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Autore: So I Don T Know    30/05/2011    2 recensioni
Bevve un'altro sorso di coca cola, poi si alzò dalla sedia e andò a gurdarsi allo specchio:
- Chissà se Near mi riconoscerà? - si chiese ghignando.
La sua vendetta era appena iniziata.
Genere: Dark, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Halle Lidner, Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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 << Dieci scatole di quello!>> Esclamò Silence indicando la scatola di un puzzle interamente bianco. Il commesso, un vecchio baffuto dall'aria gentile, rimase leggermente scosso dall'ordine impartito dalla giovane di fornte a lui e, senza dire una parola, iniziò a tirare giù una scatola dietro l'altra di quell'insolita costruzione bianca.



Silence, dopo aver lasciato il suo appartamento si era recata nel primo negozio di giocattoli che era riuscita a trovare: aveva deciso che avrebbe fatto le cose in grande.
Così comprò una decina puzzle interamente bianchi, quello che lei considerava il suo "regalo" per Near: per sfidarlo, per metterlo alla prova.
Mello un giorno le aveva raccontato che Elle, prima del caso Kira, aveva scovato e fatto rinchiudere anche un certo BB, Beyond Birthday, il serial killer di Los Angeles: un tipo eccentrico, che era estreamamente attento ad ogni minimo dettaglio. Lui aveva sfidato Elle, lei avrebbe sfidato Near, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Invece che quattro omicidi gliene sarebbe bastato uno solo, bastava abbattere una delle carte portanti per far crollare l'intero castello, no?
E voleva far arrivare immediatamente ai piani alti che era stata lei a compiere il delitto che stava per essere compiuto;è per questo che la borsa che teneva al collo era riempita di bombolette spray, quelle usate per disegnare graffiti sui muri. Sarebbe stata la prova decisiva, se lui l'avesse riconosciuta.
Mentre usciva di casa, però, si ricordò del maniacale amore di Near per i giocattoli, rammentando che, alla Wammy's si divertiva a costruire puzzle su puzzle.
Tutti bianchi.
Tutti anonimi.
Tutti schifosamente lindi e immacolati.
Quello era il motivo per il quale lei si trovava in un negozio di balocchi: Near.
Near e la sua fottuta mania.
Pagò il conto dei giocattoli e si avviò piena di sacchetti verso la metropolitana.
Per un quarto d'ora dovette sttendere il suo treno in piedi accanto al binario, poi, quando arriviò, si accomodò in un vagone piuttosto isolato e si infilò le cuffie nelle orecchie.
Premette Play.
Subito le sue orecchie vennero invase dalla melodia di una canzone che lei conosceva sia con l'anima che con il cuore: "Never surrender", degli Skillet.
Ora, quando una persona nostalgica e innamorata ascolta una canzone particolarmente legata al suo passato,e magari questa canzone le risporta in testa tutti i ricordi relativi ad un momento distruttivo della propria vita, allora questa persona sente un CRACK sonoro nel petto, e spesso comincia a piangere.
Non importa il momento, non inporta il luogo: le lacrime iniziano a rigare le guance di una persona triste indipendentemente dai due fattori precedentemente citati.
La tristezza non ha tempo e spazio, arriva d'un tratto e fatica ad andarsene, tutto qui.
E questo era ciò che stava accadendo a Silence, che in quel momento cercava nella sua borsa un fazzoletto per non far colare il trucco e per fermare i fili trasparenti che ormai le avevano raggiunto il collo. Le mani le tremavano di rabbia e la sua memoria stava iniziando a riaprire quella bruciante ferita che teneva nel cuore: quel giorno, una mattina di cicrca tre anni prima.
Quando un pessimo presentimento l'aveva svegliata dal suo sonno felice, abbracciata a Matt.
Da poco si erano trasferiti a New York per continuare le indagini, e si erano promessi di cattuare Kira insieme. Silence si era liberata dalla mano con la quale il ragazzo le cingeva la vita e si era girata per controllare se Mello dormiva ancora. Accanto a lei non lo vide, ma iniziò a sentire una musica leggera alzarsi da salotto. Erano gli Skillet, era "la canzone di Mel": Never surrender.
Il tempo di infilarsi la biancheria e fu subito in salotto, per cercare il suo amante, mentre il presentimento cresceva imperterrito dentro di lei.
Non lo vide seduto come di cunsueto sulla poltrona in pelle nera, nè in piedi, accanto alla finestra a osservare l'alba che in quel momento faceva capolino tra i grigi grattacieli, nè piegato dietro al televisore, metre cercava di staccare i fili della PS di Matt per nascondergliela, nè al computer intento a fare ricerche.
Lui non era lì.
<< Mel.>> lo chiamò Silence, anche se forse non sarebbe servito a nulla.
La risposta non arrivò.
<< MELLO!>>alzò la voce.
La risposta non arrivò, ancora.
<< MIHAEL KEEHL!>>urlò.
Sapeva che non le era permesso chiamarlo con il suo vero nome, ma in quel momento non glie ne fregava un cazzo.
La rispota non arrivò, mai.
Un dettaglio però, catturò l'attenzione di Silence: un foglio, sopra il tavolino di fronte al divano, un foglio scarabocchiato in una grafia elegante quanto frettolosa, come se forse chi l'avesse scritto si stesse pentendo e avesse scritto con velocità, prima di cambiare totalmente idea.




