Capitolo
15: Palpitazioni
Jessi’s
POV
Calma...calma
apparente, tranquillità come prima dell’inizio
di una battaglia. Fu questa la prima sensazione che provai appena
riuscii a
smettere di agitarmi. Rimisi l’anello ed il bigliettino nella
busta e la
depositai sulla cattedra.
“Allora,
ragazzi...” cominciai prendendo il gessetto. “Che
esercizio devo correggere?”
“Il
723.” Disse qualcuno dei miei studenti.
Presi il libro e
lessi l’esercizio. Non feci in tempo a
scrivere i dati sulla lavagna che si ruppe il gesso. Comincia a
tremare. Di
rabbia. Avevo appena realizzato quello che era successo. Non era
assolutamente
possibile! Come si permetteva quell’uomo? Dovevo ucciderlo
quando ne avevo
avuta l’occasione anni prima. Avrei
dovuto convincere Kyle ad ucciderlo. Non era riuscito ad avere Kyle, ed
ora
voleva Adam...Adam! Improvvisamente
mi
venne l’ansia. Mio figlio...sentii l’adrenalina
diffondersi nel mio sangue. Il
mio cuore ricominciò a battere velocemente. La paura mi
attanagliò lo stomaco.
Dovevo mettere mio figlio al sicuro. Questa era la mia
priorità. Adam, il mio
piccolo ometto era in pericolo.
“Ragazzi,
devo andare. Mi dispiace. Il biglietto...”
afferrai la borsa e quella busta disgustosa. “Mio
figlio...” lasciai la frase
in sospeso. Corsi verso la porta principale. Uscì e mi misi
a correre per i
corridoi fino a raggiungere il mio ufficio. Mi fiondai sul telefono e
chiamai
la scuola di Adam.
Il mio respiro
era completamente affannato quando la
segreteria della scuola rispose.
“Pronto?”
“Pronto,
chi parla?” chiese Marika.
“Salve,
sono Jessica Trager, la madre di Adam.” Dissi tutto
d’un fiato.
“Oh,
salve Signora Trager, posso aiutarla in alcun modo?”
la sua voce era preoccupata.
“Sì.
Vengo a prendere Adam fra poco. Non lo lasci in mano
di nessuno che non sia io o il padre, la prego.” Ero
disperata, pietrificata.
“Sì,
non si preoccupi.”
“Anche
se magari questa persona ha una delega da parte mia
con la firma, oppure se dice di essere il fratello del padre di
Adam..., non lo
lasci andare. Lo custodisca finché non vengo a
renderlo.”
“Signora
Trager, sta bene? Ha bisogno di aiuto?”
“Non
si preoccupi....può mandare a chiamare mio figlio per
favore. Ho bisogno di parlargli.” Implorai quasi isterica.
“Certamente.
Aspetti in linea.” Mi mise in attesa.
Presi a
mordicchiarmi le unghie mentre aspettavo di sentire
la voce di mio figlio al telefono. Non potevo crederci. Come avevano
fatto a
sapere di Adam?
“Pronto,
Mamma?” Adam domandò al telefono, la voce
leggermente irritata.
“Grazie
a Dio.” Sospirai. Per il momento mio figlio era al
sicuro. “Adam vengo a prenderti fra poco. Anzi vengo a
prenderti adesso,
capito?” la mia voce ritornò ansiosa.
“Mamma,
cosa c’è? Stai bene?” era preoccupato.
“Amore,
non posso spiegarti ora. Ti prego solamente, non
muoverti da lì, non uscire da scuola, non fidarti degli
sconosciuti. Ti
imploro, fallo per me...o se proprio mi odi, fallo per tuo
padre...” presi un
respiro profondo per evitare di scoppiare a piangere. “Vengo
a prenderti,
amore, vengo a prenderti adesso.” Attaccai il telefono. Presi
le cose che mi
servivano e uscii dal mio ufficio. Chiusi la porta alle mie spalle e la
chiusi
a chiave. Mi misi a correre e raggiunsi in breve tempo il parcheggio.
