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Autore: Sayuri_92    29/05/2011    6 recensioni
" Finalmente ti ho trovato, Hidan." sussurrò la voce dolce di mia madre, costringendomi a sollevare lo sguardo in sua direzione.
I nostri occhi si incrociarono. Lei non sembrava delusa, anzi. Sorrideva, così come aveva sempre fatto. Mi guardava con orgoglio, nonostante io avessi fallito. Come faceva ad esser fiera di me?
" N-Non mi odi?" balbettai, tirando sul con il naso.
" Una madre non odierebbe mai suo figlio, qualsiasi cosa egli faccia." mi mormorò, accucciandosi vicino a me, così da raggiungere la mia altezza.//
Kishimoto non ha mai svelato il passato di alcuni personaggi ed io mi sono immaginata quello di Hidan così :P anche lui ha avuto dei genitori ed un passato da raccontare. Spero vi piaccia, buona lettura.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hidan, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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- Il passato di Hidan -
 


E' una giornata come tante, soleggiata ma non troppo calda. Io e il mio compagno di squadra, Kakuzu, ci siamo imbattuti in dei Ninja della foglia e, senza preoccuparci di morire, abbiamo ingaggiato battaglia. Noi non temiamo la morte, anche perché è dura uccidere il mio compare ed è praticamente impossibile eliminare me.
Chi sono io? Semplice, il mio nome è Hidan, seguace del culto di Jashin, membro dell'Akatsuki. Ah, forse mi sono dimenticato di dire che sono immortale, un dettaglio da niente.
Davanti a me si trova uno Shinobi molto giovane, probabilmente un ragazzino. Ha dei capelli scuri raccolti in un codino somigliante ad un ananas e uno sguardo carico d'odio. Se non ho capito male era l'allievo dell'uomo che io ho ucciso. Oh, come mi è piaciuto sacrificare quel Ninja al mio amato Dio, a Jashin - Sama. Ogni volta che uccido, ogni volta che compio un sacrificio, sento un brivido salirmi lungo la schiena, provo un'emozione indescrivibile.
E poi ... amo sentire le urla strazianti delle mie vittime, amo quando si contorcono dal dolore e soffrono un'agonia senza fine. Il bello di tutto ciò è che io posso far loro del male, ma loro non possono farmi provare sofferenza, non possono uccidermi. Nel momento in cui mi incontrano hanno il destino segnato.
Mentirei se dicessi che provo pietà, così come mentirei se dicessi che vorrei fare un'altra vita. Questa è quella perfetta per me, quella che Jashin - Sama ha deciso di donarmi. Io gli devo tutto. E' stato grazie a lui che ho scoperto la mia vera natura, il vero senso della mia esistenza.
Beh, per chi se lo chiedesse non sono sempre stato così, anzi, quando ero bambino il mio carattere era totalmente diverso: tranquillo, non molto interessato alla religione (che Jashin - Sama mi perdoni per questo) e abbastanza buono. Fino a tredici anni e mezzo fa non avrei mai pensato di ritrovarmi negli Akatsuki, non avrei mai creduto che la mia vita cambiasse a tal punto, ma ripeto, è stato un bene. Amo ciò che faccio.
Allora non ero altro che uno stupido bambino di quasi dieci anni.
Vivevo nel mio villaggio nativo, il villaggio delle Calde Primavere. Tutti credono che sia stato distrutto in seguito alla terza grande guerra degli Shinobi, ma in realtà nessuno sa la verità, nessuno eccetto me.
 
" Mamma, mamma. Dove sei? Mamma? " gridai io, di appena nove anni e mezzo.
Mi trovavo nei pressi delle mia casetta ai confini del villaggio, con un coprifronte raffigurante lo stemma delle Calde Primavere tra le mani. Il mio vestiario era semplice, composto da pantaloncini scuri, lunghi fino al ginocchio, e una maglia bianca a maniche corte. I miei capelli argentati risplendevano alla luce del sole.
