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Autore: Ataraxia Diagrams    29/05/2011    6 recensioni
Si avvicinò ancora con il suo passo aristocratico, ma improvvisamente sparì dalla mia visuale. Il mio cuore perse uno...due..tre e forse quattro battiti quando scomparve lasciando un raggelante senso di vuoto.
-Tana per Emy- sobbalzai gridando e mi riotrovai con la schiena pigiata contro il finestrino mentre sul suo volto perfetto si dipingeva un sorriso sadico che non mi rassicurava affatto.
-C...chi sei!?-
-Tipica domanda da copione di film horror...mi aspettavo qualcosa di meglio da te, Vichbourg...- il suo volto era maledettamente vicino al mio e potevo sentire il suo fiato...il suo fiato inesistente che nella mia immaginazione, mi sfiorava il volto madido di sudore. Non respirava...non ne aveva bisogno.
-I...io voglio solo...solo tornare a casa mia...dalla mia famiglia...- mormorai terrorizzata. Mi vergognavo del mio tono implorante e patetico...ma non era il momento per l'orgoglio.
-Oh...ma ci tornerai, piccolina...ci tornerai eccome...lascia che ti accompagni io- il ghigno sadico si trasformò in un sorriso pericoloso e letale che non preannunciava nulla di buono e gridai quando la sua mano, curata e affusolata, mi afferrò con forza il polso attirandomi bruscamente a sè. Le mie urla cessarono di colpo quando mi ritrovai lì, "al sicuro" contro il suo petto, stretta dalle sue braccia che corsero a tenermi la schiena e le gambe sollevandomi da terra.
Era così freddo...
-No! Dove...dove cazzo mi stai portando!?-
-Bhè...se te lo dicessi...che razza di rapimento sarebbe?-
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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Note dell’Autore: Sono una merdina, lo ammetto. Questa volta devo seriamente chiedere scusa in ginocchio, perchè oltre ad aver infranto la promessa di aggiornare in un mese, ho infranto quella di aggiornare entro la scorsa settimana, o due settimane fa, peggio ancora. Non ho scusanti, e mi spiace. Semplicemente, oltre al dovermi fare il mazzo per l'incontro finale con la scuola -se mi dice bene ne esco con i debiti, odio la fisica- questo capitolo è stato estremamente complesso. Non so se leggendolo traspare che ci ho sudato sopra anche l'anima. Seriamente, per finirlo mi sono consumata il fegato e tutto quello che c'è attorno. Mille rivelazioni, mille sensazioni, mille suspence. Dio, se non sono esplosa è perchè l'autocombustione non è ancora stata accertata come fenomeno.
Comunque, tra le piccole note, vi ricordo che quando Emily parla di sua madre che la portava al lago da piccola, all'inizio del capitolo, si tratta della madre adottiva, non di Astrid. Lo so che è idiota come appunto, ma non si sa mai. Per il resto, io spero con tutta me stessa di riuscire ad aggiornare in tempo, ma quando avrete finito di leggere questo capitolo, capirete da voi quanto più complesso potrà essere il prossimo. Spero seriamente di non implodere. Se non ce la faccio entro un mese, non me ne vogliate male. Sono una ragazza con scuola, fidanzata, amici, GDR, altre Fan Fiction -che ho bellamente abbandonato per concludere questa- e mille altri progetti in testa. Se avessi tempo materiale giuro che scriverei ogni attimo, ma specialmente in questi ultimi tempi non ce la posso fare. Magari appena finita scuola sarò più disponibile -escludendo una settimana sabbatica che mi prenderò per recuperare il sonno perduto dell'anno scolastico- anche perchè vorrei concludere la storia prima del 13 Luglio, dato che partirò per l'Inghilterra e starò via una ventina di giorni -e sinceramente andarmene in Inghilterra per poi stare attaccata al computer a scrivere, non rientra tra i miei progetti estivi-. Comunque, non so se vi ho già preannunciato che finita questa Fiction, ci sarà un seguito. Eheh, rivelazione. Pensavo appunto di sfruttare i tempi morti di quei 20 giorni a Londra per buttare giù un abbozzo, una scaletta, del seguito, senza però mettermi a scrivere seriamente perchè finirei per sprecare tempo utile al divertimento. Per ora è tutto sul forse, nulla di certo, dipende da come mi viene il finale. Bha, vedremo. Ora vi lascio leggere, e come sempre grazie a tutte voi anime pie e pazienti che mi sopportate. Vi amo *A*
  