Una volta messa
in moto l’auto, guidai velocemente verso la
scuola di Adam in fretta e furia. Sorpassai un paio di volte il limite
di
velocità, ma non poteva importarmene di meno.
Il mio cellulare
cominciò a squillare insistentemente. Lo
ignorai, non avevo la forza di rispondere. Avrei perso la
concentrazione e
avrei fatto un incidente.
Appena raggiunsi
la scuola parcheggiai in malo modo, presi
la mia borsa e scesi dall’auto. La chiusi immediatamente e
salii i gradini che
conducevano al cancello della scuola. Suonai il citofono.
“Chi
è?”
“Sono
la Signora Trager. Sono qui per venire a prendere
Adam.” Dissi senza fiato.
Il cancello si
aprì magicamente. Camminai velocemente verso
la segreteria ed una volta che la raggiunsi spalancai la porta. Appena
vidi mio
figlio seduto in una di quelle sedie da sala d’attesa fuori
dall’ufficio della
preside corsi verso di lui e mi misi in ginocchio davanti a lui. Lo
abbracciai
forte e cominciai a piangere silenziosamente. Adam mi
circondò il collo con le
braccia. Era qui, sano e salvo. Improvvisamente sentii una sensazione
di
dolore....
“Kyle...”
mormorai.
Kyle’s
POV
Camminavo per i
corridoi dell’ospedale seguito dagli
specializzandi. Mi fermai all’improvviso e mi voltai verso di
loro. Potevo
vedere di sfuggita Sophie sogghignare divertita. Inarcai le
sopracciglia.
“Cosa
volete?” domandai.
“Vogliamo
qualcosa da fare...” disse timidamente una
ragazza di nome Serena.
“In un
ospedale c’è sempre qualcosa da fare. Volete
qualcosa da fare? Siete sicuri?” domandai guardandoli
seriamente.
“Certamente.”
“D’accordo...”
cominciai “Chi riesce tra voi a---“ mi
bloccai all’improvviso. Sentii improvvisamente rabbia, ansia,
calma, paura,
tutte queste sensazioni d’un colpo. Mi colpirono
così violentemente e così alla
sprovvista che il mio respiro si fermò, per brevi istanti
che mi sembravano
infiniti. Jessi....Jessi! Cosa diamine stava succedendo. Sentii una
fitta al
cuore. Posai una mano sul cuore. Improvvisamente il mio respiro si fece
sempre
più veloce, fino a diventare come quello di un maratoneta
dopo aver concluso i
42 chilometri.
“Dottor
Trager, si sente bene?” domandarono i
specializzandi. Le loro voci mi giungevano ovattate.
“Kyle?
Kyle, stai bene?” Sophie mi pose una mano sulla
spalla.
Scossi la testa.
“Jessi...” sussurrai stupefatto. Le stava
succedendo
qualcosa. Era ansiosa, aveva paura. Lo sentivo. Le stava accadendo
qualcosa. “Devo
solo....devo solo andare nel mio ufficio...” mormorai. La mia
voce appena
udibile. Sophie mi lasciò andare. “Devo solo
andare....” ripetei prima di
voltarmi e correre verso il mio ufficio, nel petto, il mio cuore
martellava ad
un ritmo pazzo. Appena entrai in ufficio presi il telefono e chiamai il
suo
cellulare.
“Salve,
Sono Jessica...” si interruppe “Adam, dai che sto
registrando il messaggio della segreteria....” si poteva
sentire Adam
ridacchiare nel sottofondo “al momento vorrei rispondere ma
sono occupata,
perciò lasciate gentilmente un messaggio con il vostro
nominativo, e un recapito
telefonico. Vi richiamerò appena potrò.
Grazie.”
Jessi non
rispondeva! Cosa gli era successo? Cosa cazzo ti
è successo Jessi?!
