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Autore: honeysuckle_s    28/05/2011    5 recensioni
Una telefonata ed un ottimo espediente per far smaltire i postumi di una sbornia.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Kagome?”

“Mmmm.”

“Piccola.” Il mezzo demone scandì dolcemente le parole, accompagnandole con un sorriso rumoroso, fatto col naso.

“Inuyasha… ciao.” Si sentiva la voce ancora roca. Non come in mattinata, però. Quella era davvero da trans.

“Allora, ti sei ripresa?”

“Uhmmm.” Doveva “scaldarsi” un altro pò, giusto un pochino.

Il mezzo demone ridacchiò. “Certo che è buffo non sentirti strillare al telefono.”

Il viso della ragazza si rabbuiò. “Taci, per piacere.” Ecco, stava cominciando a recuperare la sua tonalità cristallina. Forse non era effetto della propoli, ma della provocazione del suo fidanzato.

“Come va il mal di testa?”

“Beh…” strascicò per un po’ quella [e]. Sembrava una pecora. “Meglio.”

“Hai preso qualcosa?” Inuyasha manteneva un tono tranquillo e premuroso.

“Caffè con succo di limone. Ricetta suggerita da Sango.”

“Caffè e limone?” chiese leggermente incuriosito il mezzo demone.

“Si. Un po’ mi è passato, in effetti.”

“Accidenti, che schifo.” Inuyasha non poté trattenere una risatina.

Un’altra provocazione. “Ehi, cretino. Guarda che il limone non si sente quasi, per chi, come me, sa gustare il vero caffè. Cioè a-ma-ro.” Wow, la voce le si stava schiarendo.

Il mezzo demone ridacchiò. Stava riuscendo a farla “scaldare”, e non era difficile, permalosetta com’era. “Allora, cosa ti ricordi di ieri sera?”

“Inuyasha, non farmi domande difficili.” Le ritornò il tono roco e lento, oltre che infastidito.

La voce di Inuyasha aveva un che di apertamente ilare. “Vuoi che ti rispolveri qualche perla?”

Kagome sbuffò. Era in una fase di acuta volubilità. Le sarebbe bastato poco per scattare ed incazzarsi.

La voce di Inuyasha si fece più dolce. “Beh, tanto per cominciare, dopo il terzo bicchiere di sangria hai iniziato a fare commenti ad alta voce su tutte le ragazze all’interno del locale. Hai preso di mira una rossa e non facevi che ammirare i suoi orecchini verde acqua.” Scandiva bene le parole. Se avesse parlato in fretta, lei non sarebbe riuscita a stargli dietro, il contatto con la cornetta le avrebbe infine martellato le tempie e gli avrebbe, con ogni probabilità, chiuso il telefono in faccia.

“Davvero?” chiese lentamente e confusamente lei, cercando di richiamare alla memoria quel particolare. Si sentiva stuzzicata dall’essere l’unica protagonista della telefonata.

“Poi mi hai fissato con gli occhi lucidi e semiaperti, e hai iniziato a chiedermi perché io continui a giocare a baseball. Te ne sei uscita sostenendo che prima o poi mi sarei rotto un braccio. E vedendomi tranquillo, ti sei preoccupata, mi hai afferrato i capelli e mi hai fatto giurare di non andare più al campo.”

Quello lo ricordava. Blaterava scemenze mentre si perdeva negli occhi del suo bellissimo ragazzo. Quello lo ricordava perfettamente. Il suo sguardo così sicuro e nello stesso tempo tenero, con lei e per lei. Un sorriso invase il suo volto. Reclinò il capo su una spalla mentre pensava a come quella meraviglia di maschio fosse esclusivamente sua, e godeva perché, quando era ancora lucida ed era entrata in cicchetteria, tutto l’universo femminile presente nel locale si era voltato a scrutarli, lui e lei.  Ridacchiò di piacere.

Inuyasha sorrise. Aveva la sua completa attenzione. “Ad un certo punto ti sei alzata per andare al bancone. Mi hai detto che non avevi più voglia di star seduta. Avevi il passo pesante e io sono scattato per sorreggerti.”

Kagome sorrise rumorosamente. Questo particolare non lo ricordava, affatto. Ma non aveva dubbi che Inuyasha fosse letteralmente scattato per darle sostegno. Gongolava. Afferrò la lunga collana di semi e lentamente ci giocò. Si sentiva lusingata dalle numerose premure del suo boyfriend.

“Al bancone c’era un sacco di gente, e un energumeno ti aveva puntata. Per fargli capire di farsi i fatti suoi, mi sono messo dietro di te e ti ho abbracciato il punto vita.”

E quello come non ricordarlo? La sensazione inebriante delle sue mani sul pancino. “E poi?” chiese, con fare civettuolo.

“Beh, a quel punto hai iniziato ad urlare al barista di difenderti, visto che ti stavo palpando.” Inuyasha rise e la ragazza arrossì. “Ovviamente non era così, ma dev’essere stato strano per te sentire le mie mani che ti cingevano pancia e fianchi.”

