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Autore: KanraChan    31/05/2011    6 recensioni
- Stai diventando noioso, Sawada Tsunayoshi. - rispose la donna, prima di essere avvolta da una leggera spirale di nebbia e mostrare, successivamente, una figura familiare che prese lentamente forma dinnanzi al suo sguardo scettico.
Non era sorpreso, scene del genere non facevano altro che ripetersi quotidianamente e con una ridondanza quasi sconvolgente.
- O forse sei tu che stai peggiorando, Mukuro. - sospirò, lasciando notare una leggera vena ironica. - Ma scartando il fatto che comunque io non possiedo nè una cameriera nè tantomeno ne sono presenti per un raggio di una cinquantina di chilometri fino ad estendersi, posso ammettere che non hai perso le tue pessime abitudini. -
{6927; TYL!}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Yuppiye







Mou nando hikisakare chigireta darou?
Kibou ga zetsubou ni kawatta darou?





- E con questo abbiamo finito... -
Con un flebile sospiro, una pila di documenti firmati e sottoposti a più revisioni momentanee, fu riposta all'interno di una cartella per poi essere archiviata come le successive ventidue che l'avevano tenuto occupato per circa una giornata intera, niente di più niente di meno. Tsuna si prese la testa fra le mani con l'aria stravolta di qualcuno che ha appena percorso tre isolati avanti e indietro senza tregua; non che lo avesse fatto veramente, ovvio, dato che dalle sette e mezza del mattino sino alle ventidue non si era degnato di alzarsi dalla scrivania se non per urgenti esigenze corporali, ma era altrettanto sicuro che se i suoi neuroni avessero lavorato ancora, sarebbero implosi uno dopo l'altro.
Vide il pendolo accanto al divanetto scoccare dopo ore ed ore il termine del suo lavoro: era stata una giornata piuttosto movimentata nonostante si fosse relegato nello studio. Almeno una volta, tutti i Guardiani si erano presentati al suo cospetto per fare rapporto delle missioni a loro scrupolosamente affidate; inutile citare il pandemonio che si era venuto a creare fra il Guardiano del Sole e quello della Nuvola, tra cui il primo non aveva smesso un attimo di sbraitare su quanto fosse contrariato sul fatto che Hibari Kyoya non lavorasse con nessuno, di conseguenza tantomeno con Ryohei Sasagawa, e lui aveva dovuto riporre da parte il suo lavoro accumulato ed ascoltare con pazienza tutti quei decibel che finirono per arrecargli un terribile mal di testa, come se non bastasse il precedente.
Insomma, non aveva neanche più le forze per alzarsi e raggiungerli a tavola, conscio comunque del fatto di averli avvertiti che avrebbe lavorato fino a tardi e quindi di cominciare a cenare senza di lui.
Si massaggiò accuratamente le tempie per lenire quel dolore, scostandosi successivamente il mantello dalle spalle e rivoltando i polsi della camicia sino al gomito; nonostante fosse entrata da poco la primavera, quella si era prospettata una giornata piuttosto calda.
A fatica riuscì ad aprire la portafinestra permettendo alla lieve brezza di raggiungere anche quella stanza: acconsentì a tirare un sospiro di sollievo, con il passare dei giorni le sue mattinate stavano diventando sempre più impegnative, costringendolo a restare rinchiuso ventiquattro ore su ventiquattro all'interno della magione. Ormai era da più di una settimana che sia lui che i Guardiani erano sovraccaricati di lavori di ogni genere, a partire dai più urgenti, fino a terminare con futilità che non riteneva neanche necessario svolgere.
Non che lui trascorresse al meglio la sua vita, sette giorni su sette a firmare fogli su fogli che poi sarebbero stati reclusi per anni e anni dentro un qualsiasi archivio di cui non gli importava più di tanto. Sotto alcuni punti di vista si ritrovava a rimpiangere la sua vita scolastica.
Prima che potesse ritornare a sedersi e sistemare le ultime scartoffie sparse un po' ovunque, il cigolio familiare della porta dello studio si fece udire flebilmente costringendolo ad alzare appena lo sguardo.
Era più che sicuro di aspettarsi l'entrata di Gokudera che lo avrebbe gentilmente invitato a raggiungerli in sala da pranzo per cenare in loro compagnia, invece, dalla soglia fuoriuscì una graziosa e gentile cameriera vestita di tutto punto con un'uniforme lunga ed i capelli scuri e corti raccolti verso l'alto. - La cena è pronta, Vongola Decimo. - annunciò con un sorriso, richiudendosi nello stesso breve istante la porta alle spalle.
Tsuna inarcò entrambe le sopracciglia prima di poggiarsi pigramente sulla scrivania e rivolgerle un'occhiata di sufficienza: - Ti ringrazio, ma adesso non ho fame, Mukuro. - calcò maggiormente l'ultima parola, prendendosi il volto fra le mani e squadrandolo con la stessa espressione stanca che avrebbe rivolto a chiunque avrebbe messo piede in quella stanza.
