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Autore: waferkya    02/06/2011    1 recensioni
[Merlin/Kay, pre-slash]
L’edera fitta e antica di secoli cancella completamente la luce del giorno, nelle stanze più alte del castello di Camelot, e sebbene il sole sia alto nel cielo Kay ha bisogno di dar fuoco ad una fiaccola per proseguire fra le travi spaccate e i massi fracassati.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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— Scritta per la Nottebianca #2.
— Data originale: 01/v/2011
~ Democracy.

L’edera fitta e antica di secoli cancella completamente la luce del giorno, nelle stanze più alte del castello di Camelot, e sebbene il sole sia alto nel cielo Kay ha bisogno di dar fuoco ad una fiaccola per proseguire fra le travi spaccate e i massi fracassati. È quasi una soffitta, quest’ala del castello, polverosa e dimenticata e frustrata dalle intemperie, e Kay è piuttosto certo che nessuno si sia mai avventurato fin qui, neppure Leontes, o Gawain. È inospitale, impraticabile, pericolosa, persino, perché in molti punti il pavimento è sconnesso e basterebbe un nonnulla per cadere e rompersi la noce del collo.
Kay procede con cautela, appoggiandosi alle mura che gli sembrano più solide e talvolta cercando appigli sui cespi nodosi di rampicanti che ha attorno. Sta camminando da un tempo che gli pare infinito, addentrandosi in corridoi sempre più bui che gli paiono quasi palpitare, come se il castello avesse un cuore vivo e lui lo stesse raggiungendo, quando sente, lontano e indistinto, una specie di bisbiglio, una voce.
Incuriosito, Kay perde un po’ di prudenza e avanza più in fretta. La voce a tratti tace, poi torna più rapida e impercettibile di prima, o rallenta ancora, e man mano che Kay si avvicina cresce in lui la certezza che si tratti di Merlin. Negli ultimi giorni ha visto più volte Igraine dirigersi verso quest’ala del castello, d’altra parte, perciò è plausibile che la Regina stesse visitando qualcuno, e lo stregone probabilmente è l’unico che avrebbe il coraggio di dimorare in mezzo ai topi, le ragnatele e un tale buio, ma perché dovrebbe desiderare una cosa del genere?
Kay solleva la fiaccola, e la luce dorata e arancione della fiamma illumina una porta tarlata. Dal basso si sentono provenire le voci dei contadini, dei mercanti che Camelot ospita, e forse quella era la voce di Arthur. Stanno tutti aspettando con grande trepidazione l’istituzione del primo processo del regno di Britannia, e Kay gioca ad esplorare i recessi del castello sperando di trovarvi traccia di Merlin.
Kay sospira, e spinge piano la porta, aprendola senza neppure l’ombra di un rumore. Si affaccia con cautela, brandendo la fiaccola come un’arma, ma non vede nessuno. La stanza è attraversata da spesse lame di luce che filtra attraverso il soffitto sfondato, è polverosa e disordinata come da un uragano, e Kay sgrana gli occhi, notando le pareti coperte di rune, le pergamene, i misteriosi schemi sparsi sul tavolo.
E poi vede l’impalcatura di legno che raggiunge il soffitto, poche assi inchiodate assieme in una struttura pericolante, umide di pioggia, e in cima a tutto le gambe magre di Merlin, i suoi piedi scalzi, le dita arricciate al bordo della piattaforma. Kay incastra la fiaccola in un braciere di bronzo, e si avvicina.
«Merlin?» chiama, con un’esitazione appena, scrutando dal basso quel poco che vede dello stregone, e gli sfugge un sorriso quando lo vede sobbalzare, sorpreso, e sbattere le ginocchia contro il soffitto. «Merlin, cosa state facendo?»
Merlin impreca sottovoce, contorcendosi a destra e a manca per riuscire a scendere dalla sua scala per il cielo; Kay si scosta appena in tempo, un attimo prima che lo stregone piombi giù in piedi, scuotendo via un po’ di polvere dai pantaloni.
«Sir Kay,» dice, la voce appena un po’ tesa e senza guardare Kay negli occhi, ma fissando un punto un po’ a caso accanto al suo orecchio destro. «Buonasera.»
