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Autore: Liy    02/06/2011    2 recensioni
“Un giorno ti rapirò e verrai via con me... lasceremo quest'isola, insieme.”
Vederla sorridere era tutto ciò che desiderava.
[Spoiler ep8][BatoBea]
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Battler Ushiromiya, Beatrice Ushiromiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Poi ritorna nel mare
Personaggi: Battler, Beatrice.
Pairing: BatoBea.
Rating: Verde.
Genere: missing moment, angst, fluff.
Avvertimenti: One-shot.

Note: Sì! E' un'altra what if con l'ormai famoso (?) incontro fra lolitrice e shotabattler di quel video fan made molto bello e deprimente! Come al solito, leggete e fatemi sapere se fa troppo schifo/devo piantarla di scrivere su ciò.

Disclaimer: Santa Beato da Rokkenjima e quell'idiota adorabile di Battler non mi appartengono in alcun modo!




Poi ritorna nel mare

 

Sotto quel caldo sole primaverile le loro risa risuonavano gioiose e si perdevano nella leggera brezza che accarezzava le fronde degli alberi. Sentivano i gabbiani piangere in lontananza, mentre sorvolavano l'isola sbattendo le ali fiere. E quei pianti, così consolatori e melanconici, si aggiunsero ai loro quando si accorsero che presto si sarebbero dovuti separare.

L'avrebbe lasciata ancora una volta.

Ma sarebbe tornato il giorno successivo, aveva promesso.

“Domani tornerò”, aveva sussurrato vicino al suo orecchio, tenendola per una mano. Era rimasto fermo a guardarla, gli occhi scuri che sembravano non voler mai fuggire dal suo sguardo. Lei lo supplicava senza parlare, stringendo con forza quelle dita poco più grandi delle sue. Si sentiva un po' in imbarazzo, ma quel senso di tristezza che aveva iniziato a farsi strada in lei era più grande e s'impossessò delle sue labbra velocemente.

“... Non andartene...”, affondò il viso nel suo petto, stringendo il gilè sporco di terra su cui si erano sdraiati poco prima. Sapeva di erba e muschio, di quel tea nero che lei tanto amava – quando mai aveva iniziato ad amarlo?

“Tornerò, lo prometto.”

Quel sorriso rassicurante, quegli occhi allegri e sinceri.

Lei indietreggiò appena, le mani strette al petto prima di alzarle lentamente per sfregarsi gli occhi e far sparire le lacrime. Singhiozzava sommessamente, guardando a terra – e lui in quel momento sentì una fitta al petto, un fastidio che non aveva mai provato prima quando s'era dovuto separare da qualche amico.

Eppure, anche se il tempo che aveva passato con lei era stato relativamente poco... già il doverla guardare mentre lo salutava con gli occhi umidi dal pianto lo infastidiva. Non avrebbe voluto lasciarla lì, da sola in quell'enorme villa di cui nessuno sapeva l'esistenza. Da sola— ancora intrappolata da quella recinzione enorme che teneva il povero e fragile uccellino in gabbia.

“Un giorno, ti porterò via di qui”, vide la luce brillare negli occhi di lei, la stessa luce che li aveva pervasi quando lui aveva attraversato le spesse sbarre e l'aveva salutata intimorito.

“Un giorno ti rapirò e verrai via con me... lasceremo quest'isola, insieme.”

Le morbide labbra erano ora inarcate in un sorriso lieve e sincero nonostante le lacrime che ancora le rigavano le gote rosee. Sembrava una bambola di porcellana, piccola, fragile, elegante e bellissima.

E forse lui se l'era solo immaginata.

Forse quella ragazzina sola e tanto curiosa in verità non esisteva; era solo una parte di sé che aveva bisogno di sentirsi accolto da qualcun altro. Tanto bella e triste, eppure piena di speranze al contempo. Gli ricordava un po' sé stesso, e fu forse per questo che iniziò a credere che lei non esistesse veramente, ma che fosse solo frutto della sua immaginazione. E fu sempre per questo motivo che tese il braccio verso di lei, sfiorandole i capelli. Erano morbidi al tatto, li sentiva scivolare fra le dita.

Lei era lì. Era vera.

Non se l'era immaginata.

“Ti rapirò...”, ripeté sottovoce, allontanandosi un passo alla volta verso il fitto degli alberi, “... e staremo insieme per sempre.”

Poche falcate, e già era lontano da quella villa che in verità non aveva mai lasciato.

“E' una promessa?”

La voce sottile e lieve di lei lo raggiunse anche da lontano, sfiorandogli l'orecchio dolcemente.

“Ceeertooo!”, urlò la sua risposta, sperando che il vento la consegnasse a lei come una tenera carezza.

 

Vederla sorridere era tutto ciò che desiderava.

Le arruffò i capelli e rise con lei quando caddero a terra insieme, sotto l'ombra dell'albero che li aveva protetti anche il giorno prima. Il sole non li raggiungeva lì e non poteva illuminare gli splendidi capelli color del miele di lei. Ma forse il sole era solo geloso di quanto fosse radiosa e si nascondeva fra le foglie per non impallidire alla vista di quel viso dai tratti delicati, dolci.

“Quando mi rapirai...”, non lo guardava quando aprì bocca, “come fuggiremo da qui?”

“A nuoto, ovvio! Con una barca si accorgerebbero... e poi le barche non sono sicure, se cadi affoghi.”

“Barca?”, sul volto aveva dipinta l'espressione più buffa e sincera che lui avesse mai visto.