" Oh, Hidan! Finalmente a casa! Com'è andata?" mi domandò la mia mamma, una donna dai lunghi capelli biondi e gli occhi fucsia come i miei. Lei era una Kunoichi delle Calde Primavere, un'abile Ninja medico. Il suo nome era Natsuko.
" Benissimo! Sono diventato Genin, sei contenta mamma?" chiesi io, con l'ingenuità tipica dei bambini.
" Certo che sono contenta. Sei diventato uno Shinobi a soli nove anni e mezzo. Sono molto orgogliosa di te, figliolo." mi sibilò dolcemente, poggiandomi una mano sulla testa e scompigliandomi amorevolmente i capelli. Amavo quando faceva quel gesto affettuoso, così come amavo quando mi sorrideva in modo radioso.
" Il papà dov'è?" domandai, iniziando a guardarmi attorno. Volevo comunicare la lieta notizia anche a lui, volevo che mi dicesse bravo e fosse fiero del suo unico figlio.
" Tornerà a breve, Hidan. Comunque preparati, lo sai cosa ti aspetta, no? Devi sottoporsi a quel test." mi disse, sorridendomi speranzosa. Io sapevo a cosa si riferisse e, timoroso, deglutii rumorosamente.
Strano a dirsi, ma avevo paura. Temevo che se non avessi superato quella prova avrei deluso i miei genitori. Fin da piccolo mi ripetevano che nessuno era più idoneo di me per quel compito, mi dicevano che io ero il 'prescelto', colui che sarebbe divenuto il futuro orgoglio delle Calde Primavere..
Questo perchè? Semplice, l'anziana del villaggio, una delle più autorevoli persone che io conoscessi, aveva predetto che dall'unione di mia madre e di mio padre, un semplice Shinobi senza alcuna particolare capacità, sarebbe nato il 'prescelto', un maschio che avrebbe portato onore alla nostra religione, colui che avrebbe finalmente potuto compiere dei sacrifici. Solamente un individuo con una dote particolare poteva farlo e, a quanto pare, quell'individuo ero proprio io.
Il villaggio delle Calde Primavere, difatti, era famoso per il suo culto. Tutti adoravamo un Dio di nome Jashin. Lui ci aveva dato la vita, lui era l'unico motivo per cui noi vivessimo, ma io non ci avevo mai creduto più di tanto, nonostante non avessi avuto il coraggio di dirlo a nessuno.
Mi avrebbero catalogato come un miscredente, come un ateo e sapevo che fine faceva quella gente. Veniva scansata, evitata da tutti e confinata nella parte più povera del villaggio.
" Si mamma, lo so. Sono pronto, sono stato addestrato anche per questo." dissi, con non molto entusiasmo, cercando di convincere più me stesso che lei.
" Bene figliolo, proprio come mi aspettavo da te." mi mormorò, carezzandomi una guancia, per poi voltarsi e dirigersi verso l'interno della nostra casa.
La fissai allontanarsi, osservai le sue esili spalle e quasi mi venne spontaneo sorridere. Non l'avrei delusa, non avrei mai fatto del male ad una delle persone che per me contavano più di ogni altra cosa.
 
Le ore trascorsero rapidamente e, senza rendermene conto, era giunto il momento di compiere il mio test. Sapevo che avrei rischiato la vita, che avrei potuto non farcela, eppure sembravo l'unico con questi dubbi. Mia madre e mio padre mi osservavano da lontano, troppo convinti che il loro ragazzo ce l'avrebbe fatta.
Io ero il loro orgoglio.
" Allora Hidan, sei pronto?" mi chiese il capo villaggio, nessuno di molto importante per gli altri paesi, ma per noi era la massima autorità.
" Si, sono pronto." mormorai, deglutendo rumorosamente, osservandomi intorno. Indossavo solamente un paio di pantaloni scuri. Il petto era nudo, lasciato scoperto per ciò che avrei dovuto compiere.
Ci trovavamo nella piazza principale, proprio davanti un'enorme statua di Jashin, raffigurato come un Dio imponente, con una falce tridente tra le mani. Era interamente in pietra, eccetto l'arma, la quale era vera e solamente poggiata tra le sue mani.
