You’re
still on my mind
Il vento
bussò alla
porta di Grimmauld Place numero 12 facendo sbatacchiare il battente
ormai
ossidatosi. Nella vecchia casa signorile, il silenzio era palpabile. Si
era
attaccato ai muri dalla tappezzeria lisa, alle macchie di
umidità di cornici
ormai vuote e si era insinuato, veloce e leggero, tra le pieghe dei
vestiti
dell’unico abitante della casa. Novembre aveva portato con
sé la gelida
nebbiolina fosca, scesa su Londra come un manto glaciale. Nessuno dei
Babbani
ignari che abitavano lì vicino, nelle loro case dai muri
scrostati, sospettava
che un mago vivesse proprio tra le incrostazioni delle loro abitazioni,
esattamente lì dove terminava un’abitazione e ne
iniziava un’altra. Per i
Babbani la magia era tutt’altro: era il semplice agitare una
strisciolina di
legno, sperando che spruzzasse scintille colorate nella notte scura,
era
l’attesa di veder spuntare un fiore lì dove prima
c’era solo un prato verde.
Per Sirius, incastonato tra i fili polverosi e spenti
dell’arazzo di Grimmauld
Place, la magia era il motivo per cui aveva conosciuto James. E, come
motivo,
gli sarebbe bastato per sempre.
Quella notte
nemmeno il
vento sembrava voler dormire e tacere. Continuava a scricchiolare
contro le
imposte scure, ad entrare nelle più piccole fessure,
regalando ulteriore gelo a
quella casa. Sirius si affrettò a cercare un maglione
più pesante nell’armadio
della sua vecchia camera da letto, sperando con tutto il cuore che sua
madre
non fosse stata tanto sciocca da buttare via non solo lui, ma anche i
suoi
vestiti. Non avrebbe mai creduto di poter tornare prigioniero del
passato.
Azkaban era niente al confronto di quella prigione che non aveva
sbarre.
Lentamente si avviò su per le scale, cercando di non fare
rumore nel vano
tentativo di non far svegliare Kreacher e sopportare le sue urla che
sicuramente avrebbero rianimato il ritratto di sua madre. La camera da
letto si
era cristallizzata a vent’anni prima. Il copriletto, le
fotografie inanimate
appese alle pareti, erano le stesse di quando, urlando esasperato, si
era
sbattuto alle spalle, allora pensava definitivamente, la porta di
quella che
fino ad allora aveva chiamato casa. Si avviò verso le ante
dell’armadio, le
mani tremanti per il freddo penetrante. Il respiro si condensava in
sciocche
nuvolette che ricadevano poi sul pavimento di legno di marmo ancora
bianco. Il
primo indumento che le sue mani strinsero, oltre il soffocante turbinio
della
polvere, fu un maglione rosso ormai scolorito. Lo prese e richiuse
velocemente
le ante, sperando vivamente che quella non fosse stata polvere tossica,
un
altro dei trucchetti mortali di sua madre. All’inizio parve
non rendersi conto
di quello che stringeva tra le dita. A ricambiare il suo tocco era
della
soffice lana piuttosto malridotta in alcuni punti, odorosa di vecchio e
di
stantio. Lo indossò, per quanto la taglia non fosse proprio
la sua. D’altra
parte, lui era sempre stato un po’ più alto di
James…
Lo specchio gli
restituì uno sguardo addolorato e lui si portò le
mani al petto, tastando con
circospezione lo stemma di Grifondoro cucito in alto a sinistra. Quel
maglione
era proprio di James: era il segno tangibile che, da qualche parte nel
tempo e
nello spazio, lui era esistito. Fiutò le fibre dense di
polvere: forse era solo
la sua immaginazione, ma gli parve di sentire qualche traccia del
tipico
profumo del suo migliore amico. Si sedette sul vecchio letto, alzando
sbuffi e
rivoli di polvere che scomparvero nell’aria scura. Ricordava
benissimo
l’occasione in cui aveva preso il maglione di James, ma, per
quanto avesse
avuto paura ad ammetterlo nel silenzio di una casa morta, forse avrebbe
preferito dimenticare quella notte e tutte le conseguenze che
portò.
