La sonata a Kreutzer.
A Serena che fu la mia Lucy, che fu il mio Schroeder.
La musica per Schroeder era tutto: era la goia che esplodeva,
imprevedibile e lieta, come in un rapido cambio di tempo e di
intensità, un passaggio dal piano al forte, dal
moderato all’allegro con brio e su fino al vivace o al presto;
era la felicità, che ritma l'esistenza come un allegro
con brio del movimento di una sinfonia, era l'attesa, di un
evento improvviso, insieme temuto e voluto era il destino che bussa
alla porta (sei note bastarono a Beethoven per dire tutto questo).
Per Schroeder la musica era tutto, e tutto era musica: giocare a baseball, ad esempio, era come una sinfonia dove ogni giocatore era come uno strumento musicale (certo .la sua squadra non è che suonasse molto bene).
Lucy van Pelt di musica non capiva quasi nulla: mai sarebbe stata in grado di distinguere un pezzo di Beethoven da uno di Brahms, la differenza tra Concerti, Sonate e Sinfonie gli era totalmente estranea e quelle misteriose parole italiane che per Schroeder erano un indizio prezioso per interpretare il suo Beethoven nel modo migliore, erano per lei completamente senza senso. Eppure Lucy, amava ascoltare Schroeder mentre suonava, si sentiva felice nello stare distesa, appoggiata al piano abbandonata ai suoni che si inseguivano, perdendosi e divorandosi l’un l’altro oppure fissare il giovane pianista e le sue dita che danzavano leste sui tasti bianchi e neri.
Era sempre con un filo di dispiacere che interrompeva quella piccola magia prodotta dal suono - nient’altro che vibrazioni dell’aria, in fondo ma che pure sapeva evocare un tumulto di sentimenti ed emozioni – per parlare un poco con Schroeder.
«Sai, Schroeder, secondo alcuni filosofi la musica è strattamente legata all’amore» disse, come casualmente mentre il bambino continuava a suonare Per Elisa «C’è persino chi dice che Non puoi fare musica se non ami» insistette lei. «Quindi anche tu devi amare, qualcuno, Schroeder. Vero?»
Schroeder terminò il movimento, alzando la testa godendosi ad occhi chiusi l’istante in cui l’ultima nota smetteva di echeggiare nell’aria. Poi guardando in modo curioso Lucy disse «Suppongo, che tu abbia ragione, Lucy, non ci avevo mai pensato.»
«E chi è che ami, Schroeder» rispose Lucy sorridendo lietamente, il cuore che le batteva mentre il sangue le imporporava le guance.
«Beethoven naturalmente».
Per Schroeder la musica era tutto, e tutto era musica: giocare a baseball, ad esempio, era come una sinfonia dove ogni giocatore era come uno strumento musicale (certo .la sua squadra non è che suonasse molto bene).
Lucy van Pelt di musica non capiva quasi nulla: mai sarebbe stata in grado di distinguere un pezzo di Beethoven da uno di Brahms, la differenza tra Concerti, Sonate e Sinfonie gli era totalmente estranea e quelle misteriose parole italiane che per Schroeder erano un indizio prezioso per interpretare il suo Beethoven nel modo migliore, erano per lei completamente senza senso. Eppure Lucy, amava ascoltare Schroeder mentre suonava, si sentiva felice nello stare distesa, appoggiata al piano abbandonata ai suoni che si inseguivano, perdendosi e divorandosi l’un l’altro oppure fissare il giovane pianista e le sue dita che danzavano leste sui tasti bianchi e neri.
Era sempre con un filo di dispiacere che interrompeva quella piccola magia prodotta dal suono - nient’altro che vibrazioni dell’aria, in fondo ma che pure sapeva evocare un tumulto di sentimenti ed emozioni – per parlare un poco con Schroeder.
«Sai, Schroeder, secondo alcuni filosofi la musica è strattamente legata all’amore» disse, come casualmente mentre il bambino continuava a suonare Per Elisa «C’è persino chi dice che Non puoi fare musica se non ami» insistette lei. «Quindi anche tu devi amare, qualcuno, Schroeder. Vero?»
Schroeder terminò il movimento, alzando la testa godendosi ad occhi chiusi l’istante in cui l’ultima nota smetteva di echeggiare nell’aria. Poi guardando in modo curioso Lucy disse «Suppongo, che tu abbia ragione, Lucy, non ci avevo mai pensato.»
«E chi è che ami, Schroeder» rispose Lucy sorridendo lietamente, il cuore che le batteva mentre il sangue le imporporava le guance.
«Beethoven naturalmente».
«Mai confidare dell’amore di un pianista».
Questa storia mi è stata ispirata da una frase che una mia amica mi ha scritto leggendo la fiction precedente.
Ovvero "Non si può fare musica se non si ama". Io non so suonare
anche se mi piacerebbe e mi intendo poco di musica, spero di non aver
tradito nulla di quest'arte meravigliosa, forse la più alta
forma d'arte esistente (quando è arte e soprattutto quando
è pura, senza parole).
Il finale è un po' in dissonanza con la prima parte, diciamo che è un effetto voluto. Schroder è pur sempre un bambino.
Spero che questa storia vi sia piaciuta. Se è così lasciatemi una recensione che è sempre una cosa piacevole per un autore.
Alla prossima.
Il finale è un po' in dissonanza con la prima parte, diciamo che è un effetto voluto. Schroder è pur sempre un bambino.
Spero che questa storia vi sia piaciuta. Se è così lasciatemi una recensione che è sempre una cosa piacevole per un autore.
Alla prossima.