Tutti gli abitanti del villaggio, eccetto gli atei o miscredenti, si trovavano disposti dinnanzi a me, a semicerchio e mi fissavano con uno sguardo curioso e speranzoso. Avevano tutti fiducia nel mio dono, speravano che fossi realmente il prescelto, il prediletto di Jashin.
Presto la mia attenzione si spostò su una ragazza vestita interamente di bianco, dalla pelle diafana e i lunghi capelli biondi. I suoi occhi erano rossi come il sangue e forse fu questo dettaglio a colpirmi. La fissai per lunghi istanti, prima di comprendere il perché avanzasse nelle mia direzione.
Lei era la 'fortunata' che sarebbe servita come cavia. Bisognava testare le mie capacità e quella fanciulla era stata scelta per sacrificare la sua vita al nostro Dio. La reputai una cosa impensabile, allora ancora non credevo in quella religione.
Mi si formò improvvisamente un groppo alla gola. Avrei voluto chiedere se proprio dovevo farlo, se ero costretto a compiere un atto tanto brutto, ma non riuscii a parlare. Se ce l'avessi fatta, se il test fosse risultato positivo, quella ragazza sarebbe morta e ciò mi disgustava. Se lui era il nostro Dio, se lui voleva il nostro bene, perché dovevamo sacrificarci? Perché dovevamo metter fine alla nostra vita? Mi sembrava assurdo.
" Possiamo iniziare!" esclamò un uomo anziano, probabilmente uno dei più vecchi del villaggio. Lo fissai stranito, senza pronunciar parola. Io ero uno Shinobi, ma allora perché ero così codardo? Perché non riuscivo ad oppormi?
La ragazza mi sorrise, per poi infliggersi un leggero taglio sull'avambraccio destro per mezzo di uno spadino. Successivamente me lo passò, attendendo che io l'afferrassi.
Deglutuii nuovamente, in modo piuttosto rumoroso. Titubai per qualche istante, per poi afferrare quello spadino. Conoscevo la procedura di questo 'test', di quello che, se avesse avuto esito positivo, sarebbe diventato un rito giornaliero.
Quasi disgustato mi avvicinai la lama alla bocca, precisamente dalla parte macchiata di sangue. L'assaporai incerto, sentendo immediatamente il metallico sapore di quel liquido rosso pizzicarmi sulla lingua. Degluitii a fatica, non riuscendo a trattenere una smorfia di disgusto. Odiavo il sangue, non mi era mai piaciuto.
Sospirai, tornando a guardare per un istante tutte quelle persone che credevano in me. Dopo qualche attimo mi passai lo spadino sul dorso della mano destra. Con il mio stesso sangue disegnai un cerchio a terra, con un triangolo equilatero inscritto all'interno.
Mi posizionai esattamente al centro di esso e fu in quel momento che il prodigio avvenne. La mia pelle cambiò colore, divenendo nera con linee bianche proprio dove si trovavano le ossa.
Guardai stupefatto il mio corpo, ignorando gli sguardi e le urla gioiose delle persone che mi circondavano. L'anziana ci aveva visto giusto, io ero il prescelto.
" Avanti Hidan, compi il sacrificio!" gridò un uomo, probabilmente a me sconosciuto. Non avevo mai sentito la sua voce, eppure lui sapeva il mio nome, come tutti del resto.
" Forza Hidan, rendici fieri di te!" urlò mia madre, sorridente come sempre, affiancata da mio padre. Fu la prima volta che vidi sorridere anche lui. In genere era serio, come se indossasse una perenne maschera che celava le emozioni. Eppure, in quel momento, giurai di vederlo sorridente, fiero del suo figliolo.
L'ennesima ragazza mai vista prima mi passò un'asta appuntita, l'arma con la quale avrei dovuto compiere quello scempio. L'afferrai tra le mani, sotto lo sguardo felice della mia gente.
Come si poteva esser felici della morte di qualcuno? Non riuscivo a concepire nemmeno questo.
