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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    02/06/2011    1 recensioni
“Mettiti in contatto con la Flotta, dì loro che abbiamo un ferito grave a bordo e di sbrigarsi a mandarci i soccorsi.” decretò il comandante con sguardo severo, sistemando il tubo dell’aria nel casco del compagno: “E se hanno qualcosa da ridire, passa a me la comunicazione.”.
Missing Moment posto alla fine della 0079, subito dopo la distruzione della White Base e il ritorno di Amuro dai suoi compagni. Dedicata a White Gundam.
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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LA GUERRA E’ FINITA

 

Le mani guantate di tutti si allungarono ad afferrare quel corpo che fluttuava leggero nello spazio, tante braccia affettuose strinsero quel fisico, ferito nelle membra ed esausto nello spirito, tante voci gentili si accalcavano alle orecchie dell’eroe sopravvissuto mentre il calore del loro abbraccio premuto contro di lui faceva scendere le lacrime sotto il casco ed esplodere il cuore di gioia, e il legame psichico che li teneva legati a lui come un filo non si spezzava, né lui voleva spezzarlo.

Restarono lì, inginocchiati nell’immensità dello spazio, a fissare la sagoma ormai accartocciata su sé stessa della White Base, quella che era stata, per tanto tempo, la loro casa in quella lunga guerra che li aveva visti abbandonare improvvisamente l’infanzia e l’adolescenza per gettarli senza pietà alcuna nel bel mezzo dell’età adulta.

Amuro sentiva la testa pulsare per la febbre che, sicuramente, si stava alzando, il braccio ferito, saldamente stretto dalle manine piccine di Kikka, Letz e Katz, gli infliggeva staffilate di dolore al cervello mentre cercava disperatamente di non crollare, di non lasciarsi vincere dal sonno e dalla stanchezza: voleva restare cosciente per assicurarsi che tutti stessero bene.

Un’altra morte come quella di Ryu non l’avrebbe potuta sopportare.

A fatica, il ragazzino alzò la testa.

Attorno a sé, come una corolla, vide i visi coperti dal casco di Mirai e di Seyla, vide Bright e Fraw arrampicarsi sulla struttura esterna della capsula e correre verso di lui, al rallentatore, come se anche le sue percezioni cerebrali fossero estremamente ridotte.

I bambini non la smettevano di saltare e gridare la loro gioia attraverso il comunicatore del casco, trapanandogli le orecchie e il cervello.

“STUPIDO. INCOSCIENTE!”

La voce appena arrochita dalle lacrime della sua amica d’infanzia gli strappò un sorriso malinconico mentre Fraw si chinava su di lui, allontanando gentilmente i bambini per affidarli ad Kai; le sue mani piccine sfiorarono la tuta e il braccio dove la lama di Char era entrata: nel punto in cui si vedeva lo strato interno della suit, continuava a sgorgare sangue.

“Sto bene…” bisbigliò Amuro con poca convinzione: “è solo un graffio…” tentò di dire, quando l’ennesima fitta di dolore si propagò fino al cervello e nel resto del braccio, impedendogli quasi di muoverlo, “Si, solo un graffio…” gemette Mirai, frugando nella sua tuta alla ricerca di un’altra garza, “Non essere sciocco, per oggi hai già fatto abbastanza l’eroe.” lo rimproverò la ragazza più grande, bendandogli alla bell’e meglio la ferita.

“La tua buona stella ha avuto parecchio da fare in questi ultimi minuti, vero?”

La voce allegra di Hayato riecheggiò improvvisa nel comunicatore di Ray e il pilota, per l’ennesima volta nel giro di pochi istanti, si ritrovò a sorridere come un bambino di fronte a un dolce particolarmente delizioso: “Se non è già esplosa per il troppo lavoro…” scherzò con voce flebile il pilota del Gundam, “Sappi che ci hai fatto prendere un colpo, e appena metteremo piede sulla terra ferma, te la farò pagare.” annunciò con tono falsamente adirato, anche se, e Amuro ne era certo, probabilmente se la stava ridendo di gusto.

“Pensa a portarci via di qui, anziché fare lo spaccone.”

Bright interruppe repentinamente le parole di Kobayashi, che tornò a concentrarsi sui comandi con uno sbuffo annoiato; gli occhi di Noah e Ray si incrociarono oltre le visiere in uno sguardo forse troppo serio per il momento di gioia che avrebbero dovuto vivere appieno: ma all’improvviso, gli occhi del tenente si addolcirono, e il giovane alzò la mano alla fronte in un cenno di rispettoso saluto.

Amuro ricambiò, e non dissero nulla, non c’era bisogno di dire nulla.

Quel semplice gesto bastò: era un bentornato sincero per Amuro e un ringraziamento per Bright.

“Possibile che i maschi non sappiano esprimersi in altro modo?” gemette Mirai, sollevando il quindicenne ferito in braccio: “Avete dei seri problemi, cari miei, il sentimento è il sale della vita!” annunciò la giovane, passandosi il braccio sano del compagno dietro la nuca; Fraw e Seyla scoppiarono a ridere, ed erano risate liberatorie per tutti, la tensione che si era accumulata sembrava come se non fosse mai esistita e tutti i ragazzi si strinsero affettuosamente attorno al loro salvatore, abbracciandolo.