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Quando ero piccola mia madre mi portava al lago d’estate, con il sole chiaro del primo pomeriggio, il letto soffice e viscoso delle alghe sotto i piedi, l’acqua fresca. C’immergevamo e ridevamo insieme, andando a toccare con i palmi delle mani il fondo. Quando ciò accadeva, mi piaceva andare in apnea ed aprire gli occhi, vederla sorridermi, le dita sul naso a tappare le narici. Parlava, e dalla sua bocca uscivano piccole bolle d’aria, simili a meduse, che raggiungevano gorgogliando la superficie. Il rumore delle sue parole giungeva lontano, ovattato, lento, come una melodia ascoltata in modo distratto. Così, allo stesso modo, la situazione era crollata in un oceano scuro, di petrolio, mentre quella frase, pronunciata con estremo piacere dalle labbra di Antoin, mi raggiunse come un sibilo incomprensibile, smorzato, lontano. Sentii le mani di Evan farsi deboli attorno al mio corpo, mentre le braccia gli ricadevano lungo il corpo pesantemente, come fossero prive di alcuna sensibilità.
Non riuscivo ad avvertire alcun rumore, se non quello del mio respiro, fattosi lieve e fino. A giudicare dal modo in cui mi dolevano le palpebre, i miei occhi dovevano essere spalancati, sebbene non avvertissi alcuna espressione sul mio volto.
Ero pietrificata. Di paura. Di dolore. Di rabbia.
Non so cosa mi accadde in quell’attimo. Sentii soltanto la voglia sfrenata di distruggere qualsiasi cosa trovassi sulla mia strada. Ero furente, ma ancor peggio di questo, sentivo il cuore piegarsi su sé stesso come un foglio accartocciato. In un battito di ciglia, il mio corpo si mosse senza che potessi neanche accorgermene, e mi ritrovai a divorare la distanza che ci divideva dal Re a passi veloci, rumorosi.
-Lurido bastardo figlio di puttana!- mi sentii gridare, prima di scagliarmi come una furia verso l’uomo. Non so cosa volessi fare, semplicemente sentivo il bisogno di prendere quella testa scellerata tra le mani e sbatterla contro il terreno fino a vederla esplodere.
Non mi ero mai sentita così...umana.
Cozzai contro le guardie, che si frapposero tra me ed il vampiro, bloccandomi con forza a terra, immobilizzandomi mentre spasmodica tentavo di liberarmi, gridando con voce rauca insulti che neanche pensavo di conoscere. La risata di Antoin non fece altro che fomentarmi maggiormente, ma la potenza delle sue guardie era un ostacolo per me insormontabile.
-Sei un mostro! Ti ammazzo, giuro che ti ammazzo!- in risposta alle mie minacce, il Re si avvicinò a passo sicuro, sormontandomi con la sua altezza, guardandomi sprezzante dall’alto della sua posizione.
-Fallo! Che aspetti? Ovvio che non puoi. Sei solo una sporca mezzosangue, debole e selvaggia. Un abominio della natura come te deve essere debellato, e tu hai vissuto anche troppo- sentenziò, voltandosi poi d’improvviso, ed il mantello scuro dell’abito gli roteò attorno alle gambe disegnando un’ampia circonferenza.
-Portatela nelle segrete. Domani avverrà il Sacrificio della Vergine- alle sue parole, mi sentii sprofondare nel buio, come non avevo mai fatto. Ripresi a scalciare, mentre le guardie mi sollevavano di forza, cominciando a trascinarmi via, affatto ostacolati dalla mia resistenza.
-Evan! Evan fa qualcosa!- ma il fiato mi morì in gola quando, voltandomi nella sua direzione, scorsi sul suo volto marmoreo qualcosa che non pensavo avrei mai intravisto.
