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Autore: Haruakira    03/06/2011    2 recensioni
Aveva appena aperto la porta di casa quando si ritrovò di fronte una faccia accigliata e di pessimo umore, lo sguardo rivolto ostinatamente- timidamente- altrove
-Dove vai?- chiese la voce indifferente
-Da te- rispose il ragazzo sorridendo
-Sono qui- fece l' altro entrando all' interno della casa superando Yamamoto verso l' ingresso.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pioggia

Sotto il cielo scuro




Il cielo in quella noiosa mattina era scuro come la pece. Nella casa silenziosa l' unico rumore era costituito dal ticchettio dell' orologio e dalla pioggia battente sui vetri. I nuvoloni minacciosi e irrequieti, che coprivano ogni possibile macchia di azzurro, sembravano volere schiacciare sotto il loro peso gli sprovveduti passanti che osavano mettere il naso fuori di casa e la pioggia inclemente sembrava voler riversare una rabbia a lungo repressa sul terreno fangoso sferzando le cortecce degli alberi, i fiori sparuti, i visi celati sotto gli ombrelli a stento trattenuti tra le mani a causa del vento. Non si era mai visto un temporle come quello- triste- pensò Yamamoto.
E Yamamoto la pioggia la odiava.
Un tuono.
Sospirò. Non era proprio vero che odiava la pioggia in realtà.
Sarebbe stato assurdo. Era o non ne era il guardiano?
Sorrise. Certo che lo era, era bella una pioggia pacifica che lentamente spazzava via tutto e ripuliva ferite profonde riportando una naturale serenità quando cessava. Una pioggia che placidamente ticchettava sui vetri delle finestre accompagnando i sospiri degli amanti o la quiete di una famiglia.
E poi dopo la pioggia c' era sempre l' arcobaleno e le belle giornate, e il sole che tanto si era ambito, dopo il brutto tempo era sempre più bello.
Un fulmine in lontananza squarciò il cielo e il ragazzo sospirò. Quella non era affatto una placida pioggerellina.
Lo infastidiva, la pioggia, solo nel caso in cui dovesse andare a trovare Gokudera. Però, si disse, era bello quando fuori pioveva e loro erano accoccolati nel letto o sul divano.
-Stupido idiota- gli avrebbe detto buttandogli un' asciugameno in faccia e lui tutto zuppo avrebbe riso mentre l' altro lo asciugava borbottando. Poi si sarebbero baciati. Di certo.
Yamamoto sorrise deliziato.
Ma quel giorno non si poteva proprio uscire.
Si maledì per non essere rimasto a dormire da Gokudera la notte precedente. In teoria avrebbe dovuto aiutare suo padre al ristorante di buon mattino, in pratica il genitore alla fine lo aveva lasciato dormire beato.
Appoggiò la fronte contro il vetro della finestra. Era freddo.
 Alzando gli occhi al cielo pensò che quella era una tempesta in piena regola. Rise ilare gettando il capo all' indietro. Quella giornata era decisamente come Gokudera. Era furiosa, instabile, arrabbiata, la pioggia, come lui, era veloce e impetuosa nei suoi movimenti.
Doveva ricredersi. Amava anche quel tipo di pioggia. Non poteva essere altrimenti.
Gokudera era decisamente la forza e l' impeto della Tempesta, sì, ma possedeva la stessa fragilità dei fiori che quella tempesta piegava. In quel cuore che teneva ostinatamente serrato dietro solide mura, protetto da quel modo di fare un po' burbero e scontroso, affinchè non venisse ammaccato, ferito
- ancora- Gokudera nascondeva una fragilità e una timidezza che erano quasi sconvolgenti per chi non lo conoscesse bene.
Timido Gokudera?, avrebbe chiesto uno sprovveduto pensando a quel ragazzo sempre imbronciato.
Fragile?, guardando quella forza della natura. 
Gokudera era decisamente un circolo di opposti che lottavano, si rincorrevano, si prendevano e sfumavano l' uno nell' altro e lui di quel cerchio -chiuso- aveva l' onere di esserne parte.
Si alzò risoluto afferrando il cappotto e l' ombrello accanto all' entrata con movimenti veloci dettati da un bisogno irrefrenabile.
Doveva uscire.
Aveva appena aperto la porta di casa quando si ritrovò di fronte una faccia accigliata e di pessimo umore, lo sguardo rivolto ostinatamente- timidamente- altrove
-Dove vai?- chiese la voce indifferente
-Da te- rispose il ragazzo sorridendo
-Son qui- fece l' altro entrando all' interno della casa superando Yamamoto verso l' ingresso.
Gokudera si tolse il giubbotto che in teoria avrebbe dovuto proteggerlo dalla piaggio allungandolo all' altro ragazzo.