Fu l’ultima cosa che Amuro sentì, prima di lasciarsi dolcemente andare alla stanchezza.

Ci fu un attimo di panico quando Kai sentì Ray svenirgli tra le braccia, come un lampo, la paura li aggredì nuovamente ma il sereno tornò subito nel vedere il viso disteso del pilota al di sotto del casco: “Portiamolo di sotto e colleghiamo la tuta al ricambio di ossigeno.” ordinò Bright, aiutando Mirai a trasportare Amuro nella cabina di pilotaggio. Per un attimo, le loro mani si sfiorarono e i loro cuori sobbalzarono all’unisono; ma non dissero nulla e s’infilarono nel portellone aperto: distesero delicatamente a terra il corpo privo di sensi del pilota mentre Hayato armeggiava con i comandi del supporto vitale.

Il lungo e sottile cavo uscì dall’alloggiamento con un ronzio.

“Mettiti in contatto con la Flotta, dì loro che abbiamo un ferito grave a bordo e di sbrigarsi a mandarci i soccorsi.” decretò il comandante con sguardo severo, sistemando il tubo dell’aria nel casco del compagno: “E se hanno qualcosa da ridire, passa a me la comunicazione.”.

Hayato gongolò sotto i baffi e le sue dita corsero veloci sulla tastiera nel tentativo di mettersi in contatto con qualcuno della Federazione.

Mezz’ora dopo, una delle più veloci navi della flotta della Federazione era comparsa sui radar per portare in salvo i ragazzini superstiti della White Base ormai distrutta.

§§§

Nascosto per metà dallo stipite della porta, Amuro sorrideva discretamente, non visto da nessuno, osservando con affetto i compagni riuniti nella piccola sala, disordinatamente seduti sulle poltrone, a terra oppure sui bassi tavolini: erano tanti per quella stanza, sembrava quasi impossibile che potessero starci tutti.

Il gruppo parlava animosamente, le voci si soverchiavano le une sulle altre e i tre teppistelli che rispondevano al nome di  Kikka, Letz e Katz certo non contribuivano alla pace e alla tranquillità, visto che probabilmente facevano più caos loro che tutti gli altri ragazzi messi assieme, inseguendosi e calpestando senza pietà piedi e gambe altrui.

Senza successo, Mirai, Fraw e Seyla tentavano di fermarli, ma i piccoli non sembravano aver voglia di dare loro ascolto.

“Lasciateli giocare.” s’indispettì Hayato, scostandosi appena un attimo prima che la femminuccia del trio gli inciampasse addosso: “Finchè sono così allegri, è un bene, no?”.

“Si, ma così facendo rischiano di svegliare Amuro, è nella stanza qui accanto a dormire.” replicò Fraw, riuscendo ad afferrare Letz per le spalle; il bimbo si dimenò senza successo, la presa della ragazza più grande era troppo forte.

Con una risata, Ray uscì dal suo nascondiglio: “Non c’è problema, mi hanno già svegliato.” scherzò il pilota, attirando su di sé gli sguardi di tutti.

“Amuro-nii!”

Approfittando dello stupore che l’arrivo del ragazzo aveva causato, Letz si divincolò dalla stretta e balzò, assieme agli altri due coetanei, sul “fratello maggiore”, tutti e tre gli si arrampicarono addosso, aggrappandosi alle braccia come scimmiette: “Fate veramente un chiasso indiavolato voi tre.” li rimproverò bonariamente Amuro, ma senza essere veramente arrabbiato con loro, “Dovevi svegliarti.” notò acutamente Kikka, dondolandosi sulla sua spalla, Ray non era certo di come ci fosse arrivata lassù, “Hai dormito troppo, come al solito.”.

“Ma sentiteli!” gemette Fraw, staccandoli uno per uno dal corpo dell’amico d’infanzia: “Fanno la predica ai più grandi e non sanno quasi allacciarsi le scarpe.”.

Ray si sedette accanto ad Hayato, senza poter trattenere un sorriso pieno di malinconia e affetto.

Vedere i suoi compagni stare bene, essere allegri e pieni di forze lo convinse sempre di più che una via per uscire dalla spirale di violenza c’è sempre, che essere soldati in quella guerra aveva portato comunque a qualcosa di buono, che non dovevano mai smettere di pregare per un nuovo futuro.

Non avevano perso la speranza, per tutti coloro che li aspettavano, e avevano sconfitto anche le loro paure.

Forse avevano perso comunque qualcosa di importante sulla strada, e il pensiero volò subito a Ryu, e a Char, poteva vedere la tristezza negli occhi di Seyla, ma erano comunque sopravvissuti e, Amuro ne era convinto, avevano onorato la loro memoria.

“Amuro, sicuro di stare bene?” si preoccupò Kobayashi, guardando verso di lui.

L’amico annuì, reclinando la testa all’indietro, e alzò la mano verso il neon che illuminava tutto: “Si, sto benissimo.”.

   
 
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