Il suo sguardo
vagò
nella stanza, alla ricerca di una fotografia appesa al muro con
quintali di nastro
adesivo. Degli occhi color nocciola lo fissavano immobili dentro i
margini di
un rettangolino di carta. Si voltò, portando le gambe
dall’altro lato del
letto, e sfiorò impercettibilmente, con la mano destra, quel
volto immortalato
nel suo sorriso più bello. E lasciò che le
emozioni si accendessero, nella vana
speranza che riscaldassero quella casa vuota.
Era
la loro ultima notte, lo sapevano bene entrambi. L’ultima
settimana era stata
un misto di tensione, orrore ed attesa. Nessuno sapeva cosa sarebbe
potuto
succedere dopo. Il mese di Giugno stava volgendo al termine, portando
via con
sé gli ultimi strascichi di felicità. La fine
della scuola avrebbe portato a
tre inevitabili conseguenze: per prima cosa, avrebbero dovuto
affrontare i
M.A.G.O.; avrebbero iniziato a combattere per una guerra che non
sentivano
loro; James si sarebbe sposato. Per giorni interni Sirius si era
convito del
fatto che sarebbe stato decisamente meglio morire combattendo con dieci
Mangiamorte rincitrulliti, piuttosto che crepare d’infarto al
matrimonio del
suo migliore amico, quando quest’ultimo avrebbe pronunciato
il suo “sì”.
Difficile era ammettere che, per quanto si sforzasse di non darlo a
vedere, ai
suoi occhi James era cambiato. Lunastorta doveva aver fiutato qualcosa
nell’aria
perché ogni tanto sbiancava e gli faceva domande indiscrete.
Inutile dire che
solo Minus non aveva ancora capito cosa aleggiasse nel loro Dormitorio,
tanto
più che proprio quella notte, l’ultima notte, si
addormentò senza alcun
presentimento. Probabilmente doveva avere il sonno molto pesante,
perché lo
stridore dei loro respiri affannosi riempì la tenda del
letto a baldacchino
senza concedere riposo a nessuno. Fu tutto molto più
immediato, semplice e
naturale di quanto avesse mai potuto pensare. James rispose alla sua
fame con
vorace silenzio, quasi con effettiva urgenza. Il mattino seguente,
quando il
treno scarlatto già soffiava il suo vapore contro il cielo
terso, tutti finsero
di aver semplicemente riposato male e non accennarono al motivo per cui
quella
notte, in tutto il Dormitorio maschile di Grifondoro, i ragazzi non
riuscirono
a chiudere occhio. Tutti finsero e mantennero il segreto. E Sirius,
semplicemente, mentre le chiacchiere aumentavano, si lasciò
scivolare contro il
finestrino lugubre, con la campagna che gli sfilava davanti,
lasciandosi
invadere dallo sconforto e sospirando contro il maglione rosso che
aveva rubato
a James nella notte, quando un freddo pungente era entrato sotto le
lenzuola.
Sirius tolse la
mano
dalla fotografia, pensando che, dopotutto, quel maglione poteva anche
buttarlo
via. Azkaban gli aveva già restituito troppe volte le
immagini di quella
stramba notte, deformate, distorte. Le aveva sentite premere dentro le
sue urla
disperate, quando la morte sembrava avvicinarsi con il suo mantello
doppio, le
aveva viste scorrere davanti ai suoi occhi, con la bocca di James fissa
nella
sua. Le aveva rivissute fino allo stremo, sperando di impazzire per non
assaporarle più. Invece era tornato a vivere, sporco di
fango e vergogna. Uscì
alla svelta per il corridoio, stavolta senza badare al rumore secco dei
suoi
passi lungo le scale. Il ritratto di sua madre probabilmente stava
sonnecchiando pesantemente, perché non lo sentì
passare veloce. La cucina lo
attendeva, muta di luce e calore, squallida così come
l’aveva sempre ricordata.
Tra i bicchieri opachi e pieni di incrinature, cercò di
scegliere quello
migliore. Lo riempì con un’abbondante
quantità di alcool ed iniziò a bere.