-Ti prendereai un malanno- sospirò Yamamoto sparendo in una stanza e ritornandone poco dopo con un asciugamano con cui  sorridendo iniziò ad asciugargli i capelli.
-Sono anche scivolato- confessò il ragazzo provocando il riso divertito dell' altro.
-Per me!- affermò allegro e meravigliato.
-Per te?- si informò Gokudera arcuando le sopracciglia confuso
-Sì, per venire da me- sussurrò sorridendo Yamamoto contro la sua guancia.
-Per riprendermi un libro- sbottò l' altro.
Yamamoto sapeva, sapeva che Gokudera non avrebbe mai ammesso di avere sentito la sua mancanza e di avere sfidato la pioggia per lui. No, non lo avrebbe mai detto. Piuttosto si sarebbe sottoposto a saggiare le qualità culinarie della sorella. Ma andava bene così.
Gli occhi bassi -per nascondere una scomoda emozione- Gokudera fermò Yamamoto afferrandogli i polsi e mentre si allungava verso le sue labbra, l' asciugamano  cadeva all' indietro poggiandosi delicatamente sul pavimento mentre le labbra del ragazzo sfioravano altrettanto silenziose quelle dell' amico.
-Tuo padre...-sussurrò riaprendo gli occhi verdi su di lui
-Non c' è- fu la risposta seria di Yamamoto mentre attendeva placido -in apparenza perchè il suo cuore impazziva- quanto l' altro aveva da dirgli.
-E non torna?
-Più tardi
-Sicuro...
-Non avrei motivo di dire il contrario.
Un altro bacio, meno casto e più selvaggio ma altrettanto silenzioso e delicato mentre i polsi di Yamamoto si scioglievano da quella presa possessiva -gradita- e le mani andavano a cingere la vita dell' altro mentre quelle di Hayato stringevano forte, spasmodiche -come se qualcuno potesse portar via il suo idiota da lui- la maglietta di Takeshi
-E' follia- capitolò sospirando e poggiando la fronte al petto dell' amico, le mani che ancora artigliavano il tessuto della maglietta.
-Amarmi? Baciarmi? Cosa è follia Hayato?- domandò l' altro gentilmente.
-Tutto- fu la lapidaria risposta.
Era follia aver abbassato, no, smantellato le proprie difese, era follia averlo fatto per l' idiota del baseball.
Diavolo!- imprecò Gokudera- era  di Yamamoto di cui si stava parlando, non di un ragazzo qualunque ma di uno che era... cosa? Un collega, un amico? Che diavolo era Yamamoto per lui?
Il rivale, l' opposto, l' amore. Sin da subito.
Era di Yamamoto che si parlava.  Non di una ragazza. Che avrebbero detto gli altri? Sapeva che non sarebbe stato facile e Gokudera odiava che la gente parlasse, che lo guardasse e non certo perchè il mondo contasse davvero qualcosa per lui ma perchè già aveva sofferto abbastanza. Non voleva una vita troppo complicata, almeno che non lo fosse per i suoi sentimenti.
Aveva paura. Anzi, era terrorizzato.
-Io sono qui- sussurrò Takeshi abbracciandolo forte come se avesse potuto leggergli dentro.
Silenzio.
-Credi che possa lasciarti da solo?
-No. Avresti più paura che ti faccia saltare in aria... idiota- sbuffò Gokudera.
E Yamamoto sorrise:- Non lo avevi ancora detto.
-Idiota- ripetè l' altro scocciato al suo orecchio- Spostati- ordinò poi sbuffando e precedendolo lungo il corridoio. Si girò non sentendo i passi dell' altro dietro di sè- Bè- domandò fermo di fronte alla porta della sua stanza- che vuoi un invito scritto?
Takeshi lo raggiunse abbracciandolo da dietro e poggiando il mento nell' incavo della tua spalla con voce comprensiva e seria, troppo per lui:- se non...- cercò di dire qualcosa.
-Non dirmi che se non voglio non sono obbligato- lo interruppe bruscamente Gokudera- Non ti faccio un piacere idiota.
-Non ti faccio un piacere- ripetè con tono più basso- io voglio.
Yamamoto pensò che in quei mesi avevano sempre vissuto in maniera strana ingabbiati in una recita, tra le mura -invisibili- di una quotidianità asfissiante.
 Di fronte agli altri si detestavano- Gokudera lo detestava- più del solito, quando credevano di essere soli-completamente- si guardavano ben bene intorno prima di darsi un bacio fuggevole, una carezza veloce, senza neppure essere certi di arrivare a donarsi quel misero tocco prima che qualche passante facesse capolino da dietro l' angolo. Ma quando poi erano soli sfogavano quella continua ricerca dell' altro  che si negavano nel corso del giorno e che si consentivano appena con  lo sguardo- uno sguardo sempre ben controllato, perchè, si sa, anche gli occhi parlano-
Si accarezzavano, si baciavano, si guardavano semplicemente in silenzio, avevano persino trascorso qualche notte insieme eppure il resto -il sesso- non era venuto.