Una timida goccia di rugiada fresca scendeva dall’occhio sinistro, lasciando quel pallido cielo azzurro delle iridi per disegnare sulla pelle un solco di sofferenza.
Dolore composto, silenzioso, arreso.
 

Semplicemente, senza che un solo angolo del suo volto si muovesse, e assolutamente in silenzio, iniziò a piangere, in quel modo che è un modo bellissimo, un segreto di pochi, piangono solo con gli occhi, come bicchieri pieni fino all'orlo di tristezza, e impassibili mentre quella goccia di troppo alla fine li vince e scivola giù dai bordi, seguita poi da mille altre, e immobili se ne stanno lì mentre gli cola addosso la loro minuta disfatta.
[cit. Alessandro Baricco]

 
 
Mi avevano trascinata per le braccia, lungo quello che sembrava un corridoio senza fine, culminante in un'esplosione di buio monotono, piatto. Non avevo le forze di camminare, così cercavo di mettere qualche passo a terra, lasciandomi poi tirar via. Nel silenzio del cunicolo, l'unico rumore in grado di tenermi sveglia, era quello provocato dalla marcia ritmica delle guardie. Alle volte, durante quel viaggio, avevo opposto una blanda resistenza, soltanto per avvertire il dolore delle dita strette attorno agli avambracci. Quel minimo male, mi dava la conferma che ero ancora viva.
Mi gettarono in una stanza senza forma, che puzzava di umido e vecchio. Le pareti erano di un mattonato scuro, annerito dal sudiciume.
Caddi a terra in un tonfo sordo, ammortizzando la caduta con le mani come meglio potevo. La pietra era gelida sotto i polpastrelli, a tratti bagnata. Mi portai le mani all'addome. Inspirai con la bocca, e l'aria fredda mi passò tra le fessure dei denti stretti come una lama. Strisciai contro il muro, tentando di sopprimere almeno mentalmente il dolore che provavo. Arrivata a quel punto, ero spacciata.
Mi portai le gambe al petto, stesa sul fianco, raggomitolata in posizione fetale. Quella era la mia estrema dimostrazione di fragilità. Come da piccola, quando impaurita dal buio, rimanevo pietrificata nel letto di mia madre, a fissare le pareti con quanto più disgusto avessi in corpo. Per me stessa, per la mia fragilità, per la sottomissione. Avevo imparato a memoria la fantasia impegnata dei dipinti su muro, ripercorrendoli uno per uno con gli occhi, volendo anestetizzare il corpo e l'anima da quell'umiliazione.
Immaginai di essere nella mia abitazione. Un posto non troppo in vista, modesto. Mi vidi scendere nella vasca da bagno, pulirmi di dosso lo sporco che mi avevano appena sputato addosso. Ero infetta della crudeltà degli uomini, e a distanza di anni, non me ne ero ancora lavata via le croste. Ne ero impregnata.
Volevo uscire da quel posto, con, o senza il corpo attaccato alla testa. L'unico dispiacere? Non aver mandato a puttane la maledetta città in cui vivevo e tutta la feccia abominevole che la componeva.
Stavo andando a fondo, lo sentivo, ne ero dannatamente cosciente. E cosa peggiore, non potevo far nulla per impedirlo.
Le lacrime di Evan, uno spettacolo raro, di cui lo credevo incapace, mi avevano stretto il cuore, uccidendomi sul momento. Era rimasto a fissarmi fino a che, fuori dalla porta, non era sparito della mia visuale, ed io dalla sua. I suoi occhi vuoti, soltanto liquidi di sofferenza. In un certo senso, mi scaldava l’animo pensare che quelle lacrime, almeno in parte, fossero anche per me, e non solamente per l’omicidio di sua madre. Era un pensiero egoista, certo, ma in quel momento era l’unica speranza che mi tratteneva dall’impazzire.
Non potevo essere debole. Ero stanca. Stanca di essere una semplice umana. Stanca di non potere niente di niente di fronte a dei mostri. Stanca di vedere Evan prendere sul proprio corpo le ferite che io non potevo sopportare.