Non è colpa vostra.
Lo so, non mi crederete, ma è così.
Sìsì, vedi di non far diventare Matt una ciminiera, sai che ci tengo a lui.
Matt, prenditi cura di Sisì, sai che ci tengo a lei.
Io continuerò da solo.
Sìsì, non piangere. Matt, non cercarmi.
Grazie di tutto, ci rivedremo.


                                                                    Mello.



"Sìsì" era il nomignolo con la quale Silence veniva chiamata dai suoi due amici, prima era "Sissi" ma lei lo detestava perchè faceva troppo "principessa", così divenne Sìsì.
Però in quel momento non importava il soprannome della giovane, in quel momento era più importante l'abbandono di Mello e quella pseudo-lettera piena di ordini e promesse.
Promesse che iniziarono ad essere infrante nel momento esatto in cui Silence finì di leggere la firma sul foglio.
" Sìsì, non piangere"... Troppo tardi: ormai la ragazza aveva gli occhi umidi; non fece nemmeno in tempo a mandare giù il nodo che aveva in gola che subito i singhiozzi iniziarono a sfuggirle dalle labbra e grossi lacrimoni cominciarono a pioverle dagli occhi mentre si stringeva in foglietto al petto.
<< Sìsì? Hei, che succede? >> Matt si era sevegliato quando aveva sentito i singhiozzi dell'amica e, attirato dal suo pianto, si era avvicinato alla sua figura rannicchiata sul pavimento appoggiandole una mano sulla spalla per accarezzarla.
Lei gli aveva fatto vedere il foglio e dopo una letta veloce il rosso l'abbracciò stretta: Matt non'era un insensibile, anzi, era stato il migliore amico di Mello fin dai tempi della Wammy's e quindi sentiva quell'abbandono come la ragazza che teneva tra le braccia.
<< Lui...lui se la caverà. Credimi lui riuscirà ad ottenere ciò che vuole. >> aveva sussurrato all'orecchio di Silence quasi per calmare le sue spalle che sussultavano ad ogni triste gemito, o per sedare quelle lacrime capricciose che non volevano fermarsi.
Rimasero in quella posizione per molto tempo, poi lentamente si staccarono, e Silence giurò di aver visto il luccichio di una lacrma negli occhi verdi di Matt.
<< Sìsì, ti prego, non piangere, dopotutto ha scritto che ci rivedremo, no?>>
E mentre "Never surrender" suonvava le sue ultime note sorde, la sua mente pensava al suo Mello che fuggiva e il suo cuore si sgretolava e diventava cenere.

 

Do you know what it's like when
You're not who you wanna be
Do you know what it's like to
Be your own worst enemy
Who sees the things in me I can't hide
Do you know what it's like to wanna surrender



 

Da quel giorno Silence non fu più quella di prima: era rimasta con una precaria cicatrice sul cuore che spesso sanguinava ancora e una rabbia crescente verso Kira e Near dato che li riteneva i responsabili della sua scomparsa.
Sapeva che Mello non era morto, ma sapeva anche che non lo avrebbe mai più rivisto.