Gokudera era timido e terrorizzato da ciò che quel passo successivo avrebbe potuto implicare, come se, una volta fatto anche quel salto, non si potesse più tornare indietro. Eppure lo desiderava, lo desideravano entrambi. Gli occhi, liquidi, quasi annebbiati, puntati gli uni in quelli dell' altro ogni volta che si spingevano troppo in là, ogni volta che le carezze diventavano troppo esigenti e incontrollabili, troppo intime, ne erano la muta testimonianza.
Ma adesso Gokudera quel salto voleva farlo. Non sapeva bene nemmeno lui perchè. Si era forse semplicemente accorto che lui e Yamamoto -Takeshi- si negavano fin troppe cose, che già era tutto talmente complicato senza bisogno di aggiungere anche quella inutile frustrazione.
In realtà aveva pensato che fino a quando il sesso non fosse arrivato sarebbe stato come restare in bilico, come se i loro sentimenti fossero ancora confusi e non definiti, che non era ancora certo che si amassero, perchè una cosa come quella la si fa con la persona che si ama. Ma quando il cuore ti dice ben altro, se la pelle si infiamma al contatto più sciocco e gli occhi ricercano inquieti il viso dell' altro in maniera costante, controllandolo quasi, vigili, che nessuno lo tocchi, che nessuno si avvicini a quel tesoro -il tuo-... quando insomma è la mente che si ostina a nascondersi dietro ad un dito, perchè in realtà lo sai, lo sai che lo ami, certi stupidi divieti -fare sesso o no, farlo e non farlo perchè- diventano solo scuse, stupide imposizioni.
E Gokudera si era stancato e non voleva pensare più a nulla mentre sentiva la sua maglietta sollevarsi e le mani di Yamamoto scorrergli sulla pelle, i suoi occhi chiusi un momento per godere appieno di quell' istante di felicità. Si sentiva umidiccio perchè mentre andava da Yamamoto scivolando era riuscito a bagnarsi i pantaloni e persino la felpa, ma ora non aveva più freddo. Dentro si sentiva bruciare.
Riaprì gli occhi verdi avidi di Takeshi, di sentirlo solamente e completamente suo mentre gli sfilava la maglietta e lo faceva cadere su di sè, sul letto.
Era una sensazione piacevole sentire il respiro dell' altro sulla propria pelle mentre le mani giocavano a rincorrersi sui corpi e le labbra si prendevano e staccavano in migliaia di baci accompagnati dal ticchettio della pioggia sui vetri in una stanza che lentamente si riempiva dei gemiti che sfumavano nell' aria, di respiri caldi che si accorciavano quando l' eccitazione saliva.
-Hayato- sussurrò Takeshi contro le sue labbra prima di perdersi nell' ennessimo bacio -io....- la sua voce era incerta e per un atimo il ragazzo temette a un ripensameto. Non lo amava forse? Si era reso conto che era troppo... donarsi a lui... in quel modo?
-S-si?- chiese flebile il guardiano della Tempesta
-Sicuro?- si volle accertare il moro ben conoscendo il carattere ritroso dell' altro
-Idiota- fu la risposta mentre lo attirava nuovamente su di sè mordendogli le labbra per ripagarlo dispettoso della paura che gli aveva fatto prendere.
Inizialmente per Gokudera non fu una sensazione piacevole sentire le mani dell' altro che si muovevano dentro di sè, ma appunto fu solo l' inizio perchè poi -strano per lui- si abbandonò completamente all' altro chiedendo di più, avvicinandolo al proprio corpo, abbracciandolo senza lasciargli vie di fuga. E quando finalmente sentì il moro dentro di sè- per davvero- non potè che sentirsi completo.
Era giusto così, pensò.
Chi voleva tornare indietro? Nessuno. Di certo non lui.
-Non scapperò mai, Hayato- sussurrò Takeshi serio.
-Non lo farò certo io- fu la risposta secca dell' altro.
Ma volevano dire tanto, troppo. Non era un modo per rassicurare l' altro, una vana promessa. Era una convinzione, un impegno solenne.









ANGOLO AUTRICE: Come sempre (sottolinea come sempre) non sono per niente convinta ma io ci ho provato ugualmente. Mi auguro che non sia poi così terribile come shot (ma tanto lo è, o almeno parecchi passaggi), non so nemmeno come è venuta fuori, tra l' altro qui c' è il sole. Mi auguro che i pg non siano troppo ooc e Mi affido a voi sempre che qualcuno abbia avuto il coraggio di leggerla. Vostra,
Haru

DISCLAIMER: I personaggi di Katekyo Hitman Reborn non sono miei ma degli aventi diritto. La storia non è scritta a scopo di lucro.
 
   
 
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