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Autore: LivingTheDream    03/06/2011    5 recensioni
"Caro Professore,
So che lei odia le lettere, portano sempre o nuovi casi o brutte notizie, quindi ho scelto un altro modo per farle arrivare il mio messaggio."
Una corsa in lotta contro tempo, spazio, speranza e morte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nda: Una nuova canzone mi sta ossessionando [All the Same – Sick Puppies] e, ovviamente, da questa è nata una nuova Fanfiction. Precisamente, è nata da una frase precisa, che ho messo come titolo del capitolo.
Quanto mi è mancato questo fandom.
Se vi è possibile, mi farebbe piacere che sentiste la canzone, durante la lettura. Detto questo, vi lascio.

 

Caro Professore,

So che lei odia le lettere, portano sempre o nuovi casi o brutte notizie, quindi ho scelto un altro modo per farle arrivare il mio messaggio.
 

Il disco in vinile ha ricominciato da capo il suo giro, ignaro del contenuto del messaggio che porta, ma Layton è già in strada.
Lascia che la porta sbatta, ora non è importante questo.

Ora è di vitale importanza arrivare in tempo.

Infila gli ultimi vestiti in un sacchetto, sono ancora in ottimo stato, sarebbe un peccato buttarli.
Strada facendo, Clive avrebbe lasciato l'ultimo scatolone di donazioni al suo vecchio orfanotrofio, così che, almeno questo inverno, i bambini sarebbero stati al caldo.

Tanto a lui non servono più. 

 

Sa che ultimamente non sono stato proprio quello che si dice un bravo ragazzo,
ma grazie a lei pensavo di essere cambiato, di poter espiare le mie colpe, di poter vivere il resto della mia vita in pace.

Ora, invece, penso di aver cambiato idea.

 

Le macchine corrono veloci, lasciando che qualche insulto veloce bagni le orecchie di un pedone che, forse, ha deciso di farla finita.
E invece no, Hershel corre proprio per salvarla, una vita. Un'auto inchioda, ma lui non ci bada, anzi, ci si appoggia con la mano per poter scavalcare meglio il traffico.

«Clive, grazie, questi vestiti sono... perfetti! Ma sono tanti! Tu cosa metterai?»
Si limita a sorridere, lasciando cadere la domanda, e si allontana dall'orfanotrofio.
Passa una mano, affettuosamente, nei capelli di un bimbo che gli aveva tirato i pantaloni, poi torna in strada.
Quel sorriso non è stato mai così amaro.


Sa cosa è successo?
-La voce di Clive continua a riempire la camera, anche senza nessuno ad ascoltarla.-

Ho conosciuto una ragazza. Bella cosa, direbbe lei, no? La pensavo così anche io.
Siamo usciti insieme, avevamo tanto in comune, sembrava che la vita avesse iniziato finalmente a girare per il verso giusto.
Invece no.
Invece lei, ho scoperto, non è solo una ragazza: è una figlia, e una sorella. O meglio, lo era, prima che un pazzo distruggesse, con un gigantesco mostro di ferro, il quartiere di Londra dove abitava la sua famiglia.
Forse lei ricorda chi era, quel pazzo.

 

Corre per i marciapiedi, tenendo la tuba stretta tra due dita, per non farla volare via. Qualche passante si gira, ma in questo momento è l'ultima cosa che gli importa.
Deve arrivare in tempo, o non se lo perdonerà mai.
Deve arrivare in tempo, o sarà stato tutto inutile.
Deve arrivare in tempo, oppure di tempo non ce ne sarà più.

Clive invece passeggia, ha deciso di prendere la via che attraversa il parco, con calma.
Giusto per godersi un po' d'aria, prima.
Osserva tutto, dai i fiori ai cani che si godono il sole, alla corteccia degli alberi, al cielo azzurro.
Si sente quasi un bambino, anche se l'età è passata da un po'. Da vent'anni, circa.


Ad ogni modo, si chiederà come questo c'entri.
Beh, quando la ragazza ha capito che io ero quel pazzo, immagini la sua reazione.
Immaginata? Ecco, fu dieci volte peggio.
Urla, grida, lacrime. A vederla, mi si è spezzato il cuore.
-Si figuri, nemmeno credevo di avercelo più, un cuore.-

Non ho dormito per settimane. Mi sono reso conto che l'odio di quella ragazza non è nulla in confronto
a quello di tutti quelli che si sono visti la vita rovinata senza colpe.

 

Le parole di Clive gli rimbombano ancora nelle orecchie, insieme all'insistente ticchettio di un orologio realmente inesistente ed un terribile presentimento.
Salta un muretto, ed attraversa il parco sulle ali del vento -o della disperazione-, pregando in cuor suo di essere in tempo.
Deve arrivare al momento giusto, ancora una volta.

Finalmente, Clive è solo. Ma non in un posto qualunque, nel suo posto preferito. Una rupe, tanto verde, una panchina malandata, rocce troppo spigolose e il Tamigi che scorre impetuoso, senza preoccuparsi dell'anima che, sulle sue rive, cerca conforto.
Chissà se il professore ha ricevuto il disco.

 

Vede, io non posso.
-Sembrerebbe un difetto del disco, ma invece no, ha davvero la voce rotta. Pianto? Forse.-

Non posso vivere con questo peso, non posso vivere con questo odio, non posso vivere con questa mancanza d'amore, con questa solitudine.
Non posso vivere sapendo di aver tolto la vita ad altri, per puro egoismo, non posso...
Non posso vivere, e basta.

 

C'è quasi, Professore, manca poco. Sa dove può essere andato, Clive, ne è abbastanza sicuro.
Prega anche di non essersi sbagliato, in tal caso, davvero non saprebbe che altro fare.
Invece eccolo, gli sembra di scorgere i suoi capelli castani e troppo lunghi tra il verde sbiadito delle foglie.
Attimi, ci sono attimi e troppi metri, tra voi due.

Assapora il vento della fine dell'estate, lo stesso che c'era quando uscì dall'orfanotrofio. Quel giorno fu la fine di una tortura, una liberazione, e lo sarà anche questo.
Non sarà più odiato.
Non sarà più insultato.
Non saranno più versate lacrime per lui.
Non sarà più su questa terra.
E si lascia cadere, quasi sorridendo, in avanti.


Detto questo, la saluto, per sempre, o almeno per un lungo lasso di tempo.
Non ci rivedremo, sono sicuro che il mio posto, anche dall'altra parte, non sarà vicino al suo.
Quindi, la ringrazio per esserci stato quando ne avevo bisogno, almeno fino a poco tempo fa.
Grazie, ma questa volta non penso che arriverà in tempo.
Grazie, ma mi lasci andare.
Grazie, e ricordi che i-

 

Il disco salta.

Un ultimo respiro.

Una mano che si tende ad afferrare una maglietta.


 

«No, Clive. Io ci sono anche stavolta

   
 
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