«È mezzogiorno, Merlin,» osserva Kay, vagamente divertito, ma la voglia di ridere gli viene meno quando si accorge dell’aspetto provato dello stregone, delle bende che ha attorno al collo e ai polsi, del suo pallore, del modo in cui gli tremano le dita, sebbene faccia di tutto per nasconderlo. «Merlin, voi non state bene. Quando è stata l’ultima volta che avete mangiato?»
«Questa mattina. O forse era l’altra mattina, no, non saprei,» risponde lo stregone, vago, perso dietro chissà quale pensiero, e aggira Kay per raggiungere il tavolo alle sue spalle, consultare delle carte. «Non ho tempo per simili sciocchezze.»
«Sciocchezze?» gli fa eco Kay, andandogli dietro con una mano sull’elsa della spada e un’espressione a metà tra il sorpreso e l’esasperato. «Merlin, la vostra salute--»
«Sono in perfetta forma, grazie per il pensiero,» minimizza lo stregone, e Kay ha la netta sensazione che abbia detto la medesima cosa almeno qualche centinaio di volte nella propria esistenza. «Ho da fare, Kay, se non ti dispiace. Complimenti per avermi trovato, ma non ho un premio per te.»
«Non è un premio che voglio,» si acciglia Kay, e quando Merlin tenta di scappargli ancora non glielo permette, piazzandoglisi davanti a gambe larghe. «Merlin, siete sparito da giorni. Arthur ha bisogno di voi.»
«Questo non è del tutto falso,» concede Merlin, annuendo appena, e ancora non guarda Kay negli occhi, ma perché? Perché? «Eppure, posso assicurarti che gli sono più utile da qui che non se me ne stessi tutto il giorno seduto sulla sua spalla a bisbigliargli nell’orecchio.»
«E come è possibile una cosa del genere?»
«Ho bisogno di pensare, Kay,» dice lo stregone, serio, sfuggendo il suo sguardo. Kay quasi sbuffa, contrariato. «Arthur ha degli ottimi consiglieri attorno a sé, te, Leontes, mi fido di voi. Potete perfettamente fare a meno di me, per qualche tempo ancora.»
«Ha deciso di istituire un tribunale,» dice Kay, incrociando le braccia al petto. «Non pensate che sia richiesta la vostra presenza, per un evento del genere?»
«Come ho già detto,» sospira Merlin, e quasi sorride, e per un attimo persino guarda Kay negli occhi. «Mi fido di voi. Completamente.» E scappa, ma Kay lo trattiene per un braccio.
«Merlin,» comincia, stanco, esasperato, ma lo stregone dà un sibilo di dolore e subito Kay si acciglia, allentando la presa attorno al suo braccio. «Siete ferito,» dice, ed è un’ovvietà, Merlin è ferito ed è stato anche medicato, ma evidentemente non abbastanza. «Fatemi vedere,» insiste, avvicinandoglisi, sollevando la manica della sua veste, e Merlin oppone resistenza solo per un attimo.
«Non avvicinarti,» dice, con durezza, ma senza alzare la voce. «Non avvicinarti. Tutti quelli che mi stanno vicini finiscono per bruciarsi.»
Kay ha già arrotolato la manica fino al gomito, scoprendogli il braccio ferito, e alza gli occhi, guardando Merlin da sotto le ciglia. Quasi gli sorride.
«Sono già abbastanza vicino, stregone, e non mi sembra di aver preso fuoco,» dice, con una specie di dolcezza nella voce che proprio non gli riesce di trattenere. Merlin chiude gli occhi e respira profondamente per un’infinità di tempo – Kay si allontana per prendere un pezzo di stoffa umido e ripulirgli le ferite dal sangue, – poi, finalmente, lo guarda, e c’è una calma nuova e antica nei suoi occhi verdi che riempie il petto di Kay di qualcosa di caldissimo e luminoso.
«Sei uno sciocco,» bisbiglia Merlin, senza convinzione. «Perché sei venuto fin qui? È pericoloso. Tutta questa avventatezza ti metterà in pericolo.»
«Avventatezza, voi dite? Io la chiamerei piuttosto intraprendenza,» lo prende in giro Kay, con un sorriso, e fasciandogli il braccio stringe il nodo con un po’ troppa forza, e Merlin lo guarda male, poi scoppia a ridere piano.
  
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