Silence riuscì finalmente ad asciugarsi gli occhi e a reprimere quei brutti ricordi, concentrandosi su un'altro gruppo musicale, magari i suoi amati depeche mode, oppure i 30 seconds to mars.
Dopo una mezzoretta scarsa di corsa arrivò a destinazione: Brooklyn.
Uscì dalla stazione e imboccò una larga via che seguì per un paio d'isolati, poi svoltò verso una piccola stradina fino a ritrovarsi davanti ad un condominio abbastanza anonimo.
Sorrise compiciuta quando notò che su di un campanello non vi era nome.
<< Madame Bullook.>> scandì la ragazza facendo un piccolo e ironico inchino al campanello.
Poi scassinò la porta.
C'era un motivo ben preciso per la quale si faceva chiamare Silence: lei era abile in ogni tipo di irruzione silenziosa e particolarmente portata per quelle che lei considerava le "rapine invisibili" ovvero quei furti che vengono scoperti giorni dopo che sono stati commessi.
Fu semplice come bere coca-cola per lei: quella era una serratura comune nel 97% delle case Newyorkesi, e quel genere di trucchetto con la forcina lo aveva già usato migliaia di volte.
Corse su per le scale che la separavano dall'appartamento dell'agente e si mise di fornte alla sua porta, con un'orecchio premuto contro il legno freddo, in ascolto.
Sentiva un flebile rumore d'acqua molto molto distante, forse Halle era sotto la doccia; ma a lei cosa importava? Decise di entrare.
<< Questa donna conta così tanto sulle poroprie capacità che non ha nemmeno installato un sistema di sorveglianza. Bah, le donne, valle a capire.>> sussurrò Silence, e poi varcò l'ingresso.
Una stanza normale si apriva dopo un normale corridoio. Al cnetro di essa stava un normale divano con di fronte un normale televisore e qualche normale mobilia riposava addosso alle normali pareti bianche.
Mi piacerebbe poter usare un altro termine che non sia "normale" per quell'abitazione, ma non trovo altre parole appropriate: era esattamente il genere di casa che ci si aspetta da una persona normale.
La ragazza stava appoggiando a terra le borse che aveva con sè quando sentì un rumore alle sue spalle.
<< Chi sei? Cosa vuoi?>> una voce femminile fece sussultare Silence per un attimo, poi riuscì a riprendere il controllo di sè stessa e a voltarsi sorridendo.
<< Mi chiamo Silence, e voglio vederti stesa a terra  e macchiata dal tuo stesso sangue. Ora, per non complicarci troppo le cose, dammi la mano e lasciati uccidere.>> rispose tranquillissima.
La donna, che portava un'enorme asciugamano intorno al corpo nudo sgranò gli occhi e fece per voltarsi per cercare la sua  pistola, ma la giovane fu più veloce e le bloccò il polso.
<< Male, male madame Bullook, così mi sta rendendo il lavoro difficile.>> estrasse la pistola.
<< Perchè...Perchè io?>> chiese mentre cercava di liberarsi dalla morsa della mano di Silence.
<< Semplice, Madame, un'anno fa tu hai fatto salire dietro alla moto del mio amato una certa signorina Takada. Ti risulta?>> domandò. L'agente annuì e sussurrò:
<< Mello...>>
<< Esatto biondina e , dopo, hai lanciato un paio di squadre d'auto dietro all'atro mio amato. Ti risulta anche questo?>> continuò. Anche in quel momento sorrideva, ma il suo cuore stava piangendo al solo ricordo del  26 gennaio 2010.
<< Si...si ma...>> tentò in vano si spiegarsi Halle.
<< ENTRAMBI SONO MORTI! I TUOI "MA..." NON LI RIPORTERANNO DA ME!>> sbottò Silence con gli occhi azzurri che fiammeggiavano mentre puntava la pistola alla tempia di Lidner.
<< Qesto...Questo è per lui!>>
Mihael...
Pensò la ragazza mentre premeva il grilletto.
Halle spalancò gli occhi giusto per un istante, poi il suo cervello si spense e il suo cuore si fermò.
La "novella assassina" sapeva che aveva terminato il suo compito, ma ormai era acciecata dalla rabbia verso la donna morta che era atterrata in ginocchio sul pavimento.
Spostò l'arma da una tempia all'altra e fece pertire un altro proiettile:
<< Questo invece è per lui!>>
Mail...
Dopo il secondo colpo Halle cadde distesa a terra.
Silcence le sollevò il busto, poi, per finire in bellezza, la canna della pistola incontrò il petto dello già sfergiato cadavere e un'altro colpo sprigionò il suo odore acre di polvere da sparo nell'aria:
<< Questo invece è per me, per farti capire cosa sto passando ogni momento, Madame.>>
Concluso il suo operato, la ragazza iniziò a prendersi cura della parete candida che stava davanti al cadavere mutilato: prese dalla sua borsa le bombolette spray e iniziò a dar sfogo alla sua arte.
Quando ebbe concluso prese i puzzle e rovesciò i pezzettini sulla vittima, finchè non la coprì totalmente.
Successivamente si cambiò i vestiti imbrattati di sangue e uscìì come se nulla fosse per tornare nel suo appartamento.