- Stai diventando noioso, Sawada Tsunayoshi. - rispose la donna, prima di essere avvolta da una leggera spirale di nebbia e mostrare, successivamente, una figura familiare che prese lentamente forma dinnanzi al suo sguardo scettico.
Non era sorpreso, scene del genere non facevano altro che ripetersi quotidianamente e con una ridondanza quasi sconvolgente.
- O forse sei tu che stai peggiorando, Mukuro. - sospirò, lasciando notare una leggera vena ironica. - Ma scartando il fatto che comunque io non possiedo nè una cameriera nè tantomeno ne sono presenti per una raggio di una cinquantina di chilometri fino ad estendersi, posso ammettere che non hai perso le tue pessime abitudini. -
Il volto di Mukuro venne tracciato da un sarcastico sorriso: - Deluso, Tsunayoshi-kun? - chiese senza particolare interesse, osservandolo con il tipico sguardo indecifrabile che riservava soltanto in sua presenza.
Non aveva idea da quanto quella situazione sconcertante avesse assunto una forma concreta, ricordava soltanto un'anonima giornata di un tipico mese estivo in cui vide piombarsi senza un motivo o un perchè Mukuro Rokudo dalla finestra.
- No. Stavo solo pensando a se ti avesse visto Gokudera-kun. - aggiunse con un'occhiata incerta, seguendo con gli occhi il corpo dell'illusionista che raggiunse con pochi passi il divano opposto alla scrivania su cui era ancora seduto.
- Preoccupato per la sorte del tuo fedele cane? - lo canzonò mordace, studiando la sua espressione e piegando le labbra senza un particolare sforzo o volontà.
Tsuna sospirò, ed in quel momento non seppe se per la pessima ironia che stava esercitando su di lui, oppure per il mal di testa che non accennava a cessare: - Non proprio. Avrebbe soltanto dato di matto distruggendo la magione a furia di candelotti di dinamite. E poi Gokudera-kun non è un cane, è solo troppo... protettivo, ecco. - lo rimproverò senza immedesimarsi più di tanto nella parte; i rimproveri non erano un suo forte e di certo qualcuno come Rokudo Mukuro non si sarebbe intimorito dinnanzi un'accusa, specialmente se a farlo fosse stato qualcuno come Sawada Tsunayoshi, gli avrebbe soltanto riso in faccia.
Come a verificare i suoi pensieri, un beffardo sorriso non tardò a mostrarsi: - Se per protezione intendi arrivare a ritrovartelo anche dentro l'armadio o sotto le lenzuola, allora hai una concezione un po' strana della parola Tsunayoshi-kun. -
Non si sarebbe neanche sprecato ad incenerirlo con lo sguardo, date le ovvie reazioni. - Gokudera-kun non si è mai permesso di entrare in camera mia durante la notte, almeno fino ad ora. - replicò, riflettendoci su con vago interesse. Era più che ovvio che non sarebbe mai entrato in camera sua.
Mukuro lo guardò con occhi inespressivi mentre le labbra perpetuavano a restare incurvate; che fosse una delle tante maschere che indossava, Tsuna, non potè accertarlo con fermezza, ma al contempo si rivelavano tutte per quello che erano. Di certo non aveva imparato a biasimarlo per questo.
- Giusto. Quello è un privilegio che spetta solo a me. -  Probabilmente neanche per tale motivo. Era il contesto che rappresentava Rokudo Mukuro a rendere tutto ciò che gli appartenesse una totale sceneggiatura ancora da scoprire. E Tsuna aveva imparato a non confidare nelle sorprese.
Congiunse le mani ed incrociò le dita, squadrandolo con aria grave. - Se è per questo non dovresti farlo nemmeno tu. - commentò semplicemente. - Contando il fatto che agisci sempre di testa tua. -
Mukuro si portò una mano alla fronte evidenziando un'espressione falsamente dispiaciuta: - Così la fai sembrare una cosa orribile. Ti dispiace? - domandò, distendendosi sul divano ed allungando un braccio sullo schienale.
Tsuna poggiò il mento sul palmo delle mani, cercando di analizzare l'indicibile sarcasmo che scivolava a fiotti dalle sue parole. Era sempre stato così, dal primo giorno in cui entrò a far parte di quella numerosa famiglia; non che egli fosse principalmente presente, ma le sue visite avevano cominciato a farsi di volta in volta sempre più numerose: risaltando le caratteristiche infantili con cui cercava ogni volta di rigirare il coltello dalla parte del manico. Ovviamente anche lui prendeva atto della sua buona parte di colpe, dato che si limitava a rispondergli a tono.
Una lotta continua che sarebbe terminata con il primo caduto sul campo di battaglia. E nessuno dei due aveva intenzione di arrendersi.