Doveva
essere già ubriaco. L’alto gazebo bianco gli
ballava intorno, in un vortice di
vestiti colorati e profumi costosi. Tentò di aggrapparsi al
braccio di una
ragazza di passaggio, ma nella fretta di trovare un punto
d’appoggio le sfiorò
inavvertitamente il seno. Quella gli mollò uno schiaffo in
pieno viso. Non
tentò nemmeno di spostarsi. Trascinando le gambe lontano dal
tavolo degli
sposi, tentò di trovare un po’ di pace
nell’aria fresca della sera. Quella gli
punse il viso e gli fece recuperare un po’ di
lucidità. Si avviò a grandi passi,
ancora traballante, vicino il pergolato del giardino, lì
dove sembrava non
esserci nessuno. Qualcuno lo stava seguendo, ma non se ne
curò.
-
Felpato?
La
voce di James lo chiamò nella notte buia, incerta e
tentatrice. Quello che
accadde dopo fu lacerante. Sirius si voltò: di James poteva
vedere solo
gli
occhi cangianti ed i suoi lineamenti in penombra. Erano più
vicini di quanto
pensasse. Annullò la distanza di un respiro che separava le
loro labbra e si
tuffò a capofitto tra le sue braccia, senza badare alle
conseguenze del suo
gesto. Senza badare al fatto che James era sposato da poche ore. In
seguito,
nel momento in cui si mischiò con lui, si disse che tuttavia
forse non
importava nemmeno a James. Non importava a nessuno dei due.
Il bicchiere di
alcool
finì con rapidità, ma non fu seguito da un altro.
Rimase a giacere, capovolto
ed impolverato, sopra una vecchia mensola maleodorante. Sirius era
scomparso.
Il
vento gli frustava i capelli contro il viso, il sangue rigava le sue
mani
altrimenti bianche. Le macerie sembravano non finire mai, spezzate dal
peso di
un segreto troppo grande. Continuò a scavare, senza badare
all’acqua che cadeva
giù. Continuò a scavare, nell’attesa di
arrivare in fondo e poter dire che
sotto quella casa non era morto proprio nessuno. Continuò a
scavare, trovando
la forza di farlo proprio nel bisogno di vederlo ancora, per
un’ultima volta. I
minuti passarono mentre sopra di lui si scatenava il temporale. E la
speranza
si affievolì non appena vide il lembo di una veste spuntare
sotto una trave.
Incontrò gli occhi vitrei di James nel momento esatto in cui
il suo viso non
era bagnato solo dalla pioggia, ma anche dalle lacrime. Li chiuse con
mano
tremante, pronto a seppellire non solo quel corpo, ma anche tutti i
sapori,
odori, vortici, promesse, legati a lui.
***
Credo che ormai
potrei
vivere di James/Sirius. Tanto più che quelle tristi mi fanno
sciogliere,
letteralmente. Non credo che ci sia molto da dire su questa fan
fiction: il
dolore di Sirius parla da sé.
Jules
***EDIT del 16/06/2011
Storia classificatasi 5° su 25 al "25 Hours Contest- Per chi ama la velocità" indetto da Wynne_Sabia sul forum di EFP. *.*
Jules_Black con “You're still on my mind”
Grammatica: 10/10
Stile: 10/10
Originalità: 9,5/10
Caratterizzazione: 9,5/10
Gradimento personale: 9/10
Totale: 48/50
Su grammatica e stile nulla da dire! Il tuo stile é molto
molto bello e non ci sono errori di grammatica.
L'originalità perde mezzo punto perché alla fin
fine la nostalgia di Sirius é un tema molto trattato, ma tu
ci hai aggiunto qualcosa di tuo e per questo la tua storia non
é affatto banale.
Per la caratterizzazione, trovo Sirius semplicemente perfetto. L'unica
pecca é in James, che secondo me non sarebbe andato a
baciarlo subito dopo il matrimonio, data la sua tanto decantata
fedeltà!
Nel gradimento non ti ho dato il massimo perché a me le
Sirius/James proprio non piacciono, mi spiace! Peró scrivi
talmente bene che non avrei potuto darti un punteggio più
basso, complimenti davvero!