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Autore: kaleidoscope heart    31/05/2011    6 recensioni
“Non posso continuare a sognarti,” dice, e lei si gira verso di lui, i suoi capelli ricadono sulle sue spalle dolcemente ma i suoi occhi sono maliziosi. Sta ridendo di lui. Avrebbe potuto saperlo. Eleven/Rose (link della storia originale: http://www.fanfiction.net/s/6316817/1/last_night_I_dreamt_somebody_loved_me)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 11, Rose Tyler
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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La notte scorsa ho sognato che qualcuno mi amava

È seduta sul letto con la schiena rivolta verso di lui quando entra nella stanza, e la luce del sole che si riversa all’interno dalla finestra aperta sembra riflettersi su ogni centimetro della sua pelle. I suoi capelli, lunghi come erano una volta, sono ancora mossi dalla festa per strada che avevano lasciato appena quattro ore prima ed è così adorabile che può sentire le prime fredde ondate di déjà vu.

Poi capisce.

“Non posso continuare a sognarti,” dice, e lei si gira verso di lui, i suoi capelli ricadono sulle sue spalle dolcemente ma i suoi occhi sono maliziosi. Sta ridendo di lui. Avrebbe potuto saperlo.

“Allora smetti,” dice, e sistema il lenzuolo. In questo sogno indossa una canotta e dei pantaloncini e sebbene le parti più sensuali di lei siano ben coperte, può ricordare in maniera vivida come fosse stato difficile in quei giorni non toccarla quando indossava quello stesso abbigliamento. Al pensiero, le sue mani si chiudono in due pugni che nasconde velocemente nelle sue tasche. Si fa strada verso la piccola sedia di fronte al letto e si siede con uno sbuffo.

“Non posso. Ho provato.”

Lei lo guarda teneramente per un momento, i suoi occhi grandi e scuri. Il sole riversandosi dalla finestra ha formato una pozza di luce sul letto, e i suoi lunghi capelli vi brillano dentro così che per un momento è come se di fronte a lui ci fosse il lupo cattivo in persona, con la luce che scaturisce dalle punte delle sue dita. Ma non è il lupo cattivo, nemmeno Rose. Invece è solo un’ombra di quelle cose, il fantasma del Natale passato, venuto per una chiacchierata.

“Ti manco, non è vero Dottore?” dice, e la sua voce è così debole che si deve chinare in avanti per coglierla. Sospira, si sistema il papillon finché non è piuttosto allentato. Pensa, almeno qui dovrebbe essere onesto.

“Si. Si, mi manchi.”

La sua voce è stanca mentre lo dice. Non può farci nulla. Ha avuto questi sogni così tante volte prima. Posti diversi, stanze diverse, un bagliore diverso nei suoi occhi ma li ha visti tutti un milione di volte. Non ha bisogno di dormire, o almeno non sempre. Ma per ogni momento in cui lo fa lei lo aspetta, accovacciata dietro le sue palpebre aspettando l’attimo in cui chiuderà gli occhi e ritornerà in sogno tra le sue braccia.

“Amy è simpatica. Mi piace Amy. E Rory,” dice, come cercando di offrire un aiuto. Lui ride, così velocemente che sorprende sé stesso. “Anche una buona accoppiata. Il ragazzo e la ragazza che hanno aspettato. Suona familiare?”

La sua risata svanisce ma continua a sorriderle.

“Ho una domanda però,” chiede lei, e si gira sul letto per averlo di fronte. Quando si gira, la coperta scivola via dalle sue gambe, pelle rosa fin dove l’occhio può vedere. Lui solleva lo sguardo in fretta. Come un nonno, è la sua caratteristica adesso.

Rose lo nota e sorride.

“Dunque questo è un sogno, giusto? Il tuo sogno. La mia domanda è, perché qui? Perché adesso? Perché un qualsiasi Martedì a Londra e non, non so, le scogliere di… ?” finisce la frase qui, con soltanto un gesto della mano a suggerire qualche lontano, distante pianeta.

Prende in considerazione l’idea di evitare la domanda, ed è colpito da quanto sia stupido. Sta essenzialmente discutendo con sé stesso, ed è tutto così bizzarro che non può evitare di sorridere. Batte le mani sulle ginocchia e improvvisamente si alza, avvicinandosi abbastanza da poterla ispezionare. Una volta che ha passato lo sguardo su ogni singola parte di lei, sospira e si allontana, sfregandosi le mani tra i capelli frustrato. Spera, per probabilmente la centesima volta, solamente di svegliarsi in modo che questa sciarada possa finire. E ancora, beh, non è proprio sicuro che sia la verità.