- Non sto dicendo questo; la devi smettere di interpretare le frasi a tuo piacimento. - lo ammonì con un'occhiata afflitta. - E' solo che sei... Testardo ed egoista... - si lasciò andare rilassandosi contro la sedia in pelle; con la coda dell'occhio lo vide esibire una malizia tangibile.
Una breve risata scappò dalle sue labbra, la stessa risata divertita e soddisfatta di un bambino che ha appena trovato il tesoro più prezioso. - ...E? - insinuò.
- E punto. La frase è finita. - berciò aggrottando le sopracciglia ed incrociando le braccia al petto indispettito. Non erano mai stati in grado di portare avanti una conversazione normale che non finisse con il lanciarsi frecciatine irritanti, e questo Tsuna non era mai stato capace di accettarlo. Lui non era un tipo logorroico, eppure Mukuro era capace di estrarre i lati peggiori del suo orribile carattere, mutandolo in un serpente pronto ad avvelenare chiunque con le sue fauci letali.
L'illusionista inclinò tristemente il capo: - Siamo un poco nervosi, 'stasera? - chiese senza alcuna esitazione. - Oppure devo dedurre che hai sentito la mia mancanza per tutto il giorno? - lo inchiodò con lo sguardo, contando mentalmente il ticchettare del pendolo poco più ditante.
Sospirò: - Ti ho detto di smetterla, Mukuro. - lo accusò con una freddezza mal costruita che scemò con un leggero sbuffo.
D'altronde nessuno dei due avrebbe ceduto: - E' soltanto la verità che brucia, Tsunayoshi-kun. - incalzò con fare retorico, scuotendo appena il capo come a beffeggiarsi della reazione spropositata da parte del moro.
- Non è vero. E' soltanto una tua distorsione della realtà. - replicò, cercando di risultare il più incolore possibile. - E comunque ti ho detto di smetterla. -
Mukuro l'aveva sempre confermato dalla prima volta che l'aveva incontrato. Sawada Tsunayoshi non era adatto a svolgere il ruolo di mafioso con l'indole bonaria e pacifica che albergava in lui; e nonostante sprecasse vari tentativi di sembrare autoritario e freddo i suoi occhi tradivano ogni singola parola. - Non ti si addice per niente il ruolo del cattivo, Tsunayoshi-kun. - ribadì con un mezzo sorriso, mentre una sottile coltre di densa foschia riavvolse il suo possessore. - Se vorrai raggiungermi dovrai impegnarti di più. -
Prima che potesse controbattere ed inveire nuovamente verso di lui, la leggera risata di Mukuro fu sostituita dal cigolare quieto della porta dello studio che si spalancò, rivelando la figura preoccupata di Gokudera.
- Decimo... - il Guardiano della Tempesta si accostò ai piedi della scrivania. - Anche questa sera non siete venuto a cenare. - lo inquadrò con una nota amareggiata.
Tsuna si concesse un sorriso sfumato: - Non preoccuparti Gokudera-kun. Sto bene. - lo rincuorò con apprensione. - Vi avevo avvertito della mia assenza, in questi giorni ho soltanto molto lavoro da fare, quindi sta' tranquillo. - rispose, celando lo spossamento dietro un sorriso forzato. Non che volesse negargli la verità, ma non voleva che si turbasse per simili sciocchezze.
Hayato chinò il capo: - Decimo, c'è qualcosa che posso fare per lei? - domandò, speranzoso di rendersi utile in qualche modo per giovare la salute del Boss.
Tsuna scrollò debolmente il capo, stando bene accorto a mostrarsi sempre sorridente: - Voglio solo riposare un poco. Di' agli altri che li raggiungerò più tardi. - lo tranquillizzò.
Gokudera, prima restio, poi con un inchino accennato ricambiò a sua volta il pallido sorriso: - Come vuole, Decimo. - si congedò infine, rivolgendogli un ultimo sguardo di controllo prima di raggiungere l'uscio e ed eclissarsi per il lungo corridoio esterno.
Fu solo in quel momento che permise al suo corpo di rilassarsi, voltandosi con la sedia girevole verso la portafinestra dietro lo schienale: era sicuro che continuando in quel modo, con tutta la tensione accumulata nelle vene sarebbe collassato da lì a poco.
Inspirò una buona boccata d'aria godendosi quei pochi minuti di silenzio che gli restavano, prima che qualcos'altro disturbasse e mettesse a dura prova la sua sconfinata pazienza.
- Sta diventando irritante. - Il tono melenso di Mukuro risuonò ancora una volta nelle sue orecchie. E Tsuna, come sempre, non potè fare altro che rispondervi con il medesimo sospiro sciupato, tanto da farlo somigliare ad un treno a vapore.
Non si sporse neppure verso il bracciolo per constatare la sua effettiva presenza; si alzò soltanto dalla poltrona in pelle raggiungendo l'imponente arcata che affacciava sul cortile principale della magione.