Strinsi la fredda arma tra le mie mani, puntandola contro il mio petto. Ebbi timore, non riuscii a muovermi. Fissai spaurito quella semplice asta metallica, non riuscendo a compiere quel semplice movimento.
Io sapevo che non mi sarei fatto male, ero immortale, ormai ne avevo la conferma. Però c'era lei, quella graziosa ragazzina dai capelli biondi. Come potevo metter fine alla sua vita? Come potevo sacrificarla ad un Dio in cui non credevo senza nessuna ragione?
" Avanti Hidan, coraggio!" mi gridò mia madre, costringendomi ad osservarla per qualche istante.
" Forza." mi incoraggiò mio padre, annuendo flebilmente con il capo.
No, io non potevo deluderli.
Con un movimento netto avvicinai la punta dell'arma contro il mio petto, pronto a trapassarmi da parte a parte, proprio all'altezza del cuore.
L'asta non mi ferì a morte, non mi perforò. Non riuscii a farlo.
Mi procurai solo una ferita superficiale, così come la procurai a quella ragazza, la quale gemette di dolore, portandosi le mani all'altezza del petto, lì dove usciva un poco di sangue.
" Beh? Avanti, prosegui." mi incitò il capo villaggio, non stando più nella pelle.
" Avanti Hidan." disse mio padre, mutando il suo sguardo. Improvvisamente era tornato di nuovo severo, mi fissava con i suoi soliti occhi privi compassione e bontà.
" Che ti succede, figliolo?" mi chiese mia madre, assumendo una dolce espressione.
" Io ..." balbettai, squadrando uno ad uno gli abitanti del mio villaggio.
" Io ..." continuai, buttando a terra l'arma, scuotendo il capo.
" Non posso, non voglio! Non voglio uccidere!" sbottai, uscendo dal cerchio creato con il mio stesso sangue, iniziando a correre verso una destinazione ignota. Non guardai nessuno, né la ragazza che sarebbe dovuta morire, né i restanti presenti. Non volevo stare lì, non volevo uccidere. L'unico mio desiderio era quello di allontanarmi da quel luogo e da tutti gli abitanti del villaggio, compresi i miei genitori.
 
 
Rimasi per diverse ore accucciato vicino ad un albero, raggomitolato su me stesso. La notte era calata da un po', eppure non mi importava. Non sentivo i morsi della fame, il mio stomaco era chiuso. I miei occhi erano carichi di lacrime, pronte a scendere da un momento all'altro. Ancora non avevo pianto, ne valeva del mio orgoglio. Ero pur sempre un giovane ometto, un genin! Che ne sarebbe stata della mia dignità se avessi versato quelle gocce salate?
" Finalmente ti ho trovato, Hidan." sussurrò la voce dolce di mia madre, costringendomi a sollevare lo sguardo in sua direzione.
I nostri occhi si incrociarono. Lei non sembrava delusa, anzi. Sorrideva, così come aveva sempre fatto. Mi guardava con orgoglio, nonostante io avessi fallito. Come faceva ad esser fiera di me?
" N-Non mi odi?" balbettai, tirando sul con il naso.
" Una madre non odierebbe mai suo figlio, qualsiasi cosa egli faccia." mi mormorò, accucciandosi vicino a me, così da raggiungere la mia altezza.
" Ti ho deluso, perdonami mamma." dissi, scusandomi, abbassando lo sguardo. Non riuscivo a sorreggere le sue iridi fucsia, non riuscivo ad affrontarla.
" Non mi hai delusa, Hidan. Tuo padre è arrabbiato, ma io ... io ti capisco. Forse abbiamo corso troppo, forse non avremmo dovuto chiederti di fare una cosa del genere a questa età. Sei ancora un bambino, sei piccolo per conoscere il significato della morte, dell'uccidere qualcuno." mi sibilò, carezzandomi la testa come faceva spesso.
" Quindi ... tu non ce l'hai con me? Non pensi che sia il disonore della famiglia?" chiesi, alzando nuovamente il volto, scrutandola con le mie ingenue iridi fucsia.