<< Oh, com'è dolce uccidere per amore...>> sussurrò mentre, per la strada, sorseggiava coca-cola da una lattina comprata in un bar.
La sua parte l'aveva fatta, ora doveva solo attendere le mosse di Near.




<< Sono Gevanni. Rispondi, Near.>> Nell'enorme stanzone tempestato di monitor un ragazzino bianco giocava con delle costruzioni.
<< Sono Near, Gevanni, ti ho detto che ora mi devi chiamare L.>> rispose atono, come al solito.
In quella voce monocorde si nascondeva una nota di soddisfazione: dopotutto farsi chiamare "L" era il suo sogno e, ora che tutti lo conoscevano come il migliore detective del mondo, di certo l'albino non lasciava che  nessuno lo chiamasse  con il suo vocchio soprannome.
<< Scusami.>>
<< Perchè mi hai cercato?>> domandò diretto, senza girare intorno a discorsi inutili.
<< Ecco, stamattina sono andato a torvare Lidner, l'agente che una volta faceva parte dell'SPK, nel suo appartamento a Brooklyn, solo... che l'ho trovata morta...>> si spiegò Gevanni, con una voce triste e abbattuta. Near sgranò per un'istante gli occhi.
<< Il suo corpo era sepolto sotto una montagna di pezzi di puzzle bianchi, è per questo che ho pensato di chiamarti: credo che l'assassino voglia te.>>
<< Capisco, ha lasciato qualche impronta o altro?>> Ora l'albino aveva assunto il tono del grande investigatore "L", rendendo il suo timbro vocale sicuro e autoritario.
<< Nessuna impronta...solo....sul muro...c'è una spece di graffito...vuoi la foto?>> domandò confuso l'agente.
<< ovviamente, mandamela sul monitor 7>>
Appena venne aperto il documento che era stato inviato da Gevanni Near sbiancò...Cioè....Divenne ancora più bianco.
La foto ritraeva il viso una donna di circa vent'anni, con i capelli neri corti e con un ciuffo tenuto all'insù sulla parte più alta della testa. Il blu dei suoi occhi era brillante e si teneva l'indice della mano sinistra sulle labbra come per zittire qualcuno. Sulla fornte portava un paio di goggles arancioni e al collo era appeso un rosario. Una frase spiccava accanto all'orecchio destro:
" Sssssst...Silence"
era scritto con lo stesso carattere che usava il primo e vero L per tenere i suoi contatti con le autorità.
Near l'aveva riconosciuta, e sapeva esattamente ciò che doveva fare in quel momento.
<< Silence...- sussurrò- allora sei tornata.>>






So si confessa....
Buongiorno, buonpomeriggio o buon qualsiasi moneto in cui state leggendo. Scusatemi tanto se ci ho messo cì tanto ad aggiornare ma i miei genitori mi hanno ritirato il pc e quindi non ho potuto scirvere molto in questo periodo!
 Ringrazio tutti quelli che seguono questa storia e chi ha recensito!
Grazie , grazie, grazie!


 


<< Qualsiasi cosa sia che devi fare… Promettimi che tornerai. Che tornerai indietro. Promettimi che tornerai da me. Promettimelo, Mihael Mello Keehl. >>
<< Tornerò, Near. Te lo giuro. Ti giuro che tornerò indietro, che tornerò da te. – Un sorriso – Ti aspetterò al traguardo, Nate Near River. Allora vedremo chi sarà il migliore. E ci rincontreremo. È una promessa. >>  << Tornerò, Near. Te lo giuro. Ti giuro che tornerò indietro, che tornerò da te. – Un sorriso – Ti aspetterò al traguardo, Nate Near River. Allora vedremo chi sarà il migliore. E ci rincontreremo. È una promessa. >> << Tornerò, Near. Te lo giuro. Ti giuro che tornerò indietro, che tornerò da te. – Un sorriso – Ti aspetterò al traguardo, Nate Near River. Allora vedremo chi sarà il migliore. E ci rincontreremo. È una promessa. >> << Qualsiasi cosa sia che devi fare… Promettimi che tornerai. Che tornerai indietro. Promettimi che tornerai da me. Promettimelo, Mihael Mello Keehl. >><< Qualsiasi cosa sia che devi fare… Promettimi che tornerai. Che tornerai indietro. Promettimi che tornerai da me. Promettimelo, Mihael Mello Keehl. >> 

  
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