Era sera: una serata limpida e senza nuvole, le stelle in chiara visione e la mezzaluna che completava con movenze sinuose la sua ascesa. L'avrebbe definito un momento di pura pace e tranquillità, se quello studio avesse compreso soltanto lui.
- E' solamente preoccupato... - ripropose, dandogli ancora le spalle e appressandosi con la schiena verso la portafinestra; in modo tale da rinfrescarsi e rilassare i nervi a fior di pelle.
Mukuro fece schioccare la lingua. - Adesso farai il solito discorso che Hayato Gokudera è soltanto il tuo fedele autoproclamato braccio destro paranoico e qualcos'altro che non mi interessa? - suggerì, quasi ad imitare le sue parole. - Ti consiglio vivamente di adottare un'altra strategia. - concluse lapidario, senza aspettarsi una rinnovata risposta che gli rinfacciasse quanto, ogni volta, fosse duro e spietato nei confronti dei Guardiani e della sua "Famiglia". A Mukuro Rokudo la Famiglia non interessava, o almeno, non la considerava di una tale importanza da farle guadagnare il primo posto fra i suoi doveri di "bravo" e "fedele" Guardiano della Nebbia.
Lui, a differenza degli altri, non aveva bisogno di persone che lo circondassero e che lo reputassero al centro della loro esistenza.
Tsuna accennò una breve e coincisa risata, questa volta serbandogli la sua completa attenzione. - A me pare tu sia geloso. - gli rinfacciò senza alcuno scrupolo, osservandolo per la prima volta in vita sua a testa alta e con il coltello dalla parte del manico. Ma qualcosa gli suggeriva saggiamente che quella vittoria non sarebbe durata a lungo, che fosse l'Hyper Ituition dono della stirpe Vongola o il suo istinto di sopravvivenza non seppe di preciso confermarlo, ma preferì godersi quel breve momento di gloria.
L'illusionista non trattenne una chiara risata divertita: - Io, geloso? - sboccò falsamente dilettato. - Di lui? - continuò. - Non farmi ridere Tsunayoshi-kun, sono già abbastanza propenso a farti chiudere il becco una volta per tutte. - terminò assottigliando lo sguardo.
Involontariamente Tsuna strinse i pugni, portandosi le braccia al petto e mordendosi il labbro inferiore: - Ah, sì? - chiese tendenziosamente sorpreso. - E dopo che mi avrai ucciso cosa farai? - rincarò la dose con un'occhiata fra l'indignato e la coscienziosa attenzione di non mostrare così apertamente le sue emozioni di fronte a lui.
Mukuro parve rifletterci su, facendo vacillare le sue iridi da una parte all'altra senza fermarsi in un punto preciso della stanza. - Troverò un altro passatempo. - ne convenne, infine, con perfetto cinismo e con un sorriso che Tsuna, in quel momento, avrebbe reputato inopportuno e insopportabile.
Lo fissò con odio apparente, ed avrebbe scialato più energie in quelle frecciatine se solo avesse avuto la forza e, soprattutto, la volontà di lasciar faticare ancora i suoi neuroni già fuori gioco da almeno due ore buone.
Probabilmente un tempo avrebbe racimolato i resti di una dignità inesistente e, molto teatralmente, avrebbe fatto la sua uscita di scena a testa alta. Ma qualcosa gli imponeva di restare lì a guardarlo con odio crescente e indicibile, giusto per terminare quella serata in bellezza.
Avvertì lo sguardo indagatore e appagato di Mukuro strisciargli sul corpo come un serpente affamato: - Offeso Tsunayoshi-kun? - ironizzò con una tale faccia da schiaffi che, se Tsuna avesse potuto aggredirlo, l'avrebbe fatto volentieri.
Un angolo delle labbra si incurvò verso il basso e con cipiglio lo guardò, ancora una volta, distendersi placidamente sul divano in pelle chiara: - No. Mi sto solo chiedendo perchè tu sia così egocentrico. - rispose piccato nell'orgoglio. Ed ecco che la lama affilata del coltello si rivoltava contro di lui ferendolo in più punti.
Mukuro si portò una mano sotto il mento: il viso leggermente contratto in una smorfia, mentre le sue attenzioni caddero con superfluo interesse su un quadro che rappresentava il primo Boss della generazione dei Vongola.
- Dono di natura. - assentì, annuendo di conseguenza alla sua stessa risposta; sostando dopo vari tentenni le sue iridi demoniache su Tsuna che, sull'orlo di una crisi sembrava trattenere a stento l'ira furiosa che gli avrebbe graziosamente rivoltato contro.
Lo vide mordersi le labbra fino a tingerle lievemente di un rosso scarlatto: la fronte aggrottata ed un tiepido rossore a sfumargli le guance. Per quanti anni fossero trascorsi, la personalità di Sawada Tsunayoshi non aveva subito grandi cambiamenti da renderlo più maturo e capace; se avesse dovuto assumere un tono più pignolo avrebbe avuto da ridire anche sull'altezza, direttamente proporzionale alla sua spalla, o anche meno.