" No sciocchino. Tu sei mio figlio ed io sarò sempre orgogliosa di te, qualsiasi decisione tu prenda." mormorò, per poi abbracciarmi.
Finalmente le lacrime presero a scendermi dagli occhi, scivolando lungo le guance. Al diavolo l'orgoglio personale. Mi lasciai andare ad un pianto rotto da qualche singhiozzo, stretto tra le braccia calde di mia madre. Quel contatto era così dolce e confortante che non riuscii a non mostrare le mie emozioni. Lei era la mia mamma, la persona più importante di tutte e sempre lo sarebbe stata.
Rimanemmo abbracciati per un bel po', probabilmente un quarto d'ora abbondante. Non mi volevo staccare da quella morsa affettuosa, volevo continuare ad esser coccolato. Era così bello stare lì, come un sogno. La realtà, invece, era tanto dura e non ero sicuro di volerla affrontare.
Fu mia madre a farmi tornare nel mondo reale, staccandosi da me e alzandosi in piedi. Mi porse una mano, che afferrai prontamente, e mi tirò su. Mi sgrullò i vestiti dalla terra, per poi afferrarmi la mano e iniziare ad incamminarsi verso la nostra casa.
Io le sorrisi, asciugandomi le lacrime, contento di essere suo figlio.
Ma come dicevo prima la realtà è dura e quel giorno lo fu ancora di più.
In quel poco tempo che non c'eravamo stati si era scatenato il pandemonio. Le voci erano circolate in fretta e, in pochissimo tempo, gli atei erano venuti a conoscenza di quanto successo. Nonostante non si fosse consumato alcun sacrificio, reputavano assurdo quanto i credenti avessero cercato di fare. E così era scoppiata una terribile guerra civile, probabilmente in programma da molto.
Mia madre, non appena si accorse di quanto stesse succedendo, mi tirò dietro di se. Lei era una Ninja medico ed era suo compito curare i feriti.
" Hidan, resta qui." mi sibilò, lasciandomi nascosto dietro un vicolo. Mi ritenni quasi offeso da quel comportamento! Ero uno Shinobi anche io, ero un Genin e avevo il diritto di combattere per la pace del mio villaggio.
In un primo momento decisi semplicemente di controllare la situazione, di sbirciare e capire cosa stesse succedendo. Mi affacciai silenziosamente, cercando di non destare attenzione, scrutando l'orrore che si stava svolgendo sotto i miei occhi.
Per quanto non lo reputassi possibile, i credenti erano in netto svantaggio. Gli atei sembravano più forti, più veloci, più furbi. Com'era possibile una cosa simile? Avevo sempre pensato che fossimo tutti di pari livello. Certo, qualcuno primeggiava su qualcun altro, ma bene o male eravamo pari. Non comprendevo come avessero fatto a diventare così forti, forse seguivano allenamenti speciali, o forse noi pregavamo troppo al posto di allenarci.
" Dov'è il ragazzo? Dov'è l'immortale?" domandò un Jounin del mio villaggio, un ateo, colui che sembrava essere il capo di quella rivolta.
Loro cercavano me, non gli altri. Loro volevano me.
" Non lo avrete mai! In nome di Jashin, fermatevi e forse sarete perdonati!" gridò mio padre, fissando con rabbia i miscredenti.
" Siete solamente dei pazzi! Voi e il vostro stupido Dio! Consegnateci il ragazzo e questa rivolta cesserà!" esclamò lo stesso di pochi attimi prima, facendomi sgranare gli occhi.
Se io mi fossi consegnato nelle loro mani tutto quello sarebbe finito?
" Avete osato insultare il nostro Dio, la pagherete cara! Verrete tutti sacrificati!" disse mio padre, scagliandosi sugli avversari.
Mi venne istintivo correre allo scoperto. Volevo intervenire, volevo evitare che qualcuno morisse per causa mia.
" Basta, fermatevi!" urlai, cercando di attirare l'attenzione.
" Eccolo, è lui il ragazzo immortale!" gridò uno Shinobi, indicandomi.