“Mh... è come una macchina – te ne ho parlato ieri, ricordi?”, iniziò a gesticolare, sperando che lei capisse, “sono degli aggeggi infernali che vanno sull'acqua.”

“Ma... hai detto che se cadi da questa barca affoghi, a nuotare non potrebbe succedere la stessa cosa?”

“Ricorda: le barche, le automobili e gli aerei sono spaventosi e vanno evitati il più possibile! Raggiungono velocità esagerate e se dici di aver paura la gente ti prenderà in giro!”

Sul volto di lei scomparve improvvisamente il sorriso, che venne sostituito da un'espressione che poteva sembrare indifferente ma, lui lo sapeva, era d'agonia.

“Le persone fuori da questo recinto sono così cattive?”

“N-no, non tutte! Lo fanno per ridere e scherzare. Ogni tanto capita di usare delle parole, mh... esagerate, sbagliate, ma lo si fa in buona fede! Non sempre s'intende ciò che si dice...”

Smisero di parlare, entrambi assorti in pensieri differenti. Le loro mani intrecciate si strinsero appena, palmo contro palmo e le dita che quasi graffiavano la pelle dell'altro. Un dolore lieve, sopportabile, che lui trovò anche quasi piacevole. Gli piaceva sentire quelle dita poco più piccole delle sue sulla sua pelle. Sentirla così vicina, vederla respirare al suo fianco per qualche ragione lo rassicurava e lo faceva sentire felice.

Voleva portarla via di lì, portala con sé quando sarebbe dovuto andarsene.

Voleva vederla più spesso, poterle parlare – o anche solo stare accanto – più spesso.

Adorava stare in sua compagnia.

“Ti dispiacerebbe andartene da qui?”

Le pose quella domanda a bruciapelo, continuando ad osservare il cielo fra le foglie dell'albero sotto cui si erano rifugiati. Per un attimo temette di ricevere una risposta che non si sarebbe aspettato e... e se avesse dovuto abbandonare l'idea di tornare a prenderla un giorno? Non voleva lasciarla lì, non in quel luogo da sola... Non in un posto dove non poteva vederla e parlarle. Non così lontana...

“No.”

Con la mano sinistra giocava con gli orli dell'abito, fissando l'erba a terra come rapita. Aveva un'espressione dolce in volto, calma e rilassata – l'esatto opposto di ciò che gli era parsa quando era sbucato la prima volta fra gli alberi ed aveva superato quella barriera che la separava dal mondo che tanto avrebbe voluto conoscere e vedere. Un desiderio il suo che aveva espresso più volte in silenzio, parlando senza usare alcuna parola. Un desiderio che lui avrebbe voluto avverare non appena avesse potuto.

“Non voglio più... vivere rinchiusa qua dentro. Voglio vedere il mondo.”

Una tristezza velata permeava quelle parole, insieme ad un'ansia difficile da percepire ma che, inevitabilmente ed irrimediabilmente, era presente.

“Quindi... portami via, va bene?”

“Lo farò. Ti trascinerò via con me, anche se tu cambiassi idea.”

La sentì ride appena, e gli s'incresparono le labbra in un sorriso.

“E se mi buttassi in mare?”

“Ti seguirei.”

“Potresti annegare.”

“E allora?”

Sorriso beffardo in volto, la guardò sperando di infonderle sicurezza, di farle capire che non l'avrebbe mai più lasciata sola. Non c'era più tristezza negli occhi di lei, ma solo preoccupazione mista a gratitudine ora.

“Sc-sciocco...”, fu la sua unica risposta prima di mettere il broncio.

Lui rise, seguito poco dopo dalla voce allegra e cristallina di lei.

Una risata così limpida e dolce, un suono che avrebbe volentieri ascoltato a lungo cullato da quella brezza leggera che proveniva dal mare così vicino.

“Ho portato... qualche libro nuovo, ti va di leggere qualcosa?”

E, facendo forza sui piedi, si alzò da terra ed aiutò lei a fare lo stesso.

Le sorrise ancora una volta, chiudendo gli occhi e mostrandole la lingua e poi, senza preavviso e senza alcuna motivazione, si mise a correre verso il gazebo in centro al giardino.

“E-ehi! Aspettami!”

Qualche passo sbadato, inciampando nel suo stesso abito.

Lui era lontano, davanti a lei. La guardava, agitando una mano e continuando a sorridere.

“A-aspettami! Non correre così velocemente!”

Il tempo di sbattere le palpebre e quel mondo di luce sparì da davanti i suoi occhi, inghiottito dalle tenebre del mare. L'acqua fredda si insinuò in lei velocemente e presto respirare divenne difficile, chiudere gli occhi sembrò così semplice... la cosa giusta da fare e per la quale il suo corpo la pregava.

Strinse l'oggetto che ancora aveva fra le mani contro il petto e chiuse gli occhi abbandonandosi a quell'acqua gelida che le bloccava il respiro. L'abito ora ingombrante le fasciava il corpo con forza; non sarebbe potuta scappare da quel fato. Era stata lei a decidere di gettare via la sua vita ed ora non sarebbe stata in grado di cambiare idea e tornare sulla barca che in superficie la stava ancora aspettando.

Qualche lacrima lasciò i suoi occhi in quel momento e quel pianto silenzioso si perse nelle ombre del mare, circondato dal vuoto in cui presto sarebbe precipitata e scomparsa.

E poi, cogliendola di sorpresa, due braccia l'avvolsero e la strinsero.
Sapeva che era lui e lo tirò a sé con quanta forza le fosse rimasta in corpo.

Rise, quando altre lacrime salate lasciarono i suoi occhi inevitabilmente.

“Che sciocco...”

 

   
 
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