- Io lo chiamerei più orribile difetto. - obiettò contrariato alla precedente affermazione. - Hai un ego così smisurato da fare una spietata concorrenza anche ad Hibari-san. Il che dice tutto. - lo criticò, irritato con la stessa versatilità di un bambino capriccioso.
Mukuro scrollò appena il capo: - Oye, non compararmi con il tuo Guardiano della Nuvola. Lui non ne sarebbe felice. - gli concesse con un sorriso irriverente.
- Già, a volte credo che l'inesistente compagnia di Hibari-san sia più meritevole della tua. - sindacò gesticolando con le braccia, come ad enfatizzare e a regalare un tono più cospicuo alle sue parole.
Alle volte aveva seriamente cominciato a crederci, avrebbe preferito intavolare una discussione con un tipo più coscienzioso come Hibari piuttosto che continuare a portare avanti una conversazione che non aveva alcun nesso logico. Ma dal sorriso beffardo ancora presente sul volto di Mukuro potè chiaramente dedurre che lui non condividesse completamente le sue idee a riguardo.
A braccia conserte piegò lateralmente il capo, fingendosi dispiaciuto: - Come se la mia ti dispiacesse. - lo accusò palesemente. - Ovviamente senza contare tutte le volte in cui la mattina eri ancorato a me con la stessa dolce espressione indifesa che utilizzi sempre. Anche troppo. -
Tsuna gli rivolse un'occhiata indignata, come se in verità quelle testuali parole non gli appartenessero realmente. Le labbra dischiuse come se avesse bloccato ogni frase di ritornello sul nascere ed i pugni serrati lungo i fianchi: solo per quello che aveva detto avrebbe potuto detestarlo a vita; lo stava ridicolizzando, cos'era? Lo scemo del villaggio oppure il giullare di corte che divertiva i commensali? Da quando era diventato l'intrattenimento personale di Rokudo Mukuro?
E l'illusionista non potè fare altro che gustarsi con un'occhiata maliziosa l'imporporarsi delle guance del moro ed il silenzio contrapposto fra ambo le parti: - Questa come la chiami? Distorsione della realtà? - le dita tamburellarono contro la guancia. - Oppure forse interpretazione delle situazioni a mio piacimento? - e non finì di sorprendersi quando Tsunayoshi si sporse verso la scrivania con fare denigrante puntandogli minacciosamente un dito contro.
Strinse per bene i denti senza trovare alcuna frase d'effetto che sul momento avrebbe potuto spiazzarlo. Già, come se lasciare interdetto qualcuno come Mukuro fosse concretamente possibile. Per cui si limitò a berciargli contro un: - Ti odio. - sibilato a denti stretti mentre le unghie andavano ad infilzarsi nel palmo della mano.
A stento Mukuro riuscì a soffocare una sonora risata, se quella era la peggiore offesa che Tsunayoshi Sawada potesse offrirgli allora non faceva altro che confermare le sue ipotesi sul carattere improbabile di un altrettanto improbabile Boss mafioso. - Lo prenderò come un complimento. -
Il Decimo Boss lo fulminò con lo sguardo: - Non era un complimento! - sbraitò, incurante se qualcuno avesse potuto ascoltarlo. Non si era mai considerato un tipo attaccabrighe, scontroso o tantomeno dotato di un sarcasmo sconvolgente; eppure adesso faticava a riconoscersi, che influenza riusciva ad avere su di lui? Un'influenza negativa avrebbe impulsivamente ammesso. Nonostante tutto in quel momento era troppo impegnato ad incenerirlo con occhiate furenti per accorgersi di altro, del cuore che pulsava a ritmi irregolari.
- Dipende dai punti di vista. - rincarò la dose, gongolando nella più totale soddisfazione.
Con uno scatto quasi improvviso, Tsuna permise al suo capo di chinarsi in avanti, i muscoli delle braccia andarono lentamente a distendersi mentre con un sospiro afflitto si abbandonò contro lo schienale della sedia scorrevole. Doveva trattenere i suoi spiriti bollenti nonostante fosse nettamente impossibilitato.
- Mi arrendo. - terminò con un flebile sbuffo, coprendosi il volto con entrambe le mani e puntellando i gomiti sul legno lucido della scrivania.
Una risata più docile rispetto alle precedenti sfinò il suo udito: - Di già? Ed io che stavo cominciando a divertirmi. -
Mukuro accavallò le gambe poggiando il capo sul palmo della mano destra, osservando il silenzio tangibile che si era venuto a creare: un silenzio che strisciava sulle mura come la tacita nebbia e Tsuna l'avvertiva fin troppo bene; lo sguardo fisso dell'illusionista su di lui lo imbarazzava e non poco, perchè a Mukuro bastava uno sguardo per violare le difese di Tsuna ed interpretare come un libro aperto le sue emozioni, i pensieri. E questo lui non poteva accettarlo.