“Jessi,
sono Kyle....chiamami...fammi sapere che stai
bene....ho sentito le tue sensazioni....so che c’è
qualcosa che non
va....Jessi, cazzo, chiamami, non farmi stare in pensiero.”
Il nervosismo ormai
alle stelle. Attaccai il telefono. Magari era a lezione...magari.
Decisi di chiamare
il suo dipartimento all’università di Seattle.
“Pronto?”
dissi appena sentii qualcuno respirare dall’altra
parte della conversazione.
“Buon
pomeriggio, con chi parlo?” domandò Kelly, la
segretaria
del dipartimento.
“Salve
Kelly, sono il Dottor Trager. Jessica è per carso
lì.” Cercai di mantenere la calma, e di far
ritornare la mia respirazione ad
una velocità normale.
“Mi
dispiace, se n’è appena andata di corsa. Credo che
sia
andata a prendere vostro figlio. Non ne sono sicura.”
“Grazie
lo stesso.” Attaccai il telefono senza riguardo.
La chiamai
un’infinità di volte. Sempre la segreteria.
L’ansia
mi attanagliò lo stomaco ancora una volta. Ero troppo
agitato. Stavo sudando
troppo, la mia camicia quasi zuppa. Stavo perdendo troppi liquidi e
minerali. Sbottonai
i primi bottoni della camicia per facilitare la mia respirazione.
Sentii
bussare alla porta.
“Avanti.”
Dissi ansante.
“Kyle...”
Sophie
entrò nel mio ufficio e chiuse la porta dietro di
sé. “Sembri febbricitante.” Disse
preoccupata.
Mi venne
immediatamente accanto. Mi toccò la fronte e mi
guardò sbalordita. “Che succede?”
domandò.
“Jessi....Jessi....”
non riuscivo a dire nient’altro. Sembrava
che il mio vocabolario fosse composto solo dal nome Jessi. La mia
pressione
sanguigna aumentò ulteriormente. Jessi aveva paura, Jessi
era agitata, Jessi
stava per piangere. Era terrorizzata.
I miei occhi si
riempirono di lacrime. Non riuscivo a
controllarmi. Provavo esattamente quello che Jessi stava provando in
quel
momento.
“Adam...cazzo!”
mormorai. Potevo sentirlo. Jessi era
preoccupata per Adam, Jessi stava male perché aveva paura
per lui! Ormai
sentivo il sangue pulsarmi nelle orecchie.
Mi venne
improvvisamente un mal di testa allucinante.
Sentivo la testa pulsare. Un ronzio alle orecchie insistente
cominciò a farsi
sentire.
“Kyle,
cerca di rilassarti!” mi intimò Sophie, agitata.
“Ti
esce sangue dal naso!”
Poggiai una mano
sul cuore. “Sophie...” ansimai. Stavo
sperimentando i sintomi dell’ipertensione. Sapevo a cosa
andavo in contro.
Continuava a
colarmi il sangue dal naso. Non mi sentivo
bene, questo ormai era palese. L’ipertensione. A 22 anni.
Assurdo. Ma non
riuscivo a ristabilire la mia pressione sanguigna, né la
respirazione. Mi stavo
facendo del male da solo, ma non riuscivo a tranquillizzarmi in alcun
modo.
Solo Jessi sarebbe stata in grado di calmarmi.
Il senso della
vista cominciò ad abbandonarmi. Cominciai a
vedere sfuocato.
“Kyle!”
sentii Sophie urlare.
Cercai di
mantenermi cosciente ma non facevo altro che
peggiorare la situazione così.
L’ultima
cosa che percepii fu Sophie aprire la porta e chiedere aiuto.
Improvvisamente
una sensazione di sollievo mi avvolse.
E poi il nulla.
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Ok...quando ho
cominciato a scrivere questo capitolo non
avevo intenzione di renderlo così drammatico. Spero vi
piaccia comunque. Ho già
idee per il capitolo successivo. Non preoccupatevi per Kyle.
Tornerà in salute.
:D