Io ed Evan eravamo fratelli. Condividevamo parte dello stesso sangue. Io ed Evan non potevamo amarci. Ed anche se non fossimo stati consanguinei, ora stavo morendo. In qualsiasi modo cercassi di vedere la situazione, rimaneva di fondo che non potevamo stare insieme, per un motivo o per l’altro.
L’indomani sarei andata sorridente incontro alla morte, pronta a perdere tutto ciò che mi ero guadagnata con sacrificio e sudore.
Ad un passo dalla fine, il mio pensiero più dolce era rivolto a quell’amore tormentato, proibito, incestuoso. Tutto il mio cuore era denso di lui, e con quel pensiero nella mente, anche la prospettiva di morire non mi sembrava poi così dolorosa in confronto all’idea di non aver mai osato innamorarmi di Evan.
 
 
 
Nel mio sogno, ero immersa in una vasca, sotto lo strato immobile d’acqua. Trattenevo il fiato, ed alcune bolle salivano sino alla superficie. Stavo dormendo sotto l’acqua, distesa sul fondo della vasca da bagno. Come al lago, tutto attorno a me era incolore, inodore ed atono. Ero sorda. Meravigliosamente sorda. Feci per alzarmi, così da sollevare il corpo dal fondo della vasca, ma improvvisamente sentii qualcosa afferrarmi le caviglia, iniziando a strattonarmi in quello che ora si era tramutato in un abisso scuro, dal fondale denso di alghe. Il mio intero corpo ebbe un fremito violento, avvertendo il pericolo, ed iniziai a nuotare verso la superficie, mentre qualcosa continuava a strascinarmi con sé nel buio più assoluto delle profondità. Di fronte ai miei occhi, lo specchio d’acqua più chiaro e brillante della superficie si faceva sempre più lontano, irraggiungibile. Aprii le labbra per gridare, ma non ne uscì altro che un flebile suono ovattato dalla pressione ed alcune bolle d’aria. I miei polmoni si svuotarono di colpo, lasciandomi ad annaspare nel buio, le tenebre più totali. Paura. Non provavo altro che paura. Un terrore folle. Solo allora compresi.
Lascia che la tua Luce, dissipi le tue Tenebre, Emily...
La frase che avevo sentito nella mia mente la prima volta che avevo incontrato Astrid. Aveva detto che l’avevo inventata accanto a me, quella Luce. Che non avrei mai avuto bisogno di cercarla, perché nel momento in cui ne avessi avuto bisogno, ci sarebbe sempre stata. Ora, per uscire da quell’incubo, avevo semplicemente bisogno di chiamarla.
Non appena realizzai quel pensiero, vidi una mano candida e delicata immergersi nell’acqua, in mia direzione. La carne era avvolta da un’iridescenza calda e timida, ma abbastanza potente da illuminare il buio opprimente che avevo attorno. Allungai la mano destra, cercandola, trovandola e sfiorandola.
Emily...
Era la voce di Evan, quella. L’avrei riconosciuta in qualsiasi abisso fossi finita. Il cuore mi si riempì di un conforto immenso, mentre sentivo le sue dita avvolgermi il polso con forza, cominciando a risollevarmi verso la superficie. Mi lasciai trascinare, stanca.
Il tocco leggero di una mano sulla spalla destra, mi riportò alla realtà, e mi vidi riemergere di soprassalto dall’acqua, prendendo un grosso respiro d’ossigeno che mi bruciò i polmoni, ricordandomi quanto crudele fosse il presente.
Scartai di lato, impaurita, come una belva ferita, trattenendo il respiro. La stanza era completamente buia, abbastanza da non lasciarmi distinguere nessuna presenza all’interno, non fosse stato per quello sguardo che mi sentivo addosso.
-Chi sei!?- sussurrai impaurita, stringendomi  le gambe al petto, sentendo la presenza avvicinarsi piano. Lo sentii sogghignare nel buio, per poi mormorare in un sussurro.