- C'è qualcosa che non va? - si azzardò a reprimere quel vuoto con parole melliflue, cromate dalla stessa vena ironica che tracciava ogni sua frase.
Tsuna lo fissò con un misto di irritazione spontanea ed acidità involontaria: - Tutto non va. A partire da te. - affermò risoluto.
- Come sei brutale, Tsunayoshi-kun. Anche io ho un cuore. - ribattè con un falso broncio.
- Tu non hai un cuore, e se anche l'avessi sarebbe così striminzito da essere inesistente. - lo apostrofò con voluta cattiveria, abbandonandosi con un sospiro lungo la scrivania.
Mukuro abbozzò un mezzo sorriso: - Molto probabilmente hai ragione. - si limitò a rispondergli alzando le spalle e distruggendo nuovamente il debole sarcasmo a lui rivolto.
Il moro si passò una mano sul viso, sul limite della disperazione più assoluta: - Perchè sei così... - lasciò la frase sospesa, non riscontrando parole adatte.
- Così come? -
- Così... così Mukuro! - esclamò additandolo con un misto di deplorevole avvilimento mescolato ad una stizza crescente.
L'altro inarcò un sopracciglio: - Questo non mi rende giustizia. - commentò volubile, storcendo appena le labbra con una contrariata espressione.
Tsuna sbattè i palmi sulla scrivania mentre riprendeva ad additarlo: - Sei terribilmente egocentrico, hai un ego così spropositato da fare quasi paura. Sei strano, molto, troppo, ogni cosa di te mi spaventa e allo stesso tempo mi irrita fino all'inverosimile. Se potessi alle volte scapperei il più lontano possibile da te. - gli riversò contro come un fiume in piena. - Sei pazzo. Completamente uscito fuori di testa da non so quanto tempo, e forse nemmeno voglio saperlo. Hai sempre quella detestabile battuta pronta che mi lascia ogni giorno sempre più spiazzato, e per di più non sono ancora riuscito a capire se sei un cerebroleso o un masochista che si impossessa dei corpi altrui a tempo perso. -
Lo sguardo del moro continuò a fissarlo. - Non comprendo mai cosa ti passa per l'anticamera del cervello, e se qui non ci fosse Chrome sarei morto suicida anni fa. - annaspò infine con la stessa foga di qualcuno che stava per annegare in mare aperto.
L'eloquente occhiata di Mukuro lo zittì: - Hai finito? - chiese, questa volta il sorriso intriso di sarcasmo si era mutato in una linea piatta e inespressiva.
- Credo di sì. - sospirò Tsuna, come se avesse appena sprecato le sue ultime energie in quelle parole, rilasciandosi cadere con nonchalance sulla poltrona in pelle. Non aveva mai parlato così tanto in vita sua: e la gola secca che bruciava era un chiaro segno che d'ora in poi avrebbe dovuto imparare a tacere. Se fosse sopravvissuto, ovvio.
- Non credo tu sia nelle condizioni di giudicare, Sawada Tsunayoshi. - Mukuro lo squadrò: - Neanche il Cielo è perfetto. E se dovessi stare ad elencare qui i tuoi difetti credo che saresti capace anche di tenermi testa. -
- Io non nego i miei difetti. - si affrettò a rispondere, affondando il viso fra le mani congiunte di fronte a lui.
- Neanch'io. - ribadì tranquillamente: - Li maschero a differenza tua. - asserì con l'aria di chi non faceva altro. Probabilmente era così.
Sospirò: - Allora non lo fai abbastanza bene. - puntualizzò con voce stanca.
L'aria pesante che si appropriò con violenza della camera fece trasalire Tsuna: essenzialmente non era abituato a convivere con una tale quiete, e Mukuro che, insistentemente, continuava ad osservarlo senza capire cosa volesse riferirgli lo turbava. Ma non un turbamento qualsiasi, era qualcosa che lui avrebbe definito ad occhio e croce come sensi di colpa. Ed un vero Boss non doveva mostrarsi così fragile; d'altronde, aveva cominciato a smettere di pensare a lui come un mafioso provetto dal giorno in cui l'anello del Cielo finì magicamente al suo dito.
Lui non era adatto a quel ruolo, e non lo sarebbe mai stato.
- Eppure sono ancora qui ad ascoltarti. - riprese all'improvviso. - A guardarti con la solita faccia da perfetto cretino che a volte mi strapperei a morsi se potessi. Vorrei odiarmi a vita, anzi, mi odio già. Se tu sei un cerebroleso io sono un grande pezzo di deficiente. - terminò con uno sguardo che Mukuro avrebbe definito a metà fra il pentito e l'arreso dinnanzi ad un'evidenza palese.