Smette di camminare per un momento e la guarda. Sta aspettando pazientemente che lui si fermi, i suoi occhi sono un misto di empatia e incertezza. In quel momento lei, il ricordo, è così simile alla vera Rose che può sentire i suoi cuori contrarsi nel dolore. Nei suoi sogni il dolore è sempre ancora così acuto, come se la sua perdita fosse simile a una spada che lo trafiggeva in momenti a caso, e non sembrava mai smussarsi. Lo colpisce adesso, sapere che lei poco più di un metro e 65 anni distante da lui. E che non ha alcuna possibilità di poterla raggiungere.

Dà un colpetto allo spazio accanto a lei sul letto, i suoi occhi lo guardano imploranti. Sospirando di nuovo, si siede vicino a lei.

“Rose questo non può continuare,” dice, e mentre lo dice sente ogni anno della sua età. “Ho perso dei compagni prima. Li ho lasciati indietro. Mi hanno lasciato. Lo odio ma dobbiamo andare avanti e…”

Lei lo interrompe sporgendosi in avanti e posando le labbra contro le sue, i suoi capelli ricadono castamente sulle sue ginocchia. Il corpo di lui si irrigidisce e si rilassa in una volta mentre combatte dentro di sé per cosa fare dopo, finché alla fine deve cedere. Dopo tutto, è solo un sogno.

Solleva e intreccia le mani tra i suoi capelli, rendendo il bacio più profondo mentre si distendono sul letto. Finiscono fianco a fianco uno di fronte all’altra, e il bacio giunge naturalmente alla fine con i loro volti distanti solo pochi centimetri.

“Stavi dicendo?” chiede lei, sorridendo, e lui la guarda, risoluto.

“Questo deve finire.”

“Si,” dice, e accarezza il suo papillon.

Rimangono entrambi silenziosi per un momento. Fuori dalla finestra il sole di mezzogiorno e le persone stanno ancora celebrando il VE-Day. Possono sentire il suono delle risate provenire dalla strada fuori, poi gli applausi. Ricorda in modo vivido quanto si fosse sentito felice ad essere lì con lei, guardandola assistere alla fine di una guerra. E non solo per queste ragioni. Era felice di stare con lei. Felice di averla. Era stato agli inizi dei loro viaggi, troppo presto per immaginare una fine così orribile. Il mondo sembrava scintillante e completamente nuovo.

Si schiarisce la gola.

“Comunque, se importa, sono i tuoi capelli.”

“I miei capelli?”

Annuisce e poi, quasi come se non potesse resistere, li raggiunge e li tocca. Come le sue dita scorrono giù e si piegano alle punte la guarda negli occhi e dice, “sono la ragione per cui sto sognando questo. Era il VE-Day. Noi-”

Adesso sorride raggiante nel ricordare mentre si affretta a finire la sua frase.

“Abbiamo festeggiato per strada tutta la notte. Con la Principessa Margaret!”

Lui fa una risata, forza le sue mani a strecciarsi dai suoi capelli. Le appoggia di nuovo sulla trapunta dove si sentono vuote e inutili.

“Siamo rimasti nella piccola stanza nell’attico che avevamo affittato. Ricordi, dalla signora con i cani? Con quei due orribili piccoli minuscoli letti?” Gesticola ai letti in questione e lei gli fa cenno di andare avanti. “Beh, sono uscito dal bagno e tu ti eri appena svegliata e stavi sbadigliando. I tuoi capelli erano così lunghi allora. E la luce li colpiva… beh, ti ho guardata quella mattina e ho pensato, i suoi capelli sono davvero belli.”

Lei ride e gli dà una piccola spintarella.

“Stai mentendo. Perché è un ricordo così speciale?”

Risponde come se dovesse essere ovvio, “perché era la prima volta che lo pensavo.”

Lei lo guarda per un momento, i suoi occhi pieni di un’improvvisa tristezza, poi lo bacia sulle labbra. Quando si separa da lui, sembra un po’ più pallida, come se potesse veramente essere un fantasma che sta scomparendo come la fine del sogno si avvicina.

“Resta qui con me,” dice, e scivola finché non si ritrova tra le sue braccia ma le palpebre di lui sono improvvisamente pesanti, le chiude un momento con la sua testa di lei piegata sotto il mento, i suoi capelli che gli solleticano il naso.

“Non posso,” dice, ma ancora non apre gli occhi. Lei si gira sopra di lui, il suo palmo allargato contro il battito dei suoi cuori.

“Fino al mattino. Rimani fino al mattino,” dice, e la sua voce è distante adesso. Può appena immaginare il suono filtrare da un altro universo, eccetto il fatto che non lo è. È intrappolata nella sua mente, come una farfalla in una scatola chiusa. Non potrà mai liberarsi di lei, perché non lo vuole veramente. Adesso lo sa.

“È mattina,” dice, e la sua voce è alta, più alta di prima. Prima ancora che apra gli occhi sa che sarà solo e non c’è nulla di nuovo riguardo questo sentimento, questa familiare sofferenza che avverte fin nelle ossa.

Odia le ripetizioni.
  
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