No, cretino, pensò. Non era strano. Era sensualissimo. Lo sarebbe stato anche senza l’effetto dell’alcool.  Lei ed Inuyasha si conoscevano da molto tempo, e si erano a malapena abbracciati. Poi si erano messi insieme, da pochi giorni. E quello era stato il primo vero contatto fisico, baci ed
abbracci esclusi, naturalmente.

“A quel punto hai iniziato a litigare con un ragazzo affianco a noi, sostenendo che non poteva assolutamente bere una bandiera francese. Ripetevi che la Francia è una nazione del cavolo, e non si può tradire una vodka con un cicchetto che presenta i colori della bandiera francese. Proprio no.” Quelle ultime parole erano un’imitazione del suo tono di voce, polemico e incavolato.

Kagome rise. “Ma davvero ho detto così? E chi era quel tizio?”

“Potrei chiedertelo anch’io.” E rise anche lui.

“Continua, Inuyasha” disse, addolcendo la voce. Amava la sensazione di protagonismo che le stava dando quella telefonata.

Il mezzo demone assecondò la sua richiesta. “A quel punto sei proprio partita. Sei voluta uscire dal locale, buttandoti nella calca del venerdì sera. Mi hai stretto la mano e continuavi a ripetermi che dovevamo assolutamente trovare il luogo adatto. Non eri in grado di spiegarmi che luogo fosse. Abbiamo camminato per circa mezz’ora a passo di lumaca, schiacciati come sardine, in mezzo a studenti e non, ubriachi e non, veline e non, fumati e non, fino ad uscire da quell’ingorgo.”

Quel pezzo costituiva un blackout nella mente di Kagome.

“Poi hai scorto una panchina solitaria e ti ci sei fiondata. Mi hai ordinato di sedermi e tu ti sei sdraiata con la testa sulle mie gambe.”

Sì, questo ce l’aveva presente. La sensazione di turbinio e giramento che aveva avvertito non appena si era sdraiata. ”E che ho fatto? Da lì a dopo non ricordo quasi niente.”

Inuyasha continuò: “Fissavi le stelle, anche se secondo me le vedevi doppie, e hai iniziato a parlare di principesse.”

“Principesse?” chiese sorpresa lei.

Inuyasha addolcì ulteriormente il suo tono: “Non ho seguito molto perché farfugliavi, ma mi dicevi che ti sentivi bene. Mi dicevi che un domani la tua immagine sarebbe apparsa in cielo, al posto della luna e delle stelle. E in questa immagine avresti avuto i capelli legati, i guanti bianchi e un abito come quello delle principesse.”

Kagome strabuzzò gli occhi. “Cosa ti ho detto??”

Inuyasha rise: “Evidentemente, ieri sera immaginavi di essere una principessa.”

Kagome arrossì, imbarazzata.  “Che scema devo esserti sembrata.” Aveva appena scoperto di aver fatto una figuraccia col suo fidanzato.

“Non dire sciocchezze.”

“Come?” Kagome smise di giocare con la collana per avvertire i battiti violenti del suo cuore.

“Hai capito. Anche da ubriaca, mi sei sembrata Cenerentola, come le altre volte.”

La schiettezza di quell’affermazione spiazzò completamente la ragazza.

Inuyasha, vedendo che non rispondeva, proseguì. “E poi, ti donava quel rossore in viso.”Se l’avesse vista in quel momento, gliel’avrebbe potuto tranquillamente ripetere.

Kagome si sentiva inebriata e riempita da quelle parole. Inuyasha aveva il potere di farla sentire assolutamente speciale. Il lato vanitoso della sua personalità, appagato, fuoriuscì nuovamente. “Ma dai, non puoi dire sul serio.”

Inuyasha sorrise. Aveva capito il gioco della sua ragazza. Negava per sentire affermazioni. Colse che aveva voglia di sentirsi una regina, e lui aveva tutte le intenzioni di farla sentire come tale, anche perché lo credeva.“E invece si, piccola.” Marcò bene l’ultima parola. “Hai un visetto così delicato e grazioso che mi ipnotizza.”

I giochetti con la collana di semi ripresero. Prese, poi, una ciocca di capelli e la morse. “Ah si?” chiese semplicemente, con un muto invito a proseguire.

“Certo” rispose lui. “Hai uno sguardo così particolare che ti fa diversa dalle altre. E poi il bel nasino che ti fa un profilo così aggraziato. Quanto alle labbra…” Fece una pausa ad effetto.

Kagome aveva premuto il cellulare all’orecchio, per non farsi sfuggire la minima sillaba. In quel momento si era dimenticata del fastidio allo stomaco, della sensazione di rincoglionimento e del mal di testa. Esisteva solo lei.

Il mezzo demone abbassò il tono della voce, e lo rese sensuale: “Beh, adesso capisco perché le labbra sono associate ai petali di rose rosse ed alle fragole e i baci alla panna montata. Mi sono sentito un privilegiato a baciarti.”