- Ti stai screditando troppo, Tsunayoshi-kun. Ricordati che hai una dignità. - confermò con il solito sorriso.
- La mia dignità l'ho persa con te anni fa. - replicò senza particolare entusiasmo; alzandosi dalla sedia scorrevole e raggiungendo l'unico divano libero nella stanza; disposto in maniera tale da avere comunque una chiara visione dell'intera camera.
Si stese completamente sopra, incurante di cosa avesse potuto pensare Mukuro oppure chiunque avrebbe varcato quella soglia maledetta.
- Basta. - sospirò, portandosi il dorso della mano sulla fronte: - Non sono più in grado di portare avanti una conversazione con te. - mormorò fioco.
- Vuoi che me ne vada? - lo sguardo dell'illusionista lo seguì fino a collidere con il suo.
Tsuna scrollò debolmente il capo: - Non ho detto questo. - lo rimbeccò. - E' stata soltanto una giornata... estenuante. Non ho più forze né volontà di alzarmi da questo divano. - Ed era vero.
Da quanto tempo non era capace di riposare? Le ore tarde trascorse a lavorare, da mattina a sera senza sosta. La sua vita in pochi anni era cambiata radicalmente. Adesso non c'erano più le gioiose risate fra compagni di classe, i pessimi voti che lo riducevano ad uno schiavo durante il periodo estivo, la tranquillità di un futuro ancora distante. No. Quello era il passato senza ritorno. Eppure vi era il rimorso di non averlo vissuto completamente e come voleva, tutto sembrava procedere secondo il corso della vita; ma lui restava sempre il solito Tsuna. Lo stesso Tsuna che non riesce ad imporre le sue decisioni, goffo e disastroso come un elefante: si era sempre sentito inadatto in quel contesto.
- Mi chiedo cosa abbia di speciale. - si pronunciò senza preavviso. Già. Che cos'aveva di tanto speciale da essere circondato da una Famiglia del genere?
- Hm? - Mukuro notò le sue iridi cioccolata guardare con insistenza il bianco soffitto sopra di loro.
- Io. Per cortesia, guardami. Sono un perfetto idiota che non fa altro che elencare difetti altrui senza guardare i suoi, per di più sono anche schifosamente sfortunato da essere un parafulmine che attira ogni sorta di disgrazia esistente sulla faccia della Terra. Sono negato quasi in tutto, e se provo a fare qualcosa ci sarà il novantanove per cento delle probabilità che io fallisca miseramente, il che riconduce alla frase precedente. Inciampo sempre per le scale con una frequenza quasi sconvolgente e le mie capacità di camminare sopra una superficie solida e piana sembrano diminuire con il passare degli anni. - rispose senza essere interpellato a riguardo: - Coraggio, ammettilo. Sono un fallimento di persona. - disse infine, voltandosi con sguardo implorante verso Mukuro che, senza comprendere dove volesse arrivare, si limitò ad osservarlo in completo silenzio.
- Sei un fallimento di persona. - gli rispose a tono, come ad accontentare il capriccio di un bambino.
Tsuna sospirò: - Grazie. - si tranquillizzò - Adesso sono in pace con me stesso. -
La risata dell'illusionista di levò alta: - Se ti avesse ascoltato Hayato Gokudera si sarebbe prostrato ai tuoi piedi sbavando come un cane e sproloquiando chissà quali sciocchezze. - gli rinfacciò ancora una volta con un mezzo sorriso ironico. Era voluto, e Tsuna lo sapeva più che bene.
- Non voglio essere compatito: per questo motivo adesso sto bene con te. Perchè sono sicuro che non sprecherai parole a riguardo. - ammise con la dovuta coscienza in quella frase.
- Non vedo il motivo del perchè debba continuare ad infangare la tua inesistente dignità, detto a tua parola. - cercò di risultare il più convincente possibile, scatenando una risata breve da parte del moro.
- ...Ti ringrazio. - bofonchiò alzando gli occhi al cielo ed incrociando le braccia al petto.
Ecco cos'era Sawada Tsunayoshi, un bambino incosciente della sue azioni: lo osservava prima ridere e poi infuriarsi ed infine ritornare alla stessa precedente calma quasi con un rimorso di coscienza per aver mostrato il suo lato peggiore. Nonostante tutto, se Mukuro Rokudo non l'avesse ritenuto degno della sua presenza di certo a quest'ora non sarebbe in quello studio. Sawada Tsunayoshi nei suoi pregi e difetti era particolare.
La sua costante paura nel ferire le persone anche con le sole parole, la prudente attenzione con cui articolava le frasi senza imporre mai il suo volere.
- Sei una persona interessante Tsunayoshi-kun. - lo inquadrò Mukuro, riflettendosi nella percepibile costernazione che lo sguardo del moro gli rivolse con incertezza.
- Io non mi definirei "interessante". Ammesso e concesso quale concezione tu abbia di quella parola. - si lasciò sfuggire, rilassando il capo contro il bracciolo del divano e distendendo maggiormente le gambe.