" Non permettete che Hidan finisca nelle loro mani!" ordinò il capo villaggio, ricevendo risposte affermative dai credenti.
" Hidan, va via! Non devono prenderti! Jashin ha bisogno di te, noi abbiamo bisogno di te!" mi disse mia madre, avvicinandosi repentinamente alla mia figura.
" Mamma, basta! Non combattete, siamo tutti appartenenti allo stesso villaggio, per favore!" la pregai, non avendo capito nulla di quelle guerra. I miscredenti non volevano soltanto me, bensì volevano la distruzione totale di quel culto assurdo e ciò comprendeva l'eliminazione fisica di tutti i credenti. Ero troppo ingenuo per capire, troppo stupido per arrivarci.
" Hidan, è un ordine! Vai via!" urlò la mamma, prima di essere brutalmente trafitta da parte a parte da una spada, all'altezza dello stomaco.
Il tutto successe così velocemente che nemmeno me ne resi conto. Il suo corpo scivolò lentamente in avanti, finendomi addosso.
Sgranai gli occhi, non capacitandomi di quanto successo, percependo l'orribile odore del sangue.
" Mamma, mamma!" la invocai, accompagnandola delicatamente fino a terra. La zona colpita non era vitale, eppure aveva bisogno di cure immediate. Rischiava di morire dissanguata e questo non poteva permetterlo. Io non ero un medico, non sarei potuto esserle in alcun modo utile.
" H-Hidan ..." balbettò lei, con un rivolo di sangue che iniziò a fuoriuscirle dalla bocca. I suoi occhi mi fissavano spenti, eppure erano ancora così carichi d'amore. Mi sorrise, come faceva sempre, alzando debolmente un braccio verso di me. Sfiorò la mia guancia con le sue esili dita, macchiandomi di sangue. Non ci feci caso, mi sentivo così in colpa che non riuscivo a pensare ad altri che lei.
I miei occhi si riempirono nuovamente di lacrime, nel mentre il mio corpo iniziò a tremare. Una terribile paura si fece largo in me. Io temevo, per la prima volta in vita mia temevo realmente la morte di qualcuno a me caro. La paura provata poco prima non era niente paragonata a quella.
" Mamma, resisti mamma, ti prego. Vado a cercare aiuto!" esclamai, mordendomi il labbro inferiore. Perché il dono dell'immortalità era andato a me? Non poteva esser andato a lei?
L'uomo che poco prima l'aveva colpita provò nuovamente a farle del male, intenzionato ad arrivare a me. Non glielo permisi.
Con un gesto rapidissimo, che quasi stupì anche me stesso, sfoderai due kunai, conficcandoglieli nel petto. Il Ninja del mio villaggio cadde a terra, agonizzante ma vivo. Non l'avevo ucciso e di questo ne ero sollevato, nonostante la rabbia che provassi in quel momento fosse immensa.
" H-Hidan ..." balbettò nuovamente mia mamma, richiamandomi. Senza esitare le ubbidii, avvicinandomi al suo corpo privo di forze. Il sangue continuava ad uscire incessante, troppo sangue.
" M-Mamma ..." dissi in un flebile sussurro, nel mentre le lacrime presero a bagnarmi nuovamente il volto.
" H-Hidan, ti scongiuro ... non permettere che muoia in questo modo, non permettere che muoia per mano di un ateo, ti prego, ti prego con tutte le mie ultime forze." mormorò debolmente, fissandomi con uno sguardo tra il dolce e il triste. Lei non voleva lasciarmi e nemmeno io lo volevo.
" T-Tu non morirai mamma, tu rimarrai qui con me!" esclamai, volendo convincere più me stesso che lei.
" S-Sono un Ninja medico, Hidan, so la fine che sto per fare. Ti scongiuro, Hidan, te ne prego, uccidimi, sacrificami a Jashin. Sarò felice di morire per mano tua e sacrificarmi al mio Dio." mi chiese, accennando un tirato sorrisino. Con estrema fatica si sfilò la sua collana, quella raffigurante il simbolo di Jashin. Me la porse, attendendo che io l'afferrassi.