-Un amico- non realizzai immediatamente, ma la sua voce mi fu inconfondibile. Avvertii il volto rilassarsi in un sorriso ampio, di puro sollievo, prima di slanciarmi verso la figura in ombra, avvolgendo il corpo freddo con le braccia, cercando conforto nell’incavo del collo. I capelli castani, da come ricordavo, mi accarezzarono il volto, mentre le braccia possenti di Daniel ricambiavano il gesto.
-Dan...- mormorai appena, ma l’indice del vampiro si andò a posare dolcemente sulle mie labbra, fermandole.
-Shhh. Ho fatto una gran fatica per entrare qui dentro, non mandare tutto all’aria, piccola- sussurrò con fil di voce, prima di portare le braccia attorno alla mia schiena e sotto le ginocchia, sollevandomi poi da terra in una mossa agile. Posai il capo contro il suo petto, respirando il profumo rassicurante della sua pelle.
-Mi porterai via di qui, vero?- chiesi, sentendo le lacrime minacciarmi gli occhi. Ero felice, ma al tempo stesso nervosa, stressata, stanca.
-Ho votato la mia vita al servizio di Evan. Come sua personale guardia ho il dovere di proteggere ciò che gli appartiene. Come suo amico, ho il piacere di proteggere colei che ama- sentii le sue labbra scoccarmi un bacio sul capo biondo. Privo di qualsiasi malizia, soltanto denso di un’affezione che non avrei mai immaginato, ma della quale ero assolutamente felice. Ci voltammo verso la porta d’ingresso, e solo in quel momento mi accorsi che nel buio, due figure scure ai lati del portone blindato, si erano mosse venendoci incontro.
-Come siete entrati?- chiesi, in cerca dei lineamenti delle due figure. La voce rigida e melodica di Selìn mi raggiunse immediatamente.
-Credo che Antoin avesse sottovalutato “gli stupidi amici di mio figlio”- replicò la vampira, accompagnando quelle parole con uno schiocco stizzito della lingua contro il palato. Sorrisi debolmente, a quella reazione. Selìn non era esattamente la ragazza più amabile di questo mondo, ma non era nemmeno un mostro, ed il Sovrano aveva fatto un grave errore sminuendo le sue capacità.
-Aspettiamo un vostro ordine, Signore- mormorò una di queste. Daniel non emise alcun suono, semplicemente lo sentii muovere il capo in un gesto che soltanto gli altri due vampiri, con la vista più sviluppata rispetto quella umana, poterono distinguere.
In quel momento, un calcio possente da parte di uno dei due, divelse la porta, ed un fascio di debole luce c’invase, rischiarando le ombre in movimento di alcune guardie reali che sorprese s’apprestavano a venirci incontro ad armi sguainate, pronte a fermarci. I sottoposti di Daniel si mossero velocemente di fronte a noi, proteggendoci e aprendoci la strada corpo su corpo, prima che Dan si lanciasse in una corsa sfrenata ed inumana, portandomi fuori da quell’inferno.
 
 
Daniel mi gettò, letteralmente, sui sedili posteriori della stessa auto scura che ci aveva portati al castello, richiudendo lo sportello velocemente, fiondandosi alla guida. Alle nostre spalle voci confuse, grida, ordini di tornare in dietro. Tutto in nome del Re. Mi misi a sedere meglio, mentre Dan premeva sull’acceleratore, facendoci schizzare via tra i banchi di neve, seguiti dalle guardie che ben presto smisero di correrci dietro affannati. Mi stava scoppiando la testa, quasi non credevo a ciò che era successo.
Ero salva? Lo ero davvero? Insomma, credevo seriamente di essere finita in una di quelle situazioni dalle quali non si esce. Dove o muori...o muori. Un contatto fresco e vellutato si posò sulla mia mano sinistra, facendomi voltare di scatto. I miei sensi erano all’erta, svegli e al tempo stesso impauriti.