- Ed è proprio questo che ti rende interessante. - lo contraddì nuovamente, analizzando con facilità la schiera di emozioni che Tsuna tentava inevitabilmente di celare dietro un mesto sospiro.
- Non ti seguo. - controbattè. - Non posso accettarlo. Mi rifiuto categoricamente. Eppure, nonostante tutto siamo ancora qui. Ed è questo che non riesco a capire. -
Mukuro lo osservò a lungo: - Forse non c'è niente da capire. - iniziò, infilandosi le mani nelle tasche. - A volte non tutto deve seguire un filo logico e quadrare come un puzzle perfetto, le distorsioni rendono sempre lo scenario più intrigante. -
Tsuna accennò un sorriso: - Per te sarà facile vederla così. Ma io non ci sono abituato. - rispose socchiudendo appena le palpebre.
Non che lui fosse abituato a seguire sempre un determinato percorso; lui stesso si era rifiutato di scegliere quello più semplice, imboccando una strada tortuosa dove aveva finito per cadere più volte. Ma ciò che Mukuro gli stava proponendo era uno schema che non riusciva a focalizzare, troppo complesso forse per qualcuno come lui.
Si passò una mano sul viso, senza mutare l'espressione disorientata: - Probabilmente ho bisogno di aiuto. - parlò, senza scorgere alcuna reazione precedente da parte dell'illusionista.
Ciò non fece altro che gettare benzina sul fuoco, e Mukuro ne approfittò per riservargli l'ennesima faccia da schiaffi: - E' un implicito invito ad aiutarti? -
Tsuna lo guardò male: voleva che glielo dicesse apertamente, e non si sarebbe arreso dinnanzi ad un semplice annuire da parte sue. - Credo di sì... - finì per accontentarlo, ancora una volta.
Lo vide sorridere melenso mentre si alzava; con pochi passi cadenzati si avvicinò a lui ed il resto fu qualche frazione di secondo prima che la sua nuca venisse trattenuta verso l'alto ed un paio di labbra combaciassero perfettamente con le sue: un bacio che lo lasciò in bilico fra la sorpresa ed una reazione improvvisa che, in fondo, si sarebbe aspettato.
E non si lasciò sorprendere neppure quando gli allacciò le sue braccia al collo mentre Mukuro soffocava sul nascere nella sua bocca una risata compiaciuta e sicuramente ricca di beato appagamento.
Seppur a malincuore, Tsuna percepì la presa al capo diminuire mentre il piacevole contatto scemò fino a svanire dietro un beffardo sorriso. - Possiamo iniziare con questo. - sopraggiunse, leccandosi maliziosamente le labbra. - Ma non sarà semplice. -
Tsuna strinse maggiormente la presa alle braccia, senza staccarsi da lui. - Almeno ci proveremo, e se non ci riusciremo... - lasciò intendere, e Mukuro lo adocchiò con cipiglio: - Non mi sfidare Sawada Tsunayoshi. - soffiò a pochi centimetri dalle sue labbra: - Potresti pentirtene. -
Fece roteare gli occhi, quasi ad assecondarlo: - Minaccerai ancora di impossessarti del mio corpo oppure uccidermi? - chiese inarcando le sopracciglia con fare ironico.
Un'ironia che venne periodicamente soppressa con un altro bacio mentre avvertì una salda presa ai suoi fianchi.
- Non ti lascerò morire. Perchè se tu morissi andresti in Paradiso dove io non potrei raggiungerti. - gli fece notare con un'occhiata incerta.
E Tsuna sorrise, un sorriso allegro: - Non ti preoccupare. Verrò con te all'Inferno. -
Probabilmente aveva ragione.
Forse, non c'era davvero nulla da capire.

 



Samete saigo no sono toki made
zutto yasashiku hohoende irareru you ni.





 





Avevo promesso di scrivere una 6927, più lunga di quanto mi aspettassi, ma eccola qui.
Caratterizzare Mukuro e Tsuna insieme è... strano. Nel senso che il loro rapporto è complesso, qualcosa che non si basa neppure sull'"amore" coinciso, qualcosa che va oltre: ed io non so spiegarmi D: * si uccide*
Le scritte ad inizio e fine capitolo non sono frutto della mia mente ma al contrario provengo da una Soundtrack di Higurashi No Naku Koro Ni, il titolo della canzone sarebbe "Dear You".
Non so come abbia reso entrambi i loro caratteri o sia sfociata nell'OOC; volevo dare una spinta in più anche a Tsuna e penso che a ventiquattro anni abbia compreso come intavolare una conversazione con Mukuro che non comprenda urla di terrore o futili balbettamenti.
Spero di aver reso l'idea che volevo. :)




Golden Brown

 
 





















   
 
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