In quell’istante, Kagome si sciolse e il suo ego occupò non solo la piccola cucina dove era seduta, ma tutto il mondo. Si sentiva come Irina Shayk durante un servizio fotografico per Intimissimi. Solo lei. Fissata, fotografata ed ammirata.

Inuyasha ascoltò i lievissimi gemiti , vanitosi e sorpresi, della sua fidanzata. Ottimo. “E poi che dire della tua bella figura? Mi hai stregato, Kagome.”

Quella fu una leggera provocazione che lei non colse. Infatti si precipitò a puntualizzare, non nascondendo una traccia di delusione. “In che senso? Ti piace come mi vesto?”Domande volutamente sciocche per risposte dettagliate. Gliel’aveva posta solo per sentirlo continuare a farle complimenti.

Inuyasha spolverò nella memoria qualche vestito carino che aveva indossato. “Com’eri splendida con quell’abitino verde acqua.”

La ragazza fu lusingata dal fatto che il suo ragazzo, a differenza di altri maschi, notasse i particolari. “Ah già, quello! E dire che ho faticato per trovare lo smalto abbinato.”

Il mezzo demone cercò di ricordare se quel giorno avesse le unghie dello stesso colore, ma non ci aveva mai fatto caso. La assecondò: “Ti stava benissimo, infatti.”

Kagome alzò una mano e la fissò. Si sentiva sempre più bella minuto dopo minuto. “Ma ti piace di più quando metto lo smalto verde acqua o quello rosso?”

Scacco. Inuyasha cercò di pensare più in fretta che poté. “Diciamo che col rosso mi piaci di più, ma sono attirato anche dal tuo colore preferito, perché si adatta alle tue mani e alla tua splendida silhouette.”

Kagome- Irina in quel momento era sulla Luna, con le due boccette di smalto magiche.

“E” continuò lei, sensuale e ruffiana, “quando mi vesto in bianco e nero? E quando mi faccio i capelli mossi?”

Altro scacco da parte della sua regina. Mossa? Ah si? Si era fatta mossa? Sparò la prima cosa romantica che gli passò per la mente. “Ti danno un tocco sbarazzino i capelli ondulati. Te li arriccerei col dito per ore, in privato. E poi in bianco e nero ricordi un’attrice degli anni Cinquanta, pronta a girare un film.”

Le venne in mente “Fantasia” della Walt Disney. Lei non era l’apprendista stregone (Topolino combina guai) e né lo stregone. Era un Dio sceso in terra. Un Dio irresistibile. Quasi si sentiva mancare l’aria, tanto era inebriata da quelle parole.

“E poi, non posso fare a meno della tua presenza. Non sono un tossico, but you are the perfect drug.

Scacco matto per lei. Le aveva citato una delle sue canzone preferite in assoluto, “The perfect drug” dei Nine Inch Nails. Avvampò e disse: “Inuyasha, grazie mille! Ma ora basta altrimenti mi farai prendere una seconda ubriacatura.”

Inuyasha ridacchiò. “Figurati, stella mia. Come ti senti?”

“Dopo questa telefonata, mi sento come Jasmine dopo un giro sul tappeto volante.”

Il mezzo demone non abbandonò il suo tono allo zucchero: “Già, il mondo è tuo. Anzi, il mio mondo è tuo. Tutto tuo.”

Kagome arrossì ed avvertì il respiro mozzarsi. Ridacchiò di imbarazzo. “Ora basta, dai. Adesso vado a lavarmi per cancellare i resti di ieri sera. Ci vediamo dopo la tua partita, tesoro. A casa di Sango per le undici, ok?”

“Certo, gioia. E ricorda che qualsiasi cosa indossi, ai miei occhi resterai sempre la più deliziosa delle donne.” E chiuse il telefono.

Sorrise al pomeriggio di quel sabato. Si sentiva così leggera, dalla testa ai piedi. Leggera e completa. Con grazia notevole, si alzò dal divanetto in cucina e con passo da ballerina si avvicinò al bagno. Come una modella che si concede ai fotografi a piccole dosi, si liberò con lentezza esasperante dei vestiti per entrare in doccia. Era l'amante, l'ammiratrice e la voyeur di sé stessa.

Sorrise al pomeriggio di quel sabato. Aveva trovato un modo infallibile per far sentire bene la sua ragazza, psicologicamente e fisicamente. Kagome non era frivola, ma era pur sempre una donna, e lui aveva imparato a giocare col suo punto debole. A lui non sarebbe mai importato un fico secco degli orecchini, dei reggiseni e delle canotte che avrebbe indossato. Lui non avrebbe mai fatto caso alle acconciature dei suoi capelli. Avrebbe solo notato la sua bellezza pura e sensuale insieme. Ed aspettava senza fretta il momento in cui l’avrebbe fatta sua.  Nel frattempo, si limitava ad essere sincero e a dirle seriamente cosa pensasse di lei quando si creava l’occasione per farle complimenti.



Ispirata da "Grapefruit Tea" di Olivia L.

 
  
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