Il mondo mi crollò addosso. In quel momento tutte le mie certezze si sgretolarono, tutto si ruppe come un bicchiere di cristallo che cade al suolo. Sbiancai, rimanendo paralizzato da quella richiesta. Io non potevo uccidere mia madre, la persona che amavo con tutte le mie forze, colei per cui avrei volentieri barattato la mia immortalità. Come poteva chiedermi una cosa del genere?
I miei pensieri vennero interrotti da un suo improvviso lamento. Tossì, sputando sangue. Il suo volto diveniva sempre più sofferente, i suoi occhi perdevano sempre più vitalità ... non riuscivo a vederla così, non potevo essere tanto inutile.
" M-Mamma ..." balbettai, per l'ultima volta, prima di mutare improvvisamente la mia espressione facciale. Afferrai il ciondolo, infilandomelo al collo.
Mi alzai in piedi, ignorando volutamente tutti gli altri scontri attorno a me. Fissai mia madre dall'alto in basso, ammirando in quegli ultimi istanti il suo volto tanto perfetto, sorridente e in pace con il mondo nonostante la situazione che si era venuta a creare.
Mi avvicinai la mano destra alla bocca, leccandola avidamente. Ingerii il sangue di mia madre, senza provare disgusto, sentendola per qualche istante parte di me.
Mi aprii con un Kunai la ferita di poche ore prima, andando a disegnare nuovamente un cerchio a terra, con un triangolo equilatero inscritto al suo interno.
Mi misi al centro di esso, titubando solo per pochi istanti. Il mio corpo cambiò colore, divenendo nero a strisce bianche. Sorrisi a mia madre e, forse, quella fu l'ultima volta che sorrisi in modo tanto sincero.
Lei ricambiò, guardandomi con quello sguardo tanto orgoglioso. Era fiera di me, era contenta del suo ometto.
Con decisione mi puntai il Kunai contro il petto, per poi infilzarmi all'altezza del cuore, con un solo e netto colpo.
La cosa che mi stupì più di tutte fu la mia decisione. Non avrei mai creduto di compiere un tale gesto con tanta sicurezza.
Caddi a terra, apparentemente morto, sentendo mia madre gemere di dolore. Poi ... più nulla. Riaprii gli occhi dopo un paio di istanti, osservando incredulo le mie mani. Quella era la prima volta che compievo quel rito, era la prima volta che uccidevo.
La mia prima vittima era stata mia madre.
Osservai il corpo privo di vita della donna che mi aveva dato la vita. Il mio cuore perse un battito, la mia espressione facciale mutò nuovamente, divenendo fredda, impassibile, ed una rabbia indescrivibile crebbe dentro di me.
Qualcosa scattò al mio interno, qualcosa dettato dal dolore e dalla follia del gesto appena compiuto. Un sorriso malsano si formò sul mio volto, nel mentre la mia fede per Jashin iniziò a crescere. Non ne capii mai il motivo, ma improvvisamente ero diventato un credente, un seguace di quel culto che avevo tanto criticato.
Iniziai a ridere in modo folle, abbandonando il corpo di mia madre lì. Nessuno l'avrebbe più toccata, sarebbero tutti stati sacrificati.
La morte mi sembrò improvvisamente così bella. Non la mia, ovviamente, ma quella degli altri.
La mia seconda vittima sarebbe stata l'uomo che aveva segnato la fine di mia madre, colui che mi aveva costretto a scoprire la mia reale natura.
Io amavo uccidere. Fino ad allora avevo solamente avuto paura di scoprirlo, ma finalmente ero riuscito ad ammetterlo a me stesso, a capire quale fosse il mio destino. Nessuno si sarebbe salvato, tutti prima o poi sarebbero stati sacrificati a Jashin, il Dio in cui mia madre aveva tanto creduto e in cui iniziai a crederci ardentemente anche io.
" Per Jashin - Sama." mormorai, aggiungendo per la prima volta quel suffisso alla fine del nome. Ripetei la stessa identica procedura di pocanzi, decidendo di giocare un po' con quell'uomo, di rendergli la sua agonia ancora più terribile e dolorosa.