Evan mi sorrideva mesto, trasudando una stanchezza millenaria. Mi morì il fiato in gola, cercando di pronunciare il suo nome, ma non ne ebbi neanche bisogno, poiché le sue braccia mi circondarono senza esitazione, premendomi il petto contro il suo, lasciando che il mio capo si andasse a riposare sul cuore. Non m’importava che non fosse in grado di battere. Che non pompasse sangue. Che non fosse vivo. Evan, e tutta la sua razza, erano il miracolo dell’umanità. La vita sulla morte. O meglio: la vita e la morte fuse in un corpo invincibile. Mi lasciai cullare dall’andatura dell’automobile, mentre le sue dita delicate si andavano ad intrecciare ai miei capelli, giocando con essi, accarezzandomi poi le spalle e la schiena, posandomi sul capo piccoli baci.
-Siete uno spettacolo disgustosamente tenero- mormorò ironico Daniel, dal posto di guida, strappandoci un sorriso. Accanto a lui, Selìn gli lanciò una gomitata nelle costole, ricordandogli con un ordine deciso di concentrarsi sulla guida.
-Non riesco ancora a capire che diavolo sia successo...- mormorai in un soffio debole, al tempo stesso incredulo, socchiudendo gli occhi. Il capo di Evan si abbandonò contro il mio, delicatamente, per poi iniziare a parlarmi piano nell’orecchio.
-Antoin ti stava cercando da quando tuo padre ti portò in salvo, ma cercarti tra tutti i Minori era pressoché impossibile. Ha passato gli ultimi diciassette anni a raccogliere informazioni sul tuo conto, ed una volta scoperto chi fossi, ha sfruttato l’evento della Vergine per attirarti a sé. Io non ne sapevo nulla. Mi ha sempre tenuto all’oscuro delle sue manovre, utilizzandomi come una semplice pedina- si arrestò, sospirando pesantemente. Potevo percepire la sua rabbia, il rancore improvviso che si era scatenato nel suo animo. Anche l’essere più cinico della terra, non avrebbe preso benissimo la notizia.
-Ok, ma non comprendo cos’abbia di così importante da portarlo a cercarmi. Sono un ibrido, ma dubito che si sarebbe spinto a tanto pur di eliminarmi. Organizzare tutto questo teatrino, intendo, per una semplice mezzosangue? Guardami, sono un agnellino in confronto ad un qualsiasi vampiro. Non aveva bisogno di un simile piano per sbarazzarsi di me-
-Anche io pensavo volesse soltanto eliminarti, ma nella sua testa c’era qualcosa di ben più complesso. Un ibrido, Emily, è l’unione di due diverse razze. Come tale, ne eredita in parti uguali difetti e abilità. E’ questo ciò che Antoin voleva: la capacità di mostrarsi alla luce del sole lo avrebbe reso più potente, in grado di uscire dai confini della nostra terra in qualsiasi momento lo desiderasse. Così come la possibilità di nutrirsi anche di cibo umano, e di poter prolungare l’astinenza dal sangue. Sono aspetti che lo avrebbero trasformato in un vampiro più potente di chiunque altro. Per appropriarsi di queste capacità, avrebbe dovuto bere il tuo sangue fino all’ultima goccia. Ed è proprio ciò che aveva intenzione di fare nel giorno del sacrificio-
-Questo non ha alcun senso! Perché fino ad ora ho vissuto come un’umana? Perché non ho nessuno dei poteri di cui mi parli?-
Evan prese un grosso respiro, seppur scenografico, ed il suo petto si mosse contro il mio.
-Quei poteri non si manifestano dal primo giorno di vita. E’ come avere un sensore di pericolo impiantato nel corpo. Nel momento in cui l’Ibrido si trova in una situazione di massimo pericolo, la sua natura di mezzo Vampiro si manifesta. Quando ciò avviene, però, può scegliere di continuare a vivere come un Umano, o di divenire un Dampyr con i poteri e le abilità che ne derivano, appunto. Quando si sceglie di essere Dampyr, inoltre, il sangue muta. Entrano in circolo delle particolari tossine assolutamente mortali per i Vampiri. Ecco perché Antoin aveva bisogno di bere il tuo sangue prima che ti trovassi a dover scegliere tra le due razze.-
Assimilai quella cascata di parole in silenzio, senza che il mio volto riuscisse ad assumere un’espressione definita. Non perché fossi indifferente o superiore a tutto ciò, sia chiaro. Semplicemente, non avevo parole. Immaginate di avere la vostra bella vita nel pieno della sua normalità. Un giorno venite rapiti e segregati da quelli che potrebbero essere degli ottimi predatori. Mi correggo: lo sono. Nel giro di un mese e mezzo venite a scoprire che il vostro rapitore, per il quale avete avuto l’ottima idea di innamorarvi, è il vostro fratellastro, che la famiglia che avete lasciato nella vostra città è solamente un nucleo adottivo, mentre vostra madre era una Regina adultera e vostro padre –quello vero- potrebbe essere da qualche parte, ancora vivo, ma vi ha abbandonati e non ha mai fatto nulla per cercarvi. Come non fosse abbastanza, avete un Re con crisi maniacali di grandezza che vuole usarvi come portata principale per acquisire i vostri poteri. Poteri del quale fino a pochi giorni fa non sapevate assolutamente nulla.
