fare, e quindi diamo il via alle danze!
OttoNoveTre, perchè Bianca è tutta sua. Creata su commissione, per lei. Le prime righe della descrizione dell'appartamento di Bianca sono scritte da lei, nella storia "Malo Eres". La mansarda di Bianca si trova nell'ex quartiere dei bordeli, da lì le batture dei tre. Spero che la tua tatuatrice ti piaccia, Chiara!
vannagio, alla quale appartiene la segretaria Nora (quella prima di Gianna, che compare nella sua storia "Cambio di personale") e che, mentre io raccontavo di voler far riavere i tatuaggi a Felix ma non sapevo se usare aghi di diamante o denti di vampiro, lei se ne salta su tutta placida con un bel "e perchè non denti di lupo mannaro?", dandomi la soluzione più maraglia possibile.
Solitaire per Gunnar (qui fa solo una comparsata, ma ha un background, perchè a noi i personaggi belli-e-basta non ci piacciono) e per tutto il resto, nel cui resto è compreso anche Vexen.

A tutti, grazie di essere passati da Volterra!
   
 
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