Ridetti di gusto nel momento in cui mi perforai più volte, in punti non vitali, godendo delle sue urla di dolore, gustandomi ogni sofferenza, ogni smorfia che compiesse. Mi ero trasformato in un folle e sadico assassino.
Ed una volta finito con lui, mi guardai intorno, notando come i credenti stessero perendo uno dopo l'altro. Fissai mio padre per qualche istante, con un sorriso malsano e sadico dipinto sul mio volto, notando in lui uno sguardo orgoglioso, prima che esalasse l'ultimo respiro.
Mi avvicinai lentamente alla statua del mio Dio, facendo piazza pulita di chi osasse provare a fermarmi. L'ultimo ad essere ucciso sarebbe stato il capo di quella rivolta, colui che con quel gesto azzardato aveva liberato il mostro che era in me, colui che aveva risvegliato la mia natura assopita
Scansai con un potente calcio l'ennesimo Ninja che voleva intralciarmi, giungendo finalmente dinnanzi alla statua. Con un balzo raggiunsi l'altezza delle braccia dell'enorme monumento, levandogli dalle mani la falce tridente.
Quale arma mi si addiceva di più se non quella prediletta da Jashin - Sama?
Nel momento in cui tornai a poggiare i piedi per terra fu l'inizio della fine. Quel giorno ci fu un vero e proprio massacro. Nessuno riuscì a fermarmi, ad arrestare la mia pazzia. In poco tempo quel villaggio, un tempo pacifico, si trasformò in un vero e proprio inferno, in un incubo dal quale solamente io ne uscii     vivo.
L'ultimo a morire, proprio come mi ero ripromesso, fu colui che aveva dato il via a tutto quello. Lo feci soffrire per lunghi ed interminabili minuti, fu l'uomo con il quale mi divertii di più dopo l'assassino di mia madre. Godetti delle sue sofferenze, delle sua urla. Oh, come mi piacque uccidere, come amai quegli istanti dove mi abbandonai alla pura follia.
Il villaggio delle Calde Primavere era andato interamente distrutto per mano dei suoi abitanti, ma soprattutto per mano mia. L'unico superstite fui io, un bambino di nemmeno dieci anni che aveva scoperto la sua vocazione, la gioia della sua vita.
Fu così che nacque il vero Hidan, il vero me. Mi unii pochi anni dopo all'Akatsuki, diffondendo il mio amato culto in tutto il mondo e sacrificando vittime giorno dopo giorno. Nessuno avrebbe mai potuto fermarmi, io ero immortale.
 
Sorrido per un attimo a quei ricordi, lasciandomi trasportare dal dolce pensiero di mia madre. Ma non è questo il momento di fare i sentimentali, anche perché ho un avversario da battere, l'ennesimo uomo da sacrificare a Jashin - sama.
- Per te, mamma.-
Penso, prima di iniziare finalmente ad ingaggiare battaglia con il mio nemico, uno sciocco ragazzino che ha osato sfidarmi. Ma presto anche lui finirà all'altro mondo e Jashin - Sama riceverà l'ennesimo sacrificio. Oh, come amo questa vita, come amo uccidere. Grazie mille mamma, grazie a te ho scoperto cosa significa vivere veramente, grazie al tuo sacrificio ho  compreso il mio destino.



The End

 


Ok, non so da dove mi sia uscita fuori una fic del genere, ma mi sono sempre chiesta come fossero i passati di alcuni personaggi O_ò non credo che di Hidan si sappia nulla e a me piace immaginarlo così xD Comunque, è la mia prima fic in prima persona, spero non mi sia uscita una schifezza o.ò Amo scrivere in terza, perciò boh, non assicuro il risultato xD Spero vi sia piaciuta comunque ;) Non avevo nulla da fare ed ecco gli obrobri che creo (?). Ovviamente l'avversario di Hidan è Shikamaru eh, per chi non l'avesse capito, ma credo sia scontato :P  Beh, alla prossima u.ù

Sayuri_92
   
 
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