Ora, state scappando in una macchina piena di quei simpatici predatori verso non so dove e con ogni probabilità, avete mezzo esercito reale alle costole con la chiara intenzione di prendervi, mettervi su un vassoio e spedirvi direttamente nelle fauci del suddetto Regnante.
Mi concedete un...
-Merda- riuscii soltanto a proferire, stringendo i denti. Se essere rinchiusa in una cella per essere sbranata il giorno successivo mi era sembrata una situazione senza via d’uscita, l’evoluzione di quella stessa situazione era assolutamente impossibile.
Le mani di Evan mi presero con delicatezza ai lati del volto, costringendomi ad alzare lo sguardo verso il suo viso. Era pallido, più del normale, segno che non faceva un pasto completo da un po’. Mi sorrise dolcemente, ed i suoi occhi chiari brillarono nel buio al di fuori della vettura, concedendomi una sensazione di calore direttamente al cuore.
-Vorrei poterti dire che andrà tutto bene. Che ne usciremo vivi ed insieme. Ma ora come ora, non ho alcuna certezza. Stiamo tornando alla mia residenza. Lì spiegherò al mio corpo scelto la situazione, ma non sono sicuro che vorranno essermi fedeli. Io sono solo l’ereditario principale del trono, ma  Antoin è il Re, e farà di tutto per eliminarci dalla faccia della terra-
-Io posso dartela una certezza- c’interruppe Daniel, voltando appena il capo verso di noi, tornando poi a fissare attentamente la strada che divoravamo con la macchina.
-Se devo morire, voglio farlo al tuo fianco- la serietà con la quale Dan pronunciò quelle parole, colpì entrambi, lasciandoci spiazzati, mentre sul volto di Evan si dipingeva un sorriso denso di gratitudine. Non avevo mai visto, né immaginato, un legame d’amicizia ed onore tanto forte.
-Sono una guardia d’Elite del Principe Evan, e come tale, la mia vita è votata al vostro servizio- aggiunse Selìn senza voltarsi, con quella professionalità caratteristica della sua persona. Eppure, per quanto volesse mostrarsi forte e decisa, sapevo che non lo avrebbe tradito per le stesse ragioni di Daniel.
La risata del vampiro aiutò a rendere l’aria meno tesa, mentre la compagna gli indirizzava un’occhiataccia terribile.
-Tante parole per dire che ti vuole un gran bene. La nostra piccola Selìn allora non è insensibile come sembra-
-Si tratta di onore- tagliò corto la vampira, portando le mani ai lunghi capelli di petrolio, legandoli in una coda alta. Accanto a lei, Daniel continuava a sogghignare.
 
 
Arrivammo all’entrata principale della residenza in una frenata rumorosa che alzò un cumulo di polvere pesante. Selìn aprì lo sportello, spazzando via con il dorso della mano diafana la nube di pulviscolo suscitata dagli pneumatici.
-Il solito ragazzino- esordì in un mormorio irritato, avviandosi verso l’entrata.
-Donne e motori, andranno mai d’accordo?- scherzò Daniel, aprendoci la portiera. La mano di Evan si strinse attorno alla mia, guidandomi alla Residenza. A giudicare dal numero di guardie e servitù che si era accalcato nel salone principale, la notizia del nostro tradimento si era sparsa in fretta. Avevamo mille e più occhi puntati contro, mentre il Vampiro stava ritto accanto a me. Voleva sembrare deciso, ma dal tremore appena percepibile della sua mano, compresi che era nervoso.
Iniziò a parlare, spiegando la situazione come aveva fatto con me durante il tragitto, evidenziando i piani di suo padre. In fondo, il suo desiderio di potere non avrebbe portato ad altro che ad una vera e propria dittatura, ed Evan poteva giocare su questo le sue carte migliori.
-Ora, avete due possibilità, ed io non ve ne vorrò male qualsiasi scelta prenderete. Potete rinnovare il rispetto reciproco che ci ha legati durante questi anni, e seguirmi in quella che sarà una vera e propria lotta di successione. Non vi prometto la vittoria, ma avrete combattuto per essere liberi, per un sovrano giusto che pensa al proprio popolo, e non alla propria ingordigia di potere. In alternativa, siete liberi di votare fedeltà ad Antoin, il vostro Re, così da realizzare la sua dittatura. Se quest’ultima sarà la vostra scelta, allora vi chiedo di attaccarmi ora, seduta stante. Preferisco morire per mano di guerrieri, che per le mani sporche di omicidio di Antoin. Uccise sua moglie, vi mentì, e continua tutt’ora. Qual è allora la vostra scelta?-
Mi irrigidii al suo fianco, stringendogli più forte la mano, mordendomi il labbro inferiore. Eravamo ad un passo dalla fine, o ad un passo dall’inizio di una guerra. In qualsiasi modo fosse andata, non v’era certezza che saremo sopravvissuti. Eppure, preferivo combattere per lui, sebbene mi avrebbe portato alla morte, invece di vederlo soccombere davanti ai miei occhi senza aver potuto far nulla per proteggerlo. Ero stanca di essere trattata come una porcellana da tenere con cura. Ero stata addestrata per essere una Cacciatrice, ed il poco che avrei potuto fare, l’avrei fatto con tutta la passione che avevo in corpo.
Il Vampiro mi lasciò la mano, per prendermi ancora il volto con le sue grandi mani. Si avvicinò, e le nostre labbra si sfiorarono appena in un bacio pulito. A seconda del responso delle sue guardie, quel bacio sarebbe stato un arrivederci, od un addio.
Mosse un passo avanti, lasciandomi agitata tra le braccia di Daniel, che veloci si strinsero attorno alle mie spalle, mentre il palmo destro si andava a posare come un velo gelido di fronte ai miei occhi.
-Evan...- mormorai appena, mentre sentivo le lacrime salirmi agli occhi, bruciare di rabbia. Non poteva finire così. Non doveva.
Il silenzio scese come uno spettro sull’intera sala, rendendo quell’attimo ancor più teso. Il Principe, il loro Principe, si stava mostrando per l’ennesima volta più coraggioso del loro stesso Re. Stava affidando la propria vita ai suoi sudditi.
Allora, un rumore impercettibile attraversò tutti i Vampiri presenti, e temetti il peggio.
Un passo in avanti generale, marziale, ed il pavimento vibrò all’unisono.
Era la fine?
Il tempo si fermò di colpo, nella mia mente, ed insieme ad esso ogni suono, colore, percezione e profumo. Una vita mi passò davanti agli occhi, mentre vedevo nella mia mente il corpo di Evan straziato da mille colpi, ed io impotente. Afferrai la mano di Daniel, spostandola in un gemito sordo. Il mio cuore rischiò il collasso, in quel singolo istante.
Una schiera di Vampiri, stava in ordine militare di fronte ad Evan, piegati in un inchino profondo, di pura fedeltà. Non pronunciarono alcuna parola, ma si limitarono ad abbassare il capo con rispetto, per poi rialzarsi all’unisono, come fossero manovrati da un abile marionettista.
Vidi un Vampiro distaccarsi dalla folla ordinata, il pugno al petto, l’espressione fiera ed aggressiva. Fece un passo avanti, fissando il suo Principe.
-Aspettiamo ordini, Vostra Maestà-

 
 
 
 

 
 
   
 
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